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Riforma del lavoro. Tutti d'accordo tranne la CGIL

Discussioni e proposte, prospettive e strategie per il Paese

Riforma del lavoro. Tutti d'accordo tranne la CGIL

Messaggioda franz il 21/03/2012, 8:44

Repubblica dice "sindacati divisi" ma poi specifica che solo la CGIL è contraria.
Tutte le altre parti sociali sono d'accordo.



Lavoro, contratti e licenziamenti
ecco le proposte del governo

La modifica dell'articolo 18 prevederà il reintegro del posto solo per i licenziamenti discriminatori, ma sarà esteso anche alle imprese con meno di 15 dipendenti. Per quelli economici solo indennizzo, da 15 a 27 mensilità. Contratti a tempo indeterminato dominanti, vincoli su quelli a progetti, rafforzare apprendistato e formazione. E dopo 36 mesi, scatta l'assunzione.

ROMA - Il governo ha presentato - in una conferenza stampa a cui hanno partecipato il premier Mario Monti e il ministro Elsa Fornero - ha spiegato le proposte del governo sulla riforma del mercato del lavoro. Una proposta su cui non c'è l'accordo di tutte le parti, ma che il governo considera abbastanza definita: "Dobbiamo solo definire dei particolari", ha detto Monti. Ecco i punti principali.

Articolo 18. Sul nodo dell'articolo 18, il governo propone di lasciare il reintegro per i soli licenziamenti discriminatori, che si estende però a tutte le imprese, anche quelle sotto i 15 dipendenti, attualmente escluse salvo che per i licenziamenti discriminatori. Sui quelli disciplinari, la proposta del ministro Fornero alle parti sociali è che sia previsto il rinvio al giudice che deciderà il reintegro "nei casi gravi" o l'indennità con massimo 27 mensilità, tenendo conto dell'anzianità. Per i licenziamenti economici è previsto solo l'indennizzo, che va da un minimo di 15 mensilità a un massimo di 27, facendo riferimento all'ultima retribuzione.

L'assicurazione sociale per l'impiego
. L'Aspi sostituirà l'odierno sussidio di disoccupazione. Sarà versata per 12 mesi (a regime 18 per gli over 55) e con importi lordi massimi - per il primo semestre, poi destinati a ridursi del 15% ogni sei mesi - di 1.119 euro al mese. Il suo arrivo graduale (si comincia dall'anno prossimo) abolirà la mobilità. "Ci diranno - ha detto la Fornero - che riduciamo le tutele: è vero se pensiamo che l'Aspi durerà un anno, ma noi vogliamo portare l'Aspi a una platea di 12 milioni".

Vincoli sui contratti a termine. Il contratto di lavoro a tempo indeterminato "diventa quello che domina sugli altri per ragioni di produttività e di legame tra lavoratori e imprese", spiega Fornero. Vincoli "stringenti ed efficaci" saranno posti sui contratti intermittenti e su quelli a progetto, rassicura ancora il ministro. Sarà prevista una maggiorazione dell'1,4% sui contratti a termine, ma in caso di assunzione definitiva parte di questo costo sarà restituito all'azienda. Inoltre dopo 36 mesi di contratti a tempo determinato scatterà l'assunzione a tempo indeterminato.

Spazio ai contratti di apprendistato
. Il governo punta poi a rafforzare il contratto di apprendistato come contratto principale di ingresso nel mercato del lavoro. Fornero aggiunge che bisogna investire nella formazione e non usare l'apprendistato come flessibilità. Sarà "un apprendistato serio che forma il lavoratore, non un para-apprendistato interpretato solo come una modalità per avere un'entrata flessibile". Nel caso in cui il lavoratore non fosse poi confermato "vogliamo - continua la Fornero - che quel periodo gli valga qualcosa. Si potrebbe pensare a una certificazione delle competenze professionali che ha acquisito, in modo che se non è confermato possa spenderle altrove".

"Contrasto secco alle finte partite Iva". Via libera alla lotta contro i contratti dipendenti 'mascherati' da partite Iva. "Le associazioni datoriali hanno accettato - ha detto la Fornero - che il contrasto sarà secco e severo".

Ammortizzatori a regime dal 2017. Per quel che riguarda i nuovi ammortizzatori sociali, il ministro Fornero dice alle parti sociali che partiranno dal 2017, dunque, sarà ancora in transizione nel 2016. Durante la trattativa, il governo aveva fatto riferimento al 2015 come anno per l'entrata a regime dei nuovi ammortizzatori.

Basta stage gratuiti dopo i dottorati. Non sarà più permesso alle aziende fare stage gratuiti per i giovani al termine di un ciclo formativo, "ad esempio dopo il dottorato". E' ancora da chiarire che forma avrà il lavoro in questi casi, ma sicuramente sarà prevista una retribuzione: "Se vai in un'azienda a lavorare non lo fai gratis. Magari hai una collaborazione o un contratto a tempo determinato, ma il lavoro lo devi pagare".

Stop alle dimissioni in bianco. Una misura - prevista nel capitolo sulla maggiore inclusione delle donne nel mercato del lavoro, ma ovviamente varrà anche per gli uomini - dovrebbe bloccare questo fenomeno "nel solco delle norme già esistenti".

Altri interventi da prevedere. La riforma prevede anche delle fasi successive relative alla riduzione della durata dei processi del lavoro e le strutture per l'inserimento nell'impiego, che dovranno essere decise d'accordo con la Regioni.

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Re: Riforma del lavoro. Tutti d'accordo tranne la CGIL

Messaggioda franz il 21/03/2012, 8:49

Lavoro, sindacati divisi
Monti: "Su art. 18 non si tratta più"

Il premier: "Su lavoro soluzione ampiamente condivisa. Su art. 18 contraria solo Cgil". Camusso: "Proposta squilibrata". Incontro finale giovedì ma senza firma. Riforma con delega o dl, governo deciderà con Napolitano. Colle informato con telefonata. Fornero: "Ci sarà norma contro dimissioni in bianco. E basta stage gratuiti". Ai licenziati per motivi economici indennizzo da 15 a 27 mesi. Per ragioni disciplinari, deciderà il giudice.

ROMA - Giovedì si terrà l'incontro finale tra governo e parti sociali, ma la giornata di oggi è stata sostanzialmente decisiva per la riforma del mercato del lavoro. E si è conclusa con un duro scontro tra la Cgil e l'esecutivo. Con il premier, Mario Monti che alla fine dice: "Nessuno ha potere di veto, la riforma è ampiamente condivisa: sull'articolo 18 è contraria solo la Cgil". E Susanna Camusso che risponde: "E' una proposta squilibrata, che contrasteremo in ogni modo. Gli unici che subiscono il provvedimento sono i lavoratori".

Nel pomeriggio, già prima di iniziare il negoziato, il premier Mario Monti aveva annunciato che le posizioni di accordo e disaccordo sarebbero state messe a verbale per poi essere portate in Parlamento "l'interlocutore principale del governo", dove avverrà la discussione. E toccato poi a Elsa Fornero illustrare nel dettaglio il piano dell'esecutivo. 1 Ha parlato di contratti - "quello a tempo indeterminato diverrà dominante" e ha affrontato il nodo dell'articolo 18 - "reintegro solo per i licenziamenti discriminatori".

Monti: "Tutte le parti hanno rinunciato a qualcosa". La riforma del lavoro è "un'operazione cruciale per dare una migliore prospettiva di competività, di produttività e di crescita dell'economia, ammodernando gli strumenti di tuela e gli ammortizzatori sociali", ha detto Monti aprendo la conferenza stampa al termine dell'incontro a Palazzo Chigi. E ha lodato il lavoro del ministro Fornero: "E' la sua riforma", ha detto il premier aggiungendo che la riforma illustrata dal ministro Fornero ha ottenuto il "consenso di massima" dalle parti sociali, e su questa "il ministro, in dialogo ulteriore con le parti, lavorerà nei prossimi due giorni".

Monti confida che la riforma del mercato del lavoro "possa contribuire veramente a dare una prospettiva di sviluppo all'economia italiana, a vantaggio dei giovani", assicurando che si stanno compiendo "passi verso un mercato del lavoro meno segmentato". Il nodo più spinoso è stato, fino alla fine, l'articolo 18: a proposito, il premier ha ricordato che è stata accertata la posizione di ciascuna delle parti sociali "che ci ha portato a concludere che tutte le parti acconsentono all'articolo 18 nella nuova formulazione, ad eccezione della Cgil che ha manifestato una posizione negativa".

"Si ascoltano le parti, ma nessuno ha potere di veto", ha detto Monti. Non ci sarà un accordo firmato tra governo e parti sociali, aggiunge il premier. E' il momento di mettere da parte la "cultura consociativa" che nel passato ha privilegiato le intese, scaricandone il costo sulla collettività, dice ancora il presidente del Consiglio. "A proposito di strumenti e metodi voglio fare un'osservazione: né oggi né giovedì c'è stato, o ci sarà, un accordo firmato tra governo e parti sociali". Delega o decreto legge? "Decideremo con Napolitano", ha spiegato il premier. E il Colle è stato informato da Monti, con una telefonata, già subito dopo la fine del vertice.

Fornero: "Più occupazione per giovani e donne". Illustrando i contenuti della riforma, Fornero ha sottolineato come gli obiettivi finali della riforma siano "più occupazione in primo luogo di giovani e donne, meno disoccupazione strutturale e miglioramento della qualità dell'occupazione". Toccando l'articolo 18 "non si vogliono smantellare delle tutele ma rendere meno blindato quel contratto subordinato a tempo indeterminato. E, con la riforma, l'articolo sui licenziamenti si applicherà alla totalità dei lavoratori". L'obiettivo, ha assicurato il ministro, "è tenere la flessibilità buona e contrastare quella cattiva". Il ministro è poi tornato sulla questione dei tempi: "Per l'approvazione della riforma - ha detto - i tempi sono fondamentali. Se potessimo usare una delega già ottenuta la useremo, se questo non fosse possibile vedremo quale altra soluzione".

Cgil all'attacco. Sui risultati raggiunti pesa il veto della Cgil. "Faremo tutto ciò che serve per contrastare la riforma del mercato del lavoro. Faremo le mobilitazioni necessarie, non sarà una cosa di breve periodo", ha detto il segretario generale della Cgil Susanna Camusso, spiegando che con le modifiche all'articolo 18 proposte dal Governo si avvierà un periodo di tensioni sociali. "Il governo sul tema dei licenziamenti - ha attaccato la leader della Cgil - non ha prodotto alcuno spostamento nè mediazioni. E l'unica certezza che era davvero necessaria, quella dei tempi di giudizio, è rinviata alla riforma della giustizia". Quanto alla spaccatura con Bonanni e Angeletti, Camusso ha detto: "Il fatto che i miei colleghi di Cisl e Uil abbiano condiviso fino a ieri sera un'ipotesi comune e che l'abbiano abbandonata questa mattina è un problema".

Cisl e Uil. Il leader della Cisl Raffaele Bonanni ha dato invece un giudizio positivo sulle linee guida presentate dal governo: "Possiamo lavorare intensamente fino a fine settimana per migliorare la riforma", ha detto. Sull'articolo 18, aggiunge, "apprezziamo la direzione del governo per una mediazione fondata sul sistema dei nuovi ammortizzatori sociali per proteggere i lavoratori che escono dal mercato". Quanto alla rottura dell'unità sindacale appena ritrovata, ha detto: "Ogni tanto c'è qualche intoppo, non voglio commentare quest'intoppo". Meno netto - sulla riforma - Luigi Angeletti della Uil: "Per dare un giudizio positivo sulla riforma del mercato del lavoro servono modifiche. La nostra direzione di domani è chiamata a dare un giudizio".

Marcegaglia: "Adesione complessiva". "Per quanto riguarda il fronte delle imprese abbiamo accolto la richiesta del presidente della Repubblica Napolitano, dimostrando senso di reponsabilità. Esprimiamo adesione complessiva all'architettura della riforma ma rimane del lavoro da fare sul alcuni punti che non ci vedono d'accordo", ha detto Emma Marcegaglia, presidente di Confindustria, dopo l'incontro con il governo. Poi la leader di Confindustria ha chiamato in causa Susanna Camusso: "Avremmo auspicato l'adesione della Cgil però ci aspettiamo che un grande sindacato come la Cgil dimostri senso responsabilità in un momento come questo".

Pd. Davanti al rischio di un naufragio della trattativa, nel pomeriggio Pier Luigi Bersani aveva chiamato in causa il governo, dicendo. "Spero che si trovi un punto di sintesi e credo che il governo abbia tutti gli elementi per capire le distanze da colmare e trovare possibili punti di caduta". In serata, dopo la conferenza stampa di Monti e la rottura con la Cgil, il segretario del Pd aggiunge solo: "Ora dovrà pronunciarsi il Parlamento". Ma per il partito democratico indubbiamentolo strappo con la Cgil rappresenta un problema. Il vicesegretario Enrico Letta, che fa parte del gruppo filomontiano del Pd, dice: "Lavoreremo ancora fino alla fine per soluzioni più condivise, ma il nostro voto favorevole, pur con tanti distinguo, non può essere messo in discussione".

Idv: "Scalpo dell'art. 18 alla Bce". Bocciatura netta della riforma da parte dell'Italia dei Valori. "Sull'articolo 18 si sta riversando il solito e pericoloso accanimento ideologico - dicono in una nota congiunta il leader dell'Idv, Antonio Di Pietro, e il responsabile del lavoro Maurizio Zipponi - ricordiamo, infatti, ai signori del governo che si tratta di una norma di civiltà che prevede il reintegro sul posto di lavoro per coloro che sono ingiustamente licenziati e che lavorano in aziende con più di 15 dipendenti. Stiamo parlando di circa cinquanta casi all'anno in tutta Italia. E' evidente, quindi, che il governo non ha un soldo da investire sui giovani e su un nuovo welfare veramente europeo e preferisce colpire l'articolo 18, ben sapendo che anche se questo fosse modificato o abrogato, come vuole la destra estrema del Paese, non vi sarebbe nessuna crescita. Insomma l'esecutivo rimanda ad epoca lontana i nuovi ammortizzatori sociali, ma interviene da subito sull'art.18, trasformandolo in una specie di scalpo da consegnare alla Bce".

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Re: Riforma del lavoro. Tutti d'accordo tranne la CGIL

Messaggioda franz il 21/03/2012, 9:00

Riforma del lavoro, l'ira di Bersani
"Monti ha rotto il tavolo, ora rischi per tutti"

Il Pd si spacca. Ma il segretario promette: "Imporremo modifiche, se il governo accetta veti sulla Rai ne dovrà accettare anche su questa materia"

di GOFFREDO DE MARCHIS
ROMA - Furibondo e deluso. "Il governo ha condotto male il confronto. E non capisco tutta questa fretta. Per un viaggio in Cina?". Chiuso nella sua stanza a Largo del Nazareno, Pier Luigi Bersani segue in tv la conferenza stampa di Mario Monti e Elsa Fornero. Sembra quasi parlare direttamente con il premier e il ministro del Lavoro. "Rompendo il tavolo, il presidente del Consiglio si è mosso non calcolando le conseguenze per il Paese, non per il sindacato, non per la Cgil". Aleggia l'accusa di di "irresponsabilità del premier" nella sede del Pd. In cima ai pensieri del segretario c'è una riforma non condivisa, l'intervento pesante sull'articolo 18. Ma anche gli effetti devastanti che avrà il nuovo mercato del lavoro sul Partito democratico. Il Pd rischia di spaccarsi? "Certo", è la risposta secca del vicesegretario Enrico Letta.

A questo punto, decreto o legge delega, cambia davvero poco per i democratici. La resa dei conti comincia subito. Bersani punta sulle modifiche in Parlamento. Con una certa irritazione si lascia sfuggire che "se il governo accetta veti sulla Rai e modifica le liberalizzazioni alle Camere, accetterà anche interventi su un provvedimento molto più serio, molto più delicato". Ma nel suo partito i filo-Monti hanno già indossato l'elmetto. "Il provvedimento del governo sarà comunque blindato", dice Paolo Gentiloni senza nascondere la sua soddisfazione. Per molti versi sugli ammortizzatori e sulla flessibilità in uscita Fornero è andata oltre Pietro Ichino, il vate della componente "riformista" del Pd: Apsi ridotta a un anno e modello tedesco, sui licenziamenti economici, che va a farsi benedire. "Ma noi non abbiamo alternative. Proveremo a cambiare, faremo le nostre proposte. Ma la strada è questa e il Pd non può tirarsi indietro". Oggi no, ma domani sì. Con una lunga agonia di partecipazioni a cortei a titolo individuale, di interviste, di minacce e di scissioni sempre annunciate. Un quadro drammatico per il segretario che dovrà cercare di tenere tutto insieme quello che insieme non è. "Circoscrivere le differenze per provare a colmarle. È la frase che ho sentito dire a Bersani - ricorda Gentiloni -. Io credo che possa farcela".

La mossa del verbale era apparsa a molti, andreottianamente, una sottile via d'uscita offerta a Monti per il sindacato e soprattutto per il partiti. Il Pd, in particolare, che si trova a dover combattere sul territorio la partita delle amministrative con due oppositori di Palazzo Chigi, Vendola e Di Pietro. Le parole di Monti in conferenza stampa hanno invece sancito, di fatto, la firma di un "accordo separato", non diverso da quelli sempre inseguiti da Berlusconi e Sacconi per piantare la loro bandierina anti-Cgil. Così il premier ha messo ancora più in difficoltà Bersani. Che adesso rischia l'isolamento nella maggioranza con Pdl e Udc, la spaccatura nel partito e sa bene di non poter contare sull'appoggio di Giorgio Napolitano. Anzi. Il presidente della Repubblica terrà fede al patto istituzionale stretto con Monti. Non offrirà sponde. Tanto più che la riforma del mercato del lavoro è materia principe del programma di emergenza.

Bersani è dunque davanti alla partita della vita. Lo è anche il Partito democratico, che si gioca la sopravvivenza. L'appuntamento è il voto in aula. Letta aiuterà il segretario a mediare. Ma cresce l'insofferenza per gli atteggiamenti di Fassina, per la scelta che secondo Francesco Boccia il partito è chiamato a compiere una volta per tutte: "Spezzare il cordone ombelicale con la Cgil, regolare i conti con il sindacato". E con i suoi voti per andare in mare aperto, alla ricerca di nuovi consensi, di altre identità. Il Parlamento è sovrano, dice Bersani. Ma nelle sue poche righe di dichiarazione ufficiale, segno di un brutto momento, non c'è quella frase magica pronunciata sulla Rai: "Non farà cadere il governo per questo". Cesare Damiano, ex sindacalista, oggi deputato democratico, non crede nemmeno un po' che la Cgil torni indietro. O che lo faccia il governo: "È dura. Cominceranno veti incrociati e nessuno riuscirà a trovare il bandolo". E allora come voterà il Pd in Parlamento? Prima della battaglia, dei vertici, delle trattative politiche, oggi esistono due Pd. Che non si nascondono, che non fanno finta di andare d'accordo. Che sono consapevoli di un passaggio vitale. E che solo Bersani può rimettere insieme. Senza pensare alle foto di Vasto, alla grande coalizione, al dopo Monti. Ma solo a se stessi, al futuro dei democratici.

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Re: Riforma del lavoro. Tutti d'accordo tranne la CGIL

Messaggioda franz il 21/03/2012, 9:47

“La strada da prendere” di Stefano Menichini da Europa del 21 marzo 2012

Si sapeva che sarebbe stata la partita più difficile. E lo è, anche mettendo da parte le liturgie che in queste occasioni fanno sempre riscaldare la temperatura nelle ultimissime ore, conducono sull’orlo della rottura, impongono rinvii e congelamenti delle discussioni.

Impossibile dire, ieri sera, se il confronto sul nuovo mercato del lavoro potrà chiudersi positivamente fra le parti sociali, come appare a tutti essenziale. La giornata decisiva sarà domani, con l’ultimo incontro con il governo. Ma già oggi tante cose si capiranno dalla cruciale riunione dello stato maggiore della Cgil.

In un quadro così delicato, ieri Monti ha messo sul tavolo una posizione che rappresenta una novità in questo campo. Potrebbe rivelarsi solo una mossa tattica, per spingere i sindacati a firmare, ma l’annuncio che la riforma sarà portata in ogni caso in parlamento, limitandosi ad “allegare” le opinioni delle parti sociali, vuol dire restituire alla politica e ai partiti la responsabilità ultima per un cambiamento di regole che in effetti riguarda tutto il paese, comprese intere fasce sociali che nessuno rappresenta ai tavoli di palazzo Chigi.

Il governo non ha forzato la mano. Ha detto la sua, ha trattato, ha corretto le posizioni, ha dato il tempo necessario. Sono state fatte gaffes evitabili, il messaggio di fondo però è rimasto coerente, quello di inizio mandato: siamo qui per cambiare nel nome soprattutto di giovani e donne. L’ha ripetuto ieri Fornero (che anche per questa esposizione risulta essere il ministro più conosciuto e apprezzato), disegnando il mercato del lavoro di un paese molto diverso dall’Italia che abbiamo conosciuto.

La riforma appare ampia. Mette sulle aziende il giusto carico, per i costi del lavoro a tempo determinato e degli ammortizzatori.

Là dove tocca l’articolo 18, la Cgil non accetta la linea Fornero ed è improbabile che ci ripensi nelle prossime ore. Il che, considerata la determinazione di Monti a procedere in ogni caso in parlamento, metterà il Pd di fronte a una scelta difficile. Bersani s’era già sbilanciato positivamente cinque giorni fa, dopo il vertice dei segretari.
È vero, Monti rischia. Il Pd però ci sarà ancora quando Monti non sarà più premier: si può dire che rischia anche di più. Secondo noi, non può non imboccare la strada aperta, finalmente, verso un’altra Italia del lavoro, così come ieri sera la descriveva Elsa Fornero.
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Re: Riforma del lavoro. Tutti d'accordo tranne la CGIL

Messaggioda pianogrande il 21/03/2012, 11:14

http://www.repubblica.it/politica/2012/ ... -31926518/

Condivido i dubbi di Massimo Giannini.

Se la libertà di licenziamento passa così come è arriveranno tempi durissimi.
Semplicemente, non ho recepito meccanismi seri contro gli abusi.

Marchionne sta già mettendo le mani avanti.
La FIAT farà con i licenziamenti "per motivi economici" come ha sempre fatto con la cassa integrazione?

Vediamo cosa succederà in parlamento.
Vediamo come verranno trattate le poltrone dei lavoratori dipendenti da Alfano.
Vediamo se si spacca la maggioranza di Monti o se si spacca il PD o se non si spacca un bel niente perché i vari parolai sanno di non essere nessuno fuori dall'ombrello della struttura di partito e rischiano di fare la fine di Rutelli.
E' ora di avere chiarezza di idee e di posizioni.
Tutto tranne che equilibrismi paralizzanti.

Monti ha fatto le sue scelte in modo chiaro.
La CGIl altrettanto.
Che il PD faccia altrettanto anche a rischio di disintegrarsi il che sarebbe solo una presa d'atto e magari si fa in tempo a ricostruire qualcosa con meno chiacchieroni e più efficacia nella azione.
Ci saranno nuovi equilibri?
C'è da ritenere che ci saranno anche più responsabilità ed efficienza.

Momento molto interessante.

P.S.
Il governo ha energicamente smentito di voler buttare la CGIl fuori dall'Italia perché non è d'accordo su questa riforma.
Fotti il sistema. Studia.
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Re: Riforma del lavoro. Tutti d'accordo tranne la CGIL

Messaggioda franz il 21/03/2012, 11:36

pianogrande ha scritto:http://www.repubblica.it/politica/2012/03/21/news/velo_strappato-31926518/

Condivido i dubbi di Massimo Giannini.


Io no. Soprattutto qui (dove piu' che dubbi esprime certezze secondo me sbagliate)

Sarebbe ingeneroso liquidare questo no come il solito riflesso pavloviano di una deriva sindacale massimalista e conservatrice. La preoccupazione della Camusso, ancorché non del tutto condivisa da Bonanni e Angeletti, è tutt'altro che infondata. In questo nuovo schema l'articolo 18, di fatto, non viene "manutenuto", ma manomesso. I diritti si trasformano in moneta. Una forzatura paradossalmente accettabile, in un Paese che cresce a ritmi del 3% e crea un milione di posti di lavoro l'anno, o in un Paese che ha un sistema collaudato e coperto di flexsecurity scandinavo. Non nell'Italia di oggi, in piena recessione, con una disoccupazione giovanile del 29,7% e un nuovo sistema di ammortizzatori sociali che entrerà a regime solo nel 2017. In queste condizioni, la "via bassa" della produttività e della competitività scelta finora dalle imprese espone i lavoratori a un rischio oggettivo: qualunque crisi aziendale sarà regolata con i licenziamenti per motivi economici, al "prezzo" di un indennizzo che costerà poco più di un qualunque pre-pensionamento.


Quello che camusso, come giannini e la parte della sinistra non capiscono è che questo nostro paese non cresce per tutta una serie di motivi tra cui, principale, è proprio perché c'è rigidità in uscita nel mondo del lavoro. E con la rigidità in uscita si blocca l'entrata. E si investe poco perché è dura trovare fondi da investire se lo stato si porta vial il 60% degli utili e le banche non mollano un soldo.
I diritti si trasformano in moneta? Nulla di nuovo perché già cosi'. Oggi per licenziare l'azienda deve trovare un accordo sotto banco (anche 40 o 50'000 euro) con i sindacati ed il lavoratore. Altrimenti lunghe cause con tempi e costi incerti. La soluzione prevista trasforma solo un costo incerto (o soggetto a ricatto) in un costo certo (le mensilità a seconda dell'anzianità). Ma già oggi si trasformano diritti in moneta.
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Re: Riforma del lavoro. Tutti d'accordo tranne la CGIL

Messaggioda matthelm il 21/03/2012, 11:46

La Cgil difende purtroppo una scatola vuota. Deve farlo per suoi problemi con la Fiom e per una storia di protagonismo, a volte smodato che ha dato risultati molto contrastanti.
Questo sindacato è in ritardo sui cambiamenti del Paese e pensa ancora alle barricate contro i "padroni".
La domandina semplice è sempre quella: ma si pensa che il datore di lavoro licenzi tanto perché uno gli è antipatico? Si può ammettere che ci siano lavoratori lazzaroni, assenteisti oppure che ci siano problemi economici delle aziende. Fra un po' se la situazione non si evolverà non ci saranno più fondi per pagare ne cassa integrazione ne altri ammortizzatori sociali.
Le aziende decotte, per esempio, che non potranno più vivere devono chiudere oppure andare avanti sprecando risorse perché lo chiedono i sindacati, che certo fanno il loro mestiere ma i problemi non devono essere visti solo da quella parte.
Il Governo Monti anche in questa situazione dimostra di essere all'altezza. E guai se rinuncerà a questa rifoerma del lavooro.
Il PD? Beh forse questa è l'occasione di un chiarimento di fondo... e può anche affondare. E' un rischio vero.
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Re: Riforma del lavoro. Tutti d'accordo tranne la CGIL

Messaggioda Robyn il 21/03/2012, 11:52

La riforma dell'art 18 và bene,però bisogna alfabetizzare lo Sl e mettere l'articolo 18 in posizione S perchè bisogna dimenticarselo.Quello che è ancora da modificare è la durata della prova che non può essere max 36 mesi ma max 24 mesi come nel resto d'Europa e riformare l'art 19 sulla rappresentanza sindacale.Questa riforma fa dimagrire consistentemente la precarietà o meglio la flessibilità in ingresso riducendola prevalentemente ai contratti a termine che costano di più e al part time verticale e orizzontale con un minimo di 4 ore giornaliere e un massimo di 20 ore settimanali,più qualche altra formula sporadicamente utilizzata.Infine non credo proprio che il Pd abbia problemi.Diciamo che viviamo solo un'adattamento alla nuova fase.Il modello tedesco non andava bene perchè le aziende in Germania per aggirare la rigidità fanno ricorso ai contratti delle agenzie interinali riproducendo la precarietà in ingresso ciao robyn
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Re: Riforma del lavoro. Tutti d'accordo tranne la CGIL

Messaggioda franz il 21/03/2012, 12:09

mi pare che ci siano molti punti positivi e condivisibili nelle proposte.
Per esempio l'art 18, pur limitato al licenziamento discriminatorio, sarà esteso anche alla aziende con meno di 15 dip.
Nel senso che anche li' si prevede il reintegro. Prima no. E fu il motivo per cui 40 anni fa il PCI non voto' a favore dello statuto.
Ancora non ho capito la relazione tra i nuovi ammortizzatori sociali (ASPI), che partiranno nel 2017, e l'indennizzo per il licenziamento individuale. Come funzionerà con quelli collettivi, che in Italia sono i piu' rigidi del mondo OCSE?
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Re: Riforma del lavoro. Tutti d'accordo tranne la CGIL

Messaggioda flaviomob il 21/03/2012, 12:21

Angeletti della Uil: "Per dare un giudizio positivo sulla riforma del mercato del lavoro servono modifiche. La nostra direzione di domani è chiamata a dare un giudizio".


Questo non mi sembra un giudizio positivo. Nemmeno dall'intervista http://www.uil.it/segr_generale/unita1932012.pdf emerge un consenso sulla riforma.
Il PD è contrario e la CGIL pure.

Per il resto, nella riforma non ci sono soldi per l'ASPI (oltre il primo anno) ne' per i fondi di solidarietà: dove li prendiamo?
Per come è formulato il testo, le aziende che fanno contratti a tempo determinato ti sfrutteranno come adesso stando bene attente a non farti lavorare per 36 mesi, ma buttandoti fuori appena prima per non essere costrette ad assumerti, tanto possono rimpiazzarti con qualcun altro.

E' chiaro che per il PD accettare questa riforma costituisce un'umiliazione dopo che il centrodestra ha esercitato di fatto il proprio diritto di veto su Rai e giustizia, nonostante gli inciucismi di D'Alema sul reato di concussione a favore dell'imperitura impunità di Silvio nostro.


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