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La riforma del lavoro

Forum per le discussioni sulle tematiche economiche e produttive italiane, sul mondo del lavoro sulle problematiche tributarie, fiscali, previdenziali, sulle leggi finanziarie dello Stato.

La riforma del lavoro

Messaggioda Robyn il 18/02/2012, 14:42

La riforma del lavoro deve essere semplice
A)La flessibilità in entrata deve costare di più
B)Periodo di prova di due anni dopodiche c'è l'indeterminato
C)Flessibilità in uscita
La flessibilità in uscita si realizza togliendo semplicemente il reintegro solo per i motivi economici
Prima di dare il recesso l'azienda deve chiedere al lavoratore se vuole il mediatore.In caso dica sì non è più possibile presentare il ricorso al magistrato e l'importo minimo indennizzabile non deve essere inferiore ai sei mesi
D)Ammortizzatori e formazione estesa a tutti e finanziata da assicurazione obbligatoria
PS Successivamente bisognerà capire come introdurre il reddito minimo vitale
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Re: La riforma del lavoro

Messaggioda franz il 18/02/2012, 15:37

Robyn ha scritto:La riforma del lavoro deve essere semplice
A)La flessibilità in entrata deve costare di più
B)Periodo di prova di due anni dopodiche c'è l'indeterminato
C)Flessibilità in uscita
La flessibilità in uscita si realizza togliendo semplicemente il reintegro solo per i motivi economici
Prima di dare il recesso l'azienda deve chiedere al lavoratore se vuole il mediatore.In caso dica sì non è più possibile presentare il ricorso al magistrato e l'importo minimo indennizzabile non deve essere inferiore ai sei mesi
D)Ammortizzatori e formazione estesa a tutti e finanziata da assicurazione obbligatoria
PS Successivamente bisognerà capire come introdurre il reddito minimo vitale
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Domanda:
1) se abbiamo C) e D) a cosa servono i due anni di prova di B)? Bastano 3 mesi.
Perché lasciare per due anni una persona nel limbo della prova?
Su tutto il resto, d'accordo. Lo propongo da 20 anni e quindi ci mancherebbe altro ;-)
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Re: La riforma del lavoro

Messaggioda Robyn il 19/02/2012, 15:38

Perchè dopo i due anni scatta l'art 18 per la giusta causa e il giustificato motivo soggettivo e le aziende non possono più lamentarsi ,he l'art 18,la malattia,le assenze ingiustificate perchè avrà filtrato male(inoltre bisogna stare all'interno del trattato di Nizza.Fatta la riforma del lavoro bisognerà occuparsi di creare lavoro.Con gli ammortizzatori sociali si ricostruisce la continuità del reddito ma non basta perchè i redditi sono insufficenti,non riescono a stimolare i consumi e la formazione di risparmio.Inoltre se l'inflazione è al 2% come è possibile che i redditi si siano rivalutati solo dell'1%? Dovrebbero rivalutarsi sulla base dell'indice Ipca.Possiamo fare tutto quello che vogliamo ma se i redditi non si adeguano all'inflazione abbiamo fatto un buco nell'acqua.Per i redditi oltre alle liberalizzazioni,la diminuzione dell'Irpef e scaricare l'assistenza sulla fiscalità generale bisogna ridurre la <<filiera>> per ridurre i prezzi perchè ci sono troppe intermediazioni commerciali.Ma non basta perchè bisogna investire,innovare fare misure ergonomiche sviluppare la ricerca per le produzioni di qualità e la formazione nel lavoro.Inoltre molte risorse del reddito sono drenate verso segmenti improduttivi come ad esempio i costi degli affitti e i mutui oltre che a mancare misure a sostegno per chi ha redditi e pensioni basse ed è fondamentale il reddito minimo oltre che misure per la famiglia.Inoltre spingere la produttività non è olio di gomito
PS Con gli ammortizzatori la banca può farti il mutuo o farti dei
prestiti per l'acquisto dell'auto
Inoltre la prova attiverebbe criteri meritocratici.Infatti in Italia si trova lavoro solo con la raccomandazione e quindi le aziende non possono lamentarsi se poi hanno l'assenteista o il falso malato.Infatti chi non ha la raccomandazione trova lavoro con difficoltà e quando lo trova si trova ad avere a che fare con i raccomandati
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Re: La riforma del lavoro

Messaggioda flaviomob il 21/02/2012, 7:46

Sondaggio: la libertà di licenziare non porta ad assumere

Sondaggio Unioncamere-Excelsior sui motivi di non assunzione nel 2011. Nessuno tira in ballo l'articolo 18. La scarsa flessibilità in uscita non incide sulle strategie aziendali. Proprio le più grandi, dove c'è il vincolo del reintegro, assumono di più

Non si tratta di licenziamenti, di articolo 18, diflessibilità in uscita: il vero guaio, perle imprese italiane, è la mancanza di prospettive a breve termine. Arrivano poche commesse, i dipendenti che già ci sono bastano e avanzano, c'è la crisi dei consumi, c'è un enorme difficoltà di accesso al credito. Ecco perché non ci si lancia in nuove assunzioni: il reintegro del dipendente licenziato senza giusta causa c'entra poco e niente. E' questo che dicono le aziende italiane e l'atteggiamento emerge con chiarezza se si guarda all'ultimo rapporto ExcelsiorUnioncamere. Interrogati sulle intenzioni o meno di assumere e — nel secondo caso — sui motivi della mancata creazione di nuovi posti di lavoro, gli imprenditori danno risposte chiare. A frenare l'assunzione, è la mancanza di nuove commesse (5,7 per cento) o l'incertezza e la domanda in calo (14,1), quindi nel 20 per cento dei casi sono le condizioni di mercato a dettare la strategia. La stragrande maggioranza delle aziende ritiene che l'organico presente sia sufficiente (il che vuol dire che non ha mire espansionistiche): comunque sia, la mancanza di una flessibilità in uscita non viene nemmeno menzionata fra le prime cause del fermo occupazionale. Probabilmente è compresa nella casella «altri motivi», barrata solo dal 12 per cento dei centomila imprenditori che costituiscono il campione dell'indagine. E la graduatoria delle motivazioni non varia di molto se si ragiona sull'ambito territoriale o sulle dimensioni dell'azienda. In realtà, le aziende che invece assumono sono proprio quelle grandi, dove l'articolo 18 trova applicazione. Che non sia l'articolo 18 a determinare la politica del lavoro di una azienda lo conferma anche Mario Sassi, responsabile del Welfare per la Confcommercio. «A bloccare le assunzioni sono il costo del lavoro e la crisi dei consumi — afferma — in assenza di queste due condizioni non ci può essere occupazione». Il ragionamento, precisa, vale sia per le piccole che per le grandi imprese: «intervenire sulla flessibilità in uscita senza affrontare le vere cause del problema porta ad incanalarsi in una polemica pregiudiziale e ideologica». Prima di parlare di articolo 18, secondo Confcommercio «va piuttosto affrontato il tema degli ammortizzatori sociali, che dovranno garantire un sostegno ai lavoratori che usciranno dalle aziende ma, visto l'innalzamento dell'età pensionabile, non saranno coperti da assegno». Altre priorità, secondo Sassi, sono «la formazione e l'accesso al credito: solo affrontando tutto questo si può parlare anche di articolo 18». La questione non è di poco conto perché è vero che l'Italia è il paese delle piccole imprese, ma l'articolo 18 è applicato alla maggioranza dei lavoratori. Lo certifica la Cgia di Mestre che guardando alla platea dei dipendenti italiani assicura che «oltre il 65 per cento degli occupati - quasi i due terzi del totale - avora in aziende con più di 15 dipendenti, quindi sottoposte alla norma».


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Re: La riforma del lavoro

Messaggioda franz il 21/02/2012, 9:27

Ma in effetti si vuole "affrontare tutto questo", come dice Sassi, e quindi alla fine anche di Art 18.
Che non è in cima alle priorità ma nemmeno in fondo alla scala.
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Re: La riforma del lavoro

Messaggioda Robyn il 21/02/2012, 15:13

La flessibilità in uscita non crea lavoro.La rigidità in uscita ha invece creato la flessibilità cattiva in entrata.Mah credo che l'unica modifica necessaria sia quella di togliere la reintegrazione solo per il giustificato motivo oggettivo poi ci sono altre cose come ridurre i tempi dei processi oppue mettere una figura terza come il mediatore in alternativa al ricorso e come libera scelta del lavoratore.Inoltre il problema della raccomandazione penso sia il riflesso anche della rigidità in uscita oltre che un fattore culturale da combattere
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Re: La riforma del lavoro

Messaggioda franz il 21/02/2012, 15:23

Robyn ha scritto:La flessibilità in uscita non crea lavoro.

Questo non è concettualmente vero. La rigidità in uscita si trasforma in rigidità in ingresso. Soprattutto per i giovani.
I paesi piu' ingessati sono quelli con la maggiore disoccupazione.
Uno, per esempio, vorrebbe assumere due dipendenti per un nuovo lavoro e contemporaneamete licenziarne due che fanno un lavoro molto diverso (ma che altre aziende cercano, per fatti loro). Ogni rigidità si trasforma nella difficoltà di assumere 4 persone solo perchè è reso difficile licenziarne due.
La rigidità in uscita quindi ostacola la creazione di nuovi posti di lavoro.
Inutile dire di no perchè è assodato osservando le dinamiche lavorative negli altri paesi. Dove gli italiani scappano per trovare lavoro.
E sarà difficile convincermi del contrario visto che 24 anni fa me ne sono andato dall'Italia trovando immediatamente lavoro, guadagnando il triplo. E come me centinaia di migliaia di italiani in questi decenni hanno seguito la stessa strada.
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Re: La riforma del lavoro

Messaggioda Robyn il 21/02/2012, 15:31

Può disincentivare gli investimenti,ma gli investimenti si attivano se c'è capacità di risparmio,in sintesi di autofinanziamento e possibilità di avere prestiti.Se i lavoratori e le famiglie fanno fatica a risparmiare le banche neanche hanno liquidità sufficente per concedere prestiti ciao robyn
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Re: La riforma del lavoro

Messaggioda franz il 21/02/2012, 15:37

Robyn ha scritto:Può disincentivare gli investimenti,ma gli investimenti si attivano se c'è capacità di risparmio,in sintesi di autofinanziamento e possibilità di avere prestiti.Se i lavoratori e le famiglie fanno fatica a risparmiare le banche neanche hanno liquidità sufficente per concedere prestiti ciao robyn

E ci credo, i pochi soldi risparmiati vanno a finanziare il debito pubblico, non le imprese.
Solo dall'estero possiamo sperare di avere fondi nuovi.
Quindi dobbiamo eliminare le differenze negative ed efatizzare gli aspetti positivi.
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Re: La riforma del lavoro

Messaggioda flaviomob il 21/02/2012, 15:50

Qual è la relazione tra queste due notizie?

http://www.corriere.it/economia/12_febb ... 678a.shtml

Marcegaglia: «L'art. 18 deve restare ma vogliamo poter licenziare i fannulloni»
Ha poi invitato i sindacati a non proteggere ladri e assenteisti

...

http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/03 ... ia/100958/

Record di infortuni nella fabbrica Marcegaglia
L'anno scorso 135 incidenti su 1,183 dipendenti, quattro volte la media nazionale. Denuncia della Fiom lombarda: "Situazione inaccettabile". Per la presidente della Confindustria il problema dipende dalla scarsa formazione dei lavoratori

...

Ovvero, la solita "morale" all'italiana: fate quel che dico, non fate quel che faccio...
Rispettate voi le regole, che io intanto me ne fotto...


...


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