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E sono centocinquanta. W l'unità d'Italia!

Discussioni e proposte, prospettive e strategie per il Paese

E sono centocinquanta. W l'unità d'Italia!

Messaggioda flaviomob il 11/01/2011, 9:33

E la bandiera dei tre colori è sempre stata la più bella

Eugenio Scalfari su la Repubblica

Un secolo e mezzo è trascorso da quando nel cortile di Palazzo Carignano a Torino il Parlamento subalpino proclamò la nascita dello Stato italiano. L´anniversario si presta ad alcune riflessioni, rese ancor più attuali e necessarie dopo il discorso di Giorgio Napolitano a Reggio Emilia, luogo storico del Risorgimento, perché fu lì che la bandiera tricolore sventolò per la prima volta, portatavi dall´armata napoleonica che aveva fondato la repubblica Cisalpina su un territorio strappato all´Austria e ai Savoia, più o meno corrispondente a quello che la Lega usa chiamare Padania.
Riflettere sulle condizioni dell´Italia dopo 150 anni di storia unitaria, dei quali 85 di monarchia e 65 di repubblica, si presta anche ad un consuntivo che riguarda al tempo stesso le condizioni economiche e politiche del paese e i suoi valori culturali e morali.

* * *
Il Risorgimento, quel tratto di storia patria che ebbe come prologo la repubblica napoletana del 1799, continuò con i moti carbonari del 1821, con la fondazione della Giovane Italia del '30, con i moti del '31, con le Cinque Giornate milanesi del '48 e poi con la prima guerra d´Indipendenza, la repubblica di Roma del '49, l´insurrezione di Venezia, la sconfitta di Novara, la guerra del '59 in alleanza con la Francia, la spedizione garibaldina del '60 e infine la proclamazione dello Stato unitario nel marzo del '61, fu un esempio della collaborazione degli uni con gli altri affinché qualcosa andasse a buon fine.
Le aspirazioni erano diverse, come è normale che sia. I Savoia e Cavour volevano un regno del nord Italia, i Lombardi volevano l´autonomia e l´indipendenza, Carlo Cattaneo voleva il federalismo dei municipi e gli Stati Uniti d´Italia basato su tre o quattro entità territoriali confederate, Mazzini voleva la Repubblica unitaria in una Europa democratica e pacifica, Garibaldi voleva la rivoluzione popolare, l´indipendenza e l´unità conquistate dal basso, la fratellanza e un´idea di socialismo, ma voleva soprattutto l´Italia unita, fosse pure sotto Vittorio Emanuele.
Cavour era probabilmente il solo ad avere una visione d´insieme e gli strumenti per guidare pragmaticamente quel movimento i cui molteplici fili passavano tutti tra le sue mani. Aveva una diplomazia, un esercito, denaro, spie e una passione. Usò spregiudicatamente Garibaldi, pose il problema italiano nel consesso europeo radunato a Plombiers, usò la contessa di Castiglione e Costantino Nigra per stipulare l´alleanza con Napoleone III, volle il matrimonio tra la figlia del re e Girolamo Bonaparte, mandò i bersaglieri in Crimea. Cercò perfino di utilizzare Mazzini e Cattaneo. Cercò di bloccare l´impresa dei Mille ritenendola prematura, ma quando le Camicie Rosse salparono da Quarto fece di tutto perché la squadra navale inglese ne favorisse l´arrivo a Marsala. Alla fine mise in marcia l´esercito verso il Sud e lo fece seguire dai plebisciti di annessione.
Certo, fu un´annessione cui seguì l´atroce guerra civile del brigantaggio e del borbonismo cattolico. Atroce da ambo le parti, con un solco sanguinoso che inquinò la raggiunta unità per molti anni, aggravato da un centralismo sul modello piemontese, dalle tasse e dalla leva militare. Dall´ostilità del Vaticano e del mondo cattolico e dall´assenza delle «plebi» contadine.
La questione meridionale fu posta all´attenzione del Paese pochi anni dopo, da Giustino Fortunato e poi da Nitti cui si affiancò la prima leva del meridionalismo con la grande inchiesta sul Mezzogiorno di Franchetti.
Era un punto di vista documentato, ma difficilmente avrebbe potuto trasformarsi in una questione nazionale: anche il Nord aveva necessità e urgenze di modernizzazione e le fece valere con una forza direttamente proporzionale alle industrie e alle banche che ne rappresentavano il tessuto produttivo e finanziario. I confini territoriali e la grande pianura solcata dal Po e dai suoi affluenti fecero il resto, un polo di attrazione che trasferì dal Sud al Nord risorse, talenti e maggior attenzione dei governi.
Sarebbe fazioso tacere che un movimento di capitali dal Nord al Sud vi fu: la rete dei trasporti, la rete dell´elettricità, capitali e lavori pubblici: lo Stato non lesinò, ma il grosso di quelle risorse fu intercettato dalle clientele meridionali, in gran parte latifondiste e agrarie. L´alleanza politica fu tra la classe dirigente settentrionale e le clientele del Sud. Le plebi - come allora le chiamavano - presero la via della grande emigrazione verso la Francia e verso le Americhe.
* * *
Io credo che il dibattito revisionista sul Risorgimento, che fu aperto a sinistra da Gramsci e dalla parte cattolica da Sturzo, sia stato utile e culturalmente fecondo. I continuatori furono liberali e radicali: Luigi Einaudi, De Viti De Marco, Maffeo Pantaleoni.
Non altrettanto fecondo è stato il revisionismo più recente, che si trasformò in una denigrazione sistematica del moto risorgimentale con una venatura abbastanza evidente anche se dissimulata di nordismo. Fece da apripista al leghismo becero che ormai è un potere in grado di condizionare l´intero assetto politico del paese.
Il leghismo dalle mani pulite rappresenta un fenomeno corruttivo molto profondo: tollera, anzi puntella il potere delle «cricche» con uno scambio politico ormai chiarissimo: fate i vostri comodi nel Centro, nel Sud, nelle istituzioni ma in contropartita riconoscete che il Nord è cosa nostra, il federalismo siamo noi a gestirlo e a farne le leggi e i decreti di attuazione.
Così un partito che vale il 12 per cento in termini nazionali ma il 30 per cento nella Padania, è diventato non solo il possessore della golden share nella politica nazionale, ma la forza che sta costruendo un federalismo secessionista con la complice benevolenza del berlusconismo, tanto più eminente quantitativamente e tanto più fragile come potere forte. C´è da discutere se la Lega sia costola del berlusconismo o viceversa. Propendo per il viceversa: il berlusconismo è nordista non meno della Lega, ma da Torino a Treviso, con la sola eccezione del potere aggregato di Formigoni, è Bossi che governa. Se continua così, Berlusconi diventerà il proconsole di Bossi nell´Italia centromeridionale. Le premesse ci sono tutte e Tremonti ne è consapevole e fa parte del gioco.
* * *
Dice Napolitano che, nonostante queste torsioni costituzionali che deformano il volto della democrazia, il moto risorgimentale sboccato nell´Unità ha di gran lunga migliorato le condizioni non solo del Nord ma anche del Sud. È certamente così in termini assoluti, ma non lo è in termini relativi e infatti è lo stesso Presidente a segnalare - da qualche tempo con accresciuto vigore - quelle criticità. In specie se riguardano i giovani. Se la media nazionale della disoccupazione giovanile segna un pauroso 30 per cento, nel Sud tocca il 40 con punte del 50. Un abisso, nel quale la gioventù meridionale rischia di scomparire diventando un esercito di disperati abbandonato a se stessi, senza futuro e senza presente. La coesione sociale è ormai una lastra di vetro che può infrangersi con conseguenze letali per tutto il Paese.
Proprio mentre si celebra l´unità d´Italia, la separazione tra le istituzioni e il popolo ha superato i livelli di guardia e non è un caso se la sola istituzione che raccoglie il massimo consenso sia proprio quella che ha sede al Quirinale: un´istituzione che però ha il solo potere della parola e della testimonianza, così come si era già visto quando toccò a Ciampi lo stesso compito.
Il Risorgimento può essere interpretato in molti modi, ma ce n´è uno che sottolinea la continuità ideale tra l´unità del paese e i valori culturali della modernità ed ha la sua icona nella bandiera dei tre colori. I tre colori e i tre principi: libertà eguaglianza fraternità.
La rinuncia a quei tre colori e a quei tre principi significherebbe la fine dell´unità perché su di essi si basa il patto costituzionale. Il federalismo agganciato a quei tre principi è un avanzamento; senza di essi ed anche senza uno solo di essi il federalismo disgrega il patto costituzionale, disgrega la convivenza, disgrega l´economia e la coesione sociale.
Facciamo voti perché ciò non avvenga, ma l´esito dipende da ciascuno di noi e dalla sua volontà di battersi affinché quei tre colori e i principi che rappresentano non siano cancellati dalla nostra storia.


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Re: E sono centocinquanta. W l'unità d'Italia!

Messaggioda pierodm il 11/01/2011, 12:18

Pci, quel «partitone rosso»
che ci aiutò a sentirci una nazione

di Bruno Gravagnuolo

Il Pci nella storia d’Italia. Qualcuno vorrebbe espellere il primo dalla seconda. E in primis la destra più dura che è andata al governo tre volte in questi venti anni. Poi la storiografia revisionista e neodefeliciana più intransigente, come nel caso del «terzista » Galli della Loggia che in materia di Pci non fa mostra di «terzietà»: una zavorra per l’Italia che bloccò la sua modernità. Punto.

E invece, proprio nell’anniversario del Congresso di Livorno (tra il 15 e il 21 gennaio 1921) arriva adesso una grande mostra a Roma, costellata di altre iniziative in corso d’anno, che intende rimettere a posto i fondamentali della memoria. Per registrare il peso e l’incidenza di una vicenda collettiva, esaurita ufficialmente il 4 febbraio 1991(con la nascita del Pds a Rimini) ma inseparabile dall’identità civile stessa del nostro stato-nazione, di cui sempre quest’anno si celebrano i 150 anni. …
...Vediamo alcuni dei concetti chiave che informano la mostra. Prima di tutto, visualmente per così dire, c’è l’intento di mettere in luce la capillarità di un radicamento dentro la società civile, a costruirla e orientarla. Facendo leva sul simbolico, sui media di allora, sul folklore, sulla cultura alta e bassa, e sulle istituzioni minute del quotidiano. Secondo l’indicazione gramsciana, volta a prefigurare già dentro la società civile la futura società autoregolata: non in chiave classista e chiusa, ma con un «blocco storico» di ceti progressivi attorno agli operai. Fu anche in virtù di ciò, oltre alle fondamentali innovazioni strategiche togliattiane, che il Pci «fece Italia», Costituzione democratica, cittadinanza. E pedagogia aperta all’internazionalizzazione della cultura (altro che zdanovismo in quell’Italia censoria e bacchettona!). E tuttavia la mostra non è autocelebrativa. Perché l’altro suo aspetto è la «dilemmaticità» del Pci partito «anfibio»: nazionale e transnazionale con riferimento all’Urss, fino e oltre il 1956. «Doppia lealtà», nella quale il Pci scavò, alla ricerca di una sua via, oltre la tenaglia dei blocchi contrapposti, e per schiudere un varco né leninista né socialdemocratico (con il torto di aver sottovalutato le possibilità dinamiche di quest’ultimo approdo). Come che sia, fu così che il Pci, scuola di massa per le classi subalterne, divenne l’erede del Risorgimento democratico. Come per altro verso la Dc. Ed è per questo che gli va reso onore, perchè senza quel Pci, oggi saremmo ancor meno una nazione.
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Re: E sono centocinquanta. W l'unità d'Italia!

Messaggioda pianogrande il 12/01/2011, 0:30

Per me, l'Italia unita ha cominciato a formarsi solo dopo la seconda guerra mondiale con la resistenza, la repubblica e la costituzione.
Prima di allora, era l'Italia della gestione dittatoriale, corrotta e sanguinaria dei Savoia.
Era l'Italia della guerra al cosiddetto brigantaggio, di Bava Beccaris (solo come esempio), del fascismo.
Una monarchia, quella dei Savoia, che ha sempre dato legnate in testa (e, purtroppo, anche fior di pallottole) al popolo.
Questo stile ha avuto la sua apoteosi con i disastri del fascismo e della seconda guerra mondiale ed un re imbelle che scappa vigliaccamente.
Non glie ne fregava gran che del popolo a quella gente.

La parentesi positiva si sta già chiudendo.

Oggi, la destra che, in passato, pretendeva il monopolio del sentimento nazionale, si è sottomessa a un movimento come la lega.

E' davvero unita l'Italia?
E' stata raggiunta questa unità?
A me non sembra.
Troppi interessi egoistici e personali ci governano.
Troppi localismi e razzismi volti al potere locale che vuole avere le mani libere rispetto al potere centrale ci governano.
Roma capitale è sempre più lontana dal resto del paese.
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Re: E sono centocinquanta. W l'unità d'Italia!

Messaggioda cardif il 12/01/2011, 1:36

pianogrande ha scritto:Per me, l'Italia unita ha cominciato a formarsi solo dopo la seconda guerra mondiale con la resistenza, la repubblica e la costituzione.

Nella sostanza, credo anch'io che sia così.
Ma: Italia?
La maggioranza che la governa comprende un partito che la vuol dividere.
Il maggior partito padronale (ma non è nemmeno un partito, non mi viena la parola giusta) oggi al governo le ruba il nome (almeno pare, salvo ravvedimento dell'ultimo secondo).
Il capo del governo è in prescrizione continuativa nei suoi processi.
La Capitale è in mano ad un ex fascista che consente l'assunzione in blocco di parenti ed ex fascisti; e che per vergogna (o che?) azzera la giunta capitolina.
Italia sì, ma povera Italia; sempre più a pezzi nell'unità e nelle istituzioni.
Speriamo che non ci metta i 500 anni della fenice a risorgere dalle ceneri.
Ma mo' mi so' capito bene?
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Re: E sono centocinquanta. W l'unità d'Italia!

Messaggioda Iafran il 12/01/2011, 4:13

Giordano Bruno Guerri (Il sangue del Sud, Antistoria del Risorgimento e del brigantaggio. Mondadori 2010) inizia le Conclusioni al suo libro riportando quanto segue:

Per duemila anni l’Italia ha portato in sé un’idea universale capace di riunire il mondo, non una qualunque idea astratta, non la speculazione di una mente di gabinetto, ma un’idea reale, organica, frutto della vita della nazione, frutto della vita del mondo: l’idea dell’unione di tutto il mondo, da principio quella romana antica, poi la papale. I popoli cresciuti e scomparsi in questi due millenni e mezzo in Italia comprendevano che erano i portatori di un’idea universale, e quando non lo comprendevano, lo sentivano e lo presentivano. La scienza, l'arte, tutto si rivestiva e penetrava di questo significato mondiale. Ammettiamo pure che questa idea mondiale, alla fine, si era logorata, stremata ed esaurita (ma è stato proprio così?) ma che cosa è venuto al suo posto, per che cosa possiamo congratularci con l’Italia, che cosa ha ottenuto di meglio dopo la diplomazia del conte di Cavour? E’ sorto un piccolo regno di second’ordine, che ha perduto qualsiasi pretesa di valore mondiale, (…) un regno soddisfatto della sua unità, che non significa letteralmente nulla, un’unità meccanica e non spirituale (cioè non l’unità mondiale di una volta) e per di più pieno di debiti non pagati e soprattutto soddisfatto del suo essere un regno di second’ordine. Ecco quel che ne è derivato, ecco la creazione del conte di Cavour!

Una pagina scritta da Dostoevskij, negli anni Settanta dell’Ottocento, sul suo "Diario di uno scrittore".
Noi tutti stiamo appurando l’ulteriore decadenza dell’idea di nazione subentrata a quella universale di “riunire il mondo” e purtroppo non è nemmeno da addebitare alle speculazioni di una mente di gabinetto politico. Queste sono "speculazioni" di menti degenerate dall’individualismo più esasperato, che privilegiano l’insolenza al confronto e alla discussione, lo sberleffo al rispetto, la meschinità alla dignità, la violenza alle conquiste civili, la menzogna e la forza alla giustizia.
Queste speculazioni l’Italia forse le ha sempre patito dalla sua “unità sabauda” (con massimi livelli durante il fascismo) ma le ha ridimensionate e vinte "dopo la seconda guerra mondiale con la resistenza, la repubblica e la Costituzione" (concordo con pianogrande).
Oggi, nonostante tutto, mi conforta il pensiero che qualsiasi "avventuriero politico" non potrà mai compromettere una conquista voluta dal popolo!
E gli italiani hanno pagato a caro prezzo la loro democrazia. Un monumento ai caduti su Monteisola (BS) riporta una scritta che esprime riconoscenza e forte impegno morale dei posteri:
"Per come sono morti, coloro che ci hanno lasciato,
non sono degli assenti, ma degli invisibili,
tengono i loro occhi pieni di gloria
fissi nei nostri pieni di lacrime".
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Re: E sono centocinquanta. W l'unità d'Italia!

Messaggioda pianogrande il 12/01/2011, 17:05

cardif.
Una Italia "a pezzi" come può definirsi unita?
L'untà d'Italia (due volte a dispetto della lega) la stanno realizzando le mafie.
La storia, più che ripetersi, si rovescia.
La conquista del "nord" da parte della ndrangheta è un contrappasso ormai innegabile (neanche l'incazzatissimo Maroni ha avuto più il coraggio di replicare).
Per il resto, ognuno cerca di fare per sé.
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Re: E sono centocinquanta. W l'unità d'Italia!

Messaggioda flaviomob il 12/01/2011, 18:34

Forse la cifra del nostro paese è proprio data dalle divisioni. La mancanza di coesione, un certo disinteresse pessimista della cosa pubblica, ma anche di ciò che riguarda la propria classe sociale, addirittura la propria categoria. Ad esempio, se tutti i lavoratori uniti si fermassero per difendere i propri diritti...? Invece la divisione... impera! Eppure sono convinto che questo paese abbia ancora una spina dorsale, si tratta di rimetterla in sesto.


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Re: E sono centocinquanta. W l'unità d'Italia!

Messaggioda Iafran il 13/01/2011, 0:06

flaviomob ha scritto:Eppure sono convinto che questo paese abbia ancora una spina dorsale, si tratta di rimetterla in sesto.

Senz'altro, intanto (la spina dorsale) teniamola ben salda e dritta, altrimenti saremo alla mercé dei "masnadieri" ... il loro sogno nel cassetto!
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Re: E sono centocinquanta. W l'unità d'Italia!

Messaggioda cardif il 13/01/2011, 1:43

Un concetto, non l'unico naturalmente, che ha lavorato contro l'unità, contro l'appartenenza ad un'unica nazione ed a favore della disgregazione è stata l'esternalizzazione dello Stato stesso (bruttissima parola per indicare l'affidamento all'esterno di servizi).
Quante volte e da quanti anni è stato ripetuto che lo Stato toglie troppi soldi con le tasse. Non è solo una valutazione di merito: toglie troppi soldi in rapporto ai servizi che offre. E' un indicare lo Stato come un ente esterno alla nostra società, straniero ed anche vessatorio. E' un residuo della realtà di decenni e secoli fa, quando l'Italia era dominata da stranieri; ma si doveva lavorare in direzione opposta per creare una cultura diversa, quella de 'lo Stato siamo noi'. Ed è un valore tra i primi da recuperare per uscire fuori dal berlusconismo che l'ha accantonato, secondo me. Evadere le tasse è diventato un 'fregare lo Stato vessatorio'; pagare lavori pubblici più del giusto è togliere soldi allo 'Stato straniero'.
Un altro è ancora più vecchio, ma molto incrementato negli ultimi anni, ed è l'assunzione della ricchezza personale come parametro di valutazione dell'individuo. Questo porta alla voglia di arricchimento anche con mezzi illeciti e a danno di altri; e porta alla disgregazione della società.
Non ha senso festeggiare l'unità d'Italia se poi non si fa niente per tenerla unita.
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Re: E sono centocinquanta. W l'unità d'Italia!

Messaggioda flaviomob il 18/02/2011, 15:38

Non ricordo più in quale thread, avevo espresso l'opinione che una nuova festività infrasettimanale danneggiasse l'economia italiana, riferendomi alla proposta di rendere festa nazionale il 17 marzo. Devo rettificare: intanto avevo capito male, credendo che la festività fosse istituita ogni anno (mentre è solo in occasione del 150°), poi un'amica mi ha fatto notare che quest'anno il 25 aprile corrisponde col lunedì dell'Angelo e il primo maggio è domenica. In effetti sembra proprio che sia l'anno giusto, anche da calendario, per inserire la festa dell'Unità d'Italia!!! :lol:


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