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"Il tarlo del cemento che divora il Belpaese" di S. Settis

Dall'innovazione tecnologica alla ricerca, vogliamo trattare in particolar modo i temi legati all'ambiente ed alla energia, non solo pero' con uno sguardo puramente tecnico ma anche con quello politico, piu' ampio, di respiro strategico

Re: "Il tarlo del cemento che divora il Belpaese" di S. Settis

Messaggioda cardif il 08/11/2011, 13:48

Iafran ha scritto:Quando il cielo tornerà sereno ...

Il fatto è che siamo troppi, e non ci va di abitare sparpagliati. Perciò si verifica l'aggregazione nelle città, che porta a sfruttare al massimo gli spazi che invece servono alla natura. Ma questa non guarda in faccia a nessuno: quando gli servono se li riprende. La fisica non ha morale, non ha comandamenti, non ha il valore di 'non uccidere'.
Qualcuno penso che si renda pure conto di quello che comportano alcune edificazioni, ma gli interessi economici prevalgono. E forse pure la speranza che non succeda niente; o almeno niente di grave.
La commozione per gli altri dura un po'; ma poi, alla fine, ognuno pensa ai fatti suoi. Del resto troppo dolore non è sopportabile: si può sopportare l'atrocità di una morte in un incidente autostradale, con i corpi dilaniati. Ma come si potrebbe fare a sopportare, con lo stesso dolore per ognuno di loro, la morte di 4.000 persone l'anno in Italia? E di 100.000 in Europa? Non credo che sia cinismo: è l'istinto di sopravvivenza: 'la vita deve continuare' è la frase classica.
Ma mo' mi so' capito bene?
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Re: "Il tarlo del cemento che divora il Belpaese" di S. Settis

Messaggioda Iafran il 08/11/2011, 14:49

cardif ha scritto:
Iafran ha scritto:Quando il cielo tornerà sereno ...

La commozione per gli altri dura un po'; ma poi, alla fine, ognuno pensa ai fatti suoi. Del resto troppo dolore non è sopportabile ... Non credo che sia cinismo: è l'istinto di sopravvivenza: 'la vita deve continuare'

Questo sentimento di "dolore" se va a modificare qualcosa, quasi mai risulta efficace ad intaccare l'origine dei nostri mali ... anzi, cosa abietta, viene utilizzato quasi sempre da qualcuno per specularci sopra (lo Stato non sempre è "presente" per come dovrebbe essere).
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Re: "Il tarlo del cemento che divora il Belpaese" di S. Settis

Messaggioda Iafran il 16/11/2011, 14:15

La lettera del sindaco di Genova, Marta Vincenzi, ai suoi concittadini.

http://genova.repubblica.it/cronaca/201 ... 77422/?rss

"Sono morta anch'io sotto il fango
non chiedo scusa ma cerco risposte"

Una città massacrata dal cemento. In questi anni non ho avuto alleati

<<…So che se mi avessero chiesto di scegliere avrei detto di chiudere come avevo fatto altre volte. Lo so non perchè fosse giusto farlo ma perche è difficile far capire a molte persone come ci si comporta in caso di pericolo. Tenere aperte le scuole e gli edifici pubblici in realtà dovrebbe essere uno strumento di salvaguardia per i più deboli o chi vive in situazione precaria o di solitudine. Ma tutti gli adulti dovrebbero avere le stesse conoscenze e un alto grado di responsabilità. Purtroppo non è così ed è meglio rinunciare al principio dell'autotutela perchè può funzionare in società forti non in quelle deboli come noi siamo. …>>
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Re: "Il tarlo del cemento che divora il Belpaese" di S. Settis

Messaggioda lucameni il 27/11/2011, 13:43

"D' Alema rischia di passare alla storia come il piu' accreditato rivale di Guglielmo il Taciturno" (I. Montanelli, 1994)
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Re: "Il tarlo del cemento che divora il Belpaese" di S. Settis

Messaggioda franz il 27/11/2011, 15:20

I primi due sono interessanti ed abbastanza condivisibili ma si insiste in un argomento molto molto d'effetto ma privo di valore razionale. Il fatto che in Italia si costruisca piu' delle nascite (ogni bambino ha 47 vani) è abbastanza semplice da spiegare e credo che sotto sotto anche settis lo sappia (ma non resiste al fascino dell'affermazione d'effetto). Da un lato è chiaro che prendere solo le nascite come metro dimenticandosi dell'immigrazione (una immigrazione che non vorrebbe vivere in macchina, sotto i ponti o in baracche fattiscenti) è fuorviante, dall'altro si fa finta di dimenticare che gran parte del nostro patrimonio immobiliare è assolutamente inadatto, soprattutto al centro e al sud ma anche in gran parte delle zone rurali del nord, alle esigenze moderne. Case di 100 anni fa, senza servizi igenici, piccolissime (per riscaldarle meglio) e con pochi vani, senza riscaldamento, con pessima isolazione, non sono certo appetibili e quindi si costruisce la nuova casa. Bisognerebbe bilanciare questa tendenza con la ristrutturazione totale dei vecchi centri storici, ma andrebbero rasi al suolo e ricostruiti, soprattutto nelle zone sismiche. Solo che abbattere e ricostruire costa molto di piu' che costruire ex-novo (e la cosa incide molto in un paese endemicamente senza soldi) e quindi abbiamo da un lato l'abbandono costante di vecchie case inadatte e pericolanti, dall'altro la costruzione di nuovi edifici e la cementificazione di nuove superifici. Ecco spiegato perché cosi' tante case nuove e tanti vani per ogni neonato. Nascesse anche un solo bambino, i 500'000 nati 30 anni fa hanno tutto il diritto ora di avere una casa nuova (visto che i genitori hanno vita lunga e non mollano quella che hanno). Poi naturalmente c'è anche il fenomeno, ancora in corso, dell'immigrazione interna, dai posti un cui ci sono case ma non lavoro a quelli in cui c''è lavoro ed occorre costruire case.
Il terzo filmato non so cosa c'entri perché le ferrovie veloci non mi sembrano attinenti al tema delle cementificazione e se lo fossero allora all'estero si cementifica di piu'. C'entra eventualmente con il tema degli sprechi, se oltretutto, potessimo dimostrare che le opere mal fatte, non finite o inutili sono state finanziate facendo debiti.
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Re: "Il tarlo del cemento che divora il Belpaese" di S. Settis

Messaggioda lucameni il 27/11/2011, 15:41

Se potessimo. Ah ecco.
Abbadonata l'idea complottista che all'estero magari certe opere sono fatte meglio e a costi inferiori (magari addirittura si fa manutenzione, e le linee nel trasporto locale sono messe in sicurezza e pure elettrificate invece di andare come da noi spesso a diesel), effettivamente è strano che non si possa saperlo malgrado la lettura delle leggi, i sistemi contrattuali tutti italiani (perchè di questo si tratta) con società di diritto privato con capitale pubblico garantito dalle banche, le dichiarazioni della Corte dei Conti, le condanne della UE.
Quindi nulla a che vedere con la cementificazione e quindi con i sistemi contrattuali?
Lo imparo ora e ne prendo atto.
Il ponte sullo stretto mi dicono sarà finito nel 2012 e i costi benefici del tutto in attivo.
Prendiamo atto che comunque sui debiti non possiamo sapere nulla.
E se lo sappiamo è comunque sbagliato.
Bene.

Comuqnue, come spunto:

http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/12 ... to/176606/

"Tav, debito pubblico a tutti gli effetti. Ma occulto
Sono stato invitato per la prima volta a parlare del Tav in Val di Susa nel 1997. Ci sono ritornato altre decine di volte, ogni volta con un bagaglio arricchito di conoscenze, saperi e amicizie. Ci ritornerò il 14 di dicembre, ad Avigliana, per parlare come sempre delle ragioni scientifiche ed economiche del no a un’opera inutile, nella totale assenza di chi, schierato per il sì, senza alcuna motivazione tecnica, si nasconde dietro il paravento delle presunte violenze del movimento No Tav, che solo l’occultazione della verità e la disinformazione può tenere in piedi.

Ci tornerò per ringraziare migliaia di cittadini e decine di sindaci che da circa 20 anni si oppongono non solo a un’opera che rischia di devastare la loro terra, ma che hanno, fino a oggi, impedito che si consumasse l’ennesimo saccheggio del futuro del nostro Paese. Per denunciare la menzogna e l’irresponsabilità dei governi che si sono succeduti in questi anni e del governo tecnico, oggi degno erede dei bugiardi e irresponsabili che lo hanno preceduto.

Ricorderò che con il comma 966 dell’unico articolo della legge n. 296/2006, la Finanziaria per l’anno 2007, si è sancito che: “Gli oneri per capitale e interessi dei titoli emessi e dei mutui contratti da Infrastrutture Spa fino alla data del 31 dicembre 2005 per il finanziamento degli investimenti per la realizzazione della infrastruttura ferroviaria ad alta velocità “Linea Torino-Milano-Napoli”, nonché gli oneri delle relative operazioni di copertura, sono assunti direttamente a carico del bilancio dello Stato”. Che con questa norma si prendeva atto che il “finanziamento privato” per la realizzazione delle infrastrutture per il treno ad Alta velocità, era in realtà, una pura e semplice bugia. Che l’importo del “finanziamento privato” diventato “debito pubblico” è esattamente di 12.950 milioni di euro. Che dopo il 2005 nulla è cambiato, altri presunti finanziamenti privati si sono aggiunti e prima o poi finiranno nel debito pubblico.

Ricorderò quello che i Valsusini misurano da anni sulla loro pelle: tutta la gestione del progetto Tav è stata accompagnata da atti, comunicazioni, contratti, pareri che si sono caratterizzati per la loro opacità quando non esplicitamente falsi. A partire dal falso più clamoroso, che ha consentito alla Tav Spa di costruire un’architettura contrattuale che con il cosiddetto project financing ha millantato un finanziamento privato mai esistito.

Parlerò del project-financing senza rischi per i privati e delle “società di diritto privato” con proprietà pubblica replicati dallo Stato e dagli Enti Locali, grazie a norme sui contratti pubblici (in contrasto o derogatorie rispetto a quelle contenute nelle direttive europee) e alle politiche di privatizzazione dei servizi pubblici (senza liberalizzazioni e con Spa pubbliche). Di un fenomeno straordinario, scarsamente analizzato dagli economisti, letteralmente sconosciuto nel confronto fra le forze politiche, promosso e alimentato dai tecnici al soldo delle banche d’affari, del tipo, guarda caso, di Corrado Passera.

Segnalerò al Governo dei tecnici e all’opposizione distratta e ignorante che nel debito pubblico dell’Italia, pari al 120% del Pil, non sono considerati i debiti delle “società di diritto privato” con capitale pubblico e quelli delle società con capitale privato per i project-financing totalmente garantiti da soggetti pubblici. Che, in entrambi i casi, si tratta di debiti pubblici a tutti gli effetti nascosti nella contabilità privatistica o di società con capitale pubblico o di società con capitale privato. Che la cifra esatta di tale debito, essendo nascosta nella contabilità di società di diritto privato, non è stata calcolata da alcun organo dello Stato, ma può essere stimata fra il 15 e il 20% del Pil e la sua emersione porterebbe il debito effettivo del Paese fra il 135 ed il 140% del Pil.

Segnalerò al Parlamento Europeo che fra gli impegni che l’Italia sta assumendo in queste ore per fronteggiare la grave crisi dei conti pubblici, non figura alcun provvedimento né per rimuovere questa clamorosa omissione né, soprattutto, le cause che consentono di costruire questo debito occulto e che dunque è destinato ad aumentare. Che, al contrario, sia nell’ultima manovra del Governo Berlusconi, sia nel Decreto del Governo Monti che il Parlamento si appresta ad approvare, proprio queste modalità di investimento sono quelle che vengono rafforzate ed incentivate.

Ringrazierò i No Tav valsusini per il loro tenace, straordinario ed essenziale contributo per impedire che la menzogna e l’ignoranza dei vassalli e paladini del modello Tav trascinino l’Italia e l’Europa verso una catastrofe dei conti pubblici ben più pesante di quella oggi minacciata per imporre sacrifici ai soliti noti."
Ultima modifica di lucameni il 10/12/2011, 21:54, modificato 1 volta in totale.
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Re: "Il tarlo del cemento che divora il Belpaese" di S. Settis

Messaggioda lucameni il 10/12/2011, 13:11

Anche qui ci sarebbe da approfondire la cosa, non fosse altro che, se così descritta, la cosa ricorda molto i mondiali di nuoto a Roma dove banchettaraono Bertolaso e quelli della cricca.
Prendo spunto:

http://affaritaliani.libero.it/cronache ... 91211.html

"Ai torinesi le Olimpiadi Invernali del 2006 sono state vendute come un’opportunità irrinunciabile per la rigenerazione del tessuto sociale ed economico. A cinque anni da quell’evento, però, Torino si ritrova comune più indebitato d’Italia: i piani di “riqualificazione” e le strutture olimpiche sono state pagati solo in parte da Stato e privati; non sapendo come riutilizzarle, la maggior parte delle nuove strutture destinate alle discipline sportive (specialmente i siti e gli alberghi di montagna) sono rimaste un “costo” tanto che per alcune si ipotizza già lo smantellamento; troppi locali, in primis il “villaggio degli atleti” che sta letteralmente cadendo a pezzi, sono rimasti inutilizzati, mentre centinaia di costosissimi “addobbi” olimpici sono divorati dalla ruggine nei magazzini comunali.

Solo qualche giorno fa, il programma Striscia La Notizia ha denunciato il triste stato di abbandono dei trampolini di Pragelato costruiti disboscando mezza montagna ma con l’obiettivo di proseguire nel tempo l’attività agonistica, creare un vivaio di atleti dell’arco alpino occidentale ed affittarli alle squadre internazionali. Già il presidente della FISI Pietro Marocco aveva gridato allo scandalo “per il totale inutilizzo di questi impianti anche nella stagione agonistica”.

Gli amministratori attuali e quelli che hanno promosso e gestito l’evento possono controbattere che è ancora presto per stilare un bilancio finale. Eppure, l’accumulazione di debiti sempre più onerosi non può lasciare indifferente la cittadinanza, specialmente le nuove generazioni che, insieme a figli, nipoti e pronipoti, saranno costretti ad accollarseli.

Nel frattempo, l’amministrazione comunale prova a far cassa vendendo ai privati immobili di prestigio e, soprattutto, fette di territorio potenzialmente edificabile tanto che, nei prossimi vent’anni, la popolazione sarà travolta da una valanga di cemento…

La Costituzione italiana, all’articolo 9, pone tra i Principi fondamentali come compito della Repubblica, la “tutela del paesaggio e del patrimonio artistico della nazione”. Le nostre città hanno conservato contesti storico-artistici ed ambientali preziosi, paesaggi incomparabili, opportunità uniche per affermare un’alta qualità della vita, che, tuttavia, rischiano di perdere valore per colpa dell’espansione edilizia incontrollata, oltre che dell’invasione del traffico automobilistico.

Uno dei “migliori” esempi di questi rischi è proprio Torino che è stata invasa e sarà ancora invasa da opere di dubbio gusto che portano con sé tanto cemento ed inquinamento.

Negli anni scorsi le critiche più accese si sono concentrate sul piazzale-parcheggio “Valdo Fusi”, davanti alla Camera di Commercio; sul “disboscamento” del Parco Sempione e di Piazza d’Armi, due dei principali parchi cittadini; sull’inutile sottopasso di corso Spezia che ha eliminato decine di alberi; sull’orribile “Palafuksas”, frontale al famoso mercato di Porta Palazzo, che solo da quest’anno, dopo tredici anni di ingloriosa inattività, si è trasformato in centro commerciale; sulle torri “popolari” di via Orvieto, nella cosiddetta “spina 3”, destinate a diventare simboli di degrado moderno: oggi, invece, sull’ambizioso progetto della banca Intesa Sanpaolo di costruire un grattacielo nella zona centrale della città, e sul nuovo Palazzo della Regione, sempre formato –“grattacielo”, ancora una volta a firma di Massimiliano Fuksas.

Sin dalla presentazione del progetto di Sanpaolo nel 2006, sviluppato dall’archistar Renzo Piano, una larga fetta dell’opinione pubblica cittadina si è mobilitata, indignata per il superamento, in altezza, del simbolo monumentale torinese, la Mole Antonelliana. Di risposta, si è provveduto a modificare il progetto originario “sotterrando” alcuni piani per non intaccare il primato della Mole. Anche se, in realtà, l’impatto non cambierà, dato che l’edificio dell’Antonelli termina con una guglia, mentre il grattacielo sarà una struttura compatta e piena.

Un’altra “pietra” dello scandalo è il progetto di costruzione di un palazzone proprio a ridosso della Mole, che, però, almeno questo, pare accantonato.

Il malcontento è diffuso anche in altri quartieri. Nel popolare San Paolo, ad esempio, sono iniziati i lavori per l’erezione di nuovi palazzoni e di un ennesimo centro commerciale, in sostituzione dello storico stabilimento Lancia. Oltre che a creare i soliti prevedibili disagi per residenti ed esercizi commerciali, questo progetto è ritenuto dal comitato spontaneo "Parco Lancia” “insostenibile, se non rovinoso”, perché va ad aumentare paurosamente la densità abitativa di un'area che è già a rischio di congestione, a fronte dell'insufficienza dei servizi primari presenti. Si calcola, infatti, che i nuovi palazzi potranno accogliere seicento famiglie, oltre 1800 persone, in un territorio che registra l'affollamento delle scuole, degli asili e dell'ASL. Senza mai ottenere una risposta positiva, i residenti ed il comitato hanno chiesto, in questi anni, nuove scuole, un asilo, alloggi per le fasce deboli, luoghi di incontro per i cittadini e di ridurre l'area edificabile da 56 a 14 mila mq.

Ma il disagio è manifesto anche in aree più “chic” come quella di Borgo Valentino dove i residenti, appendendo sui balconi drappelli di protesta, si oppongono alla costruzione di un grosso complesso sull'area ex Isvor (stabilimento FIAT) considerandola una “mera speculazione edilizia anche poco redditizia per la Città”. Mentre volantini e manifesti sono stati diffusi nelle vie più importanti per protestare contro la spianata di cemento che ospiterà il nuovo parcheggio sotterraneo di piazza Albarello, storico punto di partenza d’ogni manifestazione e sciopero. A dispetto delle campagne di disincentivazione all’uso dell’automobile, l’amministrazione torinese, infatti, ha moltiplicato esponenzialmente l’offerta di garage sotterranei.

A Collegno, invece, nella prima cintura torinese, sono preoccupati che venga devastato l’immenso verde del Campo Volo. L'area, infatti, pur ricompresa entro i confini del paese, è di proprietà di una Banca e per acquisirla l’amministrazione comunale ha avviato una trattativa con i suoi vertici che riceverebbero, in cambio, delle generose concessioni edilizie. I cittadini, però, temono che vengano “occupate” proprio le aree del Campo Volo.

Notizia delle ultime ore è quella della rinuncia, per mancanza di risorse, al boulevard di corso Principe Oddone - interessato dai lavori del passante ferroviario sotterraneo - che così, collegandosi a corso Mediterraneo, assomiglierà ad un’autostrada cittadina. Un’altra mazzata per le migliaia di residenti che da quasi dieci anni non possono aprire le finestre per rumore, polvere ed inquinamento.

L’ultimo spottone elettorale della giunta Chiamparino s’inscenò lo scorso aprile con l’inaugurazione del Parco Dora. Un’area immensa in cui l’attività decennale delle industrie ha inquinato acqua e terreno e dove si è scelto di non abbattere (perché troppo costoso) i resti dei capannoni industriali preesistenti, in particolare lo scheletro d’acciaio dell’ex Teksid che copre i nuovi campetti sportivi e che, insieme ai piloni arancioni arrugginiti alti più di trenta metri, creano un panorama quantomeno “discutibile”, se non “inquietante”, aggettivo usato da un gruppo di architetti presenti all’inaugurazione. Il “pacchetto” di obiezioni mosse al progetto, sin dalla sua gestazione, si concentrava sull’opportunità di sfruttare quelle strutture, su cui oggi s’arrampicano pericolosamente i ragazzini, per il trasloco dell’ospedale Amedeo di Savoia, ridotto alla fatiscenza, che avrebbe liberato spazio proprio sulla riva del fiume Dora, in una zona ancora più indicata per sviluppare il parco.

Eppure, il progetto che avrebbe dovuto suscitare le proteste più accese è stato celebrato, oltre che dalle autorità, dalla quasi totalità della popolazione. Ci riferiamo al nuovo stadio della Juventus, inaugurato solo tre mesi fa, per il quale si è dovuta approvare una variante che ha trasformato l'area dell’ ex Stadio delle Alpi da area destinata a servizi pubblici a “zona urbana di trasformazione” con la concessione - da parte del Comune di Torino - di 349mila metri quadri per 99 anni al prezzo stracciato di meno di un euro al metro quadro per ogni anno. E, come se non bastasse, è arrivata una seconda variante che ha permesso di costruire, accanto allo stadio, due centri commerciali che la società Juventus ha dato in gestione alle cooperative Cmb, Unieco, Nordiconad. Chi rivendica l’assoluta centralità dell’ “interesse pubblico”, dovrebbe rimarcare, infatti, come, sin dagli sprechi e le morti bianche degli anni Novanta per la costruzione dello stadio dei Mondiali, una vasta area pubblica un tempo agricola (la Continassa al confine con Venaria) - destinata dal Piano Regolatore originariamente a “Verde e Servizi” - è stata completamente affidata ai soggetti privati ed ai grandi operatori commerciali che non le hanno lasciato più un metro di verde.

Sempre alla società Juventus è stata praticamente regalata l’Arena Rock della Continassa che, sinora, non è mai stata utilizzata.

Per gli ambientalisti, quella della Continassa è una delle più grandi sconfitte: da immensa area agricola adatta a diventare il primo parco cittadino per estensione, è stata trasformata in una distesa di cemento e supermercati.

Il Piano Regolatore di Torino è, ormai, giunto alla sua “duecentesima edizione”, con l’approvazione, appunto, del progetto preliminare della “variante 200” pochi mesi prima della scadenza di mandato della giunta Chiamparino.

Per le associazioni ambientaliste ed i comitati di quartiere essa non risponde certo all’esigenza di uno sviluppo urbano equilibrato, bensì a quella di far cassa velocemente da parte dell’amministrazione, in concerto con gli interessi privati, attraverso la valorizzazione immobiliare delle aree che vi sono ricomprese. E così la città sarà invasa da torri abitative da venti-trenta piani e nuovi centri commerciali, come se se ne sentisse la mancanza.
Nessun rispetto nemmeno per i morti, dato che la nuova variante sembra fregarsene della cosiddetta “fascia di rispetto cimiteriale”, prevedendo la costruzione di due torri, una da 80 metri e l’altra da 60, e dell’ennesimo centro commerciale da 25mila metri quadri proprio a ridosso del cimitero monumentale.

Per i più critici, infatti, la realizzazione delle seconda linea di metropolitana è solamente una scusa, dato che non ci sono i soldi nemmeno per terminare la prima. L’urgenza dei governatori locali sarebbe quella di riaggiustare il bilancio e, quindi, di vendere il più possibile licenze di edificazione.

Uno dei principali “complici” del processo di cementificazione è lo stesso Politecnico nella persona dell’ingegner Mondini che, con la sua SITI (Istituto Superiore sui Sistemi Territoriali per l'Innovazione), è consulente della Città in materia di valutazione ambientale e non manca mai di avallare, se non suggerire, piani di espansione edilizia. Per la generazione di nuovi diritti edificatori si inventano le formule più assurde come quella di “trasferire” capacità edificatorie di spazi in cui è impossibile o vietato costruire in altre aree anche non immediatamente vicine: è il caso del parco Sempione (a cui sono stati strappati 180 alberi come a piazza D’Armi per i lavori del passante ferroviario) a cui è stata assegnata capacità edificatoria da poter trasferire ed aggiungere a quella dell’area della fabbrica Gondrand (periferia Nord) dove si prevede di costruire quattro nuovi palazzoni.

Fra i privati, invece, il ruolo da protagonista lo gioca la famiglia di architetti Ponchia e la loro Gefim (http://www.gefim.it) che, sin dal 1880, compra terreno da rivendere, ma, soprattutto, può esercitare una forte influenza sull’amministrazione pubblica perché gestisce i diritti edificatori sulle diverse aree FIAT dismesse, essendo proprio una “creatura” della FIAT.

Il governo cittadino conta molto sugli oneri di urbanizzazione, a cui è obbligata ogni impresa costruttrice, che, al posto di trasformarsi in servizi per la cittadinanza, vengono monetizzati per ingrassare le casse.

Ovviamente, soldi ai servizi socio-assistenziali ed educativi-culturali non se ne possono più dare e si è anzi ricorso a tagli drastici: gli asili nido e le scuole d’infanzia, in primis, sono ormai rette da un esercito di precari, alcuni dei quali con contratti della durata di pochi mesi.

Cosa se ne faranno i torinesi di tutti questi nuovi grattacieli (anche nelle aree Michelin di corso Romania e strada Cebrosa, al posto dell’Alfa Romeo di via Botticelli e sull'area ex-Materferro), parcheggi interrati, fra cui quelli mercatali e di interscambio che sono sfruttati in minima parte, ed ipermercati che sostituiscono le ex fabbriche (Esselunga debutterà a Torino prendendosi l’ex Officine Grandi Motori di corso Novara e l’ex Comau di corso Traiano, il Palazzo del Lavoro diventerà un centro commerciale, stesso destino per piazza Bengasi) quando si contano 57000 alloggi sfitti e la popolazione residente è costantemente diminuita negli ultimi vent’anni come i comparti produttivi? Mentre aumenta la “popolazione” di quelli che vanno a frugare dentro i cassonetti, non solo composta da immigrati stranieri, ma anche da torinesi che appartenevano al ceto medio sino a poco tempo fa…A meno che non ci si accontenti di diventare il “dormitorio” di Milano, come già paventato da qualcuno…

Ma le “generazioni post-Olimpiadi” dovranno fare i conti non solo con le “promesse di cemento”, anche con tutte le promesse non mantenute: a parte il sistematico prolungamento temporale di ogni cantiere e l’irrefrenabile impulso a costruire parcheggi sotto i giardini ed i piazzali storici più suggestivi, si possono citare la mancata assegnazione ad O.N.G. ed associazioni interculturali del palazzo che ospitò il comitato organizzatore delle Olimpiadi, ora abbandonato a se stesso; la rinuncia al nuovo centro culturale cittadino presentato con effetti speciali di ogni tipo; la non compensazione delle centinaia di alberi eliminati da piazza D’Armi con i campi di proprietà dell’Esercito che non pare proprio disposto a lasciarli; la presa in giro dei “gianduiotti” (per la loro forma) dell’Atrium, le mega-strutture funzionali alla promozione del circo olimpico e per le quali si erano prospettate diverse soluzioni di riutilizzo sino a che non sono state completamente rimosse senza trovare qualcuno disposto ad acquistarle; e, non per ultima, la mancata riqualificazione dello storico calzaturificio Superga con un poliambulatorio in spina 3, area gravemente deficiataria di servizi assistenziali, ma traboccante di centri commerciali.

Non parliamo, poi, dell’ “affare TAV”; ma tanto, anche in questo caso, ci ha già rassicurato l’ex ministro dei trasporti Matteoli per il quale “ai debiti ci penserà il Futuro”…"
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Re: "Il tarlo del cemento che divora il Belpaese" di S. Settis

Messaggioda flaviomob il 11/12/2011, 5:05

Ci indebitiamo per l'alta capacità in val Susa, anacronistica ed antieconomica, e intanto...

http://www.piacenzasera.it/piacenza/due ... &css&com=c

Due ferrovieri piacentini arrampicati per protesta in Centrale a Milano. Mainardi: "Siamo con loro"



Da ieri 3 ferrovieri sono saliti su una torre faro a 50 metri di altezza, vicino al binario 23 della stazione Centrale di Milano, per protestare contro il licenziamento proprio e di un migliaio di lavoratori da parte di Trenitalia.

Due di loro, Carmine Rotatore e Oliviero Mazzini, sono piacentini. I tre lavoratori, una volta saliti sulla torre, hanno srotolato uno striscione: "Italia più divisa senza i treni notte. No ai licenziamenti".

Arriva in redazione il comunicato di sostegno del Partito della Rifondazione Comunista, per mano del segretario regionale Nando Mainardi: "Trenitalia, da lunedì ridurrà significativamente i collegamenti notturni obbligando di fatto le persone a viaggiare sulla Freccia Rossa e a pagare il doppio. Verrebbero così mandati a casa gli 800 dipendenti della Servirail, Wasteels e Rsi e 200 addetti alle pulizie. E’ assurdo: per fare la Tav in Val di Susa, una "grande opera" inutile e dannosa, ci sono i miliardi; quando invece si tratta di garantire i normali e indispensabili collegamenti ferroviari, mancano i soldi, i lavoratori vengono licenziati e i cittadini devono pagare di più! Perciò siamo con Carmine, Giuseppe e Oliviero e, nelle prossime ore, ci recheremo al presidio permanente di tutti i lavoratori coinvolti e dei loro famigliari ai piedi della torre faro".


"Dovremmo aver paura del capitalismo, non delle macchine".
(Stephen Hawking)
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Re: "Il tarlo del cemento che divora il Belpaese" di S. Settis

Messaggioda franz il 11/12/2011, 11:32

Mainardi ha scritto:"Trenitalia, da lunedì ridurrà significativamente i collegamenti notturni obbligando di fatto le persone a viaggiare sulla Freccia Rossa e a pagare il doppio. Verrebbero così mandati a casa gli 800 dipendenti della Servirail, Wasteels e Rsi e 200 addetti alle pulizie."

Difficile spiegarlo ad uno come Mainardi che il comunismo vorrebbe rifondarlo ma se le ferrovie fossero veramente privatizzate (anatema!) come in UK e Svezia, ecco che un imprenditore che fiuti l'affare potrebbe forrnire lui il servizio notturno, assumendo quei lavoratori. Un servizio che immagino essere decisamente redditizio. Invece una privatizzazione senza liberalizzazione lascia il monopolista di turno (prima pubblico ora semiprivato) libero di fare il bello ed il cattivo tempo, da solo.
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Re: "Il tarlo del cemento che divora il Belpaese" di S. Settis

Messaggioda lucameni il 11/12/2011, 14:56

Premesso che i sistemi contrattuali italiani sono del tutto peculiari, che il trasporto locale è qualcosa lasciato a se stesso, con linee degne del quarto mondo tra binari unici e gasolio (evidentemente le risorse sono dirottate altrove e la manutenzione e la modernizzazione è qualcosa di non contemplato, mentre lì imprese medio piccole potrebbero lavorarci alla grande con relativo indotto) le privatizzazioni senza privati (e con soldi pubblici) in primis le difendono coloro che in questo sistema ci vivono alla grande. Sullo schema dell'ormai nota "gelatina".
Sarebbe già tanto assumere atteggiamento critico e non dare troppe cose come scontate, anche se smalamente bandierate ai quattro venti dai più diffusi organi d'informazione.
E' vero che i critici di questo sistema spesso e volentieri partono da premesse sbagliate per approdi altrettanto sbagliati ma sicuramente minimizzare spese (e impatti ambientali assortiti) continua a non sembrarmi un furbata proprio strepitosa.
Un liberista doc come Giavazzi in tempi non sospetti non ha espresso alcuna fiducia nel sistema Moretti e C.
Col supporto della lettura, sicuramente non di immediata comprensione, delle leggi imbastite in questi anni, molti di noi potranno capire qualcosa di più e cogliere - magari - che di oro che luccica c'è pochino pochino e forse qualche trappolone fino ad ora poco noto ai più, forse agli stessi politici che parlano sulla base di ordini (e interessi) di scuderia e poi per altro argomento non sanno neppure cos'è lo spread.
"D' Alema rischia di passare alla storia come il piu' accreditato rivale di Guglielmo il Taciturno" (I. Montanelli, 1994)
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