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In attesa della rivolta (del ceto medio)

Discussioni e proposte, prospettive e strategie per il Paese

In attesa della rivolta (del ceto medio)

Messaggioda matthelm il 18/07/2011, 20:35

E adesso, chi darà ascolto alla rabbia sorda del ceto medio angariato? Chi rappresenterà i milioni di italiani stritolati da una manovra che li scaraventa nell’angoscia personale e sociale, che si sentono svuotati, impoveriti, trattati come limoni da spremere e buttare via? Dicevano: mai le mani nelle tasche degli italiani. E invece sono state sfondate, quelle tasche, da chi aveva promesso la riforma tributaria e invece ha usato la mannaia del fisco per decapitare chi aveva creduto alla chimera del «meno tasse per tutti» .
E adesso, che ne sarà dei «Piccoli» inviperiti descritti da Dario Di Vico, senza ossigeno, umiliati, massacrati, esposti al ludibrio sociale come se il popolo delle partite Iva fosse una masnada di evasori, di avidi neoborghesi (quelli vecchi se la cavano meglio, per via dello stile e dell’aria baronale che incanta la sinistra succube del blasone e dell’etichetta) che credono in una sola divinità, il denaro, e praticano una sola liturgia, l’accumulazione selvaggia della ricchezza? Lasciati soli, senza voce, senza rappresentanza, come sfogheranno la loro ira, il dolore di un tradimento imperdonabile? Per difendersi dalla sinistra che lo disprezzava, il nuovo, immenso ceto medio si è rivolto a chi almeno non criminalizzava il denaro, l’impresa, il lavoro, il profitto. Ecco i risultati: il massacro di una manovra che mortifica ogni slancio economico, declassa chi si sentiva al sicuro nell’alveo del benessere. Oppure gli ispettori di Equitalia sguinzagliati per fare di chi possiede un’automobile un potenziale colpevole, di chi è proprietario di case un potenziale delinquente sociale da scovare, inchiodare, umiliare, mettere nelle condizioni di non nuocere. La sinistra diceva: colpire le rendite finanziarie. E il ceto medio, perplesso, si chiedeva se sotto quel nome disonorato, «rendite finanziarie» , non ci fosse anche il frutto dell’onesto risparmio, di ciò che resta di un reddito peraltro già tassato. E ha riposto la fiducia in chi non sembrava che considerasse il denaro onestamente accumulato come lo sterco del demonio: la vera molla del consenso berlusconiano, altro che la tv, come si consola la nostra sinistra premoderna, anzi medievale. Invece? Invece ecco la fine di ogni senso di tutela e di protezione. L’abbandono. Il tradimento. Come si esprimerà il furore del ceto medio dato in pasto alle agenzie internazionali di rating?
Se esistesse un’ambasciata dell'Unione Europea, prenderebbero i forconi per andarla ad assaltare, i moderati che si riscopriranno rivoluzionari, rivoltosi, pronti all’insurrezione. Sentiranno di avere un governo nemico, un’opposizione nemica, un fisco nemico, un’Europa nemica, banche nemiche, partiti nemici, giornali nemici. Riverseranno non si sa dove la loro ira funesta. Scateneranno la nuova lotta di classe, quelli del ceto medio pugnalato alle spalle. Cercheranno di non fallire, e di fare in tempo ad assistere al fallimento storico di chi doveva rappresentarli ma ha messo nelle sue insegne lo slogan: «Più tasse per tutti» .
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Re: In attesa della rivolta (del ceto medio)

Messaggioda trilogy il 18/07/2011, 21:47

matthelm ha scritto:..... Dicevano: mai le mani nelle tasche degli italiani. E invece sono state sfondate, quelle tasche, da chi aveva promesso la riforma tributaria e invece ha usato la mannaia del fisco per decapitare chi aveva creduto alla chimera del «meno tasse per tutti» . P.L. Battista (Corriere della sera)


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Re: In attesa della rivolta (del ceto medio)

Messaggioda matthelm il 19/07/2011, 8:50

Certamente, anche se non è un gran ragionamento. E' come quel tizio che per far dispetto alla moglie...
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Re: In attesa della rivolta (del ceto medio)

Messaggioda flaviomob il 19/07/2011, 9:01

Chiaro messaggio dei mercati: cavarsela da soli
di Fabio Scacciavillani

Le raffiche furiose che investono il debito dell’Italia sono parte di una tempesta forse perfetta, certamente epocale. Si stanno diffondendo sui mercati i virus delle crisi fiscali inoculati dai salvataggi pubblici dopo il corto circuito finanziario del 2008-09. Su entrambi i lati dell’Atlantico i meccanismi delle decisioni politiche si sono incagliati. In America l’asperrima diatriba sul tetto al debito federale tra l’Amministrazione Obama e il Congresso repubblicano ha raggiunto il climax, mentre in Eurolandia i ministri (e i banchieri centrali) si incontrano da un anno e mezzo due volte al mese, solo per decidere di rinviare la presa d’atto dell’ineluttabile: la Grecia e il Portogallo sono insolventi e senza una gestione dei debiti sovrani e delle politiche fiscali a livello europeo l’euro non uscirà indenne.

In questo quadro di estrema fragilità e incertezza il governo italiano era chiamato alla prova decisiva per onorare gli impegni presi a Bruxelles e rassicurare i mercati della “tenuta dei conti”. Dopo aver stoicamente ignorato il guazzabuglio di annunci e le piazzate isteriche tra Berlusconi, Bossi e Tremonti, alla presentazione della manovra di bilancio i mercati hanno dovuto arrendersi all’evidenza. Dei “conti in sicurezza” rimanevano solo numeretti scritti sull’acqua che ai piu’ benevoli hanno evocato un gigantesco struzzo, ad altri il reparto terapia intensiva.

Con il rinvio del pareggio a tempi peggiori, dominati dallo scontro elettorale, sono detonate le paure latenti di chi nei mesi scorsi aveva dato fiducia a Tremonti. Coloro che oggi vendono i nostri titoli di Stato qualche tempo fa li avevano comprati. L’esecrato “speculatore” di oggi è in realtà l’investitore ottimista di ieri. La degenerazione è scattata all’istante perché i conti di lungo periodo non tornano già nell’immediato. Non c’è bisogno di attendere il 2013 per capire che la partita a queste condizioni è persa. E quindi hic et nunc si vende, facendo impennare i tassi. L’impennata dei tassi a sua volta rende ancora più critica la posizione debitoria del governo perché ne distrugge le previsioni sulla spesa. Senza troppi giri di parole, ai tassi spuntati oggi nelle aste il debito italiano non può essere ripagato.

In questo marasma le agenzie di rating su cui puntano il dito gli alti papaveri di Bruxelles e i cantori del regime, hanno avuto un ruolo marginale. Nonostante il conflitto di interessi sfacciatamente sfruttato con i derivati sui mutui sub-prime e (e per cui avrebbero dovuto subire conseguenze serie, invece dei buffetti sulle guance), sui debiti pubblici europei (incluso quello italiano) si limitano a prendere atto (anche con un certo ritardo) di una situazione deteriorata. Cosa dovrebbero comunicare? Che tutto è in ordine? Che le decisioni a livello europeo sono lungimiranti e tempestive? Dovrebbero dichiarare che la Grecia può ripagare il debito? Se fossimo in vena di polemiche potremmo parlare della ottimistica AAA a Regno Unito o Francia. Non va dimenticato che le agenzie di rating sono pagate dagli emittenti, non dagli investitori, quindi sarebbero più propense a dare giudizi positivi che a mordere la mano che le nutre.

In questo frangente per gli equilibrismi dell’Italia non c’è rete di protezione. Dovremo cavarcela da soli, senza aiuti esterni sostanziali perché il nostro debito non può essere sostenuto (quantomeno non troppo a lungo) né da un’Eurolandia, già allo stremo, né dal Fondo monetario internazionale che tiene impegnate nel Vecchio Continente risorse fin troppo ingenti. E chi ha fallito la prova non può nutrire l’ambizione di ripetere il numero.

* Capo economista del Fondo d’investimenti dell’Oman

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Re: In attesa della rivolta (del ceto medio)

Messaggioda Manuela il 19/07/2011, 16:34

Si, forse il commento di Trilogy è un po' semplicistico, ma è quasi automatico. Soprattutto di fronte all'ennesima glorificazione fatta da Battista di un "ceto medio" che, così come è desritto in quest'articolo, non è mai esistito in Italia, o almeno non in forma significativa. In realtà negli ultimi decenni si è assistito ad un massiccio trasferimento di reddito dal lavoro dipendente a quello autonomo, e le partite IVA si sono arricchite. Col proprio lavoro, certamente, ma anche con l'evasione sistematica, con gli aumenti dei prezzi concordati e protetti dalle organizzazioni di categori, - alla faccia della libera concorrenza - con il lavoro in nero proprio e dei propri dipendenti. Queste partite IVA, ovviamente, si sono rivolte a destra, perché questa garantiva loro di mantenere i propri privilegi: nessuna liberalizzazione, tolleranza per l'evasione, scudi fiscali, libertà di falsificare i bilanci, e così via.
Questo non vuol dire che in Italia non esistano professionisti o imprenditori onesti, sono certa che ve ne sono, così come ci sono picchi di qualità e di innovazione; ma, purtroppo, questi non sono sufficienti a caratterizzare il ceto medio descritto mitologicamente da Battista (che sta, appunto descrivendo l'ippogrifo fingendo di parlare di un cavallo) che si è arricchito prima con la svalutazione della lira, poi con l'evasione e l'aumento incontrollato dei prezzi. Se oggi se la passa un po' peggio (ma siamo sicuri? a me sembra che se la passino sempre peggio i dipendenti e i pensionati), se magari gli affari non vanno più come una volta, perché la crisi morde, forse qualche domanda se la potranno fare sul governo che hanno sostenuto (e continuano a sostenere, non dimentichiamo) e che dimostra irrimediabilemtne di non sapere fare quasi nulla e di fare male quello che fa. Chi li rappresenterà non so: non so nemmeno chi rappresenta me, dato che non vedo all'orizzonte niente di credibile e davvero capace di portqarci fuori da questa situazione. Ognuno, come dire, ha i suoi problemi: ma un po' di riflessione, sulle responsabilità delle classi dirigenti e di ciascuno di noi, forse varrebbe la pena.

P.S. E da questa riflessione non dovrebbero essere esenti i giornalisti, soprattutto quelli che sono sempre e comunque dalla parte dei vincenti. Che Battista non mi sia simpatico, credo che si veda....
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Re: In attesa della rivolta (del ceto medio)

Messaggioda matthelm il 19/07/2011, 17:13

Manuela, che Battista ti sia simpatico o no non c'entra niente con la discussione. Che lui si sia rivolto al ceto medio che aveva avuto fiducia in Berlusconi è evidente e non fa altro che fotografarne la delusione, a dir poco.
Le generalizzazioni sono sempre sbagliate, delle due l'una o non conosci artigiani, piccoli imprenditori e altri che rappresentano il ceto medio o la vecchia e stantia ideologia che li vede come tutti evasori e sfruttatori emerge e mortifica chi ce l'ha ed a chi è rivolta.
Battista è un onesto giornalista, secondo me, e le sue analisi sono sempre puntuali e non, appunto, ideologiche. Ce ne fossero come lui.
Oggi i lavoratori autonomi se la passano molto male, e forse tu non lo sai. Speriamo che superino la crisi altrimenti quelli che li disprezzano li rimpiangeranno quando non tutti potranno andare a lavorare sotto lo stato o nei supermercati.

Tutto questo per dire del ritardo storico nel valutare questo mondo e nel meravigliarsi che poi non voti per certa sinistra.
Che abbiano ragione? leggendo il tuo scritto, si.
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Re: In attesa della rivolta (del ceto medio)

Messaggioda ranvit il 19/07/2011, 17:38

Avete tutti un po' ragione e un po' torto....a partire da Battista.

Il ceto medio italiano, almeno quello delle partite Iva perchè c'è anche quello da lavoro dipendente, è quello che è ovunque nel mondo: gente che pensa soprattutto a se stesso ed ai propri affari e pronta a infilarsi in tutti i varchi lasciati scoperti dalle regole e dalle debolezze umane.
Lo stesso fanno le organizzazioni mafiose...ovviamente ad un livello piu' elevato di criminalità.
Ma va anche detto che se non ci fosse, il ceto medio delle partite iva, l'economia del Paese sarebbe immediatamente distrutta....come ovunque nel mondo.

Il problema in Italia (rispetto ai principali Paesi del mondo) è la classe dirigente, di destra e di sinistra. Entrambe non riescono ad utilizzare al meglio le caratteristiche della "varia umanità" che compone il ceto medio (delle partite Iva).


Vittorio


Ps Comunque non credo che ci sarà alcuna rivolta....sono troppo impegnati a fare , comunque, i propri affari. L'unica reazione sarà l'astensione dal voto. :D
Il 60% degli italiani si è fatta infinocchiare votando contro il Referendum che pur tra errori vari proponeva un deciso rinnovamento del Paese...continueremo nella palude delle non decisioni, degli intrallazzi, etc etc.
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Re: In attesa della rivolta (del ceto medio)

Messaggioda Manuela il 19/07/2011, 19:50

Non è in discussione l'esistenza del ceto medio, e la sua necessità per l'economia. Però non accetto che si parli di "generalizzazioni" quando si parla del trasferimento di reddito dal lavoro dipendente a quello autonomo; né che si parli di "ideologia" quando si mette il dito sull'elevata evasione/elusione che viene dal lavoro autonomo. Sono dati di fatto che tutti abbiamo potuto sperimentare. D'altra parte ha ragione Vittorio, e se la società non ritroverà un minimo di obiettivo comune, sarà difficile ricominciare a crescere.
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Re: In attesa della rivolta (del ceto medio)

Messaggioda pianogrande il 19/07/2011, 23:47

D'altra parte il ceto "medio" non è altro che l'italiano medio.
Non credo che esista una categoria sociale che sia migliore delle altre (lavoratori dipendenti e pensionati compresi).
E' per questo che dovrebbero esistere regole (giuste) da rispettare (tutti).

Non credo ci sia niente di ideologico in questo.

Trovo molto ma molto più ideologici certi messaggi come la pubblicità della confederazione degli artigiani (eroi eroici e coraggiosi e santi che marciano verso il sole ..... mmmmh da qualche parte devono aver copiato) o certi bypass culturali come la definizione di ceto produttivo regalata a piene mani agli imprenditori come se i dipendenti non fossero ceto produttivo anche loro.

Ognuno tira l'acqua al suo mulino.
Per il rispetto reciproco ci vogliono le regole.
Per avere le regole ci vuole un governo produttivo.
Questa è la nostra priorità.
Fotti il sistema. Studia.
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Re: In attesa della rivolta (del ceto medio)

Messaggioda flaviomob il 20/07/2011, 1:15

La cara vecchia borghesia, che prima appoggiava il duce, poi la dc di andreotti, gava, pomicino, cuffaro, infine berlusconi e in parte bossi. Di cosa si pentono ora? Di esistere?
Il corriere, autorevole quotidiano, che però durante il fascismo scese a compromessi per non chiudere (infatti si piegò e non chiuse) e poi fu al centro dello scandalo P2.
No, questa gente non ha il diritto di dirsi "delusa". E' un secolo che sono loro, a deludere noi.


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