Pd, ci devi stare pienamente
C’è un sondaggio, compiuto nella settimana della crisi e delle dimissioni di Berlusconi, che dà il Pd al 29,3 per cento, il Pdl sotto al 25, il calo di leghisti e dipietristi, il boom del Terzo polo con l’Udc oltre il 10.
È un sondaggio molto positivo per il Pd, il quale gode – secondo La Stampa che ha commissionato la ricerca – del ruolo di sostenitore principale della soluzione del governo d’emergenza, mentre escono penalizzati non solo il partito dell’ex premier ma anche quelli delle ex maggioranza e opposizione che sono apparsi più riluttanti a dare un governo nuovo al paese.
Di qui, forse, la resipiscenza di Di Pietro in queste ore.
Gli spostamenti di consensi sono sostanziosi e anche sorprendenti, sta di fatto che sondaggi del genere e anche il clima in generale “condannano” felicemente il Pd al ruolo di motore della nuova fase politica.
Paradosso fortunato. Conosciamo i dubbi che c’erano nel Pd nel momento di abbandonare la linea “elezioni subito”. E anche fra gli elettori democratici qualcuno avrà sorriso nel sentire Bersani sabato notte dire, più o meno: «Berlusconi l’abbiamo mandato via noi».
Ma Bersani – Europa lo scrisse nel suo primo giorno da segretario – è un uomo fortunato.
Lo è anche quando non tutto gira come aveva pianificato lui.
L’importante a questo punto è sapere una cosa: le elezioni, quando ci saranno, non saranno vinte da chi è in testa ai sondaggi oggi. Saranno vinte da chi saprà muoversi meglio nella nuova stagione, accettando anche di farsene cambiare.
Tutti in realtà hanno una chance, perfino Berlusconi. Le operazioni di ristrutturazione del centrodestra sono già avviate, tra Fini, Alemanno, Casini.
Dai numeri della Stampa, e dal clima che si respira, il Pd deve prendere l’incoraggiamento a stare nella fase politica, a sostegno di Monti, in modo attivo e positivo, con pieno coinvolgimento.
Sarebbe sbagliato dare l’impressione – qua e là affiora – di aver fatto un terribile sacrificio, di dover subire un passaggio gravido di rischi, di volersi tenere alla larga (pur magari approvandole) dalle misure difficili dell’austerità e dalle riforme liberali che Monti tenterà, e sulle quali altri saranno lesti a mettere il cappello.
Stefano Menichini (Europa)