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Non profit: troppi errori del governo

Discussioni e proposte, prospettive e strategie per il Paese

Re: Non profit: troppi errori del governo

Messaggioda franz il 03/03/2012, 15:38

Flavio, la concorrenza è possibile solo tra organizzazioni for-profit che pagano le tasse e sono sul mercato.
Inutile citare il termine "liberale" se non si capisce questo.
La "concorrenza" tra non profit è esclusa. caso mai è collaborazione.
Ma cosa mi tocca leggere :lol:
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Re: Non profit: troppi errori del governo

Messaggioda flaviomob il 03/03/2012, 15:58

Caro figliuolo, se un comune pubblica un bando di concorso, a casa mia le associazioni che partecipano (e non è affatto obbligatorio che siano non profit, possono benissimo essere anche associazioni di privato sociale profit: aziende, mio caro, aziende) concorrono per lo stesso posto e quindi sono in concorrenza (lo dice l'etimologia stessa) tra di loro. Pagando anche tasse e imposte, secondo quanto stabilisce la legge.
E sono cazzi loro! :lol:

Ma io volevo scrivere un'altra cosa:

HANNO LIBERATO RAFFAELLA URRU! :D

http://www.repubblica.it/esteri/2012/03 ... ref=HREA-1


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Re: Non profit: troppi errori del governo

Messaggioda franz il 03/03/2012, 16:28

flaviomob ha scritto:Caro figliuolo, se un comune pubblica un bando di concorso, a casa mia le associazioni che partecipano (e non è affatto obbligatorio che siano non profit, possono benissimo essere anche associazioni di privato sociale profit: aziende, mio caro, aziende) concorrono per lo stesso posto e quindi sono in concorrenza (lo dice l'etimologia stessa) tra di loro. Pagando anche tasse e imposte, secondo quanto stabilisce la legge.

Ma allora se tuttti pagano le tasse (IRAP, IMU etc[ il problema non si pone.
Qui pero' quelli che erano esenti ora si preoccupano, mi pare.
flaviomob ha scritto:Ma io volevo scrivere un'altra cosa:

HANNO LIBERATO RAFFAELLA URRU! :D

http://www.repubblica.it/esteri/2012/03 ... ref=HREA-1

Ottima notizia.
Grazie, per il suo poccolo contributo, a Geppi, che a Sanremo l'ha ricordata davanti a milioni di persone, mentre altri tra una predica e l'altra erano affacendati a invocare la chiusura di certi giornali :-)
http://nientebarriere.blogspot.com/2012 ... ru-al.html
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Re: Non profit: troppi errori del governo

Messaggioda flaviomob il 16/03/2012, 14:08

Zamagni: il governo ignora la società civile

Mercoledì, 14 Marzo 2012


In un articolo di pochi giorni fa avevamo cercato di decifrare le scelte governative nell’ambito di quello che in generale chiamiamo mondo del volontariato. Ne emergeva un problema di fondo, di impostazione generale, di una visione economica caratterizzata da un liberismo tradizionale che non concepisce realtà intermedie tra lo Stato e il mercato, privilegiando ovviamente quest’ultimo. Se questo modello è utile per riportare la calma nel mare burrascoso della finanza internazionale, rischia di non essere capace di affrontare le sfide del futuro. È un modello vecchio, superato in partenza.
In particolare, in questo frangente, molte associazioni hanno protestato per l’accorpamento al Ministero del lavoro dell’Agenzia del Terzo Settore, l’organismo indipendente che raccoglie le istanze di un mondo, quello del no profit, indispensabile non tanto per la crescita del paese ma proprio per mantenerne in funzione l’ossatura per tenere in piedi l’Italia. Alla fine Monti sarà capace di comprendere che il futuro va nella direzione di un sempre maggiore protagonismo di quella che si chiama economia civile? A sentire cosa dicono certi sottosegretari pare proprio di no.
Abbiamo girato alcune di queste considerazioni al professor Stefano Zamagni, uno dei massimi esperti di questo nuovo modo di pensare l’economia e la società, nonché Presidente del Forum del Terzo Settore. Zamagni ci ha concesso questa intervista esclusiva che tocca vari temi.

Professore, come valuta il provvedimento governativo che ha portato alla sostanziale chiusura dell’Agenzia da lei presieduta?
Quella dell’Agenzia del Terzo Settore è una brutta storia, perché indica a tutto tondo come nella nostra classe dirigente sia scomparsa la cultura del civile. E dire che l’Italia è il paese che ha dato i natali al modello di civiltà cittadina a far tempo del XII secolo. Permane l’idea di un ordine sociale fondato sulla diade pubblico e privato, vale a dire Stato e mercato. Eppure l’impianto concettuale della nostra Costituzione è basato sulla triade pubblico, privato, civile, vale a dire Stato, mercato, e organizzazioni della società civile (il cosiddetto terzo settore). Questo significa che i padri costituenti avevano visto assai più lontano di coloro che sono venuti dopo. Mai si dimentichi che in Italia anche il liberismo è sempre stato, salvo rare eccezioni, pro-statalista. L’unico pensatore di livello che da sempre si batté per il modello di economia civile di mercato fu Luigi Sturzo, ma risultò sconfitto.

Adesso il governo vuole riprendere la supervisione sulla società civile. Si va proprio nella direzione opposta da quella da lei auspicata…
Esatto. Riportare le funzioni e i compiti dell’Agenzia in seno al Ministero del Lavoro significa proprio questo: non riconoscere la piena autonomia ai corpi intermedi della società, riconducendone l’operato al controllo e alla vigilanza di un ente della pubblica amministrazione. La giustificazione addotta della mancanza di fondi non regge, perché non vera!.

Si dice che bisogna lottare contro gli sprechi e che bisogna liberalizzare. Ma da soli questi provvedimenti valgono?
Le liberalizzazioni, di per sè, sono necessarie ad un’economia di mercato. Non si può valere l’una senza volere le altre. Il punto è come si va a realizzarle. Due le condizioni che vanno rispettate. Primo, il processo di liberalizzazione deve essere trasversale, deve cioè riguardare tutti i settori dell’economia. Monopoli e oligopoli pubblici non sono meno dannosi di quelli privati. Secondo, occorre tener conto delle esternalità pecuniarie che sempre le liberalizzazioni portano con sè. E quindi occorre prevedere adeguati schemi di compensazione per coloro che, nel breve termine, perdono o ci rimettono dai provvedimenti di liberalizzazione.

Parlando di trasversalità, come valuta lo scontro sull’IMU sugli immobili degli enti ecclesiali e delle organizzazioni di volontariato?
Questa è stata una autentica bufale! Il governo non ha introdotto nulla di nuovo rispetto alla legislazione preesistente. Si è, infatti, limitato ad interpretare a chiosare una serie di norme già esistente. La verità allora è un’altra: negli anni non si sono fatti con intelligenza i controlli e le verifiche che la legislazione già prevedeva. E allora è accaduto che enti non profit, che svolgevano negli stessi luoghi attività commerciale e non commerciale, estendessero in modo illecito i vantaggi fiscali riconosciuti all’attività non commerciale a quella commerciale. L’altra fonte di incomprensioni e diatribe, che dice della ignoranza economica di gran parte della popolazione, è quella di confondere i concetti di lucro, profitto, utile netto, da un lato e di non distinguere tra distribuzione degli utili e reinvestimento degli stessi, dall’altra.

Piergiorgio Cattani

http://www.unimondo.org/Notizie/Zamagni ... eta-civile


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Re: Non profit: troppi errori del governo

Messaggioda flaviomob il 23/03/2012, 15:17

GOVERNO. Servizio civile, Riccardi sfida Monti
21 marzo 2012


Il ministro al premier: «Dobbiamo dire se vogliamo chiuderlo oppure rilanciarlo»


E adesso per il governo sarà difficile fare finta di niente. La tavola rotonda che il ministro Andrea Riccardi ha organizzato a Roma il 20 marzo convocando parlamentari di maggioranza (Carlo Giovanardi del Pdl e Marina Sereni del Pd), di opposizione (Erica Rivolta della Lega Nord), la rappresentante delle Regioni (l’assessore ligure Lorena Rambaudi) e i rappresentanti dei maggiori network degli enti, segna un punto di non ritorno. A dirlo senza mezze misure è stato lo stesso Riccardi: «L’esecutivo di cui faccio parte si deve prendere le sue responsabilità: o dimostra di credere nel servizio civile, oppure fa la scelta opposta. In ogni caso ne dovrà rendere conto. Nascondersi non si può più».


Inutile dire da che parte stia lui. «Io credo che insieme alla scuola il servizio civile sia la sola istituzione dedicata alla formazione dei nostri giovani, e per questo è uno strumento fondamentale». Non solo. «Mi hanno colpito», è ancora il ministro che parla, «i dati di Federsolidarietà-Confcooperative che raccontano di come ben il 40% dei ragazzi che hanno svolto il servizio nelle loro cooperative, poi abbiamo trovato un’occupazione in quelle realtà».

A sentire queste parole saranno fischiate le orecchie ai colleghi Elsa Fornero e Mario Monti, i responsabili dei ministeri di Welfare ed Economia veri e propri convitati di pietra del convegno. Il momento delle scelte è arrivato anche e soprattutto per loro. Riccardi su questo chiodo ha battuto con insistenza. «Ma occorre che anche l’opinione pubblica si smuova», ha continuato il ministro. «I media devono fare la loro», ha aggiunto indicando a modello campagne di mobilitazione civile come «quella che propone un servizio civile universale» (per aderire clicca qui).


Del resto la situazione è drammatica. Come mai è accaduto in 11 anni di storia del servizio civile, nato con la legge 64 del 2001. Rumors di corridoio parlano di settembre come mese buono per il lancio del bando Progetti 2013. Riccardi ancora una volta è stato cauto. «Ad oggi non ci sono fondi sufficienti per fare un bando l’anno prossimo», ha ribadito. Per sopravvivere servono almeno 50 milioni di euro. «E servono subito, altrimenti gli enti non saranno in grado di preparare i progetti per il 2013», ha precisato il presidente della Consulta, Licio Palazzini. Il servizio civile nazionale sta morendo. Sarà il governo Monti il suo carnefice silenzioso?

http://www.vita.it/news/view/119241


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Re: Non profit: troppi errori del governo

Messaggioda flaviomob il 12/05/2012, 15:22

10 maggio 2012

Occupati in crescita nel terzo settore. Ma la riforma Fornero rischia di vanificare tutto

Mentre la crisi nel 2012 si porterà via altri 130mila posti, il non profit negli ultimi dieci anni ha fatto registrare uno straodinario +33%. Un trend che proseguirà anche in futuro. A meno che la riforma Fornero non rovini tutto. Per evitare che lo faccia Vita ha lanciato il dibattito. Ecco in anteprima cosa troverete sul numero in edicola.



“Qui c’è lavoro”
E nel terribile 2012 il 96,2% delle organizzazioni aumenterà o manterrà stabili i propri addetti (in particolare donne). Un fenomeno che ha due spiegazioni: l’aumento della domanda di servizi e l’espulsione di lavoratori dai settori dell’economia for profit.

Secondo Unioncamere, che ha appena presentato il suo rapporto 2012 quest’anno si bruceranno in Italia altri 130mila posti di lavoro, con l’occupazione dipendente che calerà di un ulteriore 1,1%. E il Dpef firmato da Mario Monti, per dirla con Carlo Dell’Aringa, che insegna Economia politica all’Università Cattolica di Milano, «prevede sì una piccola ripresa nel 2013, ma non abbastanza per creare nuova occupazione. Forse basterà per recuperare i posti perduti». Eppure in un mercato del lavoro sempre più fosco, c’è un segmento che va controcorrente. O meglio, che è «anticiclico». Tanto da far dire a Dell’Aringa che certo, «il terzo settore potrebbe giocare un ruolo importante facendo da leva per quelle risorse pubbliche che invece da sole e usate direttamente sarebbero sempre insufficienti».

+33% di occupati
Il non profit nel 2011 impiegava 650mila lavoratori retribuiti, ben il 33% in più dei 488mila contati dall’Istat nel 2001. Sono i numeri presentati nella recentissima Ricerca sul valore economico del terzo settore di UniCredit Foundation. Rispetto al 2008, nei tre anni della crisi, il 7,4% delle organizzazioni ha aumentato il proprio personale retribuito e l’88,6% lo ha mantenuto stabile. Il dato trova conferma nelle previsioni per il 2012: il 96,2% delle organizzazioni non profit aumenterà o manterrà stabili i propri occupati. Per Giuseppe Ambrosio, che ha coordinato la ricerca, le ragioni sono due: «Il primo, l’aumento dei bisogni collegati al benessere: il terzo settore non è più solo il soggetto che risponde ai bisogni della marginalità, tant’è che il 78% delle organizzazioni eroga servizi a categorie non svantaggiate». L’altro motivo è l’espulsione di lavoratori da altri segmenti di mercato, con un terzo settore che però non incamera passivamente le risorse espulse ma «inventa percorsi di riqualificazione». Non per nulla il 65% delle imprese sociali nel 2011 ha fatto formazione ai propri dipendenti, contro il 33,5% della media nazionale…


L’ultraliberista Giannino: «Il privato sociale merita un trattamento particolare»
Arriva dal principe dei Chicago Boys made in Italy, l’ultraliberista Oscar Giannino, la tirata d’orecchie più inattesa al ministro Fornero, «responsabile di una riforma del lavoro che non tiene conto della specificità del terzo settore». Giannino in queste settimane ha completamente appaltato la sua striscia quotidiana su Radio24 alla tragedia degli imprenditori vittime della crisi. E proprio in questo quadro ha voluto aprire una finestra sul lavoro nel terzo settore ospitando ai suoi microfoni Maurizio Carrara e Giuseppe Ambrosio, che con Unicredit Foundation hanno recentemente curato e dato alle stampe una documentata ricerca sul valore economico del terzo settore in Italia.

Dove nasce l’esigenza di fare un approfondimento sul non profit?
Primo, da un’esperienza personale. Anch’io nella vita faccio il volontario e su queste tematiche mantengo un’attenzione costante.

Quindi solo una motivazione personale?
Al contrario. Io credo che una risposta a queste emergenze non possa più venire, se non sui diritti fondamentali, dallo Stato. La soluzione non può che essere un welfare di prossimità, il più possibile sussidiario in grado di identificare i bisogni reali e di costruire le risposte migliori. E su questo la colpa dello Stato è quella di non capire che il terzo settore va incentivato molto più. Poi c’è una terza ragione…


Volontariato, ong e cooperative: i rischi nascosti della riforma Fornero
Quali conseguenze avrà la riforma del mercato del lavoro targata Fornero sulle non profit? E quali sono i punti più critici da correggere per non deprimere un settore che, malgrado la crisi, sta tenendo molto meglio di altri? Per mettere sul tappeto del dibattito (l’iter del disegno di legge è in corso) il punto di vista dei protagonisti dell’economia civile, alcuni dei rappresentanti del terzo settore italiano lo scorso 7 maggio si sono dati appuntamento nella redazione di Vita. Presenti Mario Di Bella (responsabile amministrativo Misericordie), Stefano Granata (consigliere delegato Cgm), Sara Masper (addetta Risorse umane Cesvi), Pierluigi Saggese (responsabile Comunicazione Telefono Azzurro), Noè Ghidoni (vicepresidente Mcl) e Giuseppe Guerini (presidente Federsolidarietà).

I costi
La prima constatazione, come rileva Granata, «è che questa è una riforma fatta per intero a costo delle imprese. Tutte le imprese, incluse quelle sociali». E allora il tassello che manca «è quello delle politiche di sviluppo, perché se tu Stato mi appesantisci per un verso, per l’altro mi devi dare una via di fuga, altrimenti il meccanismo si stoppa».

Progetto e tempo determinato
La bozza approvata dal Cdm il 23 marzo prevede un incremento del costo contributivo dei contratti a tempo determinato e il contrasto alla reiterazione di questi rapporti. Parimenti per i contratti a progetto vengono introdotti disincentivi normativi e contributivi. «Se tutto ciò comporta la perdita della flessibilità senza che neppure in minima parte possano venir duplicate le mansioni dei dipendenti, questo rischia di aprire una grossa falla per esempio in alcune mansioni del trasporto socio-sanitario», spiega Di Bella. Una posizione condivisa da Masper che rileva come «i contratti degli espatriati delle ong non possano che essere a progetto e non possano che venir prorogati di volta in volta», visto che di fatto è «questo il meccanismo “imposto” dagli enti finanziatori». «Tanto più», interviene Ghidoni, «che in realtà che gestiscono Caf il lavoro a tempo determinato sta nelle cose: la domanda dei nostri servizi…

http://www.vita.it/news/view/120336

NdR Non è tutt'oro quel che luccica. Nel non profit dilagano i contratti part time, per cui ad un incremento degli occupati non necessariamente corrisponde un aumento delle ore lavorate.


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