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Una lettura keynesiana della crisi

Forum per le discussioni sulle tematiche economiche e produttive italiane, sul mondo del lavoro sulle problematiche tributarie, fiscali, previdenziali, sulle leggi finanziarie dello Stato.

Re: Una lettura keynesiana della crisi

Messaggioda franz il 19/04/2012, 12:52

flaviomob ha scritto:Un articolo passato sotto silenzio, quattro mesi fa. Vedremo il tempo a chi darà ragione.

Già, vedremo. Hanno chiamato Monti, non Krugman e con il 120% di debito pubblico, nella situazione italiana, non esiste alternativa al rigore.
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Re: Una lettura keynesiana della crisi

Messaggioda flaviomob il 20/04/2012, 23:32

Un altro Nobel, Stiglitz, critica l'Europa.

http://www.ticinolive.ch/economia/josep ... 36295.html

Joseph Stiglitz : L’Europa diretta a piena velocità contro un muro

“L’unico punto positivo del 2011 – ha commentato il premio Nobel dell’economia – è che è stato migliore di quanto sarà il 2012. Se l’Europa prosegue i suoi programmi di restrizioni economiche, il futuro sarà molto molto difficile.”


“Le possibilità di risolvere il problema con nuove misure di risparmio sono uguali a zero – ha dichiarato Stiglitz in un’intervista sul quotidiano Tages-Anzeiger – A corto termine l’Europa è minacciata da una nuova recessione.
La maggior parte dei governi sta attuando misure di risparmio, il che accentua il rallentamento economico. Contrariamente a quanto promesso, non si vede alcuna luce in fondo al tunnel.
Non vi è un solo esempio al mondo che mostri che è possibile risanare uno Stato malato riducendo i salari, le rendite e le prestazioni sociali. La crescita rallenta, gli introiti fiscali diminuiscono e la questione dell’indebitamento non viene risolta. I politici devono riconoscere che stanno percorrendo la strada sbagliata.”

Stiglitz ritiene che paesi come la Grecia e il Portogallo avrebbero bisogno di un aumento delle spese di Stato, per avere prospettive di crescita credibili : “I governi possono farlo senza accrescere il deficit, se parallelamente aumentano le imposte, ad esempio introducendo una tassa sulle transazioni finanziarie. L’economia ne trarrebbe beneficio.”
L’economista statunitense constata che i politici non tengono abbastanza in considerazione le preoccupazioni della popolazione, che ha perso fiducia nel capitalismo finanziario.
Negli Stati Uniti il reddito medio di un lavoratore è più basso oggi che nel 1968, il che è inaccettabile, argomenta Stiglitz : “Queto permette di concludere che in definitiva il capitalismo aiuta solo una piccola parte della popolazione. La ripartizione delle ricchezza è sempre più disuguale. C’è bisogno di maggior trasparenza e di uguaglianza tra i redditi e soprattutto di una più grande moralità.”


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Re: Una lettura keynesiana della crisi

Messaggioda franz il 21/04/2012, 9:06

Negli Stati Uniti il reddito medio di un lavoratore è più basso oggi che nel 1968, il che è inaccettabile, argomenta Stiglitz : “Queto permette di concludere che in definitiva il capitalismo aiuta solo una piccola parte della popolazione. La ripartizione delle ricchezza è sempre più disuguale. C’è bisogno di maggior trasparenza e di uguaglianza tra i redditi e soprattutto di una più grande moralità.”

Non conosco bene l'evoluzione del reddito medio statunitense ma conosciamo bene quello italiano.
Dagli anni 60 ad oggi le spese dello stato sono passate dal 25% del PIL di allora al 50% di oggi (con una punta del 54% nei primi anni 90). E conseguentemente anche le imposte (i prelievi diretti, indiretti e contributivi) sono aumentate di pari proporzione arrivando al 45% del PIL. Vero quindi che c'è stato un grande travaso di ricchezza dal lavoro verso altre cose ma non a causa del "capitalismo". La causa della rapina, dei salari netti sempre piu' magri è lo Stato. Il quale poi magari destinasse questi fondi al sociale! Per esempio all'assistenza (che non c'è) ai sussidi per i lavoratori (che non ci sono) alle politiche per la casa e la famiglia (che non ci sono) alla scuola (quella italiana è nettamente sottofinanziata rispetto ai parametro OCSE) o alla sanità (idem) ed alla sicurezza dei cittadini (con le macchine della polizia senza benzina).
No, sappiamo tutti dove vanno quei soldi.
Ecco, penso che chiunque, anche senza essere un premio Nobel, sapesse tutto questo riterrebbe che la cura non è aumentare ulteriormente le spese dello stato ma ridurle. E trasformare la parte residua da spesa clientelare a spesa socliale vera. Quindi spendere meno e meglio.
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Re: Una lettura keynesiana della crisi

Messaggioda Iafran il 21/04/2012, 10:11

franz ha scritto:No, sappiamo tutti dove vanno quei soldi.


Vanno a finire anche in certi settori che apparentemente sembrano rivoli, ma che sono dei fiumi, quasi invisibili (?), che scorrono ... dalla base verso le cime.
Intanto ci si rivolge (come sempre) alle enormi riserve idriche degli invasi alla luce del sole (accumulate con le opere di presa, tecnologie avanzate, lavori manuali e sacrifici per decenni - i periodi di siccità non sono mai mancati -), che fanno gola e che non sono infinite, ma che si dovrebbero tutelare da prelievi scorretti o abusivi per la loro perfetta funzionalità sociale nel tempo.
Una soglia al "minimo" di magra (per questi invasi), comunque, c'è ... e non si dovrebbe fare emergere!
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Re: Una lettura keynesiana della crisi

Messaggioda flaviomob il 21/04/2012, 23:27

Lo stato francese spende di più, ma garantisce efficienza, efficacia e politiche sociali pervasive. Da qui anche l'incremento del tasso delle nascite, perché ci sono servizi e garanzie. Così anche il sistema previdenziale sta in equilibrio per più generazioni.

Da noi sulle spese dello stato entrano le grandi opere che costano il triplo del preventivo (tangenti, arcotangenti, più danni ambientali vari da pagare), gli evasori mandano capitali all'estero in nero e li sottraggono all'economia nazionale (oltre che al fisco) e il grosso del carico tributario grava su imprese oneste e lavoratori dipendenti (o pensionati), che non ce la fanno più.

Poi si dice che esistono "lavoratori di serie A", ma sulle maxi evasioni silenzio (e condono) tombale!


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Re: Una lettura keynesiana della crisi

Messaggioda franz il 22/04/2012, 9:57

flaviomob ha scritto:Lo stato francese spende di più, ma garantisce efficienza, efficacia e politiche sociali pervasive. Da qui anche l'incremento del tasso delle nascite, perché ci sono servizi e garanzie. Così anche il sistema previdenziale sta in equilibrio per più generazioni.

Corretto. Preferirei il sistema francese a quello italiano.
Ma per esempio la germania spende meno (della Francia e dell'Italia).
E anche la Svezia ormai spende di meno.
http://www.google.it/publicdata/explore ... n_US&dl=en
Eppure la spesa sociale tedesca e svedese ha fama di essere migliore di quella francese ed italiana.
Ribadisco che si puo' spendere di meno dando anche servizi migliori.
Oggi, con la globalizzazione, questo spendere meno mantenendo la qualità è un must perché ogni spesa, ogni costo (compreso quello generato dallo stato) si riversa sui prezzi interni e per l'export.
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Re: Una lettura keynesiana della crisi

Messaggioda flaviomob il 23/04/2012, 9:06



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Re: Una lettura keynesiana della crisi

Messaggioda franz il 23/04/2012, 18:07

Si, effettivamente è molto interessante, tuttavia se è vero che questo tranding computerizzato copre il 70% in USA ed il 14% da noi, non mi sembra corretta la critica di "maggiore volatilità" legata al trading elettronico. Oggi il mercato borsistico italiano e spagnolo mi sembrano molto piu' volatili di quello americano. Oltre al fatto che nei primi mesi dell'anno quello spagnolo ed italiano sono in forte calo mentre quello americano è in forte aumento.
Vere invece le critiche sulle malversazioni possibili, che avvegono ad alta velocità ma che sono comunque leggibili e multabili ex-post.
Interessante questa intervista, tra quelle dello speciale: http://inchieste.repubblica.it/it/repub ... 3274887%2F
Da notare che tra economisti ed i "fisici e matematici" che stanno dietro agli algoritmi del trading computerizato c'è una sugosa discussione teorica, leggibile qui: http://inchieste.repubblica.it/it/repub ... 3274887%2F
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Re: Una lettura keynesiana della crisi

Messaggioda trilogy il 23/04/2012, 18:59

franz ha scritto:Si, effettivamente è molto interessante, tuttavia se è vero che questo tranding computerizzato copre il 70% in USA ed il 14% da noi, non mi sembra corretta la critica di "maggiore volatilità" legata al trading elettronico. Oggi il mercato borsistico italiano e spagnolo mi sembrano molto piu' volatili di quello americano. Oltre al fatto che nei primi mesi dell'anno quello spagnolo ed italiano sono in forte calo mentre quello americano è in forte aumento.
Vere invece le critiche sulle malversazioni possibili, che avvegono ad alta velocità ma che sono comunque leggibili e multabili ex-post.
Interessante questa intervista, tra quelle dello speciale: http://inchieste.repubblica.it/it/repub ... 3274887%2F
Da notare che tra economisti ed i "fisici e matematici" che stanno dietro agli algoritmi del trading computerizato c'è una sugosa discussione teorica, leggibile qui: http://inchieste.repubblica.it/it/repub ... 3274887%2F


Il problema serio è che per aggiornarsi sulle ultime novità dai mercati bisogna leggere le riviste di fisica...:roll:
link: http://polymer.bu.edu/hes/articles/pggs02.pdf
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Re: Una lettura keynesiana della crisi

Messaggioda franz il 23/04/2012, 20:54

trilogy ha scritto:Il problema serio è che per aggiornarsi sulle ultime novità dai mercati bisogna leggere le riviste di fisica...:roll:
link: http://polymer.bu.edu/hes/articles/pggs02.pdf

Si' e no. Se l'investitore si interessa ai modelli che si presume possano descrivere un andamento borsistico, si'.
E di modelli ce ne sono tanti, naturalmente in competizione tra loro. E poi bisogna trasformarli in software.
Se l'investitore non si interessa ma affida, con in gran parte dei casi, alla competenza dell'istituto finaziario che gestisce attivamente il suo patrimonio, leggere quel testo non gli porta alcun vantaggio e puo' ignorarlo tranquillamente.
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