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Una lettura keynesiana della crisi

Forum per le discussioni sulle tematiche economiche e produttive italiane, sul mondo del lavoro sulle problematiche tributarie, fiscali, previdenziali, sulle leggi finanziarie dello Stato.

Re: Una lettura keynesiana della crisi

Messaggioda franz il 18/04/2012, 12:23

flaviomob ha scritto:Il pareggio di bilancio, di fatto, sancisce l’illegalità del keynesismo. Secondo Jhon Maynard Keynes, nei periodi di recessione, con la ‘domanda aggregata’ insufficiente, era lo Stato, tramite il deficit spending, a far ripartire l’economia.


Beh, diciamo "era ora" perché a furia di defict spending (sempre, prima, durante e dopo le crisi) siamo arrivati dove sappiamo ma la crescita promessa (il famoso "moltiplicatore keynesiano") nessuno l'ha vista e se ne sono perse le tracce da 20 anni.

I soldi negli investimenti produttivi ce li devono mettere i privati, con i loro risparmi, e lo faranno se le spese dello Stato scenderanno (e quindi le imposte) se diminuirà la burocrazia (quindi i burocrati) e la corruzione. Insomma se diventeremo un paese normale, come la svezia per esempio (in cui crisi o non crisi, da molti anni le entrate superano le uscite). O come gli usa, in cui i vicoli statali sui debiti pubblici sono molto piu' stringenti dei nostri (la california è in difficoltà nei pagamenti con un debito del 5%).

Personalmente ritengo che il deficit sia plausibile solo ed esclusivamente quando ci siono disastri naturali ed occorre ricostruire un paese intero, per riconsegnarlo alle nuove generazioni. Per il resto, la gestione corrente va sempre pareggiata con le entrate. Una gestione adeguata delle risorse pubbliche caso mai accumula risorse e scorte nei periodi buoni per averle a disposizione quando ci sono le crisi. Cosi' non si fanno debiti e non si devono aumetare le imposte in periodi di bassa congiuntura. Non saprei dare nomi (un "ismo") a questo modo di procedere. A me pare solo buon senso. Per gli invenstimenti pubblici anche qui non serve un indebitamento. Si possono fare ed ammortizzare con le entrate correnti annuali. Sono quelli straordniari, in caso di alluvioni e terremoti che possono essere l'unica eccezione.
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Re: Una lettura keynesiana della crisi

Messaggioda flaviomob il 18/04/2012, 13:12

Come ben descritto dall'articolo, un conto è il debito italiano, ovvero del paese più marcio e corrotto d'Europa (forse potremmo competere anche per gli altri continenti!), un conto è il deficit tedesco del 2009 per uscire dalla crisi.


"Dovremmo aver paura del capitalismo, non delle macchine".
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Re: Una lettura keynesiana della crisi

Messaggioda franz il 18/04/2012, 13:35

flaviomob ha scritto:Come ben descritto dall'articolo, un conto è il debito italiano, ovvero del paese più marcio e corrotto d'Europa (forse potremmo competere anche per gli altri continenti!), un conto è il deficit tedesco del 2009 per uscire dalla crisi.

Quale deficit tedesco per uscire dalla crisi?
Per salvare le banche e le industrie automobilistiche, io direi.
La germania non era affatto in crisi. Lo erano alcune aziende importanti ... forse troppo grandi per fallire.
E i tedeschi sono troppo orgogliosi per accettare aiuti esterni.
Resta il fatto che visto che i loro conti erano in ordine (i nostri no) hanno potuto fare spese straordinarie che noi non potevamo fare. Il che per me conferma la regola che vuole rigore e conti sani, proprio per poter gestire emergenze.
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Re: Una lettura keynesiana della crisi

Messaggioda flaviomob il 18/04/2012, 23:09

Il Partito Democratico contro il pareggio di bilancio. Ma è quello americano

Posted by keynesblog on 18 aprile 2012 in Economia, Global, Italia

Tratto dal sito ufficiale della campagna elettorale 2012 di Barack Obama.

Il pareggio di bilancio sulle spalle della classe media



Questa settimana la Camera dei Rappresentanti dovrebbe votare su un emendamento alla Costituzione per introdurre il pareggio di bilancio. Se approvata, la proposta repubblicana richiederebbe profondi tagli alla spesa che potrebbero compromettere tutto, dall’istruzione al Medicare (programma sanitario pubblio, ndr) ai programmi nutrizionali e sulla salute per i bambini a rischio. Ecco uno sguardo sull’impatto devastante che questo emendamento, ardentemente sostenuto da Mitt Romney e dai suoi colleghi candidati repubblicani, potrebbe avere sulla classe media americana.


Ti stai chiedendo come il pareggio di bilancio ti riguardi? Questi sono solo alcuni dei modi in cui i tagli potrebbero realizzarsi negli stati dell’Unione, il tutto mentre Romney e i candidati repubblicani stanno proponendo oltre 200 miliardi di dollari all’anno di tagli fiscali per le imprese e gli americani più ricchi:

il Medicare (programma sanitario per gli anziani, ndr) potrebbe essere ridotto di:

2,4 miliardi in Virginia
4,4 miliardi di dollari Michigan
1.1 miliardi in Iowa
Tagli alla Social security (pensioni, ndr):

12,9 miliardi dollari in Florida
3,7 miliardi dollari nel Arizona
5,9 miliardi dollari in North Carolina
Medicaid (programma sanitario per le famiglie a basso reddito, ndr) e CHIP (programma sanitario specifico per i bambini, ndr) potrebbero essere ridotti di:

3,3 miliardi di dollari Ohio
3,6 miliardi di dollari Pennsylvania
1,9 miliardi dollari in Georgia
Il budget per l’istruzione primaria e secondaria potrebbe essere ridotto di:

26,5 milioni dollari in Colorado
36,9 milioni dollari in Wisconsin
19,7 dollari in New Mexico

fonte:

http://www.barackobama.com/news/entry/b ... dle-class1


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Re: Una lettura keynesiana della crisi

Messaggioda franz il 18/04/2012, 23:32

flaviomob ha scritto:Il Partito Democratico contro il pareggio di bilancio. Ma è quello americano
....
Questa settimana la Camera dei Rappresentanti dovrebbe votare su un emendamento alla Costituzione per introdurre il pareggio di bilancio. Se approvata, la proposta repubblicana richiederebbe profondi tagli alla spesa che potrebbero compromettere tutto, dall’istruzione al Medicare (programma sanitario pubblio, ndr) ai programmi nutrizionali e sulla salute per i bambini a rischio.

Forse dimenticano le spese piu' ingenti del budbet americano, che hanno causato ingenti buchi, anche recenti.
Le varie guerre, a partire dal vietnam (per cui si decise di slegare il dollaro dall'oro per poter stampare carta senza restrizioni). Guerre e conflitti (costosi) che spesso e volentieri sono state iniziate dai democratici (appunto, il vietnam, il conflitto con la ex-yugoslavia degli anni 90, la somalia del 1994) e non solo dai repubblicani (corea nel 53, iraq e afghanistan in tempi recenti).
A me pare che se gli usa avessero un simile emendamento, diventerebbero meno guerrafondai.
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Re: Una lettura keynesiana della crisi

Messaggioda flaviomob il 18/04/2012, 23:41

Insane in Spain
Back from travel! (But more crazy travel next week)

So, the euro crisis is risk on again. And this time it’s centered on Spain — which in a way is a good thing, because now the essential craziness of the orthodox German-inspired diagnosis of the crisis is on full display.

For this is really, really not about fiscal irresponsibility. Just as a reminder, on the eve of the crisis Spain seemed to be a fiscal paragon:

Immagine


What happened to Spain was a housing bubble — fueled, to an important degree, by lending from German banks — that burst, taking the economy down with it. Now the country has 23.6 percent unemployment, 50.5 percent among the young.

And the policy response is supposed to be even more austerity, with the European Central Bank, natch, obsessing over inflation — and officials claiming that the incredibly foolish rate hike last year was actually something to be proud of.

I’m really starting to think that we’re heading for a crackup of the whole system.

http://krugman.blogs.nytimes.com/

====

New York - L'Europa sta letteralmente commettendo un suicidio economico. Parola del premio Nobel per l'economia Paul Krugman, che esprime chiaramente la propria opinione in un articolo pubblicato sul New York Times.

Questi i punti cruciali che Krugman mette in evidenza: le economie dei paesi periferici, soprattutto la Spagna, sono a pezzi, ma nonostante questo si continua a chiedere loro di fare ulteriori sacrifici, dunque di peggiorare la loro situazione con le misure di austerity in corso, così come comandato dalla Germania e dalla Bce.

Non solo, afferma l'economista: l'economia sta peggiorando, e l'Europa in questo contesto non sta andando neanche nella direzione di migliorare i propri conti pubblici. I tassi sono ancora in rialzo e, come la Grecia ha mostrato, le misure di austerity non migliorano le dinamiche dei debiti.

Krugman commenta l'articolo pubblicato sul The Times, lo scorso sabato: "Suicide by economic crisis", ovvero "Suicidi provocati dalla crisi economica": un articolo che mette chiaramente in luce la tragedia di molti cittadini europei che, disperati per le tasse da pagare, consapevoli della povertà che si avvicina, incapaci di pagare il mutuo o di far fronte alle imcombenze più semplici della vita, decidono di porre fine alla loro vita.

"Fino a qualche mese fa, avevo ancora qualche speranza sull'Europa. Vi ricorderete come lo scorso autunno l'Europa appariva sull'orlo di un crollo finanziario - scrive Krugman - ma la Bce, la controparte europea della Fed, è intervenuta per salvare il Continente". Il riferimento è alla maxi iniezione di liquidità operata dall'istituto, sotto forma di cospicui prestiti alle banche.

L'"interrogativo, in quel momento, è se questa azione coraggiosa ed efficacia avrebbe siglato l'inizio di un ripensamento più ampio, se i leader europei avrebbero utilizzato lo spazio concesso dalla Bce per riconsiderare le loro politiche (...) Ma non l'hanno fatto". Krugman alza le mani e ritiene che a questo punto sarà difficile che l'Europa capisca davvero quello che dovrebbe e non dovrebbe fare.

L'esempio più indicativo degli sbagli commessi dall'Europa, e in particolar modo da Francoforte, è la Spagna. "La Spagna versa in una condizione di depressione piena, con un tasso di disoccupazione complessivo del 23,6%, pari a quello che l'America sperimentò durante gli anni della Grande Depressione, e con un tasso di disoccupazione giovanile superiore al 50%. Questa situazione non può andare avanti, e la consapevolezza del fatto che non potrà andare avanti è il fattore che sta portando i tassi sui bond spagnoli a schizzare verso l'alto".

Il punto, continua, è che la storia della Spagna non ha nulla a che vedere "con le favole sulla moralità che sono così popolari tra i funzionari europei, soprattutto in Germania. La Spagna infatti non era un paese che sperperava il proprio denaro pubblico. Alla vigilia della crisi, l'economia era caratterizzata infatti da un basso livello del debito e da un surplus di bilancio. Detto questo, "aveva anche un enorme bolla sul mercato immobiliare, bolla in parte resa possibile grazie agli enormi prestiti che le banche tedesche erogavano alle loro controparti. Quando la bolla esplose, l'economia spagnola si prosciugò. Ma è importante sottolinea che i problemi fiscali sono la conseguenza della depressione, non la sua causa.

"Nonostante ciò, la medicina che arriva da Berlino e Francoforte, pensate un po', quella di una austerity fiscale ancora più rigida". Parlando senza mezzi termini, questa situazione è semplicemente da pazzi.

Sconfortato dalla testardaggine europea e soprattutto tedesca, Krugman arriva ad d affermare che un'alternativa, a questo punto, dovrebbe essere l'uscita dall'euro, unita al ripristino delle valute nazionali. "Potreste dire che si tratta di una cosa inconcepibile, e che l'effetto sarebbe enormemente distruttivo sia economicamente che politicamente. Ma continuare su questa strada, imporre misure di austerity su paesi che stanno soffrendo già tassi di disoccupazione da Depressione, è questo che è davvero inconcepibile".

Se davvero si vuole salvare l'Europa e l'euro, allora che i leader accettino che "il continente necessita di politiche monetarie ulteriormente espansive, dunque esprimano la loro volontà con un annuncio su una Bce disposta ad accettare in qualche modo un tasso di inflazione più elevato; l'Europa ha bisogno anche di politiche fiscali più espansive". Certo sarà dura, ma ci sarà qualche speranza di ripresa.

Invece, "piuttosto che ammettere di aver sbagliato, i leader europei sembrano determinati a portare la loro economia - e la loro società- sull'orlo del baratro. E il mondo intero pagherà il prezzo".

http://www.wallstreetitalia.com/article ... dando.aspx


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Re: Una lettura keynesiana della crisi

Messaggioda franz il 19/04/2012, 9:04

Mamma mia, Krugman sembra convinto che il suo sapere superi quello di centinaia di politici democraticamente eletti, con alle spalle i loro staff economici. A mio avviso sbaglia, proponendo politiche monetarie espansive. Il problema della crescita (scarsa) europea non deriva dalla quantità di moneta circolante ma dalla struttura produttiva (troppe micro e piccole aziende, che hanno bassa produttività, poche grandi aziende) e dal peso degli stati (burocrazia, compresa quella europea) e dei debiti accumulati in passato proprio seguendo politiche espansive (deficit spending). Non a caso il paese che cresce di piu', a parte i paesi emergenti appena entrati nella UE, è quello con il piu' basso tasso di aziende < di 50 dip e con il piu' alto tasso di grandi aziende, che ha attuato politiche di rigore e riforme del welfare. (vedere http://epp.eurostat.ec.europa.eu/statis ... nterprises ).
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Re: Una lettura keynesiana della crisi

Messaggioda trilogy il 19/04/2012, 9:49

franz ha scritto:
flaviomob ha scritto:Come ben descritto dall'articolo, un conto è il debito italiano, ovvero del paese più marcio e corrotto d'Europa (forse potremmo competere anche per gli altri continenti!), un conto è il deficit tedesco del 2009 per uscire dalla crisi.

Quale deficit tedesco per uscire dalla crisi?
Per salvare le banche e le industrie automobilistiche, io direi.
La germania non era affatto in crisi. Lo erano alcune aziende importanti ... forse troppo grandi per fallire.
E i tedeschi sono troppo orgogliosi per accettare aiuti esterni.
Resta il fatto che visto che i loro conti erano in ordine (i nostri no) hanno potuto fare spese straordinarie che noi non potevamo fare. Il che per me conferma la regola che vuole rigore e conti sani, proprio per poter gestire emergenze.


i tedeschi seguiti dai francesi furono i primi a violare il patto di stabilità. Poi con un accordo bilaterale impedirono che venissero applicate sanzioni europee. Questo già prima della crisi fimnanziaria del 2007.


14-01-2005
La Germania viola ancora il Patto di Stabilità

Nonostante la fine della stagnazione e un ritorno alla crescita, la Germania - prima economia della zona Euro - ha violato nel 2004 per il terzo anno consecutivo il Patto di Stabilità superando nuovamente il limite massimo del tre percento nel suo deficit pubblico. Come ha riferito infatti l'Ufficio federale di statistica a Wiesbaden, il rapporto deficit-Pil è risultato lo scorso anno del 3,9 per cento, dopo il 3,8 per cento del 2003. Il ministro delle finanze Hans Eichel - che aveva annunciato alla commissione europea per il 2004 un deficit al 3,7 per cento - ha ammesso la sua delusione senza attenuanti.
"Naturalmente nel 2004 il deficit è stato troppo alto. Questo non lo si può nascondere", ha detto il suo portavoce Stefan Giffeler. Egli ha tuttavia aggiunto che il governo mantiene il suo obiettivo di tornare a rispettare quest'anno il criterio del 3 per cento in fatto di deficit.
E che ciò si possa ottenere con le misure proposte dal governo lo ha riconosciuto anche la commissione europea - ha osservato il portavoce. La Banca centrale europea (Bce) tuttavia si è mostrata scettica su tale previsione, sostenendo di non credere che Berlino ce la farà a riportare quest'anno il suo deficit pubblico sotto la soglia del 3 per cento.
Evidentemente non è bastato il ritorno della crescita economica in terreno positivo per comprimere a sufficienza il deficit, che resta per la Germania una autentica spina nel fianco.
http://archivio.denaro.it/VisArticolo.a ... 6801&KeyW=
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Re: Una lettura keynesiana della crisi

Messaggioda franz il 19/04/2012, 10:58

trilogy ha scritto:14-01-2005
La Germania viola ancora il Patto di Stabilità

Nonostante la fine della stagnazione e un ritorno alla crescita, la Germania - prima economia della zona Euro - ha violato nel 2004 per il terzo anno consecutivo il Patto di Stabilità superando nuovamente il limite massimo del tre percento nel suo deficit pubblico. Come ha riferito infatti l'Ufficio federale di statistica a Wiesbaden, il rapporto deficit-Pil è risultato lo scorso anno del 3,9 per cento, dopo il 3,8 per cento del 2003.

In effetti ricordo il fatto. C'è da dire che allora si disse che durante le crisi potevano essere prese in considerazioni eccezioni e naturalmente si considerava che Germania e Francia avevano un debito attorno al 60% del PIL (non 120% come da noi) e quindi poteva anche essere considerato un deficit superiore al 3%. C'è un altro fenomeno poi da considerare, visto il ritardo in cui il fisco registra i dati economici, quando arrivano le crisi il gettito rimane stabile il primo anno e la crisi si fa sentire gli anni seguenti. Quando la crisi finisce pero' il fisco continua a registrare per un anno il calo di gettito (c'è sempre quindi un anno di ritardo) per cui il fatto che il 2003 fosse praticamente finita la crisi, con la ripresa in estate, non vuol dire che le casse dello stato fossero floride l'anno dopo. Nel 2004 incassi sulla base dei redditi 2003 (che è ancora in parte anno di crisi) e alcune tassazioni arretrate 2002 e solo nel 2005 puoi contare su un gettito pieno, sui redditi 2004. Invece le spese sociali, durante le crisi, aumentano subito. Ulteriore considerazione è che non so in francia ma in germania partiva la riforma agenda 2010, che agendo sulle uscite dello stato, poneva rimedio all'eccesso di deficit. Notare che comunque la Svezia ha seguito un percorso opposto.

http://www.google.com/publicdata/explor ... S&dl=en_US

Osservando questi dati http://www.google.com/publicdata/explor ... S&dl=en_US e http://www.google.com/publicdata/explor ... S&dl=en_US si puo' constatare che il deficit tedesco e francese è dovuto il primo anni di crisi per l'aumento (leggero) della spesa e nel secondo anno, per il calo del gettito. Il caso svedese mostra che con politiche di risanamento ci si puo' portare in un ambito in cui una crisi è gestibile senza eccessivo indebitamento (vedere il piccolo picco svedese del 2009 a confronto con germania, francia e italia)

http://www.google.com/publicdata/explor ... S&dl=en_US
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Re: Una lettura keynesiana della crisi

Messaggioda flaviomob il 19/04/2012, 12:42

Un articolo passato sotto silenzio, quattro mesi fa. Vedremo il tempo a chi darà ragione.

http://www.lettera43.it/attualita/33992 ... nevole.htm

Krugman critica Monti: «È ingannevole»
L'economista: «La politica di austerità è un autogol per l'Italia».


Paul Krugman.

Paul Krugman, uno dei columnist del New York Times e premio Nobel per l'economia, non crede alla manovra salva-Italia di Mario Monti per tirar fuori il Paese dalla crisi e riconquistare la fiducia internazionale attraverso una severa politica di austerità. «Credo che attualmente in Europa la parola 'tecnocratico' sia un sinonimo di ingannevole», ha scritto sul suo blog Krugman, secondo cui «una maggiore austerity non convincerà i mercati dei bond che l'Italia sta bene».
AUTOGOL DELL'ECONOMIA ITALIANA. A meno di essere accompagnata da cambi di politica significativi a Francoforte, la politica conservatrice rappresenta «una sorta di autogol, perché danneggerà l'economia italiana più che aiutarla a migliorare l'immagine a breve termine».
Per Krugman, l'Italia deve affrontare una crisi immediata «di panico auto-alimentato, un gigantesco problema di aggiustamento a medio termine, mentre tenta di rimettere i costi e i prezzi in linea con l'Europa».
Ma l'unico modo plausibile di risolvere questi problemi è «attraverso una politica meno restrittiva della Bce, sotto la forma di acquisti immediati di bond e una implicita (ma consapevole) volontà di lasciare correre un po' l'inflazione per un periodo esteso».
Mercoledì, 14 Dicembre 2011


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