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Economist: TAV, la rapina

Forum per le discussioni sulle tematiche economiche e produttive italiane, sul mondo del lavoro sulle problematiche tributarie, fiscali, previdenziali, sulle leggi finanziarie dello Stato.

Re: Economist: TAV, la rapina

Messaggioda flaviomob il 10/03/2012, 1:46



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Re: Economist: TAV, la rapina

Messaggioda franz il 10/03/2012, 9:23

se un'opera che dovrebbe essere fatta in 10 anni, dopo 22 non è ancora iniziata è ovvio che i costi aumentano e questo pero' (se non è veramente ancora iniziata) non va ascritto alla mafia o al malaffare politico ma tutto sommato agli oppositori che bloccano il progetto in mille modi, compresi quelli violenti. Strano che organizzazioni ecologiche siano contro treni moderni. In Francia e Germania non è cosi'. Ma infatti là i verdi sono veramente verdi e ottengono molti piu' voti.
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Re: Economist: TAV, la rapina

Messaggioda Iafran il 10/03/2012, 10:08

lucameni ha scritto:Il volume degli affari qui in ballo (compresi quelli delle mafie) è tale che sulla stessa parola "sviluppo" pesa un gigantesco equivoco. Per sviluppo, infatti, dovremmo intendere il beneficio che deriverà al Paese e ai cittadini da una "grande opera" dopo che sia stata eseguita e sia entrata in funzione. Sempre più spesso, invece, si tende a considerare "sviluppo" l' opera stessa, la mera mobilitazione di banche e imprese, capitali (pubblici) e manodopera. Sterile progetto, se la "grande opera" si rivelasse inutile o producesse guasti ambientali e sociali.

SALVATORE SETTIS

Se non fosse così (a considerare "sviluppo" l' opera stessa ...etc.) ci sarebbero meno "cattedrali nel deserto" ... meno sprechi ... meno bustarelle/tangenti (che sarebbero più sgonfie) ... i politici non avrebbero da illustrare nessun palmares "politico" a sostegno della loro elezione nel collegio locale ...
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Re: Economist: TAV, la rapina

Messaggioda flaviomob il 10/03/2012, 18:59


Il silenzio degli arroganti
di Luca Mercalli

Caro presidente Monti, l’8 gennaio a Che tempo che fa le
ho donato una copia del mio libro Prepariamoci e Lei,
squisitamente, mi ha stretto la mano e detto “Ne
abbiamo bisogno”. Un mese dopo assieme ad alcune
centinaia di docenti di atenei italiani, ricercatori e
professionisti (inclusi Vincenzo Balzani, Luciano Gallino,
Alberto Magnaghi, Salvatore Settis) firmavo un appello per
sollecitare una Sua riconsiderazione delle argomentazioni
tecnico-economiche a supporto della linea ad alta
capacità Torino-Lione, che da anni risultano non
convincenti. A tutt’oggi non solo non è giunto un
Suo cenno di considerazione, quanto piuttosto la perentoria
affermazione che i dati sono definitivi e invarianti, le
decisioni sono assunte, il progetto deve andare avanti
anche manu militari. Non mi aspettavo una tale chiusura,
ora fonte di una profonda spaccatura in una parte del mondo
intellettuale e scientifico italiano.
Il dialogo, soprattutto tra rappresentanti dell’ambito
della ricerca usi ad argomentare secondo il metodo
scientifico, non si dovrebbe mai negare nei paesi
democratici, a maggior ragione allorché la controversia
assume vaste proporzioni coinvolgendo l’ordine
pubblico e sollevando una quantità di dubbi, ambiguità e
contraddizioni che invitano a un’ulteriore dose di
prudenza e approfondito riesame. Ciò non è
purtroppo avvenuto, ed è motivo di profonda
frustrazione da parte di molti di noi. A nulla è servita
la lucida presa di posizione di Angelo Tartaglia del Politecnico
di Torino, già membro dell’Osservatorio tecnico, sui
vizi procedurali del processo decisionale tanto difeso come
il migliore possibile, a nulla la precisazione di Monica
Frassoni dei Verdi europei sulla labile politica
comunitaria dei trasporti ancora tutta da consolidare e
sbandierata invece come patto d’acciaio da
rispettare senza se e senza ma. L’elenco di atti e studi
incongruenti, unito a un insopportabile tasso di menzogne
mediatiche, è così lungo che da solo basterebbe a
fermare, vieppiù in questo momento di crisi, ogni
decisione su questo fronte, a favore di altre priorità
che non pongono dubbi di sorta: ammodernamento della rete
ferroviaria esistente, cura del dissesto idrogeologico,
riqualificazione energetica degli edifici, arresto del
consumo di suolo, riduzione dei rifiuti, restauro del
patrimonio culturale, estensione capillare della connettività
Internet, garanzie di assistenza sanitaria e didattica pubblica,
per perseguire le quali non si sono mai visti blindati e
manganelli!
Un mito aleggia sopra quel tunnel impedendo a politici,
giornalisti e cittadini di alzare il velo e chiedersi come stanno
veramente le cose, anche in Francia dove i lavori non sono
affatto iniziati. È forse il mito futurista della
velocità sferragliante, peraltro sorpassato
dall’aereo e dal bit, unito all’illusione che
da quel buco, e solo tra vent’anni, defluiscano da ovest
prosperità e progresso? Eppure già oggi chiunque voglia
andare a Parigi o alle Maldive lo può fare quando e
come desidera! Ma la mancanza di quel tunnel sotto il
massiccio dell’Ambin, infrastruttura rigida e
obsoleta nelle sue finalità, foriera di debiti
insanabili come dimostrato dalla Corte dei Conti su
progetti analoghi , vorace di energia e prodiga di emissioni
climalteranti, sembra privi tutti di un talismano viscerale.

Personalmente, come ricercatore e giornalista, il rifiuto a
discutere l’estrema complessità di questo progetto, mi
avvilisce, e mi annienta come cittadino. Faccio mia
l’accurata analisi sociologica di Marco Revelli
confermando che in me il patto civile con lo Stato sta
andando in frantumi. La fiducia nelle istituzioni, da me
sempre onorata – dal servizio militare (alpino,
ovviamente!) al pagamento delle imposte – sta venendo meno
e ora un grande vuoto alberga in me. Non resta che un grido
di disperazione di fronte a tanto disprezzo e a tanta
arrogante violenza fisica e ancor più psicologica
esercitata dalle istituzioni su una comunità. Violenza
silente, della quale non si parla mai perché offuscata
dalle sassaiole, ma dimostrata in questi casi dai lavori
del geografo Francesco Vallerani e dagli psicologi Roberto
Mazza dell’Università di Pisa e Ugo Morelli
dell’ateneo bergamasco. Quel grido chiede ascolto, e
ovviamente discussione argomentata e rigorosa. Invece ci si
sente dire: rispettiamo chi ha posizioni contrarie, ma
andiamo avanti lo stesso con le ruspe, applicando
“un mix di dissuasione e repressione”. Ma
allora a cosa serve esprimere posizioni contrarie se non
vengono discusse le ragioni del no? Mauro Corona la chiama
“democratura”. Al liceo, Silvio Geuna, medaglia
d’argento al valor militare, ci diceva che alla sua
età avanzata aveva solo il ruolo di plasmare i valori
della futura classe dirigente. Oggi a 46 anni, noto che il
mio futuro continua a essere determinato da anziani signori
con idee molto diverse dalle mie e quindi dichiaro fallito
l& rsquo;investimento culturale e civile su di me da parte
della nazione.
Peggio ancora si sentono i giovani ricercatori della generazione
che mi segue che vedono sbarrate le possibilità di
indirizzare il loro futuro in direzioni differenti da
quelle oggi dominanti e perniciose. Come diventerà
dunque la nostra società che annienta i germi di
riflessione sull’avvenire proprio quando
l’instabilità epocale alla quale andiamo
incontro richiederebbe il massimo della cooperazione di
saperi e proposte non convenzionali? Avremo quel buco,
forse, tra tanti anni, ma che ne sarà del resto attorno? Il
governatore Cota si è chiesto da dove prendono i soldi i
No-Tav: da migliaia di ore di lavoro volontario, sottratto
a svago e famiglia, si chiama partecipazione civile. Con
molta amarezza rifletto dunque se sia utile impegnarsi per
la difesa dei beni comuni o se sia meglio spendere la
propria esistenza in occupazioni più divertenti. Se
arriverò a quell’ultima conclusione,
restituirò la mia qualifica di cittadino e opererò
soltanto per mio bieco interesse.


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Re: Economist: TAV, la rapina

Messaggioda franz il 10/03/2012, 22:50

Oggi sono stato nell'Oltrepò pavese, per una spedizione con altri amici e relative consorti e figli, a caccia di bonarda, pinò nero e grigio, barbera, cabernet ed altri vini locali (per esempio il "sangue di giuda"). Al ritorno, con la macchina caricata con la scorta annuale (se dura) mi sono fidato del navigatore, il quale mi ha portato un po' troppo verso Lodi e poi da li' mi ha portato a Nord passando per la Bologna Milano. Procedevo alla velocità consentita, 130, quando alla mia destra, dove scorre la linea dell'alta velocità, sono stato sorpassato da un treno (inconfondibile la sagoma del freccia rossa) che secondo me andava come minimo 100 Km piu' di me, se non di piu'. Era come se fossi fermo. Tempo di dire a mia moglie: <<hai visto?>> ed era già passato.
Non capisco come si faccia ad essere contro linee ferroviarie moderne, in grado di trasportare merci e passeggeri in tempi piu' rapidi e con metodi piu' ecologici degli altri (strada, aereo, nave). Anche sotto le Alpi.
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Re: Economist: TAV, la rapina

Messaggioda flaviomob il 11/03/2012, 1:44

http://www.ilcambiamento.it/inquinament ... ttiva.html

Torino-Lione. Un tunnel nella montagna radioattiva

Test recenti e passati confermano che la montagna sotto cui si scaverebbe il tunnel della Torino-Lione è ricca di uranio radioattivo. Secondo il professor Massimo Zucchetti, ingegnere nucleare e docente del Politecnico di Torino, è quindi "una colossale bugia" sostenere che "non ci sono problemi per la presenza di uranio in val Susa".

di Giorgio Cattaneo - 9 Marzo 2012
[..]


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Re: Economist: TAV, la rapina

Messaggioda franz il 11/03/2012, 11:05

Ho visto un bel servizio televisivo (se ne rintrccio lo streaming ve lo indico) in cui si parla prorio di questo.
Con alcuni geologi si sono inoltrati in una miniera ora abbandonata che è nelle vicinanze per misurare la radioattività.
Hanno trovato una specie di filone ma ne hanno stimato la dimensione in un paio di centinaia di metri di diametro. Scavando a 500 metri non si troverebbe nulla, oppure un'altra bolla. Le prospezioni servono proprio a questo. Stabilire se esist o no amianto e uranio dove si scava il tunnel.

Naturalmente tutte quelle apprensioni sull'acqua dovrebbero moltiplicarsi: da millenni la popolazione beve acqua radioattiva?
Non credo. Dire che "non ci sono problemi" significa che il problema è gestibile, a che se si trovasse uranio. Non è che tutta la montagna è di uranio ;) altrimenti gli abitanti dei dintorni averebbero seri problemi da millenni. Se l'uranio c'è è poco e concentrato in particolari filoni. Naturalmente se si sa che lo scavo attraversa filoni piu' ricchi di uranio, si prendono le opportune precauzioni. Per i lavoratori e per chi abita nella valle. Esistono al mondo miniere di uranio, esistono contenitori appositi per il materiale e si tratta tutto sommato di superare alcune zone spesse poche centinaia di metri. Anche per l'asbesto si possono prendere particolari precauzioni, una volta stabilito che lo scavo attraversa zone ricche di questo materiale.
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Re: Economist: TAV, la rapina

Messaggioda matthelm il 11/03/2012, 11:06

La Camusso è impazzita pure lei: è favorevole alla TAV!
Mi aspetto grandi attacchi contro questa serva dei poteri forti!
"L'uomo politico pensa alle prossime elezioni. Lo statista alle prossime generazioni".
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Re: Economist: TAV, la rapina

Messaggioda franz il 11/03/2012, 11:11

Grazie matthelm!


Camusso dice sì alla Tav: «In Italia
c'è un bisogno disperato di investimenti»

Il segretario della Cgil: è utile per l'occupazione ma serve il dialogo. E sull'articolo 18: «Non sia uno scalpo»

Il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso (Ansa)Il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso (Ansa)
ROMA - Susanna Camusso, la Fiom chiama lo sciopero generale se verrà toccato l'articolo 18. Cosa risponde il segretario della Cgil?
«Ho impressione che qualcuno abbia già messo in conto un nostro sciopero generale: una fiammata e via. Ma non può essere così: si aprirà una fase non breve di lotta».

A cosa si riferisce?
«A tante cose: scioperi articolati, proteste mirate, durature, più dolorose».

Non teme che il suo messaggio venga frainteso e alimenti tensioni incontrollabili?
«So che ci sono preoccupazioni, ce le abbiamo anche noi. Ecco perché vanno date risposte».

Cosa pensa della presenza dei No Tav nella manifestazione della Fiom?

«Nessuna forma d'iniziativa legittima può prevaricare la vita degli altri e sconfinare nella violenza. Penso che la Cgil debba avere un giudizio netto. Del resto la nostra posizione favorevole alla Tav l'abbiamo espressa al congresso: il Paese ha un disperato bisogno di investimenti. Dopodiché sarebbe meglio avere regole su come si decide. E comunque va ricostruito il dialogo: è impensabile fare i lavori per anni con la valle contro».

La trattativa sul mercato del lavoro riprende domani. C'è possibilità che si arrivi a un accordo?
«Cominciamo col dire che una riforma, anche una buona riforma, non creerà occupazione: è sbagliato illudere la gente. Serve altro».

Ad esempio?
«Investimenti, politiche industriali che ancora non vedo. La "fase due" della crescita mi sembra lontana: la delega fiscale si sta traducendo in aumento dell'Iva anziché nella riduzione della pressione fiscale sul lavoro».

Questo governo l'ha delusa?
«L'esecutivo Monti ha scelto di avere il piglio di chi vuole fare riforme strutturali, ha usato termini ambiziosi, come "cambiare la mentalità degli italiani". Ma poi questa intenzione si è tradotta nella continuità di politiche che penalizzano il lavoro».

Nel merito della riforma, ci sono punti di contatto sul tema dei contratti?

«Non c'è ancora una sintesi ma le proposte del ministro di far costare di più la flessibilità, eliminando quella cattiva, vanno nella giusta direzione».

C'è qualche novità sulla stabilizzazione dei precari?
«Al momento non ci sono risposte. Non si è mai nemmeno parlato di pubblico impiego dove la precarietà dilaga. Nè mi è piaciuto lo spettacolo del blocco dell'assunzione di 10 mila insegnanti».

Sugli ammortizzatori sociali lei dice che servono 15 miliardi. Può spiegare meglio?
«Attualmente ci sono 8,5 miliardi, tra contributi di imprese e di lavoratori, con l'estensione della contribuzione si potrebbe arrivare a 11. Mancano ancora 4 miliardi per avviare gradualmente la riforma».

Sui due pilastri voluti da Fornero? Cassa ordinaria e indennità di disoccupazione?

«No, non si può fare a meno della cassa straordinaria per le riconversioni che saranno tante dopo la crisi. E l'indennità va estesa a tutti, compreso chi vive il lavoro con discontinuità».

Veniamo all'articolo 18.
«Espungerlo dal tavolo sarebbe un atto di saggezza, limitiamoci a velocizzare i processi sul lavoro».

Ma se invece si procedesse, che farà la Cgil?
«Quando si porrà il problema ci penseremo. Vedo in giro qualche proposta di chi cerca solo uno scalpo. E poi c'è quella della Cisl, che estende le procedure dei licenziamenti collettivi a quelli individuali. Ma i licenziamenti individuali si possono già fare se non sono discriminatori».

Prenda il caso del lavoratore che, messosi in malattia, è andato a tirare il petardo al segretario della Cisl, Bonanni, ed è stato reintegrato sul posto di lavoro.
«Se il lavoratore ha violato la norma contrattuale ha ragione l'impresa, se non l'ha violata, è giusto il reintegro. Non tutte le malattie prevedono di stare a casa 24 ore su 24. Le norme ci sono: basta farle rispettare. Ad esempio, io mi chiedo perché non si impone mai al dirigente pubblico di controllare chi timbra e chi no».

Marcegaglia ha accusato il sindacato di difendere i fannulloni.
«Marcegaglia è stata presa da tentazione perché era all'assemblea di Federmeccanica... Ma non è che per evitare i problemi vadano cancellate le tutele».

Lei ha chiesto a Fornero di rivedere la riforma delle pensioni. Pensa ce ne siano i margini?
«Devono esserci. Non dispero di convincere il ministro che, con riferimento alle pensioni, non tutti i lavori sono uguali. Sul punto c'è una sensibilità fortissima e suggerirei sommessamente di tenerne conto...».

Intanto la Cgil è stata fischiata alla manifestazione della Fiom.
«Mi dicono che i fischi non erano dei lavoratori metalmeccanici. Dopodiché so che c'è una parte di movimento che ha un'idea antagonista. Ma il sindacato non è antagonista: costruisce accordi. Anche il segretario Fiom, Landini, ha detto che è per l'accordo, purché non si tocchi l'articolo 18. Che è quello che penso anch'io».

Veltroni, attaccando l'articolo 18, vi ha chiamati indirettamente «santuari del no».
«Io sento quello che dice il segretario Bersani: non mi sembra che voglia cambiare l'articolo 18. Gli altri si pongano il problema di pensare cosa proporre loro, piuttosto che dirci quello che dobbiamo fare noi».

Antonella Baccaro 11 marzo 2012 | 10:01
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Re: Economist: TAV, la rapina

Messaggioda flaviomob il 11/03/2012, 14:47

Infatti in alcune zone della val Susa la mortalità per tumori legati all'amianto ha un'incidenza maggiore della media nazionale.
Camusso è favorevole al TAV? Me ne rallegro. Io vorrei sapere chi ha mai sostenuto qui di essere contrario - a prescindere - a un progetto di AV. Semplicemente ci sono delle criticità di cui chi vuole il TAV "prendere o lasciare" nega l'esistenza. E a furia di negare mafia, contaminazioni, tangenti, inciuci, sprechi abbiamo visto dove siamo andati a finire (sull'orlo della bancarotta).


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