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Martone: "Laurea dopo i 28 anni da sfigati"

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Re: Martone: "Laurea dopo i 28 anni da sfigati"

Messaggioda flaviomob il 31/01/2012, 12:12

I bamboccioni e la bufala da 12 miliardi

di Alessandro Ferretti -

Brivido, terrore, raccapriccio!! Ieri sera navigavo quietamente in rete quando d’improvviso mi imbatto in una notizia sensazionale, di quelle che ti cambiano la serata. “Laureati fuori-corso e bamboccioni costano parecchi miliardi di euro”, e subito sotto: “I conti dicono che la spesa per lo Stato è di 12 miliardi l’anno”.

12 milardi di euro? E’ una cifra enorme! Con quei soldi ci si potrebbe togliere lo sfizio di costruire un ponte di Messina all’anno e avanzerebbero ancora soldi per quadruplicare l’investimento pubblico in ricerca e innovazione in Italia. Oppure, si potrebbe regalare 10 mila euro l’anno ad ogni studente universitario in corso in Italia: ricchi, poveri, ghepardi, bradipi, padani o extraterrestri che siano! Ma è possibile che per risparmiare una simile fortuna sia sufficiente sterminare i fuoricorso??

La risposta è ovviamente no, anzi: il fatto che i fuoricorso gravino sulle casse dello stato è una leggenda metropolitana. Il numero, le dimensioni e quindi le risorse “consumate” dai corsi di laurea dipendono dal numero degli studenti che si immatricolano, e non dal tempo che impiegano a laurearsi. I fuoricorso di norma seguono ciascun corso e/o laboratorio una volta sola, esattamente tanto quanto i regolari: non ripetono l’anno come al liceo, ma semplicemente diluiscono (per i motivi più vari) nel tempo la loro carriera universitaria.

La loro laurea costa quindi alla collettività praticamente la stessa cifra di quella di uno studente regolare: forse alcuni affolleranno un po’ più a lungo le aulette studenti (dove ci sono), ma pagano più a lungo le tasse (spesso maggiorate!) per ottenere il medesimo “servizio”: gli unici che ci rimettono sono loro. Anche se tutti i fuoricorso venissero internati in campi di rieducazione ad edificare monumenti equestri a Martone il fustigatore non si risparmierebbe un bel nulla.

Ma allora da dove viene fuori questa cifra assurda? Per farcela sono richiesti due passaggi e una fantasia al limite del lisergico.

Il primo è di una semplicità assoluta. Si prende il costo medio per studente, lo si moltiplica per il numero degli studenti fuoricorso (un terzo, secondo i loro dati) e si definisce il risultato “euro bruciati”. Due numeri, un’operazione aritmetica, una definizione: ecco che compaiono magicamente i primi 4,4 miliardi di euro “sprecati”, un terzo delle risorse.

Il secondo invece è meno elegante: dati a casaccio, senza fonte. Si afferma che su 290.000 laureati ben 215.000 (il 75%) sono “all’estero o disoccupati”: necessariamente ne consegue che i tre quarti delle lauree sono sprecate. Il database Almalaurea afferma però il tasso di disoccupazione a tre anni dalla laurea è del 7.1%, quindi se Repubblica ha ragione altro che fuga dei cervelli, qui c’è stato un esodo di proporzioni bibliche: quasi 7 laureati italiani su 10 sono all’estero e non se n’è accorto nessuno!

Dulcis in fundo, i tre quarti “calcolati” in fase due vengono elegantemente sommati al terzo “calcolato” in fase uno e totalizziamo così un record mondiale: sprechiamo ancora più soldi di quanti ne investiamo, un euro e 8 centesimi per ogni euro: maledetti fuoricorso!

Un dubbio mi assale: e se gli unici soldi sprecati fossero quelli che hanno pagato gli studi all’ineffabile matematico di Repubblica?

Fonte: http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/01 ... di/187584/


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Re: Martone: "Laurea dopo i 28 anni da sfigati"

Messaggioda flaviomob il 31/01/2012, 13:55



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Re: Martone: "Laurea dopo i 28 anni da sfigati"

Messaggioda franz il 31/01/2012, 15:22

Un dubbio mi assale: e se gli unici soldi sprecati fossero quelli che hanno pagato gli studi all’ineffabile matematico di Repubblica?

Dubbio per dubbio, quel giornalista del Fatto poteva provare lui dimostrare di essere piu' bravo a fare i calcoli di quello di repubblica. Eppure oggi con l'era di Internet dovrebbe essere abbastanza semplice accedere ai dati di bilancio della pubblica istruzione, selezionare la spesa universitaria (8.4 miliardi) e fare quattro calcoli. Magari cercando anche di capire a quanto ammontano, oltre alle spese le entrate per la tasse universitarie.
Ma visto che non mi pare corretto criticare un articolo senza riportarlo, vediamo l'articolo di repubblica, dell'ineffabile articolista matematico. ;)


"Sfigati" e "bamboccioni" ci costano 12 miliardi l'anno. Ma non è sempre colpa loro. Sono oltre 400 mila i giovani tecnicamente "sfigati", come li ha recentemente definiti Michel Martone 1, che frequentano le università italiane. E forse parecchi di più. L'infelice uscita del sottosegretario al Lavoro sui tanti ragazzi ancora alle prese con esami e tesi di laurea, ma non ancora laureati a 28 anni, ha suscitato mille polemiche, anche perché una percentuale sempre più alta di dottori italiani una volta laureati restano al palo per effetto della crisi e della disoccupazione giovanile. Ma il problema esiste senz'altro: il prolungamento della permanenza tra le aule universitarie oltre il corso ordinario degli studi si traduce in un'enorme spesa pubblica che ricade sulle spalle dei cittadini.

Gli "sfigati". Nell'anno accademico 2009/2010, erano il 22,9 (412 mila) per cento del totale. Si tratta della percentuale di ragazzi e ragazze con almeno 27 anni di età, che nella migliore delle ipotesi conseguirà l'agognato pezzo di carta a 28 anni. In genere, l'ingresso all'università avviene a 18 o 19 anni, subito dopo il diploma della scuola superiore. E a 27 anni sono già otto oppure nove, gli anni di permanenza all'università. Ci sono poi i "semi-sfigati", coloro che hanno 25 o 26 anni, ma si trovano ancora nel tunnel: un altro 11,2 per cento. Tra questi ultimi potrebbe esserci anche qualche studente lavoratore, che più probabilmente albergherà tra quel 14,7 per cento di over 30, non più giovanissimi ma ancora alle prese con esami e statini.

I laureati fuori-corso. Il problema dell'allungamento oltre il regolare corso degli studi può essere dovuto a diversi fattori. In genere ci si blocca per una o due materie "disgraziate" sulle quali si resta impigliati per mesi, ma ci sono coloro che dopo avere studiato alcuni anni, si sono messi a cercare lavoro, allungando la permanenza all'università, per evitare di gravare ancora sulla famiglia. In altri casi, il percorso universitario è particolarmente tortuoso e induce a perdere tempo: materie che si accavallano, scritti, orali, materie collegate tra loro e corsi monografici. Sta di fatto che in Italia laurearsi fuori-corso è più facile che laurearsi in regola. Nel 2010, su 289 mila laureati, il 56 per cento (162 mila) ha finito per prolungare il percorso oltre il limite massimo. Tra i meno virtuosi troviamo quelli del gruppo giuridico e del gruppo architettura, col 69 per cento di laureati fuori-corso. I più rapidi sono i laureati del gruppo medico: con "appena" 22 futuri camici bianchi in extra time.

I costi connessi con la dispersione. Gli studenti fuori-corso e ripetenti, sempre nel 2009/2010, ammontavano in Italia al 33,9 per cento: in totale, quasi 611 mila. Nella migliore delle ipotesi restano all'università un anno più del dovuto, gravando sulla collettività per 7.241 euro a testa, come attesta lo stesso ministero. E basta fare una semplice moltiplicazione per arrivare alla stratosferica cifra di 4,4 miliardi di euro "bruciati" per il prolungamento della carriera universitaria. In altre parole, se tutti gli studenti si laureassero in tempo utile la spesa dello Stato per l'università si alleggerirebbe parecchio. Ma non solo. Dei 289 mila laureati nel 2010, sono soltanto 74 mila quelli richiesti dalle imprese e dalle aziende private. E il resto? O vanno all'estero o restano disoccupati in casa. Nel primo caso, il Paese straniero che ospita il laureato italiano sfrutta la nostra spesa pubblica, pari a circa 36 mila euro per una carriera di cinque anni. Nel secondo caso, per formare 215 mila laureati, poi inattivi, lo Stato affronta una spesa di 7,7 miliardi che si ripete ogni anno. In totale, 12 miliardi di euro l'anno.

(29 gennaio 2012) http://www.repubblica.it


La parte che porta ai 4.4 miliardi di costo è matematicamente corretta. La spesa universitaria nazionale, suddivisa per ogni studente, è quella. E non conosco altro sistema per ottenere un costo procapite che dividere la spesa per il numero totale degli studenti. Le tasse universitarie, di cui non trovo traccia tra le entrate dello stato e quindi è presumibile che rimangano nel bilancio della singola università, coprono solo una piccola parte della spesa. Il fatto che un fuori corso paghi di piu' (+50% a tor vergata) non è quindi un argomento per sostenere che non costino nulla.
La parte, questo è vero, piu' complessa è valutare l'aderenza tra corso di laurea e necessità reali delle aziende. C'è poca chiarezza anche sugli emigrati, visto che non tutti si segnalano all'AIRE. http://fugadeitalenti.wordpress.com/201 ... one-istat/ ma è esperienza comune quella di tanti laureati che sono sottopagati nei call center e fanno tutto tranne quello per cui hanno studiato. Ma appunto, cosa hanno studiato? Ingegneri, fisici, matematici, chimici, biologi spesso si trasferiscono all'estero. Ora poco importa se dopo 3 anni solo il 7% è disoccupato se stanno ingrossando il grande esercito dei precari, ora che il rubinetto delle assunzioni pubbliche è stretto. Questo eventuale spreco di risorse dovuto a mancata aderenza tra richieste del mondo del lavoro e scente individuali tuttavia, ammesso che sia esatto, non lo addebiterei ai soli "sfigati", perché uno puo' laurearsi in tempo perfetto ed ottenere una laura che lo tiene disoccupato (o sotto occupato) per 5 anni o anche piu'. Sono pero' anche contrario a pianificazioni sovietiche che obblighino le persone a fare scelte diverse dalle proprie attitudini.
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Re: Martone: "Laurea dopo i 28 anni da sfigati"

Messaggioda chango il 01/02/2012, 14:07

franz ha scritto:
Un dubbio mi assale: e se gli unici soldi sprecati fossero quelli che hanno pagato gli studi all’ineffabile matematico di Repubblica?

Dubbio per dubbio, quel giornalista del Fatto poteva provare lui dimostrare di essere piu' bravo a fare i calcoli di quello di repubblica. Eppure oggi con l'era di Internet dovrebbe essere abbastanza semplice accedere ai dati di bilancio della pubblica istruzione, selezionare la spesa universitaria (8.4 miliardi) e fare quattro calcoli. Magari cercando anche di capire a quanto ammontano, oltre alle spese le entrate per la tasse universitarie.
Ma visto che non mi pare corretto criticare un articolo senza riportarlo, vediamo l'articolo di repubblica, dell'ineffabile articolista matematico. ;)


"Sfigati" e "bamboccioni" ci costano 12 miliardi l'anno. Ma non è sempre colpa loro. Sono oltre 400 mila i giovani tecnicamente "sfigati", come li ha recentemente definiti Michel Martone 1, che frequentano le università italiane. E forse parecchi di più. L'infelice uscita del sottosegretario al Lavoro sui tanti ragazzi ancora alle prese con esami e tesi di laurea, ma non ancora laureati a 28 anni, ha suscitato mille polemiche, anche perché una percentuale sempre più alta di dottori italiani una volta laureati restano al palo per effetto della crisi e della disoccupazione giovanile. Ma il problema esiste senz'altro: il prolungamento della permanenza tra le aule universitarie oltre il corso ordinario degli studi si traduce in un'enorme spesa pubblica che ricade sulle spalle dei cittadini.

Gli "sfigati". Nell'anno accademico 2009/2010, erano il 22,9 (412 mila) per cento del totale. Si tratta della percentuale di ragazzi e ragazze con almeno 27 anni di età, che nella migliore delle ipotesi conseguirà l'agognato pezzo di carta a 28 anni. In genere, l'ingresso all'università avviene a 18 o 19 anni, subito dopo il diploma della scuola superiore. E a 27 anni sono già otto oppure nove, gli anni di permanenza all'università. Ci sono poi i "semi-sfigati", coloro che hanno 25 o 26 anni, ma si trovano ancora nel tunnel: un altro 11,2 per cento. Tra questi ultimi potrebbe esserci anche qualche studente lavoratore, che più probabilmente albergherà tra quel 14,7 per cento di over 30, non più giovanissimi ma ancora alle prese con esami e statini.

I laureati fuori-corso. Il problema dell'allungamento oltre il regolare corso degli studi può essere dovuto a diversi fattori. In genere ci si blocca per una o due materie "disgraziate" sulle quali si resta impigliati per mesi, ma ci sono coloro che dopo avere studiato alcuni anni, si sono messi a cercare lavoro, allungando la permanenza all'università, per evitare di gravare ancora sulla famiglia. In altri casi, il percorso universitario è particolarmente tortuoso e induce a perdere tempo: materie che si accavallano, scritti, orali, materie collegate tra loro e corsi monografici. Sta di fatto che in Italia laurearsi fuori-corso è più facile che laurearsi in regola. Nel 2010, su 289 mila laureati, il 56 per cento (162 mila) ha finito per prolungare il percorso oltre il limite massimo. Tra i meno virtuosi troviamo quelli del gruppo giuridico e del gruppo architettura, col 69 per cento di laureati fuori-corso. I più rapidi sono i laureati del gruppo medico: con "appena" 22 futuri camici bianchi in extra time.

I costi connessi con la dispersione. Gli studenti fuori-corso e ripetenti, sempre nel 2009/2010, ammontavano in Italia al 33,9 per cento: in totale, quasi 611 mila. Nella migliore delle ipotesi restano all'università un anno più del dovuto, gravando sulla collettività per 7.241 euro a testa, come attesta lo stesso ministero. E basta fare una semplice moltiplicazione per arrivare alla stratosferica cifra di 4,4 miliardi di euro "bruciati" per il prolungamento della carriera universitaria. In altre parole, se tutti gli studenti si laureassero in tempo utile la spesa dello Stato per l'università si alleggerirebbe parecchio. Ma non solo. Dei 289 mila laureati nel 2010, sono soltanto 74 mila quelli richiesti dalle imprese e dalle aziende private. E il resto? O vanno all'estero o restano disoccupati in casa. Nel primo caso, il Paese straniero che ospita il laureato italiano sfrutta la nostra spesa pubblica, pari a circa 36 mila euro per una carriera di cinque anni. Nel secondo caso, per formare 215 mila laureati, poi inattivi, lo Stato affronta una spesa di 7,7 miliardi che si ripete ogni anno. In totale, 12 miliardi di euro l'anno.

(29 gennaio 2012) http://www.repubblica.it


La parte che porta ai 4.4 miliardi di costo è matematicamente corretta. La spesa universitaria nazionale, suddivisa per ogni studente, è quella. E non conosco altro sistema per ottenere un costo procapite che dividere la spesa per il numero totale degli studenti. Le tasse universitarie, di cui non trovo traccia tra le entrate dello stato e quindi è presumibile che rimangano nel bilancio della singola università, coprono solo una piccola parte della spesa. Il fatto che un fuori corso paghi di piu' (+50% a tor vergata) non è quindi un argomento per sostenere che non costino nulla.


è corretta matematicamente ma non economicamente. quei 4,4 miliardi possono essere considerati "bruciati" solo se si presume che siano tutti costi variabili e quindi allo sparire dello studente fuoricorso sparisce la rispettiva quota di spesa da parte dello Stato. eppure esistono anche i costi fissi che prescindono dal numero di studenti e dalla regolarità del loro percorso di studi: per es. un professore prende lo stesso stipendio indipendentemente se insegna a 50 o a 100 studenti, se sono in corso o fuori corso, se frequentante o non frequentante.
dubito, quindi, che al ridursi dei fuori corso ci sia una proporzionale riduzione della spesa universitaria.
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Re: Martone: "Laurea dopo i 28 anni da sfigati"

Messaggioda Stefano'62 il 01/02/2012, 14:56

chango ha scritto:dubito, quindi, che al ridursi dei fuori corso ci sia una proporzionale riduzione della spesa universitaria.

Esatto !
Il solo costo sociale del fuori corso è virtuale,risiede cioè nella mancata (o incompleta o tardiva) formazione di un professionista che sarebbe stato più utile (in teoria) alla società.

In teoria....
perchè io non sono convinto che un qualsiasi laureato sia (sempre e per definizione) più utile di un qualsiasi operaio.
Nella fabbrica dove lavora mia moglie è stato recentemente assunto (accanto all'altro inutile patacca sposta-armadi di cui ho parlato in una vecchia discussione) un neo-laureato come consulente per le pause di ristoro.
Ebbene viene profumatamente e oltraggiosamente (per gli operai) stra-pagato per studiare le statistiche dei timing di pausa di ristoro degli operai nelle aziende più prospere al mondo,per poi applicarli paro paro nella sua azienda.
E poi obbligare gli operai ad andare a pisciare per tot minuti e tot secondi alla tale ora invece che alla tal altra.
E' saltato fuori che gli operai devono per forza andare a pisciare solo in orari dispari,preferibilmente terminanti con 3 e 7,e abbinati alcuni a certe ore invece che ad altre.
Quindi se ti scappa alle 9:36 invece che alle 9:33 (che sarebbe andato bene) devi tenertela e farla alle 11:17 altrimenti la tua azienda andrà male (e credetemi che sono obbligati,e i pirla parlano ancora dell'art.18 !!!!!!!!).
Non so a voi ma a me questo ricorda il capufficio di Fantozzi che lo obbligava a tenergli le mani sotto al culo convinto che fosse quello (e non altro) il motivo della sua precedente vincita alla roulette.

Sinceramente credo che il problema dell'istruzione in Italia sia questo,e non i fuori corso,e cioè la qualità di chi insegna e di ciò che si insegna.
Perchè per la superstizione basta e avanza la Chiesa,per i cialtroni e le facezie invece preferisco vedere Fantozzi.

Quindi i veri sfigati oggi sono quelli che guardano ai problemi virtuali invece che a quelli reali,e l'Università di questi (accanto agli altri) ne sforna una cifra,e tutti perfettamente in corso.
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Re: Martone: "Laurea dopo i 28 anni da sfigati"

Messaggioda franz il 01/02/2012, 15:11

chango ha scritto:dubito, quindi, che al ridursi dei fuori corso ci sia una proporzionale riduzione della spesa universitaria.

Vorrei tanto dubitarlo anche io ma leggo di università che ottengono fondi dal ministero sulla base delle immatricolazioni (un tot a studente) e anche sulla base dei fuoricorso (un tot piu' basso ma non pari a zero).
Puo' darsi che sia una vecchia regola, ora non piu' valida (con 26'000 manovre finanziarie correttive al giorno ;) si perde anche la capacità di capire quale sia la normativa in vigore) ma questo risulta consultando la rete.
Che sia vero o no dovrebbe essere facile appurarlo.
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Re: Martone: "Laurea dopo i 28 anni da sfigati"

Messaggioda chango il 02/02/2012, 11:24

franz ha scritto:
chango ha scritto:dubito, quindi, che al ridursi dei fuori corso ci sia una proporzionale riduzione della spesa universitaria.

Vorrei tanto dubitarlo anche io ma leggo di università che ottengono fondi dal ministero sulla base delle immatricolazioni (un tot a studente) e anche sulla base dei fuoricorso (un tot piu' basso ma non pari a zero).
Puo' darsi che sia una vecchia regola, ora non piu' valida (con 26'000 manovre finanziarie correttive al giorno ;) si perde anche la capacità di capire quale sia la normativa in vigore) ma questo risulta consultando la rete.
Che sia vero o no dovrebbe essere facile appurarlo.


se non ricordo male, con la riforma della Gelmini il numero dei fuori corso dovrebbe incidere negativamente sui finanziamento che ricevono le singole università.

a parte questo, non si può semplicemente dividere la spesa universitaria (al netto delle tasse pagate dagli studenti?) per il numero di studenti e affermare che senza i fuori corso la spesa si ridurrebbe di un importo proporzionale.
anche perché nella spesa universitaria presa in considerazione sarebbe interessante capire se sono inclusi i costi legati alla ricerca ( difficilmente imputabili come costo dello studente).
a me che in Italia si spenda per ogni studente poco più di 7.000 euro, tenendo conto della qualità dei servizi erogati dalle università italiane, mi pare esagerato.
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Re: Martone: "Laurea dopo i 28 anni da sfigati"

Messaggioda franz il 02/02/2012, 11:37

chango ha scritto:a parte questo, non si può semplicemente dividere la spesa universitaria (al netto delle tasse pagate dagli studenti?) per il numero di studenti e affermare che senza i fuori corso la spesa si ridurrebbe di un importo proporzionale.

Corretto, tuttavia è anche difficile ipotizzare che uno studente che si laurea in tre anni abbia lo stesso costo sul sistema universitario di uno che si laurea in 10. In effetti università straniere che spendono anche 80'000 euro per studente, come puo' capitare in un politecnico, pongono dei limiti seri alla durata del corso di studi. Un solo anno supplementare è ammesso, di norma.
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Re: Martone: "Laurea dopo i 28 anni da sfigati"

Messaggioda flaviomob il 03/02/2012, 0:01



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Re: Martone: "Laurea dopo i 28 anni da sfigati"

Messaggioda franz il 03/02/2012, 12:11

franz ha scritto:...tuttavia è anche difficile ipotizzare che uno studente che si laurea in tre anni abbia lo stesso costo sul sistema universitario di uno che si laurea in 10.

In effetti, possiamo considerare la spesa che lo stato fa per istruire uno studente, università compresa, come un investimento della collettività. Il fuori corso che si laurea con troppi anni di ritardo, altro non fa che restituire tardi questo investimento. Piu' tardi di altri.
Entra tardi nel mondo del lavoro (rispetto al tipo di lavoro che la laurea gli consentirà) e naturalmente vorrà andare in pensione come gli altri. Già per questo sirealizza un danno collettivo che andrebbe impedito.
Non so poi se un fuori corso possa o meno seguire le lezioni. Non vedo perché possa loro essere impedito. Sono iscritti; pagano le tasse (spesso maggiorate) e magari seguono piu' volte lo stesso corso. Fosse il 2% del totale, nessun problema, ma solo il 30% in media, con punte anche del 40% in alcune facoltà. Difficile avere una programmazione ottimale dei corsi con queste dinamiche fuori controllo e questo non puo' non incidere, anche per l'occupazione nelle aule, della pianificazione dei posti.
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