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Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria

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Re: Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria

Messaggioda flaviomob il 20/07/2011, 14:40

La rotta d'Europa

Qualche anno fa Romano Prodi si è felicitato di aver fatto l’unità dell’Europa cominciando dalla moneta. Se avessimo cominciato dalla politica – è stato il suo argomento – non ci saremmo arrivati mai data la storica rissosità dei singoli stati. Mi domando se lo ripeterebbe oggi.
E’ vero che la moneta unica, l’euro, c’è ed è diventata la seconda moneta internazionale del mondo, ma lui medesimo, che aveva a lungo diretto la Commissione, Jacques Delors, che l’aveva preceduto - nonché Felipe Gonzales, presidente all’epoca del governo spagnolo ed altri minori responsabili di quegli anni - hanno scritto sabato su “Le Monde” un preoccupato testo sul suo destino. Quattro paesi dell’Unione, Grecia, Portogallo, Spagna e Italia sono indebitati fino agli occhi e sono entrati in una zona di turbolenza pericolosa per tutto il continente. Soprattutto i padri dell’euro riconoscono che “certe misure” che si sarebbero dovute prendere a suo tempo, “come un coordinamento delle politiche economiche”, non sono state prese e “si stanno elaborando oggi “ e “nel dolore”. Di furia, perché siamo alle strette. Se ho capito bene, si tratta di alleggerire il debito greco con l’emissione di Eurobonds che se ne assumono una parte a lunga scadenza (e senza specularci sopra come hanno fatto le banche tedesche e francesi) e poi andare a un programma economico di tutti i paesi europei che cessi di lasciare ciascuno a cavarsela da sé. E non getti sui cittadini greci tutto il “dolore” e il peso del rientro del debito e della ricostruzione di una economia. Paghino una parte del conto “i grossi investitori istituzionali”, cioè le banche estere: hanno investito a rischio, e affrontarne i costi sta nel loro mestiere.
Parole prudenti, ma sufficienti, penso, a non trovare l’accordo dei paesi che si riuniranno giovedì 21 a Bruxelles - per cui la Germania sarebbe stata incline a prendere più tempo. Un suo illustre economista sostiene, una pagina più in là, che bisogna invece mettere la Grecia temporaneamente fuori dall’euro a spicciarsela con le sue dracme, una loro energica svalutazione e senza l’aiuto degli Eurobonds. E’ la linea liberista. Che si incrocia, in tutt’altra prospettiva, con quella di Amartya Sen, di alcuni economisti e sociologi francesi come Jacques Sapir e Emmanuel Todd e di politici di sinistra come Mélenchon e una parte dell’amletico Partito socialista, e dell’estrema destra di Marine Le Pen - via dall’euro e per sempre.
Non so - non trovando traccia delle procedure di abbandono dell’euro nelle varie bozze di trattati - se sia fattibile né ho capito in che cosa migliorerebbe le condizioni della Grecia un ripescaggio della dracma; la poderosa svalutazione si accompagnerebbe, certo, a una maggiore possibilità di esportare i suoi prodotti (ammesso che ne abbia di appetibili oltre il turismo) ma anche a un aumento, di proporzioni pari, del debito con le banche tedesche. O sbaglio?
Sta di fatto che alla vigilia del ventesimo compleanno della moneta europea, il giudizio su di essa è una cacofonia. Non a caso l’appello di cui sopra chiama prima di tutto ad avere “una visione chiara” e condivisa dello stato dell’Europa. Sarebbe stato utile arrivarci prima e non con il coltello alla gola. Oltre alla Grecia infatti, Portogallo, Spagna e Italia hanno accumulato un indebitamento pubblico mostruoso e vacillano sotto l’occhio spietato e non disinteressato delle agenzie di rating. Per il patto di stabilità non si dovrebbe superare il 60 per cento del Pil mentre noi, per esempio, siamo al 120. Ma la nostra economia appare in stato ben migliore di quella greca e, cosa che conta, il nostro debito è soprattutto all’interno, non ci sono banche tedesche che ci ringhiano addosso.
Per cui anche se Moody ci abbassa la pagella, la Commissione si limita a ordinarci cure da cavallo, tipo la manovra votata a velocità supersonica qualche giorno fa, per “rientrare”. La cui filosofia è uguale per tutti: tagli alla spesa pubblica (scuole ospedali e amministrazioni locali in testa), vendita di tutto il vendibile (perché la Grecia non cederebbe il Partenone a Las Vegas?), privatizzare il privatizzabile, cancellazione dello stesso concetto di “bene pubblico”. Il governo greco, naturalmente di unità nazionale come tutti quelli delle catastrofi, è andato già a un taglio del 10 per cento dei salari e delle pensioni, e la collera e le manifestazini della gente vengono dalla disperazione. E già per l’euro è un sisma.
Forse non è inutile ricordare che fra pochi giorni, il 2 agosto, gli Stati Uniti si troveranno, mutatis i molti mutandis, nella situazione greca di non poter pagare i salari né onorare le proprie fatture, perché il debito pubblico ha superato il tetto imposto dalla legge. Senonché a innalzare quel tetto basta un accordo fra i democratici e i repubblicani, che finora lo hanno negato. Nessuno stato europeo può invece spostare da solo il patto di stabilità. Più che consolarsi sulle vaghe analogie sarà meglio chiedersi se questi indebitamenti dell’ex ricco occidente non abbiano qualche radice comune.

Mi rivolgo a chi ne sa più di me, cioè agli amici economisti e ai padri e ai padrini (di battesimo, in senso cattolico) della Ue, nella speranza che rispondano ad alcune altre domande che a una cittadina di media cultura si presentano ormai impietosamente. Non c’è stato qualche errore nella costituzione della Ue? E come si ripara?
La prima domanda è come mai i padri dell’euro si erano convinti che un’unificazione della moneta sarebbe stata di per sé unificatrice di un’area vasta di paesi dalla struttura economica così diversa per qualità e robustezza. Tanto convinti da non avere previsto misure di recupero per chi non riuscisse a stare nel patto di stabilità. Non è forse che consideravano impensabile che la mano invisibile del mercato non riuscisse ad allineare a medio termine le economie di questi paesi? Per cui bastava affidarsi a una politica monetaria e attentamente deflazionista - linea che la Bce ha fedelmente seguito - per garantirne il successo? L’euro e la Ue sono nati in quella fede nel liberismo, che von Hajek aveva ripreso, proprio prima della guerra, contro la politica rooseveltiana seguita al 1929 e le proposte di Beveridge e di Keynes di trarre da quella crisi la consapevolezza del pericolo che rappresenta una frattura economica e sociale profonda, trovarsi di fronte una destra populista come quella che negli anni ’30 si sviluppò, oltre il fascismo, nel Terzo Reich di Hitler, nella Grecia di Metaxas e nella Spagna di Franco? Non era necessario evitarla andando a un vero compromesso fra le parti sociali, costringendo i governi a (mi sia premesso il gioco di parole) costringere il capitale a cedere una parte meno iniqua del profitto agli operai, in modo da: a) garantirsi una certa pace sociale (c’era ancora di fronte l’Urss che aveva fatto arretrare i tedeschi a Stalingrado); b) garantire un potere d’acquisto di massa per una produzione di massa (fordista)? Le costituzioni e le politche dei governi europei del secondo dopoguerra andarono, più o meno, tutte in questa direzione.
Dalla quale la Ue svoltava decisamente.Tre anni prima era caduto il Muro di Berlino, e i partiti di sinistra e i sindacati avrebbero seguito, più o meno convinti, la strada. I conti della scelta liberista ci sono oggi davanti agli occhi.

Al di là degli effettivi successi in campo giuridico in tema di diritti umani, non è forse vero che, malgrado le enfatiche dichiarazioni, i vari trattati, quello di Nizza incluso, registrano un arretramento dei diritti sociali rispetto ai Trenta Gloriosi? Probabilmente si riteneva che costassero troppo: nessuno è stato eloquente su questo punto come il New Labour di Tony Blair. Sta di fatto che, dichiarando nobilmente la piena libertà di circolazione delle persone, delle imprese e dei capitali, messi sullo stesso piano, la Ue dava libero corso alla finanza, alle delocalizzazioni e assestava ai lavoratori una botta epocale.
Cittadini, imprese e capitali non sono infatti oggetti della stessa natura, e non hanno la tessa libertà di movimento. Altra cosa è spostarsi in Lituania per il salariato di una impresa lombarda ed altra per la sua impresa in cerca di dipendenti da pagare di meno. E ancora altra lo spostarsi virtuale di un quotato in borsa da Milano a Tokio. Ma non stiamo a fare filosofia. Con la Ue cessava infatti ogni controllo sul movimento dei capitali in entrata e in uscita, non solo da parte di ogni singolo stato ma del continente; e siccome in Europa i lavoratori avevano raggiunto collettivamente un salario più alto e una normativa migliore che nel resto del mondo, i capitali scoprivano presto che potevano ottenere dalle operazioni finanziarie un profitto assai più ingente di quello che si poteva ottenere dagli investimenti nella produzione, materiale o immateriale che fosse. La finanza ha preso un ritmo di crescita senza precedenti, le sue figure si sono moltiplicate inanellandosi su se stesse fino a perdere ogni base effettiva, abbiamo scoperto parole suggestive, come i fondi sovrani, i trader, gli asset, i futures, e capito meglio a che e a chi servisse un paradiso fiscale. Era insomma una via libera a manipolazioni non illegali ma mai conosciute prima, tali da formare la grandiosa bolla finanziaria scoppiata nel 2008. Nella quale gli stati sono dovuti intervenire con i soldi pubblici per evitare il crollo delle banche (una, la Lehman Brothers, è colata a picco) e dei relativi e ignari depositari. Coloro che erano stati consigliati di comperare una casa dall’allegria finanziaria delle banche stesse si sono trovati per strada. Un trader più esperto dei suoi superiori ha fatto perdere cinquecento milioni di euro alla antica Sociéte Générale, per amore della mirabolante professione, senza mettersi in tasca un quattrino. Alcuni imbroglioni hanno fatto miliardi, uno di loro, Madoff, s’è fatto pescare. Il G20 e il G21, riuniti in fretta, hanno innalzato lamenti, denunciato la finanza, inneggiato all’intervento dello Stato, denigrato fino un mese prima, deprecato l’esistenza dei paradisi fiscali e si sono fin giurati di ridare “moralità” al capitale. Ma tutto è tornato come prima, neppure l’obbiettivo più semplice, chiudere con i paradisi fiscali, è stato realizzato. L’investimento nella finanza resta golosissimo.

Sulla stessa linea, i capitali che restavano nella produzione scoprivano che avrebbero realizzato ben altri profitti se avessero spostato le loro imprese fuori dall’Europa occidentale, dove imperversano ancora, sebbene assai allentati, i “lacci e lacciuoli” e la “rigidità” del lavoro. Così succede, per offrire qualche esempio, che un gruppetto bresciano si sia acquistato in Francia una vecchia e gloriosa marca di piccoli elettrodomestici per portarla in Tunisia (prima della rivolta). Che un miliardario indiano si sia acquistato le residue acciaierie d’Europa per chiuderle, restando solo sul mercato con l’azienda paterna. I governi non si pemettono più di intervenire sulle parti sociali, correndo dietro ai capitali e mettendogli il sale sulla coda con agevolazioni e detassazioni. Chi non sa che una impresa paga meno tasse di quanto debba pagare un salariaro? Se poi è una multinazionale del petrolio, come la Total, che è insediata in diversi paesi, può succedere che in Fracia non paghi nulla.
Infine, il capitale ha avuto più intelligenza delle sinistre nel puntare sul trasferimento del lavoro in tecnologia. Poteva essere un enorme risparmio di fatica e un enorme aumento della produttività della manodopera, ma è solo servito a ridurla. Può sorprendere che in tutta Europa i disoccupati superino oggi i cento milioni? Che il 21 per cento dei giovani non trovi lavoro? I governi pensano poi a demolire, per facilitare le imprese, le difese restanti del salario e della normativa nel lavoro dipendente. L’invenzione del precariato è stata geniale. Certo resta ancora da fare per raggiungere l’inesistenza di diritti e contratti collettivi dell’Egitto e della Cina, ma si direbbe che l’obiettivo sia quello.
Come si faccia a tener alte le entrate e modificare la crescita e in direzione compatibile con un impoverimento diretto e indiretto, attraverso i tagli nel welfare della grande maggioranza delle nostre societa è per me un mistero. Come si possa stupirsi che gli operai, occupati o disoccupati, dalle politiche dei partiti di sinistra e dei sindacati, non amino questa Europa ? E crescano dovunque in voti le destre?
Vorrei essere smentita. E che mi si dimostrasse che l’Europa non c’entra, che non può, e non solo non ha voluto, far altro.


Rossana Rossanda

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Re: Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria

Messaggioda ranvit il 20/07/2011, 15:35

Rossana Rossanda??!!???

Siamo messi male.... :twisted:
Il 60% degli italiani si è fatta infinocchiare votando contro il Referendum che pur tra errori vari proponeva un deciso rinnovamento del Paese...continueremo nella palude delle non decisioni, degli intrallazzi, etc etc.
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Re: Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria

Messaggioda trilogy il 27/07/2011, 13:13

Sui giornali continuano a parlare di "speculazione" contro l'italia. Speculazione che sicuramente c'è, come sempre sui mercati corrono in soccorso del vincitore e sbranano il più debole.
Il problema è che l'approccio ideologico sulla speculazione, di molti commmentatori giornalistici, non vede che dietro l'attuale crisi ci sono vendite reali anche pesanti.

27-07-11
DEUTSCHE BANK: RIDUCE ESPOSIZIONE SUI PIIGS DEL 70%. SU ITALIA -88% (FT)
(ASCA) - Roma, 27 lul - Deutsche Bank, il primo gruppo bancario tedesco, ha ridotto l'esposizione verso i titoli del debito pubblico dei Piigs (Portugallo, Ilranda, Italia, Grecia e Spagna) del 70% a 3,7 miliardi di euro. Per l'Italia l'esposizione netta e' passata da 8 miliardi a 997 milioni di euro (-88%). Lo riporta il Financial Times citando i dati della semestrale del gruppo tedesco.
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Re: Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria

Messaggioda flaviomob il 04/08/2011, 0:57

dal Fatto Quotidiano:

Crisi, non c’è pace per le borse
Oggi intervento di Berlusconi alla Camera


I mercati obbligazionari sono sotto il tiro della speculazione che mira a destabilizzare gli stati sovrani dopo averli costretti a sborsare migliaia di miliardi di dollari per salvare un sistema finanziario malato
Non c’è pace per le Borse e i mercati obbligazionari sotto il tiro della speculazione che mira a destabilizzare gli stati sovrani dopo averli costretti a sborsare migliaia di miliardi di dollari per salvare un sistema finanziario frankensteinamente malato.


Oggi Tremonti volerà a Bruxelles per una riunione straordinaria con il presidente dell’Eurogruppo Juncker ma sembra ormai chiaro che nei mercati nessuno tiene più in considerazione un ministro dell’Economia super indebolito dalle inchieste giudiziarie e soprattutto dall’impallinamento giornaliero dall’interno della maggioranza di centro destra. Giuliano Ferrara ne ha chiesto le dimissioni sulle colonne del Corriere della Sera mentre Silvio Berlusconi preparava l’intervento alle Camere deciso all’oscuro dello stesso Tremonti. Intervento che è stato posticipato alle 17.30, a borse chiuse, per non interferire nell’immediato con l’andamento del mercato. Una situazione paradossale che non può che facilitare l’attacco speculativo, reso ancora più efficace dall’assenza totale di regole contro le vendite allo scoperto “nude”.

L’accordo tra repubblicani e democratici avrebbe dovuto riportare la calma e invece, è stato soronamente bocciato dalle Borse, a cominciare da quella americana che ha visto il Dow Jones, l’indice del mercato principale, chiudere in flessione del 2,18% e l’indice tecnologico Nasdaq a -2,75%.

Tutta la giornata è stata comunque contrassegnata da segni meno con un saldo che in Europa ha comportato una perdita complessiva di capitalizzazione pari a 100 miliardi di euro. Ancora una volta la maglia nera è spettata a Piazza Affari che ha perso il riportandosi ai livelli di tre anni fa. Se le Borse, come si è sempre detto tra gli addetti ai lavori, anticipano i fenomeni possiamo dire che gli operatori stanno registrando gli spauracchi di una nuova caduta dei cicli economici nei paesi ricchi, Stati Uniti e Gran Bretagna in testa.

Difficile, però, capire che cosa accade realmente se non che il sistema finanziario sta reagendo in modo concertato contro tutti colori che tentano di porre delle regole e di riportare il governo dell’economia nelle mani di decisori pubblici preoccupati dell’interesse collettivo (e quindi, per esempio, di combattere gli effetti devastanti della disoccupazione) più che dei risultati di bilancio delle imprese quotate. Lo stesso dicasi per i debiti sovrani. Lo spread tra Btp decennali dell’Italia e Bund tedeschi ha raggiunto ieri il livello record di quota 385 punti base facendo impennare i rendimenti (si sono toccati il 6,26%, come ai tempi della lira). Se il divario di rendimento tra Btp e Bund a dieci anni ha toccato un nuovo massimo dall’introduzione dell’euro (con un picco nei primi scambi del mattino di 388), tende, invece, ad assottigliarsi la distanza di Roma da Madrid, che certifica il peggioramento dell’Italia nella classifica di rischio. Lo spread tra titoli di stato spagnoli a dieci anni e quelli italiani si è stretto fino a 24 punti base, contro un livello di equilibrio che a giugno si aggirava sugli 80 punti base.

E a conferma di questo trend, il rendimento del titoli a 5 anni italiani ha toccato la parità con gli analoghi titoli spagnoli per la prima volta da marzo 2010. Sono schizzati verso l’alto i credit swaps italiani, i contratti derivati che assicurano contro il rischio default a 5 anni, che, secondo Markit, salgono a 368 punti base, con un rialzo di seduta di 37 punti base. L’avversione al rischio è la tendenza dominante e ha incrementato a tal punto la richiesta di titoli tedeschi a dieci anni, considerati asset rifugio inattaccabili, da annullarne, per la prima volta oltre 50 anni, il premio di rendimento nei confronti dell’inflazione. Il Bund decennale tedesco, infatti, è arrivato a rendere il 2,395%, il minimo da oltre 9 mesi, contro un tasso d’inflazione annuale tedesco che a luglio si è attestato al 2,4%.

Tra le piazze borsistiche europee male Atene (-3,25%), Stoccolma (-2,54%) e Madrid (-2,18%), appesantite come di consueto dai titoli bancari. Settore del credito che, secondo diversi operatori concentrati sui mercati europei, merita un discorso a parte: sono andate particolarmente male le banche della zona euro (-3,32% l’indice Dj stoxx specializzato) e anche quelle svizzere, mentre hanno sostanzialmente tenuto quelle inglesi, un fattore che confermerebbe la spinta dagli ‘hedge fund’ con base a Londra nella speculazione contro i Paesi considerati più deboli della zona euro.

«Se la moneta unica saltasse – afferma qualche operatore – ci guadagnerebbero solo le banche con base a Londra, che si rafforzerebbe come centro non solo azionario». Solo un’ipotesi, con la seduta borsistica di ieri che si è comunque conclusa così: Ubs e Credit Suisse rispettivamente -7,7% e -7,4%, Unicredit e Intesa in calo del 5,7% e del 5,2%, Commerzbank del 4,7%. In contrasto Hsbc è cresciuta dello 0,43%, Standard Chartered dello 0,19%, Barclays ha concluso con una limatura dello 0,12% in un mercato come quello londinese, che ieri ha perso “solo” lo 0,74%.

Martedì anche Paolo Panerai, direttore ed editore di Milano Finanza, tuonava dalle colonne di Mf per segnalare come in questo momento la Germania sia l’unico paese europeo ad essersi dotato di una specifica legge che vieta le operazioni di vendita allo scoperto senza il possesso dei titoli stessi. La verità è che in una crisi complessiva dell’economia occidentale, incapace di correggere la rotta dopo gli eccessi della bolla immobiliare e del debito, appena la politica, qui e Oltreoceano, alza la testa contro la finanza monstre il sistema non esita a colpirla in modo pesantissimo e con la complicità involontaria di decine di migliaia di risparmiatori che sotto l’onda del panic selling, cioè delle vendite da panico, seguono l’onda degli speculatori professionali danneggiando se stessi scommettendo contro gli stati sovrani, facendo salire le quotazioni delle materie prime alimentari, rastrellando terre nei paesi più poveri dove coltivare biocarburanti incuranti degli effetti devastanti di carestie e cambiamenti climatici.

Agosto da sempre uno dei mesi neri per la finanza e economia mondiale: epicentro di tante future scosse sismiche è stato il discorso di 18 minuti col quale Richard Nixon, il 15 agosto del ’71, annunciava la sospensione della convertibilità del dollaro con l’oro. Era la fine del sistema delle parità fisse deciso a Bretton Woods, ma anche l’inizio della resa al crescente disordine sul mercato dei cambi. E se il marco cominciò un’irresistibile rivalutazione sul dollaro, la lira andò presto alla deriva. Già nel ’74, resa malconcia dalla crisi petrolifera, l’Italia rischiò la bancarotta al punto di impegnare le riserve aurifere pur di strappare un prestito da Bonn. Era l’accordo di Bellagio siglato il 31 agosto. Nel ’79 l’Europa introdusse lo Sme ma per la lira fu sempre precarietà che diventò psicodramma nel ’92. Nell’agosto di quell’anno, la salvezza dell’Italia pareva aggrappata a soglia 760 sul marco. Per difendere quelle posizioni, la Banca d’Italia bruciò quasi 30mila miliardi. Il ministro del Tesoro Piero Barucci se la prese con Moody’s che aveva declassato in serie C il Paese, ma la lira era davvero un gruviera e venne la grande svalutazione: la lira uscì, con la sterlina, dallo Sme. Attorno al Ferragosto del 1998 la crisi russa seguiva quella asiatica e sudamericana producendo una delle famigerate crisi finanziarie che nel corso degli ultimi vent’anni si sono intensificate a dismisura.

di Andrea Di Stefano – Direttore di Valori


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Re: Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria

Messaggioda franz il 04/08/2011, 8:50

flaviomob ha scritto:dal Fatto Quotidiano:

I mercati obbligazionari sono sotto il tiro della speculazione che mira a destabilizzare gli stati sovrani dopo averli costretti a sborsare migliaia di miliardi di dollari per salvare un sistema finanziario malato
Non c’è pace per le Borse e i mercati obbligazionari sotto il tiro della speculazione che mira a destabilizzare gli stati sovrani dopo averli costretti a sborsare migliaia di miliardi di dollari per salvare un sistema finanziario frankensteinamente malato.

Ma questi credono ancora alla favola degli speculatori?
Le vendite, come spiega anche Trilogy, vengono dai risparmiatori, non sono vendite allo scoperto.
Ed il salvataggio (nel 2008) delle banche piene di titoli tossisi non c'entra una beata fava.
Perché non si spiegherebbe come mai la germania, che ha speso tantissimo, oggi è messa bene (meglio di tutti nell'area Euro) mentre l'Italia che non ha dovuto salvare nessuna banca è sull'orlo di una grave crisi.
La realtà è che nei PIIGS vengono al pettine anni di spesa pubblica fuori controllo, di tassazione elevata e di crescita economica ridotta al lumicino.

Vedere questo grafico
http://blog.phastidio.netdna-cdn.com/wp-content/2011/08/EUcore_yields.jpg

Chi racconta la favola della speculazione lo fa perché ha un pubblico disposto a crederci, per non dover guardare in faccia alla verità.
Tutto sommato titoli come questo (ma poi il contenuto cambia registro) non sono diversi dal grottesco discorso di Berlusconi ieri.
Di chi è la colpa?
Del mercato!
Degli speculatori!
Del complotto demo-pluto-giudaico!
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Re: Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria

Messaggioda flaviomob il 07/08/2011, 12:22

Beh è chiaro, il pescecane si dirige là dove sente provenire l'odore del sangue. Ma sempre di pescecani si tratta.
Che poi l'Italia se la sia cercata è chiaro, scegliendo il peggio che c'era e portandolo al potere (la storia dell'esplosione del debito parte con Craxi e prosegue con la sua creatura multimediale e multimilionaria). Le ricette eterodirette e vincoli monetari insostenibili hanno portato al fallimento dell'Argentina, l'Italia si avvicina pericolosamente al baratro. Del resto, gli Italiani riescono a imparare qualcosa solo dopo ecatombi colossali al termine di cicli "ventennali"...


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Re: Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria

Messaggioda franz il 07/08/2011, 12:56

flaviomob ha scritto:Beh è chiaro, il pescecane si dirige là dove sente provenire l'odore del sangue. Ma sempre di pescecani si tratta.
Che poi l'Italia se la sia cercata è chiaro, scegliendo il peggio che c'era e portandolo al potere (la storia dell'esplosione del debito parte con Craxi e prosegue con la sua creatura multimediale e multimilionaria). Le ricette eterodirette e vincoli monetari insostenibili hanno portato al fallimento dell'Argentina, l'Italia si avvicina pericolosamente al baratro. Del resto, gli Italiani riescono a imparare qualcosa solo dopo ecatombi colossali al termine di cicli "ventennali"...

Pescecani, leoni, tigri, lucci o altri predatori, il concetto è che costoro individuano la preda piu' debole, piu' facile da prendere, con minore dispendio di energia. In questo modo "puliscono" il gruppo dei predati, contribuendo a rinforzarlo. Senza predatori anche le prede sarebbero piu' deboli e le malattie si diffonderebbero nelle popolazioni.
Se non ci fossero predatori, bisognerebbe inventarli. A noi il compito di correre piu' veloci di loro.
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Re: Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria

Messaggioda flaviomob il 08/08/2011, 1:16

Insomma, perfetto darwinismo sociale.
Un'ottima prospettiva.
Quindi tu manderesti i tuoi figli a nuotare in mezzo ai pescecani? ;)

http://it.wikipedia.org/wiki/Darwinismo_sociale

Sul piano politico, il darwinismo sociale servì a giustificare il colonialismo, l'eugenetica, il fascismo e soprattutto il nazismo. In effetti, quest'ideologia considera legittimo che le «razze umane» e gli esseri più deboli scompaiano e lascino il posto alle razze ed agli esseri meglio armati per sopravvivere.


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Re: Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria

Messaggioda franz il 08/08/2011, 8:05

flaviomob ha scritto:Insomma, perfetto darwinismo sociale.
Un'ottima prospettiva.
Quindi tu manderesti i tuoi figli a nuotare in mezzo ai pescecani? ;)

Chiamala come vuoi ma la realtà non cambia; non peggiora o migliora solo per come decidi di chiamarla o di definira ideologicamente.
Siamo in un mondo competitivo in cui chi sbaglia paga le conseguenze del suo errore.
Preferiresti che a pagare siano gli altri oppure un po' tutti? Beh, con la politica è un po' questo quello che succede.
Non ho possibilità di scelta se mandare o no i figli in mezzo ai pescecani. Faccio figli e loro nuotano. Come io a suo tempo. Come tutti.
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Re: Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria

Messaggioda trilogy il 18/08/2011, 15:28

franz ha scritto:.............Ma questi credono ancora alla favola degli speculatori?
Le vendite, come spiega anche Trilogy, vengono dai risparmiatori, non sono vendite allo scoperto.
Ed il salvataggio (nel 2008) delle banche piene di titoli tossisi non c'entra una beata fava....................


Un esempio interessante sui falsi miti, l'abbiamo oggi. La borsa di Milano è il calo di quasi il 5% , le sospensioni per eccesso di ribasso si sprecano, ma le vendite allo scoperto sono state proibite dalla consob dal 12 di agosto :geek:
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