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Nel Pd non c'è il leader

Il futuro del PD si sviluppa se non nega le sue radici.

Re: Nel Pd non c'è il leader

Messaggioda matthelm il 05/02/2011, 13:11

Quell'uomo si può trovare nel Pd. Perché no?
Ma il leader chi si cerca non deve essere uguale e contrario a Berlusconi. Ci mancherebbe, di populisti non ne abbiamo bisogno.
Prodi era un ottimo leader, che ha vinto. Ma un politico non molto esperto.
"L'uomo politico pensa alle prossime elezioni. Lo statista alle prossime generazioni".
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Re: Nel Pd non c'è il leader

Messaggioda pierodm il 05/02/2011, 13:38

Cardif - Però ho il timore che non sia maggioritaria oggi, nemmeno come tendenza. Nell'attesa che la società recuperi valori più decenti di quelli correnti

No, certo che non è una tendenza maggioritaria.
Non lo è oggi, e probabilmente non lo è mai stata - anche se lo spettacolo di questa fase post-moderna è particolarmente osceno, e giustamente ci appare mostruoso in rapporto allo sviluppo economico e tecnologico, oltre che al livello teorico della scolarizzazione e dell'informazione.
Quello che si tende a dimenticare è che in Italia è mancata non soltanto una fase adeguatamente lunga di stato forte e centrale, ma anche l'esistenza di una "classe dirigente" che avesse il ruolo di guida e di esempio, sia pure elitario.
In Italia cioè non c'è stata elite, ma solo una classe privilegiata e sostanzialmente parassitaria: la critica liberale direbbe che non c'è stata una borghesia intellettualmente e politicamente degna del proprio ruolo. Quella marxista - con Gramsci - dice la stessa cosa, con qualche accento peggiore.
La democrazia non s'improvvisa, così come non si "importa" sulla punta delle baionette o sulle ali dei bombardieri: la democrazia è imperfetta e spesso fragile, ma è comunque il prodotto di secoli di storia, di una lunga e sofferta maturazione.
Non è il caso di stare qui a ripetere per l'ennesima volta cose già dette, e risapute (almeno in teoria) da tutti circa la nostra storia: basta ricordare che fino a un secolo fa mezza Italia applaudiva ancora i Borboni, l'altra mezza era governata dal Papa Re che giustiziava i liberali in piazza del Popolo, e fino a cinquant'anni fa sia l'una che l'altra Italia vestivano in camicia nera e facevano il saluto romano: l'Italia che ci piace rappresentare, l'Italia risorgimentale, mazziniana, garibaldina, e poi quella della Resistenza, è stata sempre minoritaria. Fortemente minoritaria: un poco liberale, un poco cattolica democratica, un poco di più socialista e nel dopoguerra comunista, ma questo è quanto.
Tutto il resto è sudditanza e sopravvivenza borbonica e qualunquista.

Quindi è inutile che aspettiamo che la società "recuperi" valori: questi valori, sul piano civile e politico, di massa, sono ancora tutti da inventare.
Aspettare che questo provenga da un leader miracoloso è una patetica fantasia, che si basa sul presupposto che un "re taumaturgo" discenda a sanare i mali del mondo, o almeno quelli più limitati del centro-sinistra.
Nel PD non c'è il leader perché non ci sono idee - o ce ne sono troppe e ciascuna troppo debole e incerta.
Se ci fossero le idee, però, probabilmente non si sentirebbe la necessità di un leader taumaturgico, o comunque questo leader non avrebbe l'alone mitologico del messia, ma sarebbe niente di più che un buon segretario, un buon dirigente, come tanti altri ce ne sono stati.
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Re: Nel Pd non c'è il leader

Messaggioda cardif il 05/02/2011, 19:15

Piero: tutto quello che hai scritto va bene. Ma credo che, in buona sostanza, vada bene anche che per ora, in attesa del Messia se necessario, possa andare bene anche uno qualunque tra Bersani, Bindi, Franceschini, Marini, Soru o un altro ancora. Non considerata come persona, ma come portatrice di un programma abbastanza condiviso di centrosinistra; e se vuoi pure di valori. Sempre meglio di Berlusconi è. Però bisogna sostenere il centrosinistra e non volerlo per forza sfasciare tra centro e sinistra, altrimenti ripeto: ai voglia a governare Berlusconi.
Ma mo' mi so' capito bene?
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Re: Nel Pd non c'è il leader

Messaggioda pianogrande il 06/02/2011, 13:11

Ormai, qualsiasi cosa è "meglio di Berlusconi".
La sola fine di Berlusconi porterebbe un tale sommovimento positivo (sollievo, speranza etc.) che, da sola, sarebbe già un motore per un grosso miglioramento.
Come lo è stata la costituzione dopo il fascismo e la resistenza.
E' vero.
L'antifascismo è sempre stato minoritario (se fosse stato maggioritario,non ci sarebbe stato il fascismo).
Anche l'antiberlusconismo (per quanto ci si sbracci per calmarlo) è minoritario per definizione, finché regna Berlusconi.
La caduta di Berlusconi porterebbe un salutare ripensamento tra i suoi sostenitori che, anche se per puro opportunismo, si rivolgerebbero ad altro.
La caduta delle dittatura provocata da minoranze non è altro che la dimostrazione di quanto le maggioranze fossero veramente convinte o, semplicemente, interessate.
Nessuno difenderebbe Berlusconi una volta che questi avesse perso il suo potere.
Per questo il crollo dei dittatori è sempre una frana inarrestabile una volta che si sia innescato.
Fotti il sistema. Studia.
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Re: Nel Pd non c'è il leader

Messaggioda pierodm il 06/02/2011, 14:11

Ma credo che, in buona sostanza, vada bene anche che per ora, in attesa del Messia se necessario, possa andare bene anche uno qualunque tra Bersani, Bindi, Franceschini, Marini, Soru o un altro ancora. Non considerata come persona, ma come portatrice di un programma abbastanza condiviso di centrosinistra; e se vuoi pure di valori.

Cardif, sono assolutamente d'accordo con te.
Certo, bisognerebbe capire, o chiarire, bene il rapporto tra Bersani, Soru o chi per essi e la bse, l'ìelettorato, etc, ma questo è un altro discorso, probabilmente il più importante, ma che adesso, nell'immediato, possiamo accantonare.
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Re: Nel Pd non c'è il leader

Messaggioda flaviomob il 06/02/2011, 16:38

Il dovere di provarci

5 febbraio 2011 - 21:06 in News da Samuele Agostini Condividi40

Da quando ho avuto modo di conoscerlo, ho sempre pensato che Francesco Costa è uno dei “miei preferiti”, uno di quei pochi che, quando li leggi, pensi che abbiano scritto le cose che pensavi anche tu, però messe in ordine, pensate meglio.
Oggi non è così, e non mi lascerò sfuggire l’occasione di provare a convincerlo, come egli stesso chiede. E magari, con Francesco Costa, possiamo provare a convincere molti dei nostri dirigenti che sul tema delle alleanze mostrano una forte distonia con i militanti e la nostra gente.
Francesco, sul post, fa un ragionamento semplice: anche se le elezioni andranno bene, con tre poli, la maggioranza al Senato non l’avremo comunque, allora tanto vale fare subito la grande alleanza, così la sottoponiamo al consenso degli elettori, siamo più chiari.

Per me non è così. Ecco un po’ di perché:
1) E’ un errore politico, perché abbiamo il dovere di provarci. Abbiamo il dovere, di fronte al Paese, di fare un programma chiaro, un programma riformista, con i nostri alleati naturali, di avere un nostro candidato premier. Se e solo se non avremo la maggioranza sulla nostra proposta politica siamo legittimati a fare una grande alleanza, da Fini a Vendola (provo a spiegarlo meglio al punto 4).

2) E’ un errore tattico, perché con la grande alleanza mettiamo piombo nelle ali del centrosinistra, e piombo nelle ali del terzo polo. Molti elettori di centrodestra delusi da B., se costretti a scegliere tra stare ancora con un B. invecchiato male, o un Fini antiberlusconiano alleato di Vendola, sceglieranno a malincuore la prima opzione. E’ un errore tattico anche perché, oltre a favorire l’antipolitica e l’astensionismo, una grande alleanza indurrebbe in molti elettori di sinistra a votare l’Unionciona turandosi il naso e, tanto per far vedere che la sinistra c’è, scivolerebbero dal PD a SEL. Così, più di tutti, ci perderebbe proprio l’unico Partito serio e di governo che c’è oggi in Italia, che (nonostante tutto) è sicuramente il PD.

3) E’ sconveniente dal punto di vista numerico: allearsi prima vuol dire vanificare il premio di maggioranza alla Camera e (e in parte anche al Senato). Il risultato è che avremmo meno deputati e senatori che sostengono l’eventuale governo di grandi intese, e soprattutto che avremo meno parlamentari del centrosinistra; avremmo, comunque una destra molto forte in Parlamento e, un giorno dopo che B. si leva di mezzo, nessuno ci garantisce che i deputati del terzo polo, in parte eletti grazie al nostro premio di maggioranza, non tornebbero ad allearsi con un PDL post-B., ovvero con i loro alleati naturali.

4) Per me non ha senso dire che se vogliamo fare una grande alleanza, da Fini a Vendola, dobbiamo prima chiederlo agli elettori, perché una grande alleanza ha senso se e solo se siamo una condizione di emergenza democratica. L’emergenza democratica ci sarà se (e solo se) dopo le elezioni non avremo una maggioranza chiara e solo allora, secondo me, siamo legittimati a dire ai nostri elettori: riduciamo il programma, cambiamo le regole, sistemiamo un po’ i conti e tra un paio di anni vi diamo la possibilità di scegliere tra un centrosinistra riformista di governo, ed un centrodestra moderato e liberale di governo, anzichè tra una ammucchiatona e una destra populista-velinara.

5) Infine, se per quanto sopra fare l’unionciona pre-elettorale è già sbagliato alle condizioni di oggi, invito Francesco (e tutti noi) a valutare uno scenario possibile: B. è costretto a lasciare perché le condizioni politiche, giudiziare o di salute lo costringono a farsi da parte. A quel punto, la vittoria alle elezioni, con tre poli, ce la giochiamo noi e il “terzo polo”, e PDL e Lega sarebbero relegati in terza posizione, come sarebbe in ogni Paese normale. Vogliamo rischiare di regalar loro uno spazio politico immenso, di dar loro l’esclusiva dell’opposizione?

Insomma, credo che noi dobbiamo chiedere (e fare) più politica e meno tattica, più programmi e meno alleanze. E stavolta la buona politica è anche tatticamente conveniente. Dobbiamo sempre per forza scegliere l’opzione Tafazzi? Convinti?

Dal sito di Prossima Fermata Italia
http://www.prossimaitalia.it/news/721/i ... -provarci/

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sabato, febbraio 05, 2011
Rientrando dall'assemblea nazionale del Pd

Si segnala un Bersani più moderno e innovativo del solito, che parla bene e diffusamente di innovazione, ricerca, cultura, economia verde, fisco, addirittura di costi della politica, con toni simili, tra l'altro, all'approccio di Prossima Italia e ai temi da noi affrontati alla Leopolda, ormai tre mesi fa (i famosi non-contenuti che ci rimproveravano).

Una sola eccezione: i diritti civili. Il Pd non è nelle condizioni di discuterne e lo ha dimostrato per l'ennesima volta. Non è pronto né al testamento biologico (tra qualche ora ricorderemo Eluana Englaro), né alle unioni civili (a parte quella con Casini, l'unionedicentro che rende ancora più problematico parlare di certi temi). Ed è un problema non secondario, come qualcuno si ostina a volerlo presentare.

Per quanto riguarda lo schema politico, si prosegue con la grande alleanza costituzionale e con il Cln della «santa alleanza» (vavavuma). Si parla di elezioni imminenti. Si dichiara una disponibilità verso tutte le forze di opposizione, anche se poi si precisa che non inseguiremo quelli che vogliono riorganizzare il centrodestra (Casini e Fini, tipo?). D'Alema, il vero teorico dell'operazione, nel suo intervento, spiega che in questa strategia si può coniugare la prospettiva di movimento con quella di governo. I Modem sono connessi (anche se Fini a Fioroni continua a non piacere) e tutto sommato d'accordo. Sarà.

Come sapete sono molto scettico (eufemismo) nei confronti di questa impostazione, anche perché le cose belle e urgenti che ha detto Bersani si conciliano male e molto poco con un'alleanza di quel tipo (sarebbero, di fatto, tutte rinviate, le cose belle e urgenti, quando potrebbero rappresentare un bel manifesto per cambiare il Paese fin da ora).

Pensare, come dice qualcuno, che noi si possa sostenere cose molto avanzate nel Pd e non poterle però portare al governo del Paese, perché l'alleanza non le capirebbe, è pericolosissimo. Quasi esiziale.

Ai motivi di preoccupazione, ne aggiungo un altro. E se poi, per disgrazia, non si andasse a votare, quanto reggeremmo lo schema di cui si è detto? Non vorrei che finisse come con l'epopea del governo tecnico (che è stata tirata troppo in lungo e non ha dato alcun risultato): con B che va avanti, nonostante tutto e nonostante tutti si fossero organizzati con l'obiettivo precipuo di mandarlo a casa. A cominciare da quel Terzo polo che ormai si è capito avere qualche consistenza solo nel 'terzo' rappresentato da Casini (essendo Rutelli ai decimali e Fini alle frazioni).

Lo scopriremo solo vivendo.

P.S.: da ultimo, non ho capito che cosa si intenda fare per uscire dal pantano napoletano.

postato da civati, 20:49 | link | commenti (20)

Le quattro righe sono diventate sei

Il nostro ordine del giorno sulle primarie ha avuto il merito di avviare una riflessione all'interno dell'assemblea nazionale del Pd: finalmente si inizia a discutere di primarie per scegliere i parlamentari e si impegna il partito, nelle sedi competenti (come si suol dire), a valutare le modalità con cui estendere la partecipazione sulla selezione delle candidature e a stabilire le norme per regolamentare la partecipazione degli elettori e degli iscritti.

Grazie alla nostra iniziativa, dagli appelli, per la prima volta, siamo passati agli impegni. E a una votazione dell'assemblea nazionale del Pd.

Una lunga mediazione con il testo presentato in serata dai segretari regionali (un documento che parlava di partecipazione ampia ma non esplicitamente di primarie) ha dimostrato che nostra intenzione non è dividere il Pd su questo tema, ma fare in modo che in tutto il partito maturi la consapevolezza che le primarie per il Porcellum siano una delle poche vie di salvezza per il nostro partito e per la politica italiana.

Da domani raccoglieremo quanto è stato fatto in Friuli, in Emilia, financo nei singoli circoli (a Trastevere, ad esempio) e cercheremo di delineare un percorso credibile e affidabile, da offrire al Pd e ai suoi elettori.

dal blog di Pippo Civati
http://civati.splinder.com/


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Il Pd sente il fascino di Saviano

Messaggioda ranvit il 07/02/2011, 12:50

http://www.corriere.it/politica/11_febb ... 6ba6.shtml




LA PARALISI DELLA POLITICA
Il Pd sente il fascino di Saviano
«La società civile va sostenuta»
Elogi allo scrittore, torna la tentazione del «Papa straniero»



ROMA - C'era un tempo in cui D'Alema amava dire, parafrasando una frase attribuita erroneamente a Goebbels, ma in realtà di un altro leader nazista: «Quando sento parlare di società civile metto mano alla pistola». Scherzava, naturalmente... fino a un certo punto. Ora D'Alema, invece, dice: «Dobbiamo sostenere la mobilitazione della società civile». E sabato, alla Fiera di Roma, ha dichiarato: «C'è un ponte che lega questa assemblea a Milano». C'era un tempo in cui quando il partito faceva una manifestazione, una direzione o un congresso, l'Unità ci apriva la prima pagina. Ora invece l'Unità spara in prima pagina, con tanto di mega foto: «Il futuro comincia qui». Ovvero al Palasharp di Milano e non alla Fiera di Roma.
Che cosa sta accadendo al Partito democratico? I suoi dirigenti sembrano subire il fascino di Roberto Saviano, superstar del grande raduno anti-Berlusconi. È successo con le primarie di Napoli, per esempio.
Lo scrittore ha chiesto al Pd di annullarle per i brogli e il Pd gli ha dato retta. E ancora: alla manifestazione del partito dell'11 dicembre Pier Luigi Bersani ha citato dal palco la fortunata trasmissione del duo Fazio-Saviano. «Sogno un Pd - ha detto il segretario - che possa dire all'Italia: vieni via con me». Più indietro nel tempo: aprile 2010, Rosy Bindi ha aperto la Direzione ricordando il valore dello scrittore, che aveva appena subìto un attacco da parte di Berlusconi. Secondo un'altra scrittrice, Agatha Christie, tre indizi fanno una prova, ma a voler essere garantisti, questo non basta. Non sarà quindi Saviano il «Papa straniero», ma una certa propensione del Pds e Ds prima e del Pd dopo ad affidarsi a un esterno c'è senz'altro.

Il primo fu Ciampi. E c'era addirittura ancora il Pds. Occhetto disse che non gli sarebbe dispiaciuto come candidato premier, ma D'Alema lo bocciò. Anche Mario Segni per il Pds ha rappresentato un altro «Papa straniero», Occhetto però alla fine si convinse a non candidarlo. Quindi è stata la volta di Prodi. E poi negli anni ve ne sono stati diversi: Antonio Fazio, Alessandro Profumo, Luca Cordero di Montezemolo e tanti altri ancora. Quindi una battuta d'arresto, per poi riprendere la ricerca, lo scorso anno: «Ci vuole un candidato premier che venga dall'esterno, come fu Prodi», ha detto Veltroni nel settembre del 2010. E adesso, nel 2011, il Pd oscilla tra il corteggiamento di Saviano e quello di Casini.

Tenerli insieme è impresa improba, se non impossibile. Lo ha fatto chiaramente intendere il leader dell'Udc ieri mattina: «Attenti alle metodologie di contestazione a Berlusconi perché sono funzionali a lui, se si parte con la contrapposizione lui ci sguazza». Il riferimento al metodo Palasharp è più che evidente. Metodo che, invece, incanta Dario Franceschini, che l'altro ieri era a Milano in rappresentanza del partito, ad applaudire Saviano, accanto a Carlo De Benedetti. «Questa manifestazione, questo fiume di persone - è stato poi il suo commento all'Unità - ci dicono che c'è ancora voglia di reagire. Sono i primi segnali di un risveglio, bisogna andare avanti su questa strada». Ovviamente nel partito c'è chi la pensa in modo opposto. L'onorevole Giorgio Merlo, per esempio, che dice: «Antiberlusconismo, giustizialismo e moralismo non fanno parte della nostra identità politica». Distante da Franceschini anche Fioroni, che non ne può più «dell'attesa del "Papa straniero"». Ma tra un Saviano e un Casini potrebbe spuntare un terzo pontefice estero: l'uomo che dovrebbe mettere insieme lo scrittore e il leader dell'Udc, un tecnico di vaglia, sul cui nome si stanno esercitando in questi giorni le meningi dei dirigenti del Pd. C'è un solo «Papa straniero» che il Partito democratico proprio non vuole. Si tratta di Vendola, che proprio ieri ha ribadito in un'intervista al Manifesto la sua intenzione di scendere in pista.

Maria Teresa Meli
07 febbraio 2011
Il 60% degli italiani si è fatta infinocchiare votando contro il Referendum che pur tra errori vari proponeva un deciso rinnovamento del Paese...continueremo nella palude delle non decisioni, degli intrallazzi, etc etc.
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