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Calo delle vendite e calo dei consumi

Forum per le discussioni sulle tematiche economiche e produttive italiane, sul mondo del lavoro sulle problematiche tributarie, fiscali, previdenziali, sulle leggi finanziarie dello Stato.

Calo delle vendite e calo dei consumi

Messaggioda franz il 23/10/2008, 8:39

La crisi accelera il declino delle piccole strutture commerciali
gli hard discount in agosto registrano un incremento del 3,1%

Vendite nei negozi in calo del 3%
"In 10 anni 500.000 chiusure"

Calano gli acquisti di calzature, abbigliamento, elettrodomestici e mobili
Coldiretti: "Oltre la metà degli italiani adesso sceglie mercati rionali e vendita diretta"
di ROSARIA AMATO

ROMA - La crisi finanziaria ha accelerato la caduta dei consumi e il declino dei negozi tradizionali, a favore di hard discount e supermercati. I dati Istat sulle vendite al dettaglio di agosto mostrano un arretramento delle 'imprese operanti su piccole superfici' del 3 per cento. Di contro, le vendite degli hard discount sono aumentate su base annua del 3,1 per cento, dell'1 per cento quelle dei supermercati. Il segnale di una tendenza in atto da tempo, certo: "Negli ultimi dieci anni hanno chiuso mezzo milione di negozi", dice il presidente della Confcommercio Carlo Sangalli. Ma a questa tendenza adesso si uniscono la sfiducia delle famiglie e l'inversione di segno del credito al consumo, che nel 2008 si è praticamente arrestato dopo anni di crescita ininterrotta.

Confindustria ha previsto per il 2009 un calo dei consumi dello 0,6 per cento. Ma la diminuzione della spesa è già evidente adesso: in particolare su base annua si sono ridotte le vendite dei prodotti non alimentari. Calzature, articoli in cuoio e da viaggio -5,7 per cento; cartoleria, libri, giornali e riviste -4,1 per cento; elettrodomestici, radio-Tv e registratori -3,5 per cento; abbigliamento e pellicceria -3,6 per cento; mobili, articoli tessili e arredamenti -3,1 per cento: sono alcuni dei cali più consistenti.

Oltre al calo dei consumi c'è anche una decisa modifica dei luoghi di spesa. Quelli tradizionali registrano un inesorabile declino: "Abbiamo registrato una riduzione dello stock imprese commerciali di 15 mila unità negli ultimi 18 mesi e un ricorso alla cassa integrazione cresciuto del 111% nei primi cinque mesi dell'anno, a riprova del fatto che famiglie e imprese del commercio si confrontano con gli stessi problemi, con le stesse difficoltà", denuncia Sangalli.

Dall'altro lato, da un'indagine di Swg Coldiretti sulle abitudini alimentari emerge questo dato: "Oltre la metà degli italiani (53%) ha cambiato i luoghi in cui va a fare la spesa anche per effetto della crisi economica che spinge a privilegiare gli hard discount, ma anche i mercati rionali, le bancarelle e soprattutto gli acquisti diretti dai produttori anche nei farmers market per i quali si registra un vero boom".

Un dato positivo, ma che non consola più di tanto le associazioni dei commercianti, che chiedono un taglio delle tasse. "E' il momento di confermare e rafforzare le misure del prelievo fiscale su straordinari, premi e sulla redistribuzione degli incrementi di produttività e di verificare la praticabilità di misure di alleggerimento della tassazione sulle tredicesime", dice Sangalli.

Analoghe le richieste del presidente della Confesercenti Marco Venturi: sulle piccole e medie imprese pesa l'incubo della restrizione del credito da parte delle banche, particolarmente nocivo in un momento difficile come questo: "La crisi appare sempre più pesante e crescono i rischi per le Pmi. Chiediamo allora che si adeguino gli studi di settore alla nuova realtà recessiva, si impedisca il restringimento del credito e al tempo stesso si potenzi il fondo antiusura".
(22 ottobre 2008)
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Crisi, è boom di debiti e pignoramenti di case

Messaggioda franz il 26/10/2008, 11:12

Le famiglie ricorrono a cessione del quinto e carte revolving. Consumi in calo
Non si chiedono prestiti per spese durature ma per gli acquisti quotidiani

Crisi, è boom di debiti
e pignoramenti di case

di LUISA GRION e ROSA SERRANO

ROMA - Aumentano i debiti, lievitano i pignoramenti, calano i consumi: le famiglie italiane sono in difficoltà e per mantenere un livello di vita più o meno stabile si affidano sempre più spesso ai prestiti. Ma mentre una volta si ricorreva alle rate per pagare la macchina nuova o rifare il bagno di casa, oggi i debiti si contraggono per campare. Nel variegato mondo del credito al consumo diminuiscono infatti i prestiti finalizzati e aumentano quelli generici. Cresce il ricorso alle carte di credito revolving (quelle che permettono di rateizzare il rimborso a fine mese), esplode la cessione del quinto (ovvero la possibilità data ad un lavoratore di chiedere un prestito e coprirlo con un prelievo diretto dalla busta paga fino ad un quinto dello stipendio). In altre parole, ci si indebita non tanto per far fronte ad un investimento destinato a durare nel tempo (come l'auto nuova o i nuovi elettrodomestici), quanto per coprire esigenze quotidiane e per recuperare il liquido necessario ad arrivare alla fine del mese.

I dati Assofin lasciano, a tale riguardo, pochi dubbi: in particolare quel più 36,6 per cento registrato dalla cessione del quinto mettendo a confronto i primi otto mesi del 2007 con quelli del 2008, dimostra che la famiglia italiana gestisce le spese del presente impegnando le entrate che verranno. Il fatto è che nemmeno così l'intricata impalcatura dei prestiti riesce a reggere il livello dei consumi. Aumentano i debiti insomma, ma gli acquisti continuano a diminuire.

Uno studio dell'Unioncamere fa vedere come, nel terzo trimestre di quest'anno rispetto allo stesso periodo 2007, le vendite al dettaglio siano diminuite del 3,3 per cento. Il confronto precedente, quello sul secondo trimestre, si fermava al meno 2,8 per cento. Un andamento, segnalano le Camere di commercio, che penalizza in particolar modo le imprese più piccole (il 44 per cento di quelle sotto i 20 dipendenti lamenta cali di vendite del 5 per cento), ma attacca ormai anche il fronte delle grandi, quelle che fino allo scorso giugno avevano retto la flessione dei consumi, ma che ora denunciano un calo dello 0,4 per cento.

Le famiglie tagliano un po' tutto: stringono la cinghia sui beni non alimentari (meno 4,8 per cento), ma alleggeriscono anche i carrelli della spesa (meno 1,6). D'alta parte, secondo quanto riferito dalla Coldiretti, solo per l'acquisto di pane, pasta, e derivati da cereali nel 2008 gli italiani spenderanno 3,4 miliardi in più rispetto all'anno scorso, per un valore di circa 140 euro a famiglia.

Molte famiglie hanno serie emergenze da affrontare: le rate del mutuo, per esempio. Adusbef e Federconsumatori esaminando i dati raccolti nei maggiori tribunali, prevedono che quest'anno il numero di pignoramenti e delle esecuzioni potrebbe crescere del 22,3 per cento rispetto al 2007. Quasi due milioni di famiglie sarebbero a rischio insolvenza. "Secondo le nostre stime le procedure immobiliari o pignoramenti - sottolineano i leader delle due associazioni di consumatori Elio Lannutti e Rosario Trefiletti - sarebbero pari al 2,7 per cento del totale dei mutui: circa 130.000 su 3 milioni e mezzo".
Questo, sottolineano, "perché la maggior parte dei prestiti è stato erogato a tasso variabile e risente del rialzo dei tassi della Bce e del cartello bancario europeo che fissa i tassi Euribor, ai quali sono indicizzate le rate".

Senza un urgente decreto "salva-famiglie" che vada incontro a chi ha redditi inferiori ai 25 mila euro con sgravi fiscali da destinare alle future tredicesime a favore di lavoratori a reddito fisso e ai pensionati "si allargherà una frattura sociale con enormi ricadute negative sull'economia reale".
(26 ottobre 2008)
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Boeri: come trovare più soldi per le famiglie

Messaggioda franz il 25/11/2008, 8:58

LE RISORSE ANTICRISI
Come trovare più soldi
per le famiglie

di TITO BOERI

IL GOVERNO ieri sera ha presentato un piano di circa quattro miliardi di euro per contrastare la recessione. Sono troppo pochi e vengono dispersi, come al solito, in mille rivoli. Quindi saranno del tutto inefficaci. È possibile invece attuare interventi più ambiziosi senza mettere a rischio i nostri conti pubblici. Per farlo però ci vogliono due condizioni. La prima è saper scegliere le priorità, le cose da fare e quelle da non fare. Solo pochi interventi mirati, consistenti e duraturi sono in grado di avere un impatto sul comportamento di famiglie e imprese riducendo la durata della crisi, contribuendo in questo modo a migliorare i nostri conti pubblici. La seconda condizione è saper approfittare della recessione per rimettere la casa in ordine, come stanno facendo tutte le famiglie e le imprese italiane.

È possibile avviare fin da subito un processo di ristrutturazione della spesa pubblica che porti a risparmi consistenti quando saremo usciti dalla crisi. Nessuno ci chiede di ridurre il nostro indebitamento oggi, nel mezzo della crisi. Possiamo permetterci di agire su due tempi: oggi stimolare l'economia, preparando le condizioni per riduzioni di spesa che si materializzeranno domani, completando il risanamento dei nostri conti pubblici.

I veri vincoli sono politici
L'impressione è che i veri vincoli contro i quali oggi si scontra l'azione di governo siano politici. Da settimane si succedono gli annunci di grandi piani a sostegno di banche, imprese e famiglie o per grandi infrastrutture. Poi tutti questi piani faraonici il giorno prima di essere varati vengono rinviati o derubricati. Il fatto è che non si è trovata una sintesi. I costi di queste indecisioni sono altissimi. In un periodo in cui grande è solo l'incertezza, con le famiglie italiane terrorizzate dalla crisi, questi continui rinvii alimentano il sospetto che alla fine tutti questi annunci si risolveranno nel nulla. Così le banche continuano a disfarsi di attività e a stringere il credito, le imprese a tagliare costi e personale e le famiglie a stringere la cinghia.

Quali priorità nel contrastare la recessione?
La riforma degli ammortizzatori sociali, come ormai riconosciuto da tutti (incluso il Fondo Monetario Internazionale) è la priorità numero uno per il nostro paese. Ma non per il ministro del Welfare. Secondo Sacconi (intervista a Repubblica di venerdì scorso) ci sono al massimo le risorse per ampliare i cosiddetti "fondi in deroga" e per concedere una copertura una-tantum "di emergenza" ai lavoratori del parasubordinato. Chi propone una riforma definitiva degli ammortizzatori sociali, sempre secondo il ministro, "non si confronta con i numeri di finanza pubblica".

Vediamoli allora questi numeri
. Nel 2009 scadranno titoli di stato per un quinto del nostro debito. La crisi ha fatto scendere il loro rendimento di circa uno-due punti, a seconda delle scadenze. Come stimano Angelo Baglioni e Luca Colombo su lavoce questo significa risparmi dell'ordine di 3,8 miliardi di euro di spesa per interessi sul debito. Sommando a questi le risorse che si risparmierebbero abrogando l'anacronistica detassazione degli straordinari, che sta contribuendo a distruggere posti di lavoro, vorrebbe dire avere a disposizione più di 4 miliardi di euro per riformare gli ammortizzatori.

Bastano e avanzano per introdurre un sussidio unico di disoccupazione allargato ai lavoratori parasubordinati (costo nella recessione di 2 miliardi e mezzo) e per allungare i sussidi forniti ai lavoratori delle piccole imprese (circa un altro miliardo e mezzo di euro). A regime queste risorse potranno essere reperite razionalizzando la spesa per le cosiddette politiche attive, molto costose e di dubbia efficacia, specie in periodi di recessione. Quindi la riforma degli ammortizzatori si può fare senza aumentare le spese rispetto a quanto previsto a settembre. Se non la si fa è per pura scelta politica.

Ci sono risorse per altri interventi?
I nostri conti pubblici sono fortemente peggiorati nel 2008. Il rapporto deficit-pil è quasi raddoppiato dal 2007 (1,6%) al 2008 (dovrebbe attestarsi al 2,7-2,8%). Non è solo colpa della congiuntura. Nel 2008 le entrate fiscali sono cresciute meno che in passato in rapporto all'andamento dell'economia e dei prezzi. Soprattutto le entrate dell'Iva sono state deludenti. Il Governo ha abolito una serie di misure antievasione introdotte nella passata legislatura (dall'obbligo di tenere l'elenco clienti fornitori alla tracciabilità dei compensi, dall'innalzamento del tetto per i trasferimenti in contante all'eliminazione dell'invio telematico dei corrispettivi). Il messaggio di lassismo fiscale è stato forte e chiaro, anche alla luce della performance dell'attuale ministro dell'Economia nel quinquennio 2001-6.

L'aumento dell'evasione finisce anche oggi per concentrare il prelievo fiscale sul lavoro dipendente, la cui quota sulle entrate tributarie dovrebbe quest'anno raggiungere il massimo assoluto (26,5%, più di un euro su quattro). Quindi le minori entrate non riducono la necessità di riduzioni del carico fiscale del lavoro dipendente, che finirebbero per beneficiare subito le famiglie e, gradualmente, anche le imprese. Ad esempio, un incremento permanente di 500 euro delle detrazioni fiscali a favore di lavoratori dipendenti e parasubordinati costerebbe circa 6 miliardi. Sarebbe di gran lunga più efficace di interventi estemporanei, che essendo percepiti come tali, finirebbero per alimentare soprattutto i risparmi delle famiglie. L'aumento delle detrazioni beneficerà soprattutto chi ha redditi più bassi, stimolando maggiormente i consumi.

Come finanziare queste riduzioni del prelievo sul lavoro?

Sia la Commissione Europea che il Fondo Monetario Internazionale ci chiedono di rinviare l'aggiustamento a dopo il 2009. Si potranno trovare le coperture dopo. Ma questo non significa non cercare subito di procurarsele. Al contrario, bene approfittare della crisi per avviare un processo di ristrutturazione della spesa pubblica che può portare a consistenti risparmi e a un miglioramento dei servizi forniti ai cittadini. Si tratta qui di entrare nei dettagli, capitolo di spesa per capitolo. Non sono possibili generalizzazioni. Solo il metodo è lo stesso. Occorre individuare i tagli di spesa fatti bene, che permettano riduzioni di tasse migliorando la qualità dei servizi resi ai cittadini, rimuovendo i vincoli legislativi e agendo sugli incentivi delle amministrazioni e sul controllo sociale che viene esercitato su di loro dalle famiglie.

Nelle prossime settimane cominceremo a fare questa ricognizione, prendendo in considerazione una varietà di voci. Partiremo da scuola ed edilizia scolastica (il 9% del bilancio dello Stato) per occuparci poi di giustizia (1,6%), trasporti (1,7%), infrastrutture (0,8%), ordine pubblico e sicurezza (2%) previdenza (14,7%) e, infine, rapporti con le autonomie locali (22,6%). In tutto copriremo così più del 50 per cento del bilancio pubblico, addirittura due terzi di quello al netto degli oneri sul debito.

(Questo articolo esce oggi anche sul sito lavoce)
(25 novembre 2008)
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