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Più stato o meno stato?

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Più stato o meno stato?

Messaggioda flaviomob il 06/11/2011, 19:20

L'Unità

http://www.unita.it/economia/italia-soc ... i-1.349286

«L'Italia società senza Stato»?
Ecco gli otto punti deboli


L'Italia sarebbe più forte se avesse avuto, fin dal principio, «una Costituzione 'efficiente', esecutivi duraturi, un severo minimo di governo, leggi che dettano regole e non deroghe, vertici amministrativi scelti in base al merito e autenticamente imparziali, istituzioni capaci di creare fiducia nello Stato come agente della collettività e di costituire il capitale sociale assente». Insomma, sarebbe stata più forte «avesse avuto non meno, ma più Stato». È uno dei passaggi di «L'Italia: una società senza Stato?», l'annuale lettura del Mulino tenuta stamane a Bologna da Sabino Cassese, giurista e giudice della Corte Costituzionale che ha tracciato un'analisi del Paese dall'Unità a oggi.

La 27^ lettura del Mulino ha riempito la platea dell'Aula magna Santa Lucia dell'Ateneo. Nelle prime file, stamane, c'erano il neo governatore della Banca d'Italia Ignazio Visco, il direttore generale di Bankitalia Fabrizio Saccomanni, Romano e Vittorio Prodi, Flavia Franzoni, il parlamentare Pd Arturo Parisi, il prefetto Angelo Tranfaglia, la presidente della Provincia Beatrice Draghetti, la vicesindaco Silvia Giannini, il parlamentare Pdl Giancarlo Mazzuca,il rettore dell'Università Ivano Dionigi, uno dei suoi predecessori e attuale presidente della Fondazione Carisbo Fabio Roversi Monaco, il presidente Unipol Pieluigi Stefanini.

L'Italia, ha detto Cassese, ha una storia di successi. Ma questi si devono «in misura molto limitata allo Stato italiano, che ha rivelato, in questo secolo e mezzo, tutta la sua debolezza, nonostante il ruolo centrale avuto come agente storico di quel lento processo di unificazione che iniziò nel 1861 e che continua tuttora».

Otto i punti deboli elencati da Cassese
Tra questi, ad esempio, «una costituzionalizzazione debole», il «distacco tra società e Stato, Paese reale e Paese legale, cittadini e autorità», con la maggioranza del Paese estranea allo Stato e con il problema di doversi trasferire, prima all'estero, poi al Nord. Ancora oggi, peraltro, nel Sud, rispetto al Nord, «sono inferiori prodotto pro-capite, produttività del lavoro, tasso di occupazione, dotazioni infrastrutturali, qualità dei servizi pubblici», mentre «sono maggiori le attività irregolari, l'illegalità, l'incidenza del pubblico impiego sull'occupazione complessiva». E mentre il saldo dei flussi migratori pure oggi vede il Sud perdere ogni anno 60.000 persone ed è frequente il ricorso di cittadini residenti nel Mezzogiorno a servizi pubblici prodotti nel Centro-Nord, la malavita si è fatta spazio come «agenzia di protezione».

Cassese tocca poi un altro problema tutto italiano: «L'endemica situazione di sfiducia in un'amministrazione inetta e in una giustizia arbitraria», che ha portato a una «legislazione derogatoria», con troppe leggi, norme speciali, straordinarie, eccezionali, derogatorie, «che rappresentano altrettante evasioni ed erosioni del diritto codificato, suggerendo sempre nuovi adattamenti a casi specifici». Senza contare l'instabilità degli esecutivi, la natura corporativa dello Stato la «sua incapacità di rendersi autonomo rispetto agli interessi costituiti, quelli economici e quelli elettorali».

Altra questione è l'alto numero degli addetti alla politica, stimato in 1,3 milioni «con alti costi e frequenti casi di corruzione Tutti questi problemi della macchina pubblica, nel corso della storia dello Stato unitario, sono stati affrontato facendo ricorso «a rimedi esterni, che, però, in qualche caso hanno ulteriormente indebolito la costruzione statale». Alla fine, conclude Cassese, nel corso della storia italiana si è spesso lamentato che vi fosse troppo Stato, un centro invadente, uniformità di regole. «Non dovrebbe, invece, dirsi che abbiamo avuto troppo poco Stato, con una costituzione debole, troppo a lungo separato dai suoi cittadini, diviso in due, con un centro precario, senza un proprio corpo, capace di emanciparsi dagli interessi particolari?».

5 novembre 2011


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Re: Più stato o meno stato?

Messaggioda franz il 06/11/2011, 19:40

In parte sono d'accordo.
Lo stato Italiano (ora 50% del PIL) è "pesante" ma non forte. Colosso coi piedi d'argilla che succhia e spreca risorse.
Uno stato piu' leggero (33% del PIL) è piu' forte, autorevole, efficace.
In questo senso occorre paradossalmente avere meno stato (della qualità attuale) per avere piu' stato (di una diversa qualità).
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Re: Più stato o meno stato?

Messaggioda cardif il 07/11/2011, 1:22

Penso che sia più una questione di qualità. Per esempio: se lo Stato si alleggerisse di tutto il comparto scuola riducendo notevolmente il suo peso, e riducesse anche la corrispondente quota di tasse, l'istruzione sarebbe a carico dei privati (con le tasse risparmiate) e fornita da privati. Sarebbe complessivamente megliore o peggiore?
Ovviamente se c'è personale in esubero o spreco di mezzi in qualunque settore pubblico, questo è un taglio da fare.
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Re: Più stato o meno stato?

Messaggioda franz il 07/11/2011, 8:34

cardif ha scritto:Penso che sia più una questione di qualità. Per esempio: se lo Stato si alleggerisse di tutto il comparto scuola riducendo notevolmente il suo peso, e riducesse anche la corrispondente quota di tasse, l'istruzione sarebbe a carico dei privati (con le tasse risparmiate) e fornita da privati. Sarebbe complessivamente megliore o peggiore?
Ovviamente se c'è personale in esubero o spreco di mezzi in qualunque settore pubblico, questo è un taglio da fare.

Non so se sarebbe migliore o peggiore (non mi pare che esistano esempi per un confronto tra due metodi) ed il fatto che l'educazione di base, quella obbligatoria, sia ovuque gestita pricipalmente dallo Stato credo dimostri che sia da tutti riconosciuto che è meglio che sia cosi'. Ma se passiamo all'educazione post obbligatoria (ad esempio universitaria) già qui le cose cambiano. Non credo che l'istruzione di base obbligatoria sia il campo in cui lo stato deve ritirarsi ed anzi credo che vada rafforzato. Lo stato puo' pero' ritirarsi dalla previdenza, per la parte che riguarda quella individuale (contributivo a capitalizzazione) mantenendo un presidio - ridotto - nella parte che eroga un importo di base, uguale per tutti (una riforma che non c'è e di cui nessuno parla ma che sarebbe da fare al piu' presto). Lo stato italiano dovrebbe incrementare quello che fa nel campo dell'assistenza, in cui è quasi completamente latitante. Altro campo da cui puo' in parte ritirarsi è nella sanità, ma non per quanto riguarda l'erogazione di prestazioni pubbliche ma in quella che si occupa di pagare i costi di queste prestazioni, oggi a carico della fiscalità e un domani a carico di un sistema assicurativo obbligatorio come Francia e Germania. Un buon esempio, lo vado ripentendo da tempo, puo' essere la Svezia, che oggi pur garantendo prestazioni sociali ottime, spende meno dello stato italiano. Ed ha meno debiti.
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Re: Più stato o meno stato?

Messaggioda cardif il 07/11/2011, 13:58

franz ha scritto:Non so se sarebbe migliore o peggiore

Facevo riferimento alla scuola come esempio (anche la sanità, o i trasporti, o la raccolta rifiuti, o la realizzazione delle grandi opere ecc. potrebbero essere privatizzate, riducendo le tasse versate allo Stato e ponendo a carico dei cittadini i costi).
Meno Stato potrebbe andar bene se quello che rimane, che avrebbe il solo compito di controllo e rilascio delle concessioni, ma non fornire sevizi, fosse capace di garantire un libero mercato ed una effettiva concorrenza tra gli operatori, con un efficiente antitrust.
Altrimenti i cittadini si potrebbero trovare a pagare di più per servizi peggiori.
Perciò il problema è quello di capire prima quale settore è meglio liberalizzare e quale lasciar gestire dallo Stato (o Enti pubblici).
Per i contributi che ciascuno versa per la propria pensione, penso pure io che sarebbe equivalente versarli ad una assicurazione o banca, col controllo dei tassi e con la garanzia di un fondo unico nel caso di fallimento di un istituto, ovviamente. Così sarebbe garantito chi, per 'premorienza' (che brutto termine che si usa), potrebbe comunque riscuotere parte della somma versata.
Ma mo' mi so' capito bene?
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Re: Più stato o meno stato?

Messaggioda pianogrande il 07/11/2011, 23:48

Le assicurazioni, però, richiedono uno stato che non permetta loro di avere comportamenti vessatori.
Nel nostro paese, le assicurazioni, le banche e vari altri potentati, ci dimostrano quotidianamente il significato di: meno stato = più affaracci nostri impunemente.
Quindi, attività privata ma non la jungla dove a rimetterci sono sempre i più deboli.
In pratica non stato imprenditore (o stato padrone) ma stato che legifera e regolamenta e che fa rispettare leggi e regolamenti anche ai più forti (che, quindi, non debbono mai essere più forti dello stato stesso).
Meno stato non deve mai significare stato debole, anzi il contrario, stato comunque più forte di ogni sua singola componente.
Fotti il sistema. Studia.
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Re: Più stato o meno stato?

Messaggioda cardif il 08/11/2011, 0:36

Infatti. L'ho scritto, prima.
Ma mo' mi so' capito bene?
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Re: Più stato o meno stato?

Messaggioda flaviomob il 11/11/2011, 13:27

Stato o meno? Banche, sociale e assistenza. Alcune riflessioni (ripropongo anche il link all'intervista a Monti)

http://www.vita.it/news/view/114841

http://www.vita.it/news/view/114853

http://www.vita.it/news/view/114879


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Re: Più stato o meno stato?

Messaggioda lucameni il 11/11/2011, 13:56

Non sono certo le riflessioni di cinico strumento del "mondialismo", come dicono alcuni.
Semmai bisognerà vedere nel merito dei provvedimenti visto che di questioni aperte e controverse ce ne sono a sfare e non è detto abbia la bacchetta magica.
"D' Alema rischia di passare alla storia come il piu' accreditato rivale di Guglielmo il Taciturno" (I. Montanelli, 1994)
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Re: Più stato o meno stato?

Messaggioda franz il 11/11/2011, 21:41

pianogrande ha scritto:Le assicurazioni, però, richiedono uno stato che non permetta loro di avere comportamenti vessatori.
Nel nostro paese, le assicurazioni, le banche e vari altri potentati, ci dimostrano quotidianamente il significato di: meno stato = più affaracci nostri impunemente.
Quindi, attività privata ma non la jungla dove a rimetterci sono sempre i più deboli.
In pratica non stato imprenditore (o stato padrone) ma stato che legifera e regolamenta e che fa rispettare leggi e regolamenti anche ai più forti (che, quindi, non debbono mai essere più forti dello stato stesso).
Meno stato non deve mai significare stato debole, anzi il contrario, stato comunque più forte di ogni sua singola componente.

Perfettamente d'accordo. Non solo per banche ed assicurazioni ma per tutti. Fabbricanti di auto inclusi, farmaceutici e chimici, ferrovie e ferrovieri, postali e postini, tassisti e avvocati, notai e ingegneri, agronomi e idraulici.
Non è facile tenere tutti a bada e l'Italia lo fa da troppo tempo nel peggior modo possibile.
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