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Saviano

Discussioni e proposte, prospettive e strategie per il Paese

Re: Saviano

Messaggioda pianogrande il 23/11/2010, 19:48

Hanno detto le cose che la destra non è mai stata capace di dire, e nemmeno di pensare, che i "moderati" sanno solo copiare e solo quando gli conviene, e che la sinistra ha deciso che non si devono più dire - o più precisamente, che è meglio non dire perché non sono di moda, non servono a governare, non servono a fare alleanze.

Pierodm

I nostri politici hanno capito che con la verità e la sensibilità e l'attenzione alle cose reali "non si mangia".
Fotti il sistema. Studia.
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Re: Saviano

Messaggioda flaviomob il 23/11/2010, 23:52

http://www.giornalettismo.com/archives/ ... -con-me/2/

La mamma di Aldrovandi: “Ecco cosa avrei detto a Vieni via con me”


ELENCO DELLE OFFESE RICEVUTE PER IL SOLO FATTO CHE FEDERICO E’ MORTO PER MANO DI QUATTRO POLIZIOTTI

- 54 lesioni. Ciascuna di queste avrebbe dato luogo ad un processo (Giudice F.M.Caruso)

- 3 invocazioni di aiuto rivolte da Federico agli stessi poliziotti, prima dei rantoli mortali.

- “Federico è morto perchè drogato” : dichiarazione dell’allora questore Elio Graziano

- la pm che non si è degnata di andare sul posto e noi siamo stati avvisati solo dopo 5 ore

- il fatto che a me e mio marito è stato impedito con la menzogna di vedere il corpo di mio figlio abbandonato sul selciato a poca distanza da casa

- le parole “io so sempre dov’è mio figlio” pronunciate dalla prima pm per farci sentire in colpa dopo che il blog aveva scatenato la polemica e l’urgenza di chiarezza

- “calunniatori”, “sciacalli” sono le offese e le umiliazioni dichiarate da alcuni sindacati di polizia ai media su di noi e chi ci aiutava

- il rifiuto di riceverci da parte del vescovo di Ferrara

- l’indagine per calunnia subita dagli avvocati Fabio e Riccardo che si ribellavano alle dichiarazioni ufficiali rilasciate dai vertici di Procura e Questura

- le offese rivolte alla memoria di Federico dai difensori degli imputati durante il processo nell’impossibilità per lui di difendersi

- le offese rivolte alla memoria di Federico definito “povero disgraziato” dal procuratore Minna intervenuto nel processo bis a difesa della dott.ssa Guerra

- la querela della dott.ssa Guerra nei miei confronti, nonostante lei non sia andata sul posto, non abbia sequestrato i manganelli, le auto, non abbia raccolto testimonianze se non quella spontanea di Anne Marie Tsegueu e non abbia indagato i poliziotti che 6 mesi dopo, poco prima di lasciare il caso. Non ha avuto conseguenze disciplinari eppure ha querelato me e Lanuovaferrara che ha riportato la notizia della condanna in primo grado di suo figlio per spaccio di droga


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Re: Saviano

Messaggioda flaviomob il 24/11/2010, 23:55

Dato che Travaglio risulta amatissimo dagli iscritti al forum.... :mrgreen: ecco un altro editoriale dal Fatto Quotidiano:

Due Maroni

Siamo entrati in possesso della lista completa delle cose da fare per combattere le mafie, letta lunedì da un’autorità indiscussa in materia, il ministro Bobo Maroni a Vieni via con me, purtroppo tagliata in diretta per motivi di tempo.

Le mafie si combattono sequestrando ai mafiosi il frutto dei loro traffici illeciti. Grandi risultati grazie alle nuove norme del pacchetto sicurezza (infatti nella Finanziaria dello scorso anno abbiamo previsto l’asta dei beni confiscati, così i prestanome dei boss se li possono ricomprare).

La ‘ndrangheta è presente al Nord da almeno tre decenni, non è una novità (la mafia invece da quattro decenni: me l’ha spiegato Silvio che nel ’74 si prese in casa un boss travestito da stalliere e si trovò benissimo, meglio che con la polizia e i carabinieri).

Le mafie si combattono rendendo le istituzioni locali impermeabili alla lusinga degli arricchimenti facili. A questo proposito è stato affermato che la ‘ndrangheta al Nord interloquisce con la Lega. È un’affermazione ingiusta e offensiva per i tanti che come me da sempre contrastano ogni forma di illegalità (per contrastare meglio ogni forma di illegalità e testimoniare la vicinanza alle forze dell’ordine, nel 1996 malmenai alcuni poliziotti venuti a perquisire la sede della Lega e azzannai il polpaccio di uno di essi durante la caduta, guadagnandomi una condanna definitiva per oltraggio e resistenza a pubblico ufficiale; per questo ora faccio il ministro dell’Interno: per competenza gastronomica in fatto di polizia).

È soprattutto smentita quest’affermazione dalle recenti operazioni in Lombardia contro la ’ndrangheta, “Cerberus”, “Parco Sud”, “Crimine”, “Infinito” che hanno portato al coinvolgimento e perfino all’arresto di esponenti politici di altri partiti, ma non della Lega. Mi chiedo allora perché indicare proprio e solo la Lega (forse perché nell’ultima operazione, la “Crimine”, hanno fotografato il consigliere regionale leghista Angelo Ciocca pappa e ciccia con il boss Pino Neri?).

Le mafie si combattono dando la caccia ai superlatitanti. In questi due anni magistratura e forze dell’ordine, a cui va il mio plauso e il mio ringraziamento, hanno agito senza sosta e con indubitabili successi. Setola, Strangio, Pelle, Raccuglia, Iovine… (avevano provato a catturare anche il sottosegretario Cosentino, ma noi della Lega, a titolo di plauso e ringraziamento, abbiamo votato contro, così Cosentino può continuare a latitare comodamente a Montecitorio).

Questi sono solo alcuni dei 28 superboss presi e messi al carcere duro. Ne mancano solo 2: Zagaria e Messina Denaro (noi diciamo sempre così. Nel 2010, dopo l’arresto in Puglia del boss Franco Li Bergolis, dichiarai: “Un altro pericoloso latitante è stato assicurato alla giustizia. Adesso mancano solo 3 all’appello dei 30 più pericolosi”. Poi fu arrestato Gerlandino Messina e Berlusconi dichiarò: “Messina figurava tra i 30 più pericolosi latitanti, 28 dei quali risultano così assicurati alla giustizia”. Poi fu catturato Antonio Iovine, per cui i latitanti in manette avrebbero dovuto salire a 29 su 30. Invece, non chiedetemi perché, siamo di nuovo scesi a 28, infatti ho appena detto che ne mancano 2, Zagaria e Messina Denaro. E mi sono scordato Vito Badalamenti, che sta in cima alla lista dei latitanti storici dal 2006, quando fu preso Provenzano. E me ne sono pure dimenticati altri 8: Domenico Condello, Attilio Cubeddu, Marco Di Lauro, Giuseppe Giorgi, Giovanni Motisi, Sebastiano Pelle, Pasquale Scotti e Antonio Michele Varano. Cioè ne mancano ancora 9, ma sapete, sono un po’ debole in matematica e poi io qui dico quel cazzo che mi pare, tanto voi non potete controllare e nessuno mi può controbattere).

Il cerchio si stringe anche intorno a Zagaria e Messina Denaro (per sicurezza, li abbiamo affidati a Dell’Utri).

Il Fatto Quotidiano, 24 novembre 2010


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Fazio: "Italiani vogliono nuova tv, la Rai no"

Messaggioda franz il 29/11/2010, 8:57

IL CASO
Fazio: "Italiani vogliono nuova tv, la Rai no"
Oggi l'ultimo atto di "Vieni via con me"

di CURZIO MALTESE

L'ELENCO. Dieci milioni di spettatori, oltre il trenta per cento di share, cifre superiori al Grande Fratello per un programma fieramente antitelevisivo. I politici usati dalla tv e non viceversa. Un fronte di critiche trasversali, da Grillo a Libero, e un altrettanto trasversale successo di pubblico. La signora Welby che fa più ascolti del festival di Sanremo, gli sfollati dai campi rom più dell'Isola dei Famosi. Nel nome della più bella canzone di Paolo Conte si è compiuta una rivoluzione nel costume televisivo.

Fabio Fazio, allora un'altra tv è possibile e quindi un'altra Italia?
"Con la volontà rispondo sì, con la ragione no. Diciamo che un'altra tv è desiderata da milioni d'italiani. Ma la reazione dell'establishment politico-televisivo è stata tale da farmi pensare che sia troppo presto. La Rai non sopporta che la tv pubblica diventi strumento di un vero dibattito sociale, culturale. L'hanno permesso perché non se n'erano accorti, non se l'aspettavano. E nemmeno noi. Ma la prossima volta sarà impossibile".

Karl Kraus diceva: la satira che il potere riesce a capire, viene giustamente censurata. Vale anche per "Vieni via con me". Al principio erano soltanto preoccupati che parlaste di Berlusconi, e invece...
"Non l'abbiamo quasi mai nominato, tolta la prima puntata. Siamo il primo programma già nel dopo Berlusconi".

Nonostante questo, vi sono saltati addosso tutti. Perché?
"Abbiamo fatto una tv riformista e non c'è cosa che spaventi più del riformismo. La rissa a somma zero di altri talk show in fondo è del tutto innocua".

Era un programma non ideologico, Saviano e lei non lo siete, gli ospiti hanno raccontato storie. La signora Welby e il signor Englaro hanno raccontato tragedie di famiglia. Come si spiega che il cda Rai abbia chiesto di far replicare a un'esperienza di vita con un comizio ideologico di un movimento integralista cattolico?
"Accettare quella replica dei Pro Vita avrebbe significato ammettere che Mina Welby e Beppe Englaro avevano parlato in favore della morte. Non esiste direttiva Rai che possa impormi un'assurdità del genere".

Più che un programma, siete stati il fenomeno sociale di queste settimane, insieme alla lotta universitaria. Anche la vostra era una specie di "occupazione"?
"Il parallelo mi piace e mi è piaciuto che gli studenti abbiano adottato nelle lotte lo strumento dell'elenco. Sono segnali che sta accadendo qualcosa di profondo nella società italiana, che parte dai due luoghi principali di formazione dell'opinione pubblica, la scuola e la televisione. E riguarda i valori, l'identità".

Se dovesse citare due valori di questo cambiamento?
"Legalità e laicità. Sono le basi di partenza di ogni patto civile, i materiali con i quali si costruisce una comunità. In questi anni sono stati attaccati e derisi, hanno trasformato l'uno in giustizialismo e l'altro in laicismo. Eppure nell'opinione pubblica sono valori più importanti di quanto si pensi. Saviano è amato perché incarna il bisogno di legalità di un pezzo di Paese disgustato dalla corruzione, dal malaffare, dalla rassegnazione a convivere con le mafie".

Come si spiega che decine d'inchieste sulla 'ndrangheta al Nord non siano riuscite a smuovere un decimo di un racconto di Roberto Saviano?

"La narrazione è più libera dell'inchiesta. Roberto ha questo dono del divulgatore e poi è un trentenne, appartiene a un generazione non ideologica. Poi certo il programma ha avuto un effetto Sanremo. Dopo quegli ascolti, tutti dovevano intervenire. Ma se questo ha finalmente portato la discussione politica su temi concreti, come la 'ndrangheta in Lombardia, i diritti civili, l'integrazione degli immigrati, beh, vivaddio".

Avete intercettato il bisogno di una lingua diversa in tv. Niente talk show, niente conduttore domatore, tempi lenti, argomenti difficili. Chi si aspettava questo seguito?
"Siamo partiti per fare il 12 per cento. Il 15 sarebbe già stato un successo. È arrivato il 30. Perché non lo capisco neppure io. Dai dati ho capito soltanto che una grande fetta di pubblico è in realtà un non pubblico, gente che non accendeva mai il televisore. In termini politici abbiamo recuperato l'astensionismo di massa. Che evidentemente non era indifferenza, ma ribellione alla tv del pollaio, al finto dibattito dove uno dice una cosa, l'altro lo interrompe con il contrario e alla fine non s'è capito nulla, non è successo nulla. Con gli autori abbiamo pensato a una cerimonia. Una cosa certo poco televisiva, semmai teatrale. Fondata sul valore della parola nuda. Un format post o pre berlusconiano, và a sapere. L'unico precedente linguistico era Celentano, i suoi silenzi, la rottura del rito attraverso un altro rito".

Lei quando si è emozionato di più?
"Quando Gemmi Sufali ha letto le ragioni per cui le piace essere italiana. Era una delle bambine sbarcate a Bari dall'Albania con la nave Vlora nel '91. Vent'anni dopo quell'inferno c'è questa ragazza intelligente, carina, entusiasta di un Paese meraviglioso, il suo e nostro".

Elenco. Vuole ringraziare qualcuno?
"Roberto Saviano, gli autori, Benigni che ci ha permesso di rompere il ghiaccio alla grande. Il pubblico, naturalmente. Quelli che mi hanno insegnato il mestiere, da Guglielmi a Biagi a tanti altri".

Vuole ringraziare anche qualcuno che non dovrebbe?
"Ma certo. Il dottor Masi, che ha commentato: gli ascolti non sono tutto. L'editore che di sicuro da domani mi chiederà di mettere a frutto il successo per nuovi programmi. Buona, vero?".

Avete fatto saltare il banco, e ora? Che cosa farà dopo un'avventura come questa?
"Una lunga vacanza. Un viaggio. No, un programma comico".

(29 novembre 2010)
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Re: Saviano

Messaggioda flaviomob il 01/12/2010, 1:43

Oltre a Saviano, c'è un grande giornalista come Riccardo Orioles che combatte in prima linea da molti anni una battaglia difficile, pericolosa e quasi solitaria contro la mafia e ogni forma di criminalità organizzata. Da tempo immemore si oppone a Ciancio, potente editore siciliano 'amico degli amici...', ora arriva anche l'avviso di garanzia (notizia anche sul Fatto Quotidiano, trascurata dagli altri giornali).

www.ucuntu.org

Ucuntu n.96, 1 dicembre 2010
DOPO PIÙ DI VENT'ANNI FINALMENTE INDAGATO MARIO CIANCIO
"Concorso esterno in associazione mafiosa” è l'intestatazione del
fascicolo intestato dalla Procura
di Catania all'imprenditore Mario Ciancio. Da decenni al centro delle
inchieste dei pochi giornalisti liberi della città, l'editore catanese
- a lungo presidente degli editori italiani - era diventato uno degli
uomini più potenti non solo della Sicilia ma di tutto un sottobosco
italiano politico-imprenditoriale. Ai suoi piedi intellettuali e
politici, mafiosi e principi del foro: vent'anni di servilismo,
connivenza e omertà

Dopo più di vent'anni, finalmente alla Procura di Catania si
accorgono che esiste un Mario Ciancio. Lo indagano, a quanto pare, per
uno dei tanti centri commerciali; si parla di concorso per
associazione mafiosa, ma alcuni sembrano anche orientati (se non
cambieranno idea) a indagare sul terrificante episodio dell'editoriale
di Vincenzo Santapaola, pubblicato su La Sicilia sotto forma di
lettera al giornale.
Vent'anni di articoli sui Siciliani, sui Siciliani nuovi, su
Avvenimenti, sull'Isola Possibile, su Ucuntu e infine da qualche mese
anche su altri giornali son dunque infine serviti a qualcosa?
Riusciremo a vedere, nei prossimi vent'anni, non solo le prime
indagini ma anche un po' di giustizia?
Forse il clima politico, di si-salvi-chi-può e di sfacelo generale,
potrebbe aiutare a vincere tante annose timidezze. Forse - poiché
nulla è impossibile - una genuina volontà di giustizia s'intrufola
persino nei palazzi tradizionalmente più lontani da essa, come - a
Catania - quello di Giustizia. Chi lo sa. In ogni caso, a caval
donato non si guarda in bocca.
Descrivere tutte le imprese - in senso imprenditoriale e no - di
Ciancio, i sui incontri e rapporti con mafiosi di vario genere, i suoi
intrecci politici, i suoi interessati sostegni, di volta in volta, a
tutti i politici catanesi - da Andò a Drago, da Bianco a Scapagnini -
sarebbe troppo lungo per queste pagine; del resto l'abbiamo già
scritto in tante pagine che chi ne ha voglia può rileggersele in santa
pace.
Per ora, vogliamo solo sottolineare l'estremo servilismo con cui il
ceto intellettuale e politico di questa città si è prestato a fargli
da corte e a difenderlo in ogni occasione, dall'elegante “fascista”
Buttafuoco al feroce “compagno” Barcellona. Una vergogna che sarà
difficile cancellare.
Riccardo Orioles
* * *
“IL TERMINALE E IL GARANTE DI UN SISTEMA DI POTERE”
Per vent'anni abbiamo indicato, fatti alla mano, Mario Ciancio come il
terminale e il garante di un sistema di potere.
Per vent'anni abbiamo denunziato le menzogne dei suoi giornali, le
contiguità alla mafia, l'omissione quotidiana della verità.
Ci rincuora apprendere che esiste un giudice anche a Catania.
Claudio Fava
---
Vedi anche

http://www.ilfattoquotidiano.it/2010/11 ... ano/79459/


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‘Ndrangheta padana

Messaggioda flaviomob il 07/12/2010, 2:31

http://www.televideo.rai.it/televideo/p ... sp?id=7642

‘Ndrangheta padana

L’ultimo libro di Enzo Ciconte

Omertà, pizzo, infiltrazioni mafiose nel mondo della politica e dell’impresa, ‘summit mafiosi’. Parole e concetti che rimandano istintivamente al Sud. Eppure la mafia, e in particolare la ‘ndrangheta, non è un problema unicamente meridionale, perché da anni è presente anche in terra lombarda. Di questo parla ‘Ndrangheta Padana”, edizioni Rubbettino, l’ultimo libro di Enzo Ciconte, uno dei maggiori studiosi della criminalità organizzata.

L’autore indaga la “mutazione genetica” della ‘ndrangheta in Lombardia negli ultimi anni, il passaggio dalle tradizionali manifestazioni dell’agire ‘ndranghetistico (omicidi, sequestri di persona, intimidazioni), a forme di controlli di settori economici (il movimento terra, la concessione di finanziamenti a soggetti in difficoltà) e di infiltrazioni nelle istituzioni pubbliche, a livello locale.

Una nuova “mafia imprenditrice” che al Nord fa affari, inquina gli appalti, i lavori pubblici, la sanità, con l’aiuto di colletti bianchi, imprenditori e politici, conniventi. Un cancro che dilaga in Padania con una struttura che la Direzione Investigativa Antimafia definisce di tipo “federativo”. Ciconte nel libro ripercorre le indagini che hanno portato alle recenti operazioni anti-‘ndrangheta al Nord, e che hanno evidenziato la natura di un’organizzazione che punta alla globalizzazione degli affari, ma che non dimentica i riti più tradizionali. Un’organizzazione verticistica che ha due sedi, Reggio Calabria e Milano, e che oggi è più forte ed arrogante perché è più ricca..

La Padania, come la chiama la Lega, è da decenni teatro di loschi affari, scrive Ciconte, ma politici e amministratori locali, con lodevoli eccezioni, negano l’evidenza. Gli ‘ndranghetisti hanno il controllo di una parte del territorio, hanno molti soldi e li prestano a usura, si sono impossessati di case, alberghi, ristoranti, supermercati, imprese, sono presenti negli appalti dell’Alta Velocità e hanno lambito quelli dell’Expo.

E’ la mafia dei colletti bianchi, spiega l’autore, degli “uomini cerniera”, degli insospettabili, degli invisibili. Enzo Ciconte getta luce su questa realtà finora sommersa, fa nomi e cognomi di politici, imprenditori, professionisti, legati a doppio filo alla ‘ndrangheta e che pure continuano a occupare posti di prestigio e di potere in Lombardia e in tutto il Nord.

Il libro arriva nel pieno della polemica aperta dalla denuncia di Roberto Saviano a “Vieni via con me” (“La ‘ndrangheta al Nord interloquisce con la Lega”) cui il ministro dell’Interno Maroni ha reagito con la massima determinazione: “Accuse infamanti. La presenza della ‘Ndrangheta in Lombardia è la scoperta dell’acqua calda, ma dire che il suo referente politico è la Lega è un’affermazione ingiusta. La Lega non è infiltrata dalla mafia, e la ‘ndrangheta non riesce ad avere agganci con noi. Lo dimostrano le recenti operazioni fatte in Lombardia contro la ‘ndrangheta, che hanno portato all’ arresto di esponenti politici di altri partiti, ma non della Lega. Allora perché indicare proprio e solo la Lega?"


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Re: Saviano

Messaggioda flaviomob il 10/12/2010, 10:31

A proposito di criminalità organizzata. Da facebook:

pubblicata da Salvatore Borsellino il giorno mercoledì 8 dicembre 2010 alle ore 18.12

Le sue accuse sono servite, a Firenze, per far aprire pochi giorni fa il processo ad uno dei mandanti delle stragi del 1993 finora sfuggito alle accuse, il boss palermitano Francesco Tagliavia.

La sua recente autoaccusa («Sono stato tra i sequestratori di Giuseppe Di Matteo, il figlio del pentito Santino» poi ucciso nell'acido) è un macigno caduto giovedì scorso contro Giuseppe Graviano e Cristoforo Cannella, imputati a Palermo per il rapimento e l'uccisione del bambino.

E malgrado la Commissione ministeriale abbia negato l'ammissione al programma di protezione del collaboratore di giustizia Gaspare Spatuzza (che ha fatto ricorso al Tar), grazie all'ex 'picciotto' di Brancaccio entro gennaio la procura antimafia di Caltanissetta guidata da Sergio Lari potrà chiedere la revisione del processo per la fase preparatoria della strage di via D'Amelio costata la vita a Paolo Borsellino e ai cinque poliziotti della sua scorta.

Tutto partendo dai primi riscontri alle dichiarazioni di Spatuzza ottenuti grazie ad una missione palermitana dell'allora neo-dichiarante, i cui dettagli stanno emergendo in questi giorni.

E' una mattina di fine estate del 2008 quando Spatuzza viene fatto arrivare in gran segreto a Palermo su un elicottero. A bordo ci sono i piloti, un ristretto numero di investigatori, il procuratore Lari e Spatuzza. L'ex mafioso non sa il motivo della missione, almeno fino a quando non gli viene spiegato dove si è diretti: deve condurre gli inquirenti nel luogo esatto in cui nella notte tra il 9 e 10 luglio del '92 è stata rubata la Fiat 126 color amaranto destinata a diventare l'auto-bomba che dovrà uccidere Borsellino.


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