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Cosa succede senza il nucleare.

Dall'innovazione tecnologica alla ricerca, vogliamo trattare in particolar modo i temi legati all'ambiente ed alla energia, non solo pero' con uno sguardo puramente tecnico ma anche con quello politico, piu' ampio, di respiro strategico

Cosa succede senza il nucleare.

Messaggioda ranvit il 16/03/2011, 13:11

http://www.repubblica.it/politica/2011/ ... ref=HREA-1

NUCLEARE
Dal veneto Zaia al siciliano Lombardo governatori del Pdl contro l'atomo
Dopo l'incidente in Giappone anche nel Pdl avanza il fronte del no ai nuovi impianti. Anche chi spalleggiava le decisioni dell'esecutivo ora fa retromarcia
di FRANCESCO MIMMO

ROMA - Nucleare mai, tantomeno in casa nostra. Il fronte dei governatori anti centrali atomiche si è rinsaldato dopo la tragedia del Giappone. E anche chi sembrava spalleggiare la decisione del governo di riattaccare la spina al nucleare in Italia, ora fa retromarcia. Dalle Regioni è arrivato ieri un altro "no". Un coro in cui spicca solo qualche voce isolata (Lombardia, Campania), ma con toni più bassi di qualche settimana fa. Il governo ha varato l'anno scorso un decreto che fissava i criteri di localizzazione delle centrali e dei depositi delle scorie, con l'obiettivo di far partire i lavori del primo impianto entro il 2013. Dove? C'è una lista di possibili siti, ma senza il via libera degli enti locali è difficile, forse impossibile (i primi ricorsi sono scattati subito), avviare qualsiasi progetto. Sul decreto c'è un parere negativo espresso da tutti tranne che da Lombardia, Piemonte, Campania e Veneto che però avevano legato il loro sì al nucleare a una serie di emendamenti. Ma ieri, anche nel fronte del possibilisti, sono emerse le prime crepe.

Il governatore del Veneto, il leghista Luca Zaia ha precisato: "Fino a quando ci sarò io è e sarà sempre no all'ipotesi di ospitare una centrale nucleare, il Veneto non ha le caratteristiche necessarie". La Lombardia tiene il punto: "Siamo autosufficienti nella produzione di energia e di questo bisognerà tenere conto quando si penserà alle nuove localizzazioni - ha detto il governatore Roberto Formigoni - ma bisogna notare anche che le centrali del Giappone sono obsolete. Senza dimenticare che il Giappone è terra altissimamente sismica". Secondo il governatore lombardo, in Italia, invece, "parliamo di centrali di nuovissima generazione e, inoltre siamo un Paese sismico, ma migliaia di volte meno del Giappone". Eppure il rischio terremoti c'è anche in Italia e il governatore della Campania, Stefano Caldoro (Pdl) lo ricorda: "Proprio oggi (ieri, ndr) c'è stata una scossa del terzo grado nel beneventano - ha detto - ma c'è un gap energetico da colmare e non bisogna fare scelte ideologiche". E se arrivasse una centrale in Campania? Secondo le indiscrezioni nella lista dei possibili siti c'è n'è anche uno sul Garigliano. "Le condizioni morfologiche della Campania non lo consentono - aggiunge Caldoro - decideranno gli esperti, ma non mi risulta che il governo pensi a una centrale da noi". Una posizione simile era stata espressa (ma prima del Giappone) dal governatore del Piemonte, il leghista Cota: "Dire no al nucleare sarebbe ipocrita con le centrali francesi al confine, ma in Piemonte non ci sono le caratteristiche adatte per un nuovo impianto".

Dagli altri un netto stop. "Continuiamo ad essere contrari al nucleare tanto più oggi, non è sicuro e non risolve i problemi energetici", ha detto Vasco Errani, presidente dell'Emilia Romagna e della Conferenza delle Regioni. "Dobbiamo imparare dalla tragedia giapponese", aggiunge il governatore della Puglia, Nichi Vendola. Tra i possibili siti per una centrale atomica c'è anche Montalto di Castro (forse proprio tra i primi a poter essere preso in considerazione), al confine tra Lazio e Toscana. Il governatore della Toscana, Enrico Rossi, è da sempre contrario. Ma è no anche dal Lazio: "Non c'è bisogno di nuove centrali", dice Renata Polverini. Il presidente della Basilicata Vito De Filippo spiega le ragioni del no: "Il nucleare è come un'auto senza freni. I costi, anche per la gestione delle scorie, sono alti e ci sono rischi per la sicurezza". Il siciliano Lombardo è esplicito: "Il governo eviti di farci fare manifestazioni contro lo sbarco del nucleare in Sicilia".
(16 marzo 2011)
Ultima modifica di ranvit il 16/03/2011, 13:16, modificato 1 volta in totale.
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Re: NUCLEARE-Governatori contro l

Messaggioda ranvit il 16/03/2011, 13:15

http://www.repubblica.it/ambiente/2011/ ... ref=HREA-1

ENERGIA
Cosa succede senza il nucleare
Nel 2030 sole e vento produrranno elettricità pari a quella fornita dall'atomo, ma i costi degli impianti non saranno a buon mercato
di MAURIZIO RICCI

E adesso? Se il dopo Fukushima, come dopo Cernobyl, inaugurasse una seconda era postnucleare, il mondo sarebbe destinato ad una paralisi, per giunta buia, fredda e intossicata da petrolio e carbone? In realtà, anche se molti sostengono che l'atomo sia una scelta conveniente, nessuno ha mai detto che si tratta di una strada obbligata. La quota del nucleare nell'offerta di energia mondiale è relativamente contenuta. Oggi è al 16 per cento. In Italia, se l'Enel realizzasse le quattro centrali che ha in programma, passeremmo da zero al 12-13 per cento. Ma, nel mondo, concordava la maggior parte delle previsioni, prima di Fukushima, la quota dell'atomo doveva rimanere più o meno quel 16 per cento, a meno di una drastica svolta nella lotta all'effetto serra. E, allora, il "rinascimento nucleare" di cui si parla, ormai, da tempo?

In larga misura, consiste, più che nell'allargamento del numero complessivo delle centrali, nella sostituzione dei vecchi impianti, costruiti negli anni '60 e '70. La storia dell'energia dei prossimi anni, dicono anche le compagnie petrolifere, sarà il boom delle fonti rinnovabili. Ormai, pannelli e turbine non sono più giocattoli, ma costituiscono mega impianti, in grado di rivaleggiare, per elettricità fornita, con le centrali tradizionali. Un gigante del petrolio, come la Bp, prevede che, nel 2030, la quota delle rinnovabili, nell'offerta di energia, sarà pari a quella del nucleare.

Tuttavia, quel sesto di energia mondiale, oggi fornito dall'atomo, è una massa cospicua e rimpiazzarlo non sembrerebbe semplice. Invece, negli ultimi mesi, si sono accumulati studi e rapporti che indicano l'obiettivo di un'energia, tutta (o quasi) rinnovabile, escludendo anche il nucleare, come perfettamente possibile, senza intaccare il nostro tenore di vita. Lo dicono ambientalisti come Wwf e Greenpeace, ma anche seri e autorevoli istituti come McKinsey, una delle più grandi società di consulenza del mondo. Il difetto di questi rapporti è che pongono l'obiettivo al 2050, un po' in là, rispetto ai problemi di oggi. Il problema, tuttavia, non è tecnico. Anche se salti tecnologici (come l'introduzione delle pellicole, al posto dei costosi pannelli fotovoltaici o di specchi piatti, anziché concavi, nelle centrali termosolari) darebbero un'ulteriore spinta alle energie alternative, quei rapporti fanno i loro conti sulla base della tecnica attuale. Le scelte decisive sono, soprattutto, politiche e, dunque, potrebbero essere accelerate. Del resto, anche per avere l'elettricità nucleare, in Italia, dovremmo aspettare il 2025-2030.

Di quali rinnovabili stiamo parlando? Gli esperimenti in corso sono molteplici: onde, maree, correnti, calore della terra, salinità del mare. Di fatto, le tecnologie consolidate sono tre: il solare (nelle due forme dei pannelli fotovoltaici e delle centrali a concentrazione, che producono vapore con il calore del sole) e l'eolico. Tutt'e tre devono il loro sviluppo agli incentivi pubblici. Ma anche il nucleare (sotto la forma di garanzie sui prestiti o di prezzi garantiti) e, in molti paesi, gli stessi combustibili fossili godono di agevolazioni a vario titolo: le polemiche fra i due schieramenti sui rispettivi aiuti pubblici raggiungono periodicamente punte al calor bianco.

In ogni caso, una gigantesca conversione da gas, carbone, petrolio e nucleare a sole e vento sarebbe tutt'altro che gratis. L'Energy Report del Wwf calcola una spesa di mille miliardi di euro l'anno. Sembrano, in realtà, di più di quanti, in effetti, siano. Una buona parte di quei soldi dovrebbe andare a migliorare l'efficienza nell'uso dell'energia. In particolare, a realizzare l'isolamento termico degli edifici che, probabilmente, andrebbe fatto comunque. E il grosso del resto a costruire centrali, che andrebbero, anch'esse, costruite comunque, tradizionali o meno. Gran parte del parco impianti, almeno in Occidente, è infatti costituito dalle centrali, a carbone o nucleari, costruite nei primi decenni del dopoguerra, che stanno raggiungendo la fine della vita attiva. Da questo punto di vista, le decisioni che verranno prese, nei prossimi tre-cinque anni, sul tipo di centrali da costruire (tradizionali, nucleari, alternative) saranno determinanti nello stabilire il futuro dell'energia mondiale.

Nel dibattito, sarà determinante il problema dei costi. La gigantesca distesa di turbine a vento, che il governo di Londra conta di installare al largo delle coste inglesi, ha un costo più o meno pari a quello di centrali nucleari di pari potenza. Il motivo non è che le turbine costano quanto i reattori. Ma che una centrale atomica produce energia 24 ore su 24, sette giorni su sette, mentre una centrale eolica ne fornisce, mediamente, per un terzo del tempo possibile: dipende dal vento che c'è. La volatilità delle forniture è, oggi, il maggior ostacolo allo sviluppo delle energie alternative. Le compagnie elettriche hanno difficoltà ad aprire le proprie reti ad una quota superiore al 20-30 per cento di rinnovabili, perché non sono sicure di avere quell'energia, se ne avessero bisogno. Il tasso di incertezza si sta, in realtà, riducendo. Oggi, le previsioni meteo consentono di accertare, con 18-36 ore di anticipo, la situazione del sole e del vento. Gli sviluppi tecnici, nel caso delle centrali solari a concentrazione, permettono, inoltre, di immagazzinare energia sempre più a lungo, anche dopo il calar del sole. Ma, fino a che non ci saranno batterie da caricare, quando, di vento o di sole, ce n'è troppo e da svuotare, quando ce n'è troppo poco, le fonti alternative sembrerebbero destinate ad aggiungere la propria elettricità alle fonti tradizionali, piuttosto che a sostituirle.

A meno, come nei rapporti circolati in questi mesi, di pensare in grande. In fondo, se non c'è vento o sole qui, c'è, probabilmente, due baie più in là. Oppure, in Africa o in Scandinavia. Desertec è un gigantesco progetto che prevede di mettere insieme l'elettricità prodotta da centrali solari in Africa ed eoliche nel Nord Europa e distribuirla, poi, in tutto il continente. E' l'idea della Superrete, un pool europeo di energia, in cui scambiare le forniture delle diverse energie alternative. Ma si può pensare anche più in piccolo, a condizione di accettare qualche compromesso. Lo hanno fatto ambientalisti pragmatici, come quelli di Worldwatch. Secondo il suo presidente, Christopher Flavin, il vero ponte ad un futuro dell'energia, tutto fonti alternative, è un combustibile fossile: il metano.

Il gas, al contrario del nucleare, produce anidride carbonica - e, dunque, effetto serra - anche se in misura inferiore a carbone e petrolio. Negli ultimi anni, una serie di modifiche alle tecniche di estrazione lo hanno reso, a sorpresa, economico ed abbondante. Flavin sottolinea che una centrale a gas costa circa un decimo di un equivalente impianto nucleare. Può essere di dimensioni ridotte. Soprattutto, al contrario di una centrale atomica, che deve essere permanentemente in funzione, possibilmente al massimo della capacità, può essere facilmente spenta, accesa, o marciare a basso regime. Il complemento perfetto, secondo Flavin, per una centrale eolica o solare, a cui subentrerebbe, fornendo energia, nei momenti di caduta di produzione.

Niente di tutto questo, giurano gli autori dei rapporti sul futuro all'insegna delle fonti alternative, inciderà sul nostro tenore di vita. Del resto, già oggi, se ristrutturate casa, dovete montare finestre isolanti. E, con la tariffa bioraria, vi conviene metter su la lavatrice di sera o nel week end, quando la domanda di elettricità è più bassa. Meno i rapporti sono disposti a giurare sull'entità delle bollette. Ma, con o senza il nucleare, è difficile non pensare che le bollette, comunque, saliranno: l'era dell'energia a basso costo, per il futuro prevedibile, è esaurita.
(16 marzo 2011)
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Re: Cosa succede senza il nucleare.

Messaggioda trilogy il 16/03/2011, 13:34

Il problema c'è, ma se non si affronta mai, gli Stati,le industrie e la Ricerca Scientifica e Tecnologica non investono in modo adeguato e la soluzione non si profila. Desertec è una inziativa interessante.

Desertec è un progetto di una rete di centrali elettriche e infrastrutture per la trasmissione di energia elettrica a lunga distanza finalizzate alla distribuzione in Europa di energia prodotta da fonti rinnovabili (in particolare energia solare dai deserti del Sahara e del Medio Oriente tramite la tecnologia del solare termodinamico ed energia eolica prodotta sulle coste atlantiche), proposto dalla Desertec Foundation.

Il progetto verrà portato avanti dal consorzio DII GmbH/Desertec Industrial Initiative (composto da un gruppo di imprese europee e dalla Fondazione Desertec. Desertec è nato sotto gli auspici del Club di Roma e della tedesca Trans-Mediterranean Renewable Energy Cooperation (TREC)).

Fonte: http://it.wikipedia.org/wiki/Desertec

Desertec, la rete elettrica italiana per trasportare l'energia dal deserto africano
Come noto il progetto Desertec ha come obiettivo la produzione e la trasmissione di energia solare ed eolica nelle aeree del Medio Oriente e del Nordafrica (MENA), sia per soddisfare il fabbisogno locale sia per essere in parte destinata alla rete europea.
E' questo un ulteriore segnale di concreto interesse da parte dell'industria europea ad un progetto che vedrà le aziende del gruppo Angelantoni di Massa Martana, soprattutto con la controllata Archimede Solar Energy, realizzare un componente fondamentale degli impianti solari termodinamici a concentrazione.

''Siamo molto soddisfatti di far parte del progetto Desertec - ha dichiarato l'amministratore delegato di Terna, Flavio Cattaneo - I fondamenti e gli obiettivi dell'iniziativa sono condivisi e supportati ampiamente da Terna che ha sempre guardato con interesse all'apertura di nuovi mercati tramite lo sviluppo delle interconnessioni elettriche e il trasferimento di know how tra l'Europa e la riva sud del Mediterraneo per un'efficace cooperazione allo sviluppo tecnologico nell'area''.
Soddisfatto anche Paul van Son, a.d. di Dii: ''Diamo il benvenuto a Terna nel nostro network internazionale. Oltre a creare le condizioni per la produzione di energia elettrica nelle regioni desertiche, la trasmissione di elettricita' dal Nordafrica verso i mercati europei rappresenta un ulteriore importante elemento per il Desertec. L'Italia e' un paese chiave per noi grazie alla posizione geografica ed alla sua vicinanza con la Tunisia.
Inoltre, considerata la vasta esperienza come operatore nazionale della rete elettrica, Terna puo' apportare alla nostra joint venture un contributo di conoscenza notevole sull'integrazione dell'energia rinnovabile nelle reti elettriche''

Enel favorita in Marocco per il termodinamico. Desertec si avvicina
Enel Green Power è entrata nella “short list” delle papabili aziende che costruiranno una centrale solare termodinamica in Marocco. Si tratta di un primo stralcio di un progetto per 500 MW di potenza totale installata nel 2015. Il Marocco, in realtà, vuole fare anche di più: entro il 2020 mira a raggiungere i due GW.
I grandi gruppi dell’energia si sono fiondati sull’affare: sono state 19 le società che hanno partecipato alla prima fase di selezione che, in breve tempo, ha portato ad una lista di soli quattro gruppi in gara per realizzare gli impianti solari: un consorzio guidato da Enel Green Power con la spagnola Asc, un altro che vede dentro Mitsui, Abeinsa, Abengoa Solar e Abu Dhabi National Energy, un terzo gruppo formato da Orascom, Solar Millenium e Evonik Steag e, infine, International Company for Water & Power.

Il colossale progetto Desertec, che il ministro marocchino per l’Energia Amina Benkhadra, ha definito “ardito, ma realistico”, fa passi avanti. La tecnologia che verrà utilizzata sarà sostanzialmente gemella di quella utilizzata nel progetto Archimede sperimentato (ma mai portato realmente a termine) a Siracusa da Enel: grandi specchi che concentrano il calore su un tubo all’interno del quale scorrono sali fusi.

Con il calore catturato dai sali si produce il vapore che viene poi inviato ad una classica centrale termoelettrica a ciclo combinato.
fonte: http://www.desertecitaly.altervista.org/

Il sito della Desertec Foundation
http://www.desertec.org/
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Re: Cosa succede senza il nucleare.

Messaggioda ranvit il 16/03/2011, 14:02

Naturalmente va considerato anche che la fonte sarebbe in Africa...
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Re: Cosa succede senza il nucleare.

Messaggioda trilogy il 16/03/2011, 14:09

ranvit ha scritto:Naturalmente va considerato anche che la fonte sarebbe in Africa...


Certo, sarebbe in Africa, e sul piatto della bilancia bisogna mettere l'aspetto diversificazione geografica delle fonti.

Dall'altro bisogna considerare che l'Europa andrebbe a fare investimenti importanti nell'area, creando occupazione in loco per la costruzione, gestione degli impianti. Questo darebbe un contributo reale allo sviluppo economico del continente africano e di conseguenza anche al contenimento dei flussi migratori.
ciao
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Re: Cosa succede senza il nucleare.

Messaggioda ranvit il 16/03/2011, 16:46

Certo, ma il giorno in cui "gli indigeni" ci tagliassero la fornitura?
E' come per il petrolio o il gas metano. Oggi per esempio con il probabile ritorno al potere di Gheddafi ce li possiamo dimenticare.

Mi rendo conto che una ampia diversificazione di fonti ridurrebbe il problema.
Ma forse sarebbe bene investire principalmente in altre direzioni.

Vittorio
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Re: Cosa succede senza il nucleare.

Messaggioda pianogrande il 16/03/2011, 16:55

Dài!
Un po' di ottimismo.
Se si arrivasse, davvero, a stoccare e trasportare con più facilità e, quindi, a rendere disponibile, l'idrogeno per i trasporti, in alternativa ai combustibili fossili, questo progetto sarebbe, lui sì, epocale.
Si tratterebbe di usare questa energia anche per produrre idrogeno dall'acqua.
Questo in concorrenza con un ricarico di batterie di auto elettriche che risulta, tuttora, abbastanza macchinoso.
Fotti il sistema. Studia.
pianogrande
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Re: Cosa succede senza il nucleare.

Messaggioda ranvit il 16/03/2011, 20:09

pianogrande ha scritto:Dài!
Un po' di ottimismo.
Se si arrivasse, davvero, a stoccare e trasportare con più facilità e, quindi, a rendere disponibile, l'idrogeno per i trasporti, in alternativa ai combustibili fossili, questo progetto sarebbe, lui sì, epocale.
Si tratterebbe di usare questa energia anche per produrre idrogeno dall'acqua.
Questo in concorrenza con un ricarico di batterie di auto elettriche che risulta, tuttora, abbastanza macchinoso.


Scusa pianogrande ma, al di là dell'ottimismo o meno (che nelle relazioni tra Stati sui lunghi periodi sarebbe imperdonabile superficialità), dove hai letto che si produrrebbe idrogeno? Io ho capito che si produrrebbe energia elettrica.
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Re: Cosa succede senza il nucleare.

Messaggioda Robyn il 16/03/2011, 21:23

Per costruire una centrale nucleare ci vuole troppo tempo e l'economia del paese non può aspettare 25 anni,per cui bisogna continuare ad investire sul solare e sul fotovoltaico.Non è detto poi che l'energia costi meno all'utente.Bisogna invece investire di più sulla ricerca per l'idrogeno ed altre fonti come l'energia idrotermica(serre).Esiste la possibilità di sfruttare l'energia del vento creato nelle gallerie o nel movimento dei mezzi come vetture e treni.L'eolico o si fà a pale trasparenti con l'accorgimento che non ci sbattano i volati o non si fanno per niente,perchè deturpano il paesaggio.Le centrali nucleari di terza generazione,come il dramma giapponese insegna,non possono essere costruite sulle zone sismiche come il Friuli e il centro-sud dell'Italia che risultano essere insieme al Giappone e alla California le aree più sismiche del mondo.Esiste sempre il problema che le centrali nucleari hanno bisogno di una costante manutenzione,perchè soggette ad invecchiamento.In ultima esiste il problema delle scorie nucleari e possibili attacchi terroristici ciao robyn
Locke la democrazia è fatta di molte persone
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Re: Cosa succede senza il nucleare.

Messaggioda pianogrande il 17/03/2011, 1:01

ranvit ha scritto:
pianogrande ha scritto:Dài!
Un po' di ottimismo.
Se si arrivasse, davvero, a stoccare e trasportare con più facilità e, quindi, a rendere disponibile, l'idrogeno per i trasporti, in alternativa ai combustibili fossili, questo progetto sarebbe, lui sì, epocale.
Si tratterebbe di usare questa energia anche per produrre idrogeno dall'acqua.
Questo in concorrenza con un ricarico di batterie di auto elettriche che risulta, tuttora, abbastanza macchinoso.


Scusa pianogrande ma, al di là dell'ottimismo o meno (che nelle relazioni tra Stati sui lunghi periodi sarebbe imperdonabile superficialità), dove hai letto che si produrrebbe idrogeno? Io ho capito che si produrrebbe energia elettrica.


D'accordo.
La mia era una integrazione.
Con una parte di quella energia elettrica, se così abbondante e per diversificare e per linearizzare le punte, si potrebbe produrre idrogeno dall'acqua.
Sempre se lo staccaggio ed il trasporto di questo idrogeno fosse semplificato, come sembra, da nuove tecnologie.

Insomma.
Lo scenario potrebbe cominciare a cambiare.
Fotti il sistema. Studia.
pianogrande
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