Sul razzismo in senso stretto e proprio siamo per grandi linee d'accordo, mi sembra: si tratta più di manifestazioni che di intime convinzioni - anche perché una gran parte di popolazione italiana non ha intime convinzioni su niente, ma ha tutt'al più delle "opinioni" mutevoli e superficiali.
Dico a Paolo, però: non sarà emergenza targata "razzismo", ma un'emergenza c'è.
Vogliamo chiamarla emergenza di comportamenti violenti? Emergenza psichica? Emergenza caos socio-culturale?
Personalmente, come ho già accennato, trovo queste ultime definizioni più corrette, e più penetranti, che non quella riferita ad un generico razzismo, che viene tirato in ballo con troppa facilità per inquadrare una miriade di fenomeni diversi.
Pe esempio, è ben noto che da diversi anni si verificano negli stadi quei vergognosi buu-buu, conditi da ingiurie d'ogni tipo, verso i calciatori neri.
Negli stessi stadi e da parte degli stessi tifosi che per anni e anni non si erano mai sognati di insultare i neri, in squadre che oltre tutto ne schieravano molto pochi: avrebbero dovuto, allora, sembrare assai più "diversi" di oggi.
Sulle gradinate laziali, pochi anni fa, comparvero per qualche tempo striscioni che inneggiavano al "camerata Arkan" (il noto aguzzino delle guerre balcaniche), così come hanno una lunga storia le infiltrazioni fasciste all'interno di varie toifoserie calcistiche - infiltrazioni nient'affatto casuali, ma mirate a reclutare manovalanza giovanile per coinvolgerla in traffici di natura politica ed eversiva.
E' per altro ben nota anche la speciale virulenza di certi delitti efferati, avvenuti in ambito familiare, da parte di giovani o meno giovani che agivano per pretesti estremamente futili, o comunque assolutamente insufficienti a spiegare la soluzione violenta.
Mettendo insieme tutti questi elementi, e altri che abbiamo già nominato, viene da concludere che la violenza e la morte sembrano non tanto aver "perso valore", ma aver perso quel controllo che la mente, l'educazione, il controllo sociale esercitavano sugli istinti. La violenza non è più un atto estremo, ma la naturale prosecuzione del rapporto con gli altri, un' opzione come un altra.
Tuttavia, esiste anche un piano sul quale è abbastanza evidente un rapporto con la politica.
La destra non ha la responsabilità di aver "creato" un'ideologia razzista o violenta - certamente niente a che vedere con il ruolo che ebbe il Main Kampf negli anni '20 e '30, o altre opere che si sono succedute nel '900.
La politica ha però la responsabilità di incoraggiare e, talvolta, organizzare la violenza, e nel caso del degrado culturale diffuso di giustificarla, dando risonanaza a certi atteggiamenti, a certe parole d'ordine e luoghi comuni, attraverso la stampa compiacente.
Più in generale, a me sembra che sia soprattutto l'argine del controllo sociale quello che ha subito lo sgretolamento più rovinoso.
E questo non ci porta tanto nelle segreterie di partito, e nemmeno in qualche covo di picchiatori neri e ultras, ma ci porta al problema della comunicazione e della democrazia di massa, che ha de-sacralizzato e banalizzato una quantità di valori e di fenomeni.