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Differenza fra destra e sinistra

Discussioni e proposte, prospettive e strategie per il Paese

Differenza fra destra e sinistra

Messaggioda Robyn il 05/02/2012, 17:14

Le differenze fra destra e sinistra esistono e non sono sparite
La sinistra è più attenta al sociale con strategie e sfumature
leggermente differenti ma componibili
La destra è più attenta al mercato
ciao robyn
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Re: Differenza fra destra e sinistra

Messaggioda gabriele il 05/02/2012, 17:19

Robyn ha scritto:Le differenze fra destra e sinistra esistono e non sono sparite
La sinistra è più attenta al sociale con strategie e sfumature
leggermente differenti ma componibili
La destra è più attenta al mercato
ciao robyn


Mah! :? :?:
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Re: Differenza fra destra e sinistra

Messaggioda franz il 05/02/2012, 18:59

gabriele ha scritto:Mah! :? :?:

In effetti c'è anche una destra sociale ed un centro sinistra attento al mercato.
C'è una destra fascio corporativa che è nemica del mercato piu' di certa sinistra antagonista.
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Re: Differenza fra destra e sinistra

Messaggioda flaviomob il 06/02/2012, 1:34

La destra sociale trae origine dal fascismo. Il fascismo a sua volta è il prodotto dell'ambivalenza di Mussolini, che inizia la sua carriera politica da anarchico socialista, passa attraverso l'interventismo e si trasforma in alfiere di una forma di autoritarismo che dovrebbe tenere insieme tutto, masse popolari e borghesia, nel nome di un ordine basato su Dio, patria e famiglia, con richiami alla grandezza dell'impero romano atti a definire l'identità, ancora piuttosto debole, del popolo italiano (avvezzo ad essere dominato da potenze straniere, per millecinquecento anni, piuttosto che il contrario...).
Anche nel nazismo, contrazione del termine nazionalsocialismo, vi sono ambivalenze simili, che degenerano più verso una società ideale razzista orientata alla liberazione da un "persecutore" occulto, potente, identificabile perché "diverso" a cui contrapporre una potenza (quindi una violenza) superiore. La superiorità, a sua volta, giustificava la sottomissione delle "razze inferiori".

La distinzione tra destra e sinistra dovrebbe a questo punto marcare dei limiti invalicabili, per cui a sinistra non si dovrebbe più ammettere alcuna discriminazione tra esseri umani (principio di eguaglianza), tra stati o nazioni (internazionalismo), ne' ammettere leader autoritari ma esclusivamente rappresentanti eletti democraticamente (mentre la destra si è caratterizzata in passato e non solo per l'appoggio alle monarchie o a regimi scarsamente rappresentativi, come i primi parlamenti "liberali" che venivano eletti a suffragio limitato: in base al censo o al reddito disponibile si era ammessi o esclusi dal voto).
Anche a sinistra però sorge una contraddizione: le dittature di ispirazione socialista, in cui si perde la sostanza dell'eguaglianza (chi si oppone al regime perde i propri diritti, fino alla stessa libertà e talvolta la vita) e la rappresentatività democratica (creando di fatto degli oligopoli). Inoltre esiste sempre, in ogni società, un conflitto tra la libertà individuale e la libertà collettiva, tra la libertà economico-imprenditoriale e i diritti dei lavoratori e dei meno abbienti, tra la libertà come valore assoluto e la libertà dai bisogni, in cui si sceglie di limitare la libertà individuale di disporre del proprio reddito a favore di politiche sociale per i più deboli.

Un'altra visione vede a destra la parte più conservatrice e a sinistra quella più innovatrice, ma è chiaro che in una società in cui la destra è più forte, a sinistra possono manifestarsi tendenze a conservare le conquiste sociali ottenute piuttosto che rischiare di rimettere tutto in discussione ed innovare. Queste paure, ben motivate, spesso bloccano il cambiamento nel nostro paese.

Per me una società tende tanto più a destra quanto tende a concentrare il potere e a contrastarne il ricambio all'interno, viceversa tende più a sinistra quanto maggiormente tende a dotarsi di un potere limitato, costituzionale, controllabile, democratico, in cui prevalgano la responsabilità, la trasparenza ed i vincoli verso chi ne è rappresentato, allo scopo di emancipare le parti più svantaggiate della società con politiche di inclusione e di solidarietà.

E' utile anche riportare il pensiero di Bobbio:

http://www.filosofico.net/Antologia_fil ... 0STELL.htm


N. Bobbio, Destra e sinistra

1. Una politica egualitaria è caratterizzata dalla tendenza a rimuovere gli ostacoli (per riprendere l’espressione del già citato articolo 3 della nostra Costituzione) che rendono gli uomini e le donne meno eguali. Una delle piú convincenti prove storiche della tesi sin qui sostenuta secondo cui il carattere distintivo della sinistra è l’egualitarismo, si può dedurre dal fatto che uno dei temi principali, se non il principale, della sinistra storica, comune tanto ai comunisti quanto ai socialisti, è stato la rimozione di quello che è stato considerato, non solo nel secolo scorso ma sin dall’antichità, uno dei maggiori, se non il maggiore, ostacolo all’eguaglianza tra gli uomini, la proprietà individuale, il “terribile diritto”. Giusta o sbagliata che sia questa tesi, è noto che in genere le descrizioni utopiche di società ideali, che muovono da un’aspirazione egualitaria, descrivono e insieme prescrivono una società collettivistica; che Jean-Jacques Rousseau, quando s’interroga sull’origine della diseguaglianza degli uomini, esce nella famosa invettiva contro il primo uomo che, cintando il suo podere, ha dichiarato “questo è mio!”; che da Rousseau trae ispirazione il movimento che dà vita alla Congiura degli Eguali, spietatamente contrario ad ogni forma di proprietà individuale; che tutte le società di eguali che si vanno formando nel secolo scorso, in cui la sinistra spesso si è riconosciuta, considerano la proprietà individuale come l’iniqua istituzione che deve essere abbattuta; che sono egualitari e collettivisti tutti i partiti che escono dalla matrice marxista; che una delle prime misure della rivoluzione trionfante nella terra degli zar fu l’abolizione della proprietà individuale della terra e delle imprese; che le due opere principali di storia e di critica del socialismo, Les systèmes socialistes di Vilfredo Pareto e Socialism di Ludwig von Mises sono, il primo, una rassegna critica, l’altro un’analisi e critica economica delle varie forme di collettivismo. La lotta per l’abolizione della proprietà individuale, per la collettivizzazione, ancorché non integrale, dei mezzi di produzione, è sempre stata, per la sinistra, una lotta per l’eguaglianza, per la rimozione dell’ostacolo principale all’attuazione di una società di eguali. Persino la politica delle nazionalizzazioni che ha caratterizzato per un lungo tratto di tempo la politica economica dei partiti socialisti, venne condotta in nome di un ideale egualitario, se pure non nel senso positivo di aumentare l’eguaglianza, ma nel senso negativo di diminuire una fonte di diseguaglianza.
Che la discriminazione tra ricchi e poveri, introdotta e perpetuata dalla persistenza del diritto considerato inalienabile della proprietà individuale, sia considerata la principale causa della diseguaglianza, non esclude il riconoscimento di altre ragioni di discriminazione, come quella tra uomini e donne, tra lavoro manuale e intellettuale, tra popoli superiori e popoli inferiori.
2. Non ho difficoltà ad ammettere quali e quanti siano stati gli effetti perversi dei modi con cui si è cercato di realizzare l’ideale. Mi è accaduto non molto tempo fa di parlare a questo proposito di “utopia capovolta” ovvero del capovolgimento totale di una grandiosa utopia egualitaria nel suo contrario. Nessuna delle città ideali descritte dai filosofi era stata mai proposta come un modello da volgere in pratica. Platone sapeva che la repubblica ideale, di cui aveva parlato coi suoi amici e discepoli, non era destinata a esistere in nessun luogo, ma era vera soltanto, come dice Glaucone a Socrate, “nei nostri discorsi”. E, invece, è avvenuto che la prima volta che un’utopia egualitaria è entrata nella storia, passando dal regno dei “discorsi” a quello delle cose, si è rovesciata nel suo contrario.
Ma, aggiungevo, il grande problema della diseguaglianza tra gli uomini e i popoli di questo mondo è rimasto in tutta la sua gravità e insopportabilità (perché non dire, anche, nella sua minacciosa pericolosità per coloro che si ritengono soddisfatti?). Anzi, nella accresciuta coscienza che andiamo ogni giorno di piú acquistando delle condizioni del Terzo e del Quarto mondo, di quello che Latouche ha chiamato “il pianeta dei naufraghi”, le dimensioni del problema si sono smisuratamente e drammaticamente allargate. Il comunismo storico è fallito. Ma la sfida che esso aveva lanciato è rimasta. Se per consolarci, andiamo dicendo che in questa parte del mondo abbiamo dato vita alla società dei due terzi, non possiamo chiudere gli occhi di fronte alla maggior parte dei paesi ove la società dei due terzi, o addirittura dei quattro quinti o dei nove decimi, è quell’altra.
Di fronte a questa realtà, la distinzione fra la destra e la sinistra, per la quale l’ideale dell’eguaglianza è sempre stato la stella polare cui ha guardato e continua a guardare, è nettissima. Basta spostare lo sguardo dalla questione sociale all’interno dei singoli stati, da cui nacque la sinistra nel secolo scorso, alla questione sociale internazionale, per rendersi conto che la sinistra non solo non ha compiuto il proprio cammino ma lo ha appena cominciato.

N. Bobbio, Destra e sinistra, Donzelli, Roma, 1994, pagg. 83-86


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Re: Differenza fra destra e sinistra

Messaggioda pianogrande il 06/02/2012, 10:57

Per restare solo sul tema sociale.
Tutti uguali?
Nel senso delle pari opportunità (istruzione, lavoro etc.).
Davanti alla legge.
Tutele per i più deboli in modo che un certo standard di vita sia garantito a tutti.
Fino a qui sono d'accordo.

Non sono stato mai d'accordo sulla ricchezza in genere uguale per tutti.

E' lì che la sinistra ha sempre trovato il modo di suicidarsi.

Le dittature, invece, sono dittature e basta.
Il bollino rosso o il bollino nero non debbono fare differenza.
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Re: Differenza fra destra e sinistra

Messaggioda franz il 06/02/2012, 11:36

Inoltre esiste sempre, in ogni società, un conflitto tra la libertà individuale e la libertà collettiva, tra la libertà economico-imprenditoriale e i diritti dei lavoratori e dei meno abbienti, tra la libertà come valore assoluto e la libertà dai bisogni, in cui si sceglie di limitare la libertà individuale di disporre del proprio reddito a favore di politiche sociale per i più deboli.

Questo è il punto. Il conflitti elencati ci sono e sono insanabili. Nel senso che nessuno deve prevalere sull'altro. Si puo' solo tentare di trovare un punto di equlibrio e questo non è fisso in ogni tempo ed in ogni luogo ma varia continuamente, da qui l'esigenza della mediazione democratica, basata sul consenso (il piu' possibile informato e de-ideologizzato). Spero che Fravio e tutti gli altri possano convenire sul metodo, anche se poi la strada rimane comunque irta di ostacoli (penso per esempio alle difficiltà del consenso informato).

Non sono invece d'accordo con Bobbio. Se la differenza si limitasse sostanzialmente alla posizione (ideale o reale) sulla libertà privata (da abolire, per comunisti e socialisti) saremmo fritti. Nel senso che la sinistra non avrebbe piu' ragione di esistere. E non tanto nella visione reale, come sembra far credere Bobbio, ma proprio in quella ideale. Non si tratta infatti solo di valutare quanto gravi e drammatici errori (e milioni di morti) sono stati fatti per perseguire un ideale che sembra ancora spacciato per giusto, come Bobbio non esita ad ammettere. Qui sui fatti accaduti ormai non c'è alcuna ulteriore valutazione da fare. È la valutazione sull'ideale della abolizione della proprietà privata che invece va smantellata per quello che è. Un'idea sbagliata, ingiusta (e quindi anche per questo porta sempre a drammatici errori reali quando si tenta di applicarla). Un'idea in contrasto con la dichiarazione universale (ONU) dei diritti dell'uomo, che tra i diritti inalienabili elencati cita proprio anche la proprietà privata. Altro è il caso invece della libera coesistenza di proprietà privata individuale, proprietà privata collettiva (pensiamo ad una eredità indivisa) e forme di proprietà collettiva (pensiamo al terreno demaniale). Ma in nessun caso l'egualianza viene raggiunta tramilte l'abolizione ex-lege della proprietà privata e la collettivizzazione forzata dei mezzi di produzione.

Tolto di mezzo questo aspetto (che pero' sul piano pratico elimina la basi teorica e ideale del comunismo e del socialismo, almeno a sentire Bobbio quando parla di "sinitra storica") rimane a rappresentare la sinistra solo la posizione socialdemocratica (come infine anche Bertinotti aveva capito). La socialdemocrazia che accetta (pur criticamente) il mercato, la proprietà privata, l'alternanza democratica.
Socialdemocrazia che pero' è entrata un po' in crisi con l'aumento di velocità della globalizzazione e viene ridiscussa proprio nei paesi simbolo del suo splendore (penisola scandinava e dintorni). Anche per questo la differenza tra destra e sinistra si affievolisce sempre di piu'.

Osserviamo infatti che l'alternanza tra governi socialdemocratici e conservatori (germania, svezia, francia,spagna ed altri paesi) non comporta alcuna drastica eliminazione delle eventuali riforme fatte dal governo precedente ma esiste una continuità gestionale su cui si innescano poi miglioramenti, fatti da sinistra o da destra. Abbiamo quindi situazioni notevoli, come la socialdemocrazia tedesca che con agenda 2010 attua riforme liberali o i conservatori svedesi che insieme ai liberali non toccano sostanzialmente le prestazioni welfare ma solo il suo costo fiscale, tramite ottimizzazioni e massicce liberalizzazioni.

E alla fine puo' essere normale chiedersi dove sia finita la differenza.
Anche se non ci fosse, non la rimpiangerei.
Quello che conta è il risultato. Un paese che funziona.
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Re: Differenza fra destra e sinistra

Messaggioda pianogrande il 06/02/2012, 12:52

Concordo abbastanza con Franz.
L'onestà, la correttezza, l'altruismo, la sensibilità, la competenza .... sono tutti valori, in mancanza dei quali (parlando di chi si deve dedicare alla gestione del bene comune) parlare di destra o di sinistra serve solo a distrarsi dai problemi veri.
Vale per le dittature come per i ladri.
Cosa vogliamo fare, confrontare se è meglio un ladro di destra o uno di sinistra?
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Re: Differenza fra destra e sinistra

Messaggioda flaviomob il 06/02/2012, 17:37

Sulla proprietà privata, limitandosi a quanto cita Bobbio ovvero la proprietà delle imprese e della terra (agricola), io credo che siano ingiusti entrambi gli estremi. Il latifondo, ad esempio, è profondamente ingiusto ed ogni riforma agraria che si rispetti ha sempre cercato di redistribuire la terra a chi la coltivava. La piccola proprietà in cui ciascuno coltiva ciò che gli permette di vivere non è certo paragonabile, per gli effetti sociali devastanti, a latifondi affidati a "servi della gleba" o comunque a individui resi quasi schiavi. Così come nel modello renano, l'impresa rimane privata ma esistono consistenti quote pubbliche (ad esempio i laender tedeschi che entrano nella proprietà di Volkswagen, se non mi confondo con qualche altra casa) e consolidate forme di controllo dei sindacati sui licenziamenti e sulle riduzioni di personali / chiusure di fabbriche. Le collettivizzazioni invece si sono dimostrate antieconomiche laddove favorivano le inefficienze, anche se nella storia ci sono pure esempi di proprietà collettive gestite con oculatezza se le persone che se ne occupavano erano fortemente motivate (penso ad esempio agli antichi conventi di frati, in cui i frutti del lavoro della terra si dividevano equamente). Certamente si parla di realtà molto rare e particolari.

Sulla ricchezza uguale per tutti, oltre ad essere impossibile nella realtà, non credo che sia un valore della sinistra, che casomai parla di una redistribuzione basata sui bisogni, non sul livellamento. Se poi si parte da condizioni di base uguali (ma anche questa è un'utopia, in fondo, un limite a cui si può solo tendere con buone politiche sociali), dopo ha senso parlare di premiare il merito, ma solo a questa condizione.


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Re: Differenza fra destra e sinistra

Messaggioda franz il 06/02/2012, 17:52

flaviomob ha scritto:Il latifondo, ad esempio, è profondamente ingiusto ed ogni riforma agraria che si rispetti ha sempre cercato di redistribuire la terra a chi la coltivava.

Sul latifondo ti do' abbondantemente ragione e rilevo, sulla immancabile wiki che
Il latifondo (dal latino: latus; ampio e fundus; podere) è un terreno agricolo di grandi dimensioni, solitamente mal coltivato ed adibito a colture estensive spesso alternate a pascolo. La caratteristica principale del latifondo è l'assenteismo del proprietario.

Il fenomeno del latifondismo ha avuto grande rilievo in passato: i latifondi erano utilizzati per colture tradizionali, senza particolare cura all'innovazione o erano semplicemente usati per il pascolo. Il proprietario spesso si curava solo di avere una buona rendita, trascurando i dettagli agricoli. Per questo motivo l'agricoltura praticata nei latifondi è spesso (ma non sempre) molto arretrata.
.....
Tipico del sistema dell'Ancien régime, in Europa Occidentale il latifondo venne progressivamente superato tra il XVIII ed il XIX secolo grazie alla diffusione del capitalismo nella conduzione delle aziende agricole.

Tuttavia restò a lungo radicato nelle aree periferiche degli stati più reazionari. Si tratta dei paesi dell'Europa mediterranea: Francia, Spagna, Portogallo e Italia ed in quelli dell'Europa centrale ed orientale, nei paesi dell'est ed in Russia.

Il latifondo in pratica è un portato del medioevo agricolo (i proprietari erano aristocratici), sparito nell'europa capitalista avanzata e rimasto residuale nei paesi arretrati, dove è stato eliminato con insurrezioni, occupazioni, rivoluzioni.
L'esito dello scioglimento dei latifondi pero' è sempre una proprietà anch'essa privata (a parte le rivoluzioni socialiste, che di fatto avevano creato un immenso latifondo statale).
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Re: Differenza fra destra e sinistra

Messaggioda flaviomob il 06/02/2012, 23:12

Ricordo un mio professore di sociologia riportare che Marx non sostenne mai l'abolizione della proprietà privata, ma l'abolizione della proprietà dei mezzi di produzione, a favore dei lavoratori. Questo professore pare votasse margherita, tanto per intenderci, sostenendo che il marxismo era morto con il crollo del muro di Berlino. Io, come ho già scritto più volte, considero il marxismo un ottimo strumento di analisi dei fatti, mentre dubito della costruzione (sintesi) che propone, perché porta in se' il "peccato originale" della legittimazione della dittatura (sebbene in una fase del processo verso il socialismo). E' opinabile acconsentire ad un periodo storicamente definito di dittatura, in quanto ciò ammetterebbe una grave lesione dei diritti umani. E' pure criticabile pensare che, dopo l'instaurazione di tal dittatura, chi detiene il potere scelga spontaneamente di lasciarlo dopo aver realizzato gli obiettivi prefissati: sappiamo bene che i dittatori si innamorano a tal punto del potere da perdere la testa e fare di tutto per non perderlo, anzi magari sognando di tramandarlo per via genitoriale, come le "vecchie" monarchie.

Bisogna poi tener conto di elementi culturali, storici ed antropologici in paesi come l'URSS o la Cina, che de facto non hanno conosciuto una condizione autentica di democrazia prima della dittatura comunista, ne' lo sviluppo di una classe borghese adeguata.

Per quanto cita pianogrande sui ladri, beh intanto bisogna premettere che non basta definirsi o autoetichettarsi "di sinistra" per dimostrare di esserlo, ma si deve giudicare su fatti, azioni, prassi concrete. Il ladro, inteso come politico che cerca di arricchirsi personalmente sfruttando il proprio potere, già si pone un obiettivo contrastante con le finalità di una politica "di sinistra", ovvero di garantire che ad arricchirsi maggiormente non sia il singolo ma la collettività. Si può qui andare molto indietro nel tempo, a due insegnamenti evangelici:
1 Giudicare l'albero dai frutti che produce
2 Chi ha due tonache ne dia una a chi non ne ha e così faccia chi ha da mangiare

E qui mi fermo, con una domanda: è sufficiente definirsi o ritenersi di sinistra per essere di sinistra?


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