Difficoltà nel trovare specializzati
Lo Stato finanzia i giovani che vogliono aprire un’attività, invece di pagare il sussidio di disoccupazione.
Qui si investe più che altrove in ricerca e istruzione.
Quando calano le commesse l’azienda tedesca, d’intesa con i sindacati, riduce l’orario e anche i salari Con la ripresa arrivano aumenti generosi
Berlino, 1 febbraio 2012 - È STRANA la crisi mondiale vista dalla Germania. Mentre gli altri sono minacciati dal fallimento, imprese e nazioni, mai il mercato del lavoro è stato così stabile, fin dalla caduta del ‘muro’. A causa del gelo, a Berlino siamo a dieci sotto zero, i disoccupati sono di poco aumentati, intorno ai tre milioni, il 7,3 %, 302mila in più rispetto a dicembre ma sempre di meno rispetto all’anno scorso. Senza il ghiaccio sarebbero scesi di 34mila unità. E appena tornerà la primavera, il tasso di disoccupazione tornerà a calare. Tutti gli istituti di previsione economica vedono il 2012 in rosa: salgono le prospettive di trovare un’occupazione, soprattutto per chi è specializzato. Aumentano i posti vacanti, e i disoccupati a lungo termine sono solo 960mila, il 3% in meno rispetto al 2011. Si rimane a spasso sempre meno a lungo. Quel che più conta, dalla fine della guerra mai ci sono stati tanti occupati in Germania, 41 milioni e 400mila.
IL PAESE di Frau Angela è il paradiso dei giovani: il 31% è a spasso in Italia, il 21 in Europa, e qui si è appena al 7,8. A Berlino si assiste a una piccola invasione di italiani sotto i 30 anni alla ricerca di una chance. La trovano se sono preparati. Lo Stato finanzia i giovani che vogliano aprire un’attività, invece di pagare il sussidio di disoccupazione. Tutto merito dell’export e del mito del Made in Germany? Non solo. Le esportazioni verso India e Cina hanno trainato la ripresa, ma il Paese si è fatto trovare pronto. Qui si investe più che nel resto d’Europa nella ricerca e nell’istruzione. Funziona l’integrazione: un terzo delle nuove imprese è creato da stranieri (8 milioni, poco meno del 10 %). Senza di loro, l’economia tedesca si bloccherebbe, ammette ‘Der Spiegel’. Soprattutto funziona il patto sociale, l’intesa capitale-lavoratori e quella Stato-cittadini. Negli anni di crisi, i salari tedeschi sono saliti meno che nei paesi industrializzati.
Grazie ad accordi aziendali, presenti in due terzi delle imprese, i dipendenti hanno rinunciato ad aumenti e fatto straordinari non pagati. Appena è cominciata la ripresa, le imprese dalle grandi a quelle familiari hanno concesso aumenti generosi senza attendere la scadenza dei contratti. Si può licenziare, ma non è comunque facile come qualcuno vuol credere. E, in ogni caso, si cerca di salvare l’occupazione. Non esiste un istituto paragonabile alla nostra Cassa integrazione. Far sopravvivere un’azienda sotto la tenda a ossigeno non serve a nessuno, quasi sempre si finisce con la chiusura, e si sprecano soldi pubblici e privati. Esiste il Kurzarbeit, il lavorio a orario ridotto, regolato da norme precise. Non è un’invenzione della sinistra. È nato nel 1910, ai tempi dell’ultimo Kaiser Guglielmo II.
QUANDO COMINCIANO a calare le commesse, da noi l’imprenditore non può licenziare e magari fallisce. Qui, l’azienda d’intesa con i sindacati, riduce l’orario, e anche i salari (più alti dei nostri). Come avvenne anni fa alla VW, con la settimana di 4 giorni, che salvò 10mila posti. L’azienda non perde lavoratori qualificati, e quando va meglio riprende a produrre senza cercare personale e addestrare nuovi dipendenti. Nel 2007, l’anno nero, i lavoratori a orario ridotto erano un milione e 100mila, oggi sono circa 700mila. A sostegno, interviene l’Arbeitsamt, ufficio del lavoro, per integrare in parte i salari, e pagare i contributi. Non si perde niente per la pensione. Il Kurzarbeit dovrebbe interessare almeno un terzo dei dipendenti e essere limitato a 6 mesi, ma sempre nel 2007 fu allungato a due anni. Il segreto di Frau Angela è anche l’elasticità.
di Roberto Giardina
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