pinopic1 ha scritto:Non si tratta di commissioni qualsiasi, non vengono estratte a sorte. Sono le cosiddette commissioni di garanzia. La prassi consolidata non è un fatto casuale; nasce dalla considerazione che è l'opposizione a dover essere garantita. Ed è l'opposizione che deve stabilire in che modo si sente garantita. La scelta di una personalità che non piace troppo alla maggioranza è proprio una garanzia che l'opposizione sarà garantita.
Facendo cadere questo principio alla fine sarà la maggioranza a stabilire come deve essere garantita l'opposizione e perché. C'è un fatto positivo però. In questo almeno l'attuale maggioranza mostra una propensione per il mondo anglosassone: vorrebbe l'opposizione di Sua Maestà. E a Silvio I (e speriamo ultimo) non dispiacerebbe essere Sua Maestà.
Un attimo .... l'opposizione è un concetto vasto, cha va da UDC a IDV, passnado per il maggior partito di opposizione che è il PD. Adesso tutto è bloccato perché è IDV ad impuntarsi su Orlando.
PD e UDC iniziano a capire che non puo' durare a lungo.
Commissione di vigilanza, nella seconda votazione Leoluca Orlando si ferma a 11 voti
L'ultimatum della maggioranza: "Un altro candidato o ne votiamo uno nostro"
Rai, la mossa di Casini e Veltroni
"L'Idv dia dei nomi". Di Pietro: "No"
ROMA - "Il Pdl non faccia provocazioni e l'Idv indichi una rosa di nomi". La nota a firmata da Walter Veltroni e Pier Ferdinando Casini irrompe in una situazione,quella dell'elezione del presidente della commissione di vigilanza Rai, che si trascina da mesi e che oggi sembra essere arrivata al capolinea. Ma nonostante l'ultimatum del Pdl e la richiesta di Casini e Veltroni, il partito di Di Pietro non arretra: "Per noi non cambia nulla, resta Orlando". Una mossa, quella di Veltroni e Casini, che arriva dopo la vittoriosa intesa tra Pd e Udc in Trentino e a breve dalle elezioni regionali in Abruzzo dove i dipietristi sono alleati con i democratici.
La fumata nera. La giornata si apre con un nulla di fatto per Leoluca Orlando. Nella seconda votazione l'esponente del Idv non ottiene il quorum. Stamattina, come aveva fatto ieri, la maggioranza si è presentata ancora una volta al voto, facendo raggiungere il numero legale, ma Orlando ha ottenuto soltanto 11 voti su 34 presenti (11 voti per lui; 21 le schede bianche; una scheda nulla ed un voto per Enzo Carra). Mancavano sei tra deputati e senatori della commissione bicamerale, quattro dell'opposizione (D'Alia e Rao dell'Udc e Melandri e Milana del Pd); mentre i due della maggioranza mancanti (Lainati e Sanpelli) sono risultati assenti perchè in realtà arrivati in ritardo.
La nuova votazione viene fissata alle 14.30. E sarà un momento delicatissimo. Prima di tutto perché, con l'abbassamento del quorum a 21 voti, ovvero alla maggioranza dei componenti, il centrodestra avrà la possibilità di votare un candidato in solitudine. Cosa che il capogruppo Alessio Brutti mette nero su bianco: "O l'opposizione cambia un candidato che non raccoglie nemmeno i loro voti oppure oggi pomeriggio veniamo tutti e votiamo noi il nostro nome". E quello che circola è quello della democratica Giovanna Melandri. Che nel caso si dimetterebbe.
L'ultimatum del Pdl. In un primo momento il Pd respinge l'ultimatum del Pdl e conferma la candidatura dell'ex sindaco di Palermo. "Non possiamo accettare forzature e prevaricazioni. Se la maggioranza andrà avanti d'ora in poi sarà opposizione durissima" dice Walter Veltroni. Mentre i capigruppo Antonello Soro e Anna Finocchiaro annunciano l'intenzione di andare dai presidenti di Camera e Senato per chiedere il rispetto di quella che definiscono "una regola essenziale per la legalità e la democrazia in questo paese". Ma questo non basta a far deflettere il Pdl. "Oggi ci sarà un nuovo presidente ma non sarà Orlando" taglia corto Italio Bocchino. E dallo scranno più alto del Senato arriva un avvertimento: "Un presidente del Pdl sarebbe un fatto politicamente grave" dice Renato Schifani. Poi la nota che rimescola le carte e chiede all'Idv di "mollare" Orlando, ottenendo come risposta il secco "no" dell'Idv. Una rigidità che fa esternare tutta la sua "preoccupazione" al presidente della Camera, Gianfranco Fini.
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