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Durban, ultima spiaggia per salvare il pianeta

Dall'innovazione tecnologica alla ricerca, vogliamo trattare in particolar modo i temi legati all'ambiente ed alla energia, non solo pero' con uno sguardo puramente tecnico ma anche con quello politico, piu' ampio, di respiro strategico

Durban, ultima spiaggia per salvare il pianeta

Messaggioda franz il 27/11/2011, 13:17

... per chi crede che la CO2 causi il climate change, naturalmente, e gradisce atteggiarsi a possibile salvatore.
Ma vediano i temini:


Si apre domani in Sudafrica la conferenza Onu. La prima fase del protocollo di Kyoto scade alla fine del 2012 e alcuni Paesi hanno già fatto sapere che non intendono assumere ulteriori impegni. Tra il 1990 e il 2009 le emissioni serra sono aumentate del 38%. Ma la scommessa non è ancora persa di ANTONIO CIANCIULLO

Durban, ultima spiaggia per salvare il pianeta Manifestazione in vista della conferenza Onu a Durban (reuters)
Le emissioni serra sono cresciute del 38 per cento tra il 1990 e il 2009. Il fragile accordo per ridurle, che impegna solo una minoranza dei Paesi inquinatori, sta per scadere. Il numero di governi pronti a sottoscrivere un'intesa per difendere l'atmosfera diminuisce. I climatologi avvertono che, continuando di questo passo, l'aumento di temperatura nel corso del secolo sarà devastante.

Messa in questi termini la scommessa di Durban, la conferenza Onu sul clima che si apre domani in Sudafrica, appare persa in partenza. La prima fase del protocollo di Kyoto del 1997, che impegnava i Paesi industrializzati a ridurre del 5,2 per cento le emissioni di gas serra entro il 2012, si concluderà alla fine del prossimo anno. Calcolando che per ratificarlo ci sono voluti sette anni di negoziati, con gli Stati Uniti che frenavano e l'Europa che spingeva, si comprende perché la missione di arrivare in tempo alla seconda fase di impegni appare impossibile.

Anche perché Canada, Russia e Giappone hanno già fatto sapere che non intendono firmare un impegno per il periodo che si apre con il 2013. Gli Stati Uniti non hanno mai sottoscritto alcun accordo vincolante sul clima. E i Paesi di nuova industrializzazione, dal 2008 responsabili della maggior parte delle emissioni serra, utilizzano la formula delle "responsabilità comuni ma differenziate" per rinviare l'accettazione di un target obbligato di riduzione.

La conferenza di Durban, presentata come "l'ultima occasione per salvare il clima", segnerà dunque il tramonto di un impegno per la difesa dell'atmosfera? Non è detto perché molti dei protagonisti della battaglia climatica non hanno gettato la spugna. L'Unione europea, che ha mantenuto gli impegni assunti a Kyoto, ritiene che solo se le emissioni globali di gas serra si dimezzeranno rispetto ai livelli del 1990 entro il 2050 si potrà avere un 50 per cento di possibilità di contenere l'aumento della temperatura globale di 2 gradi, il tetto oltre il quale i danni comincerebbero ad assumere una dimensione catastrofica.

E l'Unep, il Programma Ambiente delle Nazioni Unite, ha elaborato uno scenario di riduzione nei vari settori (produzione di energia elettrica, trasporti, edilizia, agricoltura, rifiuti) in cui si dimostra che i tagli sono realizzabili non solo a costi contenuti, ma con meccanismi che porterebbero a ricadute positive sull'insieme del'economia.

Da Durban, con buona probabilità, uscirà dunque uno scenario di transizione, un ponte tra il 2012 e il 2015, l'anno in cui potrebbe essere raggiunto un accordo più ampio. Un'intesa che probabilmente risulterà agevolata dal ruolo crescente della green economy nei Paesi caratterizzati dalle economie più dinamiche, a cominciare dalla Cina che ha già conquistato la leadership nel campo dell'eolico e del fotovoltaico.

Già a Cancun, alla conferenza sul clima del 2010, i Paesi industrializzati avevano scelto la strada degli incentivi economici impegnandosi a stanziare un fondo per il trasferimento di tecnologie pulite ai Paesi in via di sviluppo di 30 miliardi di dollari nel periodo 2010-2012 e di 100 miliardi di dollari l'anno fino al 2020. Una cifra in linea con quella che, secondo i calcoli di Confindustria, servirebbe per realizzare gli obiettivi volontari proposti al tavolo del negoziato dai Paesi che hanno firmato l'accordo di Cancun: 40 miliardi di dollari all'anno da qui al 2020. Inoltre il mercato del carbonio, cioè la compravendita di emissioni serra, nel 2008 è arrivato a 92 miliardi di euro e continua a crescere.

Insomma i meccanismi di mercato stanno timidamente cominciando a rivelare la verità dei prezzi, cioè il costo occulto prodotto dall'inquinamento. Un costo nascosto dal fiume di denaro che per decenni ha sostenuto il sistema produttivo basato sui combustibili fossili (ancora oggi incentivati con 400 miliardi di dollari di sussidi l'anno). Ma il processo è lento, mentre il disastro climatico avanza veloce. La sfida di Durban è tutta qui: si riuscirà ad accelerare il percorso di guarigione dell'atmosfera prima che la malattia diventi devastante?

(27 novembre 2011) www.repubblica.it
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Re: Durban, ultima spiaggia per salvare il pianeta

Messaggioda ranvit il 27/11/2011, 17:24

Vuoi mettere? E ' cosi' "a la page" (e snob, e intellettuale) piangere sul pianeta morente!! :lol:
Il 60% degli italiani si è fatta infinocchiare votando contro il Referendum che pur tra errori vari proponeva un deciso rinnovamento del Paese...continueremo nella palude delle non decisioni, degli intrallazzi, etc etc.
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Re: Durban, ultima spiaggia per salvare il pianeta

Messaggioda franz il 27/11/2011, 19:55

ranvit ha scritto:Vuoi mettere? E ' cosi' "a la page" (e snob, e intellettuale) piangere sul pianeta morente!! :lol:

Certo, ed anche molto intrigante atteggiarsi a salvatori e scaricare sensi di colpa sugli altri.

Intanto, per gli angofili, segnalo questo test

Test your knowledge and common sense in this simple 10-question test.
Caution: This section contains sound science, not media hype, and may therefore contain material not suitable for young people trying to get a good grade in political correctness.
http://www.geocraft.com/WVFossils/GlobW ... start.html
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Re: Durban, ultima spiaggia per salvare il pianeta

Messaggioda flaviomob il 27/11/2011, 20:48

Per scaricare meglio i sensi di colpa, basta fottersene allegramente... 8-)


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Re: Durban, ultima spiaggia per salvare il pianeta

Messaggioda franz il 27/11/2011, 20:58

flaviomob ha scritto:Per scaricare meglio i sensi di colpa, basta fottersene allegramente... 8-)

E' un modo tra i tanti, ma vuoi mettere "dare la colpa agli altri?" :twisted:
Uno si scarica e dà il carico ad un altro. Doppio punteggio.
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Re: Durban, ultima spiaggia per salvare il pianeta

Messaggioda flaviomob il 30/11/2011, 7:40

Anche quei comunisti del Corriere parlano del riscaldamento globale...

A DURBAN I CONTI CON LE CONSEGUENZE DEL SURRISCALDAMENTO DEL PIANETA
I danni dei cambiamenti climatici: in 10 anni

710 mila vittime e 14 mila catastrofi
Pakistan, Guatemala e Colombia, in testa all'«Indice globale di rischio climatico», i Paesi più colpiti da eventi estremi

Aperto il vertice Onu sul clima a Durban: 200 Paesi per il futuro della Terra (Epa) Dal nostro inviato Elisabetta Rosaspina

DURBAN – Siccità, inondazioni, alluvioni, ondate di caldo: negli ultimi 20 anni, tra il 1991 e il 2010, la Natura ha presentato il conto ai meno abbienti, Bangladesh, Myanmar, Honduras, che hanno tributato il maggior numero di vite umane ai disastri climatici. Ma già dall’anno scorso, anche i paesi più solidi hanno cominciato a fare i conti con le conseguenze del surriscaldamento del pianeta: le 56.165 vittime dirette dell’afa che ha colpito l’anno scorso la Russia portano la nazione di Putin al quarto posto nella classifica compilata da Germanwatch, organizzazione non governativa tedesca, per determinare l’Indice globale di rischio climatico. Per semplificare: la graduatoria dei paesi che hanno sofferto di più, in termini di perdite umane e materiali.

CLASSIFICHE DISASTROSE - Per il 2010 ai poco ambiti vertici della lista si sono classificati il Pakistan, il Guatemala e la Colombia. Ma in settima e ottava posizione ci sono due nuovi ingressi: Polonia e Portogallo. Il messaggio è che una catastrofe atmosferica può capitare ovunque, con conseguenze devastanti, anche nelle nazioni sviluppate e sufficientemente attrezzate per proteggersi dalle ritorsioni del pianeta alle emissioni di gas a effetto serra. Il bilancio presentato martedì a Durban, al secondo giorno della conferenza sul clima (COP17), è angosciante: in dieci anni 710 mila persone, l’equivalente della popolazione di una città delle dimensioni di Amsterdam o dell’intera provincia di Modena, sono state sterminate dalle 14 mila catastrofi naturali che hanno flagellato il mondo. Non tutte sono imputabili ai cambiamenti climatici ma, secondo Bettina Menne, responsabile del Cambiamento climatico, sviluppo sostenibile e salute dell'Oms-Europa, almeno 300 mila morti (il doppio del decennio precedente) sono indirettamente provocate dal riscaldamento generato dalle attività umane e all’origine di carestie, siccità ed epidemie.

IRREVERSIBILE - All’Organizzazione Meteorologica delle Nazioni Unite (WMO), non hanno dubbi sul fatto che l’umanità stia galoppando verso un surriscaldamento dai danni irreversibili per l’ecosistema. Negli ultimi quindici anni si concentrano tredici anni dalle temperature medie più alte registrate in oltre un secolo e mezzo, cioè dal 1850, l’anno in cui cominciarono le misurazioni più attendibili. E il 2011 avrà contribuito entro poche settimane all’innalzamento della media, come uno degli anni più caldi, funestato anche dal passaggio della Niña, che le alte temperature hanno reso ancora più devastante nell’Africa orientale, ma pure nel sud degli Stati Uniti, in Australia orientale e nell’Asia meridionale.

QUOTA CLIMA - Nessuno è al riparo, come avverte Germanwatch, anche se in Europa la calura dell’estate del 2003 può essere ancora considerata un’eccezione, mentre le inondazioni in Bangladesh sono una ferale routine. Ma la sirena d’allarme si è sentita anche negli uffici di alcune delle maggiori organizzazioni di trasporto, settore imputato di produrre una buona parte delle emissioni colpevoli. Così, alla Conferenza di Durban, il WWF e Oxfam si sono felicemente unite alla International Chamber of Shipping (che rappresenta l’80% della flotta mercantile mondiale) per annunciare che gli armatori faranno la loro parte: tra le misure considerate c’è quella di devolvere una quota significativa dei ricavi del trasporto marittimo ai paesi in via di sviluppo per sostenerli nella lotta ai cambiamenti climatici. Il settore, in pratica, gioca d’anticipo sulla tassa allo studio dei negoziatori inviati alla Conferenza per compensare i danni all’ambiente inflitti dal traffico aereo e marittimo.

29 novembre 2011 | 21:09


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Re: Durban, ultima spiaggia per salvare il pianeta

Messaggioda ranvit il 30/11/2011, 10:12

Concordo con Franz sul dare la colpa agli altri...e aggiungo: tra fottersene allegramente e la litania continua (senza certezze, sebbene io sia abbastanza convinto che un po' il pericolo ci sia) auspicherei ed apprezzerei una via di mezzo. Anche perchè gridare costantemente "al lupo al lupo" finisce con annullare l'effetto. Va aggiunto inoltre che le proposte avanzate dai lamentosi (e spesso artificiosi.... come Grillo in politica) sostenitori del dramma, sono spesso almeno infantili e velleitarie :D :D :D
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Re: Durban, ultima spiaggia per salvare il pianeta

Messaggioda franz il 30/11/2011, 12:01

ranvit ha scritto:Concordo con Franz sul dare la colpa agli altri...e aggiungo: tra fottersene allegramente e la litania continua (senza certezze, sebbene io sia abbastanza convinto che un po' il pericolo ci sia) auspicherei ed apprezzerei una via di mezzo. Anche perchè gridare costantemente "al lupo al lupo" finisce con annullare l'effetto. Va aggiunto inoltre che le proposte avanzate dai lamentosi (e spesso artificiosi.... come Grillo in politica) sostenitori del dramma, sono spesso almeno infantili e velleitarie :D :D :D

Il problema del pericolo del cambiamento climatico ci accompagna costantemente da migliaia di anni ma qui il problema è diverso. Una cosa è il cambiamento climatico (piu' evidente del riscaldamento globale) ed altro è la causa del cambiamento stesso.
Possiamo dare per assodato il "cambiamento" ma non è ancora dimostrato (e dimostrabile) che la causa sia l'uomo e la CO2.
Cosi' come non era assodato che il buco dell'ozono (di cui praticamente nessuno piu' parla) fosse dovuto ai CFC (tra l'altro il buco era nell'emisfero sud, dove l'uomo ha meno industrie e meno inquinamento).
In ogni caso inquinare è stupido per cui meno CO2 e meno inquinanti immettiamo nel sistema e meglio è.
Solo che la religione della CO2 ci sta obbligando ad immettere altri inquinanti (pensiamo alla produzione di pannelli fotovoltaici e di pale eoliche) e ci distrae dalla ricerca di cause piu' plausibili del cambiamento climatico.
L'illusione è "è colpa nostra e possiamo rimediare" ma in realtà se le cause fossero esogene e senza rimedio dovremmo mettere in atto ben altre misure.
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Durban accordo beffa

Messaggioda franz il 12/12/2011, 9:58

E Durban trova l'accordo «imperfetto»
Via libera alla tabella di marcia che porterà all'adozione di un accordo globale salva-clima entro il 2015, operativo dal 2020

Dal nostro inviato ELISABETTA ROSASPINA

DURBAN – Alle 4.44 del mattino, ora di Durban, il martelletto di Maite Nkoana-Mashabane, ministro degli Esteri sudafricano, ma per tutti "Madam Chair", signora presidente, si abbatte liberatorio sulla lunga cattedra della "Baobab Plenary", l’aula delle riunioni plenarie: «Approvato!». Dopo dodici giorni di trattative regolamentari e 36 ore di tempi supplementari, la Cop17, cioè il 17esimo vertice sul clima delle Nazioni Unite, ha il suo accordo. «Imperfetto», aveva premesso Madam Chair fin dall’apertura della sessione finale, ma indispensabile per evitare che, nella storia della lotta al cambiamento climatico, il nome di Durban (e quello del Sudafrica) sia associato a un fiasco, come già avvenne due anni fa a Copenaghen e, in misura minore, l’anno scorso a Cancun. Ma finalmente «approvato!», nonostante le facce lunghe degli statunitensi, quelle impenetrabili dei cinesi, quelle dolenti dei giapponesi e quelle visibilmente contrariate di boliviani e nicaraguensi.

La battaglia sulle condizioni della marcia forzata della comunità internazionale verso una progressiva riduzione delle emissioni di gas serra si è conclusa in extremis con un compromesso sui termini che hanno opposto per giorni e notti i negoziatori europei, americani e asiatici: tra il blando «contesto legale», che avrebbe preferito l’algido Todd Stern, inviato della Casa Bianca, e il più netto «legalmente vincolante», sostenuto dalla battagliera commissaria europea per il clima, Connie Hedegaard, si è finalmente trovato un punto di incontro sulla «forza legale» del patto globale cui si comincerà a lavorare l’anno prossimo, sarà siglato nel 2015 e diventerà operativo nel 2020. Per l’amministrazione Obama vuol dire poter attraversare indenne quasi un altro mandato e, comunque, non infastidire proprio ora, a un passo dalle urne, una parte del suo elettorato, la più potente, con misure troppo restrittive sui carburanti fossili.

D’altronde era difficile per Stern replicare alle argomentazioni della Hedegaard: «Problemi internazionali richiedono legislazioni internazionali – ha ripetuto ieri notte la commissaria europea per il clima -. La Ue ha cercato di ridurre le sue emissioni con il Protocollo di Kyoto, e ha funzionato». A Durban, Europa, Norvegia, Svizzera, Australia, hanno concordato di rinnovare per altri cinque anni, l’osservanza delle regole legalmente imposte dal trattato firmato nel 1997: «Quindi – ha proseguito la Hedegaard – non è molto chiedere che anche altri paesi prendano finalmente impegni vincolanti». Ma è stata la profondità giuridica di quel vincolo a rischiare, fino all’ultimo, di far naufragare i negoziati. Dopo l’intervento di Jayanthi Natarajan, ministro dell’Ambiente indiano, che ha reclamato «equità» nell’accordo; dopo le parole del ministro cinese, Xie Zhenhua, che ha condiviso le critiche implicitamente rivolte agli Usa, sui «Paesi che non stanno facendo quello che gli altri fanno», gli Usa hanno cercato di allearsi al Brasile, riconoscendo la Piattaforma di Durban come «un punto di partenza storico» e accettando l’ultima formula coniata dalla diplomazia per il futuro accordo «con forza legale».

Le Ong e le associazioni ambientaliste diffonderanno nelle prossime ore i loro commenti: molto sollievo per lo sventato fallimento, poca convinzione sull’efficacia di una «road map» che porta a obiettivi ancora insufficienti per frenare il surriscaldamento di 4 gradi del pianeta, e le sue devastanti conseguenze sull’eco sistema. E dubbi altrettanto forti sul Fondo Verde per il clima, gli aiuti ai paesi più poveri per lenire i danni e facilitare lo sviluppo di tecnologia verde: sarà gestito dalle Nazioni Unite ma, a Durban, non è stato chiarito chi lo finanzierà.
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Re: Durban, ultima spiaggia per salvare il pianeta

Messaggioda flaviomob il 12/12/2011, 13:34

non è stato chiarito chi lo finanzierà.


...i "pasti" gratis... :lol:


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