da pierodm il 11/09/2008, 0:24
La discussione è interessante, anche se non proprio dal punto di vista politico-ideologico: interessante sul piano psicologico, semmai, ossia in quella sfera mentale che precede e talvolta segue la politica vera e propria.
Ma ovviamente, come faccio sempre in questi casi, preferisco ignorare il fenomeno, e cerco di riprendere il discorso sul piano delle idee.
Intanto riassiumiamo la situazione: si parlava di (post)fascisti e di fascismo, e si è passati rapidamente a parlare di comunismo.
Il problema è che certe affermazioni, certe posizioni, non provengono dal centro-destra, là dove sarebbero perfino ovvie, data la natura e il livello della destra (e del centro) che abbiamo dalle nostre parti.
Come ha meritoriamente ricordato qualcuno, infatti, la destra italiana non è mai stata anti-fascista o semplicemente liberaldemocratica, come nella gran parte dei paesi occidentali, e il centro è sempre stato largamente clericale, pericolosamente incline a guardare con occhio perdonista il fascismo e i suoi derivati.
Il fatto che invece provengano dall'interno della coalizione è inquietante: non perché sia strano che ci siano posizioni critiche sulla storia della sinistra, italiana o internazionale, ma per i toni e gli argomenti di questa critica.
Argomenti che sembrano presi di peso dalla propaganda emersa nell'era berlusconiana.
Quando la prima repubblica era vigente, e con essa il PCI e le altre formazioni della sinistra, le posizioni critiche avevano una consistenza e un contenuto assai diverso: per esempio, l'ambiguità del PCI verso l'URSS era stigmatizzata, ma senza poter ignorare che la gran parte del popolo di sinistra non era oggettivamente riconducibile a certi vizi della sua classe dirigente. Senza poter ignorare che quello stesso popolo di sinistra era presente, e quanto ben presente, in tutti quei momenti, nelle sedi, nelle occasioni in cui ci si trovava a difendere le libertà civili e politiche, a a costituire un'alternativa alla pratica di governo e sottogoverno democristiano, nonostante le sindromi consociative che hanno sempre accompagnato la nostra sinistra nazionale - sindromi le quali anch'esse hanno una storia.
La realtà, insomma, vissuta in diretta consentiva le critiche, ma ne limitava la porta e la natura, in quanto era realtà evidente e innegabile: io stesso, come ho detto, ho da subito fatte mie quelle critiche, da giovane iscritto al partito, così come anni dopo le fece Pasolini, tanto per citare qualcuno di insospettabile.
Tuttavia, il problema non è nemmeno questo.
Il problema è che, almeno, quando si discute, si risponda alle argomentazioni degli altri, senza limitarsi a ripetere la propria tesina, così per sommi capi.
Sempre che una discussione, un forum, sia uno spazio dove confrontare le idee, e non una specie di sondaggio d'opinione.
Il fatto è che le necessità della cronaca, e quelle della propria coscienza, per quanto importanti, non possono indurre a trattare la storia come sul bignamino, all'ingrosso: la storia all'ingrosso non è storia, è propaganda.
Ha ragione chi ha detto qui che c'è stato un grande errore da parte della sinistra a trattare il fascismo stesso come storia all'ingrosso, con l'aggravante della retorica e della sclerosi a mano a mano che la celebrazione diventava rituale: ricordo che lo dicevo tanti anni fa, in una lunga discussione che seguì alla visione di un film sulle Fosse Ardeatine, nella quale pretendevo che si analizzassero fascismo e nazismo con spirito critico, e non per luoghi comuni e per immagini caricaturali, eternamente ferme ai baffetti hitleriani e al mascellone di Benito.
Per non parlare della mia antipatia per quel brutto film di Chaplin, il Grande Dittatore.
In poche parole, se nell'Italia che ho conosciuto c'è stata una zona culturale e umana dove le idee sono state elaborate, discusse, e hanno avuto mille dimensioni e mille evoluzioni, anche personali, quella è stata la sinistra, anche del PCI, ossia di quel famoso "popolo intelligente" di cui parlava Pasolini.
Al di fuori di questo, ben poco ho conosciuto e ben poco ho visto, nei decenni passati, se non qualche esile pattuglia di laici e di "anarchici" indipendenti, che però anch'essi finivano nel consociativismo generale e in cattive compagnie nella pratica delle scelte politiche.
Ma sull'argomento non posso fare di più, e quindi mi limito a citare - per quello che può valere - un episodio fresco fresco, di oggi.
Stamattina ascoltavo una radio romana, una di quelle serie e ben fatte, nella quale si discuteva proprio delle affermazioni di Alemanno: una radio che, come redazione è di destra, nonostante l'editore non lo sia, e che lascia un largo spazio agl'interventi in diretta degli ascoltatori, e ospita quotidianamente giornalisti e personaggi più o meno di sinistra, da Marrazzo a Sconcerti, a Tozzi e altri.
Ad un certo momento interviene un ascoltatore, che comincia a snocciolare tutto l'armamentario, non solo della storia all'ingrosso, ma della storia riscritta ad usum Berlusconis: "dopo cinquant'anni di governo della sinistra ... dopo che Prodi ha rovinato l'Alitalia ... e quei ragazzi di Salò che non sono nemmeno paragonabili ai crimini di Stalin ... e sono più fascisti i comunisti italiani che quelli che portavano apertamente la camicia nera ... e i partigiani assassini... e voi amichetti di Pol Pot (rivolto a Mario Tozzi!) ..."- vi risparmio il resto.