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Una super-holding per la nuova Parmalat

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Una super-holding per la nuova Parmalat

Messaggioda ranvit il 15/04/2011, 11:02

Una super-holding per la nuova Parmalat

Articoli di Simone Filippetti e Cesare Peruzzi


Di Simone Filippetti
Prende forma il veicolo su cui salirà la "cordata italiana" per vincere la corsa alla Parmalat: sarà con ogni probabilità una super-holding in cui saranno conferiti gli asset di Granarolo a custodire il nucleo centrale del gruppo industriale che nascerà (sempre che tutto fili liscio) dall'unione tra la cooperativa bolognese e il colosso di Collecchio.

Il piano attualmente sul tavolo delle banche, dove Intesa Sanpaolo è stata affiancata da UniCredit e Mediobanca, prevede che le attività industriali di Granarolo vengano conferite alla LatCo, newco in cui entreranno anche quelle di Collecchio: nel migliore degli scenari per Granarolo, questo dovrebbe essere sufficiente per evitare esborso di contanti e il peso di nuovi debiti, ma si sta anche lavorando sull'ipotesi di erogare un prestito alla cooperativa in modo da permetterle di acquistare direttamente la quota del 29% rastrellata dai francesi di Lactalis.


Nel primo scenario, le quote della newco verrebbero divise tra Granarolo, le banche e la Cassa depositi e prestiti, con queste ultime tre nel ruolo di partner finanziari: nella nuova holding verrebbero poi apportate le attività di Parmalat, creando una nuova realtà industriale italiana in grado di competere con i big europei. Nella seconda ipotesi, Granarolo riceverebbe un finanziamento per comprare le quote di Lactalis che dovrebbe poi conferire nella nuova holding, che sarebbe però aperta all'ingresso di altri soci industriali, non necessariamente italiani. Le banche non negano di aver ricevuto manifestazioni di interesse da parte di gruppi stranieri, ma per ora non ci sarebbero impegni.

Secondo quanto risulta a Il Sole 24 Ore, per eludere uno stop dell'Antitrust e minimizzare l'impatto delle sovrapposizioni industriali e geografiche derivanti dall'unione tra Parmalat e Granarolo, la cooperativa bolognese conferirebbe solo gli stabilimenti complementari a quelli del gruppo di Collecchio, conservando i restanti. Con questa formula, l'operazione avrebbe un impatto minimo sul versante occupazionale: un vantaggio non banale, questo, alla luce dei timori già espressi dai sindacati della Parmalat e dei tentativi di Lactalis di rassicurare gli italiani proprio su questo fronte. Ma quanto costerebbe questa ipotesi? I primi calcoli, basati sul lancio di un'Opa parziale sul 60% del capitale di Parmalat, prevedono un esborso compreso tra i 3 e i 3,5 miliardi di euro.
La seconda opzione richiede meno capitali, ma è più sofisticata: le banche concederebbero un prestito a Granarolo per rilevare il 29% in mano a Lactalis e successivamente la stessa cooperativa conferirebbe gli asset più il pacchetto di controllo di Parmalat in LatCo. L'importo sarebbe pari al valore della quota del 29% in mano a Lactalis, che ha pagato circa 1,5 miliardi.

Resta da vedere quale atteggiamento assumerà Lactalis. I francesi per ora aspettano: con il 29% in mano, sanno bene che la prima mossa dovranno farla gli italiani con un'offerta adeguata al prezzo pagato per comprare le azioni. Ufficialmente, Lactalis ha sempre detto di voler andare avanti e arrivare in assemblea a fine giugno per nominare il proprio management, ma è chiaro che uno scontro il governo italiano non è nel loro interesse.

Di questo si sarebbe discusso al summit di ieri tra gli istituti (oltre a Intesa, anche Mediobanca, UniCredit e la new entry Bnl), vertice che molti si attendevano decisivo, ma che in realtà è servito a fare il punto della situazione e a mettere dei capisaldi: comune denominatore del nocciolo duro della cordata tricolore è quello di mettere in piedi un progetto industriale con una forte componente italiana. Poi c'è il nodo dell'architettura finanziaria dell'operazione, ancora tutta in fieri. E sono appunto le due ipotesi. Sullo sfondo c'è anche l'ingresso di un partner estero, probabilmente con una quota di minoranza, per non contraddire lo spirito nazionalista della cordata. La brasiliana Lacteos (già candidatasi prima dell'arrivo di Lactalis), si sarebbe fatta avanti, seguita dall'olandese Friesland-Campina e dai messicani di Lala. Lacteos ha chiesto aiuto a Banca Leonardo per mettere sul tavolo 2-300 milioni di capitale.
Il 60% degli italiani si è fatta infinocchiare votando contro il Referendum che pur tra errori vari proponeva un deciso rinnovamento del Paese...continueremo nella palude delle non decisioni, degli intrallazzi, etc etc.
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Re: Una super-holding per la nuova Parmalat

Messaggioda trilogy il 17/04/2011, 15:49

ranvit ha scritto:Una super-holding per la nuova Parmalat

Articoli di Simone Filippetti e Cesare Peruzzi

.......Di questo si sarebbe discusso al summit di ieri tra gli istituti (oltre a Intesa, anche Mediobanca, UniCredit e la new entry Bnl), vertice che molti si attendevano decisivo, ma che in realtà è servito a fare il punto della situazione e a mettere dei capisaldi: comune denominatore del nocciolo duro della cordata tricolore è quello di mettere in piedi un progetto industriale con una forte componente italiana. Poi c'è il nodo dell'architettura finanziaria dell'operazione, ancora tutta in fieri. E sono appunto le due ipotesi. Sullo sfondo c'è anche l'ingresso di un partner estero, probabilmente con una quota di minoranza, per non contraddire lo spirito nazionalista della cordata. La brasiliana Lacteos (già candidatasi prima dell'arrivo di Lactalis), si sarebbe fatta avanti, seguita dall'olandese Friesland-Campina e dai messicani di Lala. Lacteos ha chiesto aiuto a Banca Leonardo per mettere sul tavolo 2-300 milioni di capitale.


L'unica cosa che sarebbe interessante conoscere, di questa ennesimo pasticcio all'italiana, è a quanto ammonteranno le parcelle per consulenza delle banche coinvolte. In genere, per questo tipo di operazioni, prive di qualunque logica industriale si tratta di svariati e svariati milioni di euro.... :mrgreen:
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Re: Una super-holding per la nuova Parmalat

Messaggioda ranvit il 17/04/2011, 17:15

Priva di qualunque logica industriale???

Come fai a dire una cosa del genere?
Parmalat non è un bruscolino e se resta italiana non è una cattiva idea. Faccio notare che la Francia cosi' come la Germania operano in questa direzione senza tanti complimenti.

Quello che va tenuto d'occhio invece è la modalità con cui avverrebbe l'intervento della cordata italiana.
Se resta nel campo di una acquisizione senza finanziamento pubblico è tutto ok.

Vittorio
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Re: Una super-holding per la nuova Parmalat

Messaggioda trilogy il 18/04/2011, 10:31

ranvit ha scritto:Priva di qualunque logica industriale???

Come fai a dire una cosa del genere?
Parmalat non è un bruscolino e se resta italiana non è una cattiva idea. Faccio notare che la Francia cosi' come la Germania operano in questa direzione senza tanti complimenti.

Quello che va tenuto d'occhio invece è la modalità con cui avverrebbe l'intervento della cordata italiana.
Se resta nel campo di una acquisizione senza finanziamento pubblico è tutto ok.

Vittorio


Qual'è la logica industriale di Granarolo? Parmalat è scalabile da almeno 2 anni e nessuna impresa in Italia si è mossa per comprarla. La politica ha provato a coinvolgere Ferrero che ha detto di no. Allora sono andati dalla granarolo che come soggetto cooperativo è molto più influenzabile, e l'hanno tirata dentro. Alla Granarolo non hanno soldi per comprare Parmalat ne' per svilupparla in futuro. I soldi li deve mettere lo Stato e le banche. Tra Parmalat e Granarolo ci sono una miriade di sovrapposizioni di prodotto e di mercati che creeranno problemi occupazionali e di antitrust. E' una operazione politica priva di logica industriale. Quello che muove il progetto sono gli interessi dei cobas delle multe del latte della Lega Nord.
ciao
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da: Soldi - Economia Finanza e Personal Business 18.4.2011

La super holding Lacto fa un altro passo verso Parmalat

Granlatte, la holding di controllo del gruppo ha dato mandato al presidente di Granarolo perché prosegua le trattative con le banche e la Cdp per creare una cordata italiana alternativa a Lactalis


Granarolo fa un altro passo verso Parmalat. Granlatte, la holding di controllo del gruppo, ha dato mandato al presidente di Granarolo, Gianpiero Calzolari, perché prosegua le trattative con le banche (Intesa Sanpaolo, Unicredit, Mediobanca e Bnl) e la Cdp per creare una cordata italiana alternativa a Lactalis. Restano però ancora da chiarire la struttura della cordata, i suoi partecipanti, il loro impegno e come contendere ai francesi il controllo di Parmalat. Tanto che nello stesso cda di Granlatte si sarebbe preso atto del fatto che la partita resta ancora aperta a diversi esiti. Al momento tutto ruota attorno a Latco, la società in cui si raccoglierà la cordata tricolore per Parmalat. L'impegno che dovranno assumersi le banche, la Cdp e i partner industriali varierà a seconda che si raggiunga un accordo con Lactalis per rilevare il 29% di Parmalat, , ipotesi più gradita in quanto meno dispendiosa, oppure si debba lanciare un'opa parziale sul 60% del capitale del gruppo di Collecchio, nel qual caso si parla di almeno 3 miliardi di euro, incluso un premio sui corsi di borsa per invogliare i soci ad aderire. Il contributo di Granarolo arriverà attraverso il conferimento dei suoi asset per circa 500 milioni. Tra le banche, Intesa Sanpaolo e Bnl, in presenza di un forte progetto industriale, sembrano disponibili a farsi carico anche di un impegno in termini di capitale in Latco. E un ruolo importante (circa mezzo miliardo) sarà ricoperto dalla Cassa Depositi e Prestiti, custode del risparmio postale. La cordata con capofila Granarolo lascia però freddi i sindacati, timorosi che le sovrapposizioni tra i primi due operatori italiani del latte, insieme a problemi di antitrust, possano portare anche esuberi. Anche la Borsa sembra poco convinta di fronte alla “super-holding Lacto” fortemente caldeggiata dalla politica, con Parmalat che ha chiuso la settimana con un ribasso dello 0,61%.
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Re: Una super-holding per la nuova Parmalat

Messaggioda ranvit il 18/04/2011, 11:47

Avevo detto e ribadisco : Quello che va tenuto d'occhio invece è la modalità con cui avverrebbe l'intervento della cordata italiana. Se resta nel campo di una acquisizione senza finanziamento pubblico è tutto ok.

Il giudizio dei sindacati vale poco perchè troppo di parte e perchè troppi sindacalisti vorrebbero sostituirsi ai Manager ed Imprenditori....ma con i soldi degli altri.

Vittorio
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Re: Una super-holding per la nuova Parmalat

Messaggioda flaviomob il 19/04/2011, 10:06

Anche il tuo è un giudizio di parte, quindi vale altrettanto poco...


"Dovremmo aver paura del capitalismo, non delle macchine".
(Stephen Hawking)
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Re: Una super-holding per la nuova Parmalat

Messaggioda trilogy il 20/04/2011, 12:04

Fondo Strategico... senza strateghi e senza strategia. Fanno quasi pena......
:mrgreen:
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Cdp e banche da sole su Parmalat

Salvare l'italianità di Parmalat senza passare, nell'immediato, per Granarolo. L'idea è di imbastire un'operazione che in una prima fase sarebbe tutta finanziaria, con Cdp e banche, che solo successivamente diventerebbe industriale: una volta insediato il nuovo management, sarebbe suo compito trovare i partner giusti. Granarolo stessa, o altri. È questa la nuova ipotesi di lavoro che sta emergendo, dopo lo stallo sul piano principale al quale le banche stavano lavorando. Anche ieri c'è stata una riunione per discutere della questione, ma il quadro anzichè chiarirsi si è fatto più confuso.

Lo schema principale intorno al quale si sta tutt'ora lavorando prevede la costituzione di una newco con l'azionariato diviso in tre: un terzo Granlatte-Granarolo, un terzo le banche (Intesa Sanpaolo e Bnl senz'altro), un terzo la Cassa depositi e prestiti o il neonato Fondo strategico. Ma, dietro le quinte emerge l'ipotesi "B". Entrambe restano aperte. E piene di incognite.

Il piano "A", quello che include Granarolo, dopo la riunione di ieri (un'altra seguirà oggi), continua a presentare numerosi ostacoli tecnici. Il primo è quello del costo. Per lanciare un'Opa, anche sul 60-70% del capitale, occorrerebbe mettere assieme una cifra dell'ordine dei 3 miliardi e al momento i conti non tornano. Più agevole sarebbe l'ipotesi di rilevare il 29% in mano a Lactalis: costerebbe la metà, circa 1,5 miliardi, ma i francesi hanno già fatto sapere che non vendono. Ci sono poi inconvenienti tecnici. Granlatte dovrebbe "conferire" Granarolo, ricavando dalla vendita della società lattiera a Parmalat i 500 milioni utili a partecipare alla cordata.

L'operazione non è però fattibile: la newco sarebbe un'entità diversa da Parmalat e non potrebbe assumere impegni per quest'ultima. Dunque il problema è trovare chi finanzierà la partecipazione di Granlatte-Granarolo alla cordata. Potrebbe farlo la Cdp? Vorrebbe dire, anche nell'ipotesi di restare al di sotto della soglia dell'Opa, che la Cassa dovrebbe partecipare in proprio con 500 milioni ed esporsi per altrettanto con il finanziamento al "partner industriale". Impegno sicuramente oneroso.

Il piano "B" avrebbe lo stesso dilemma Opa-acquisto delle quote francesi. Ma scavalcherebbe il nodo Granarolo. L'idea è di creare una holding in cui, oltre alla stessa Cassa o al neonato Fondo strategico, parteciperebbero le banche. Il coinvolgimento di Granarolo non sarebbe fondamentale nella prima fase: l'importante, all'inizio, sarebbe semplicemente creare un veicolo in grado di preservare l'italianità di Collecchio. Un po' come ha fatto il Fondo strategico francese, che ha rilevato quote di varie società del settore agroalimentare senza necessariamente aggregarle tra loro. Solo dopo, il management di Parmalat potrà decidere come usare gli 1,4 miliardi di euro di cassa: a quel punto l'opzione industriale (Granarolo o altro) sarebbe presa in considerazione. Ma sarebbe Parmalat ad aggregare Granarolo, non viceversa. E l'operazione sarebbe fatta in tutta calma.

Ma anche questa ipotesi "B" avrebbe molti ostacoli. Innanzitutto il costo. Per di più non è detto che Intesa, azionista al 20% di Granarolo, parteciperebbe con altrettanto interesse: attualmente la priorità è intervenire nella partita Parmalat solo se c'è, sin da subito, una valenza industriale. Anche ieri alle riunioni milanesi per discutere sul dossier ha partecipato Gianpiero Calzolari, presidente di Granarolo. Se anche si formasse una cordata tutta finanziaria, non sarebbe poi chiaro chi sarebbe disponibile a mettere i soldi sul piatto. Intesa aveva dato disponibilità a conferire il suo pacchetto, pari al 2,15% di Parmalat, e ad aggiungere equity fino a 300 milioni.

Bnl, che si è aggiunta al tavolo, parteciperebbe pure con una quota. UniCredit e Mediobanca invece, nella lettera inviata il 1° aprile al board di Collecchio (il cda che ha poi deciso per il rinvio dell'assemblea), avevano precisato che il loro ruolo era quello degli advisor ed eventualmente finanziatori. Mediobanca al limite sarebbe disposta a conferire la sua quota, pari all'1,3% del capitale, ma per ora nulla più.

La partita è dunque aperta. E poco chiariscono le parole del presidente Cdp, Franco Bassanini, che ha definito il noeonato Fondo strategico come «uno strumento utile che anche altri paesi hanno».

4,3 miliardi
Il fatturato
A tanto è ammontato il fatturato netto della Parmalat nel 2010, in crescita rispetto ai 3,9 miliardi di euro realizzati nell'anno precedente.
282 milioni
L'utile netto
Nel 2010 Parmalat ha realizzato un utile netto di 282 milioni di euro, in flessione rispetto ai 519 milioni registrati nell'anno precedente.

da: http://www.ilsole24ore.com/art/finanza- ... d=Aa1UJSQD
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Re: Una super-holding per la nuova Parmalat

Messaggioda ranvit il 26/04/2011, 10:08

Visto? Evidentemente fa gola. Altro che quisquiglie e pinzellaccheri! :D

http://www.corriere.it/economia/11_apri ... 2a44.shtml

IL PREZZO PROPOSTO È DI 2,6 EURO PER AZIONE
Parmalat: Lactalis lancia l'opa
Puntiamo a diventare il primo gruppo mondiale nel settore»
Offerta pubblica di acquisto dei francesi sul 100% del capitale dell'azienda agroalimentare


(Ansa) MILANO - Colpo di scena sul fronte Parmalat. Lactalis, il gruppo francese azionista di maggioranza dell'azienda agroalimentare di Collecchio, ha lanciato un'opa (offerta pubblica di acquisto) sul resto del capitale non in suo possesso. Il prezzo proposto è di 2,6 euro per azione. Lo rende noto la società francese motivando l'operazione «anche a seguito del mutato quadro normativo successivo all'acquisto della propria partecipazione del 28,969 per cento». Il titolo Parmalat è stato sospeso in Borsa, per essere riammesso alle 9.40, orario in cui ha fatto segnare un incremento del 10,73% a 2,56 euro. Il prezzo proposto da Lactalis incorpora un premio del 21,3% rispetto al prezzo di Borsa del titolo degli ultimi 12 mesi e del 33,6% rispetto all'enterprise value (calcolato come capitalizzazione di borsa al netto della posizione finanziaria netta e delle interessenze di minoranza per azione) degli ultimi dodici mesi. L'offerta viene lanciata sul 71,031% del capitale e il controvalore massimo dell'offerta è dunque pari a 3,37 miliardi di euro. Il gruppo Lactalis-Parmalat dovrebbe realizzare un giro d'affari pro forma di circa 14 miliardi di euro diventando il primo gruppo mondiale nei prodotti lattiero-caseari. Parmalat resterebbe quotata alla Borsa di Milano. Il Gruppo sottolinea il presidente Emmanuel Besnier in una nota: «procederà, se necessario, al ripristino del flottante sufficiente ad assicurare il regolare andamento delle negoziazioni».
DECISIONE - La decisione di Lactalis rivoluziona lo scenario attuale, che vedeva il governo impegnato a favorire tramite azioni legislative e non, l'arrivo di una cordata italiana che potesse prendere il controllo della società.
Il Gruppo Lactalis, in una nota, sottolinea la propria volontà di sviluppare il piano «nel rispetto dell'italianità» del colosso del latte di Collecchio, mantenendo la sede in Italia, salvaguardando gli asset produttivi, i dipendenti e la filiera italiana del latte, nell'interesse dell'economia del territorio. Il gruppo francese, sottolinea ancora la nota «valuterà l'opportunità di far confluire in Parmalat le proprie attività europee nel settore del latte confezionato, tra le quali quelle detenute in Francia e in Spagna. Il progetto industriale di Lactalis prevede la valorizzazione di Parmalat a livello internazionale, grazie alla forte complementarietà tra i due gruppi sia a livello geografico che di prodotto. Inoltre, l'espansione nei mercati in forte sviluppo quali Brasile, India, Cina, nei quali entrambi i Gruppi ad oggi hanno una limitata presenza, potrebbe essere perseguita in modo più efficace attraverso un intervento congiunto».
L'operazione, precisa Lactalis sarà coperta con un finanziamento infragruppo messo a disposizione da Bsa Finances che a sua volta farà ricorso a un finanziamento bancario da 3,4 miliardi di euro concesso da Credit Agricole, Hsbc, Natixis e Socgen.

Redazione online
26 aprile 2011
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Re: Una super-holding per la nuova Parmalat

Messaggioda franz il 26/04/2011, 11:40

ranvit ha scritto:Visto? Evidentemente fa gola. Altro che quisquiglie e pinzellaccheri! :D

Non so a cosa tu ti riferisca con quisquiglie e pinzellaccheri (non ho letto tutta la telenovela parmalat sulla stampa) ma è chiaro che fanno gola quelle aziende che sono potenzialmente forti ma momentaneamente deboli.
Possono essere comprate. Come sappiamo capita piu' spesso che siamo comprati che siamo noi a comprare.
Ma anche quando siamo noi a comprare (vedi Fiat con Chrysler) qualcuno riesce sempre a sputare sul piatto. :roll:

Franz
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Re: Una super-holding per la nuova Parmalat

Messaggioda trilogy il 26/04/2011, 13:23

ranvit ha scritto:Visto? Evidentemente fa gola. Altro che quisquiglie e pinzellaccheri! :D




Certo che fa gola, nessuno ha mai detto il contrario.

Fa gola a quei gruppi imprenditoriali che hanno una visione del business globale, e vogliono acquistare quote di mercato e marchi affermati, che reinvestono e rischiano i profitti nello sviluppo della propria azienda invece di trasferire i soldi nei conti svizzeri o nelle società immobiliari di moglie e marito e figli. Fa gola a quelle aziende che raggiunta una certa soglia dimensionale abbandonano la gestione familiare per una gestione manageriale professionale, fa gola a quei paesi che non hanno il culto, sempre e comunque, della piccola dimensione che da noi è sinonimo di nanismo imprenditoriale. In Italia sono pochi gli imprenditori che sfuggono a questa logica e che hanno l'ambizione di creare gruppi produttivi di dimensione mondiale. Per quanto riguarda la politica poi, è meglio lasciar perdere. Per cui tra una cordata pubblica che magari serve a dare qualche poltrona a uno dei “responsabili” e un vero gruppo imprenditoriale estero, mille volte meglio quest’ultimo.

saluti
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