cardif ha scritto:franz ha scritto:per cui si pagano contributi, non tasse.
non ho capito: che significa?
Dovremmo fare una discussione generale sui metodi di finanziamento del welfare e sul concetto stesso di welfare.
Definizioni molto inclusive affermano che anche la scuola fa parte del sistema di welfare ma se rimaniamo in un ambito normale, esso include essenzialmente la previdenza, l'assistenza, la sanità. Con maggiore dettaglio possiamo anche parlare di infortuni (sul lavoro o anche fuori) e di quello che succede in caso di invalidità (per motivi di lavoro o anche per motivi di salute ed infortunio). È praticamente universale, nel mondo occidentale, che anche la perdita di lavoro dipendente sia condizione che va tutelata in forma estesa e obbligatoria. Queste tutele vengono realizzate ovunque principalmente con ambiti assicurativi obbligatori (si parla quindi di assicurazioni sociali obbligatorie) ed il metodo di finanziamento piu' comune è un prelievo percentuale dallo stipendio lordo, con quote - solitamente uguali - tra lavoratore e azienda. Il ragionamento è che chi lavora paga la pensione con un contributo, cosi' come paga per coprire il rischio di infortunarsi, ammalarsi, rimanere disoccupato etc.
Invece il rischio di diventare povero non riguarda i soli lavoratori e quindi viene coperto dalla fiscalità generale. Per la sanità le cose sono diverse e ci sono alcuni paesi che seguono il modello assicurativo (Bismark) per cui le spese sanitarie vengono coperte da assicurazioni obbligatorie finanziate in vari modi (prelievo in busta, premi fissi soluzioni miste) ed altri, pochi in verita - tra cui l'Italia, che prevedono il finanziamento tramite la fiscalità generale o imposte particolari. Per quanto riguarda la disoccupazione, la quasi totalità dei paesi a quanto mi risulta prevede un prelievo in busta (obbligatorio) di una determinata percentuale.
Come vedi quindi o il finanziamento avviene con una percentuale (fissa) di prelievo sullo stipendio (e quindi parliamo di contributi pagati solo da chi lavora, dipendenti o indipendneti) oppure avviene tramite un prelievo sui redditi (non fisso ma progressivo) di tutti, anche di chi non lavora. Il caso della scuola è di questo secondo tipo. Tutti la pagano, anche chi non lavora e chi non ha figli.
Venendo alla previdenza, in Italia, come nella maggior parte del mondo occidentale, la gestione è di tipo assicurativo. Esiste quindi un istituto previdenziale, i cui conti devono essere in ordine, che provvede a bilanciare le prestazioni con i contributi.
Un sistema previdenziale sostenibile deve essere in equilibrio senza interventi statali (salvo eventuali eccezioni in caso di shock economici gravi) e quindi i contributi devono essere sufficenti per erogare quanto convenuto. Il brutto della politica pero' è che promette molte, troppe cose, per racimolare voti (ci sono anche grandi pregi ma è giusto anche parlare dei difetti) e le pensioni sono stati cavallo di battaglia delle erogazioni indebite che il sistema politico italiano ha fatto negli anni 70 e 80. Tra queste cose ci sono i prepensionamenti e le pensioni di anzianità (proprio in questi giorni riemerge il caso della moglie di Bossi, andata in pensione a 39 anni!) che furono finanziati senza alzare i contributi e creando la voragine nei conti pubblici (a colpi di 40 miliardi di deficit ogni anno, ai tempi di Andreotti e del CAF). Quando si decise di porre un freno a questo indebitamento, abolendo i casi piu' scandalosi (gli insegnanti potevano andare in pensione dopo 15 anni, sei mesi ed un giorno) aumentando i contributi e predisponendo la riforma Dini, i conti della previdenza sono migliorati ma quelli della nazione no. Anzi a grandi linee è da quando l'aliquota di equilibrio è stata fissata al 33% il paese ha smesso di crescere. Infatti sono 15-16 anni che produttività e la crescita ristagnano.
Il mio (e non solo mio) ragionamento è che senza le pensioni di anzianità questa aliquota di equlibrio andrebbe (a regime) tra il 22 ed il 25% liberando risorse per la crescita ed i consumi.
Magari potevamo permttercele 30 anni fa, con poca globalizzazione e con il protezionismo (vi ricordate quante macchine straniere giravano in italia negli anni 70? Pochissime! erano contingentate) ma ora non possiamo piu' permettercele. Ma che dico, non "ora". È da 20 anni.
flaviomob ha scritto:Non si potrebbe anche pensare di abolire la quattordicesima? Almeno per le pensioni più pesanti (che forse meriterebbero anche di abolire la tredicesima, se conseguite prima dei 65 anni)
http://www.inps.it/portale/default.aspx ... 08&iMenu=1
A mio avviso no. Quella casistica riguarda solo persone che hanno piu' di 64 anni ed hanno una pensione bassa (1.5 volte il minimo). Mi viene pero' in mente che forse oggi la moglie di Bossi rientra in questa casistica (prende meno di 800 al mese, se i dati di stampa sono corretti) e non riterrei giusto dare un simile regalo a qeusta casistica. Piuttosto, invece di dare la quattordicesima e la tredicesima io darei lo stesso importo totale diviso per 12 e farei in modo che le pensioni di vecchiaia siano sempre integrate al minimo (1000 euro, per esempio) attingendo fondi ricavabili dalla eliminazione di quelle di anzianità. Anche questo serve a rilanciare i consumi interni e quindi aumentare il volume della produzione e dei lavoratori.