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Se l'avessero proposto Bersani o Vendola...

Il futuro del PD si sviluppa se non nega le sue radici.

Se l'avessero proposto Bersani o Vendola...

Messaggioda trilogy il 16/11/2010, 17:19

Se l'avessero proposto Bersani o Vendola posso immaginare i commenti... :mrgreen:
Trilogy

GRAN BRETAGNA AL VIA IL PROGETTO DI RILEVAZIONE. IN PIENO REGIME DI AUSTERITY. «NON DOBBIAMO CONCENTRARCI SOLO SUL PIL»

Cameron lancia il «Regno della felicità»
Il premier inglese crea un nuovo indice per misurare il benessere della popolazione Gli indicatori Downing Street: «Il benessere dipende anche dalla cultura e dalla forza delle nostre relazioni»

LONDRA - Quello di David Cameron è un vecchio pallino. Già nel 2006, pochi mesi dopo l'investitura alla leadership dei conservatori, disse che «l'obiettivo di misurare il benessere dei cittadini è la sfida politica dei nostri tempi». Il giovane tory non fu preso troppo sul serio, era all'inizio della sua avventura.
Gli rinfacciarono: che cosa significa misurare il benessere dei cittadini? E la questione scivolò via. Adesso che governa da Downing Street, David Cameron ha rispolverato il suo sogno. Che è anche una bella sfida. Perché andare a tastare gli umori dei britannici proprio ora che l'economia è a pezzi e che la cura per rianimarla passa dai tagli ai servizi pubblici, è davvero una scommessa azzardata. Le risposte rischiano di sconfinare nel più cupo pessimismo. Non è matematico che inglesi, scozzesi, nordirlandesi e gallesi siano sull'orlo di una crisi depressiva però non è di certo tempo di scherzare col fuoco.

Ma, nonostante gli avvertimenti alla cautela di una parte dei suoi colleghi di partito e di coalizione nonché di una fetta considerevole dei potenti direttori ministeriali di Whitehall, David Cameron ha deciso di interrogare i sudditi di Sua maestà su come se la passano e sui loro pensieri più nascosti. È infatti convinto che la solidità di un Paese non possa essere misurata soltanto da quel numero e da quelle percentuali che esprimono la ricchezza prodotta in beni e servizi, il prodotto interno lordo (il Pil), ma che servano nuovi indicatori e uno in particolare, l'indicatore della felicità. In altri termini: il Pil non è sufficiente a fotografare una nazione e a dare conto, con la sua crescita o riduzione, della politica economica di un governo, allora è utile affiancarlo con il Fil, la felicità interna lorda, intesa come sinonimo di benessere, il benessere sociale, personale, culturale, la gioia di vivere e di divertirsi, in inglese l'acronimo è Gwp, ossia «general wellbeing».

Non è di certo facile escogitare il termometro in grado di rilevare la soddisfazione dei britannici, un metodo di ricerca utile a sondare quel sentimento che riempie pagine di aforismi e citazioni famose (da Platone ad Aristotele e da Epicuro a Freud), gli studiosi hanno approcci metodologici diversi, però le intenzioni di Cameron sono chiare e il 25 novembre investirà ufficialmente la numero uno della statistica nazionale, Jil Matheson, e le darà carta bianca per procedere al censimento sulla felicità.
«Ammettiamolo dobbiamo concentrarci non solo sul prodotto interno lordo, il benessere non può essere calcolato unicamente in termini di soldi, il benessere dipende anche dalla qualità della nostra cultura e dalla forza delle nostre relazioni». Parole efficaci per convincere gli scettici. Probabilmente l'unica a disapprovare David Cameron sarebbe stata Marilyn Monroe che, a proposito di citazioni da archivio, amava ricordare: «Dicono che il denaro non faccia la felicità ma se devo piangere preferisco farlo sui sedili di una Rolls Royce piuttosto che su quelli di un vagone della metropolitana».
Comunque sia, non è il primo, David Cameron, a scoprire che il prodotto interno lordo ci racconta ormai poco della forza (o della debolezza) di un Paese.


Un paio di anni fa, ad esempio, il presidente francese Sarkozy insediò una commissione presieduta dagli economisti Joseph Stiglitz e Amartya Sen per superare le catalogazioni tradizionali della ricchezza e abbracciare l'idea della felicità come nuovo «sonar» della società. E in Italia, anche, la qualità della vita sta diventando un punto di riferimento importante per testare la prosperità e la caduta. Ma fu Bob Kennedy negli anni Sessanta ad aprire la strada: «Smettiamola di misurare lo spirito nazionale americano riferendoci esclusivamente all'indice Dow Jones e di misurare i progressi della nazione calcolando il prodotto interno lordo». David Cameron si è messo nel solco di questa tradizione. Probabilmente le statistiche gli riserveranno qualche brutta sorpresa. È comunque certo che l'indice della felicità possa aiutare il suo governo a capire i problemi del Paese e gli umori della gente comune. Un passo, tutto sommato, interessante. E coraggioso.

Fabio Cavalera
16 novembre 2010
dal corriere: http://www.corriere.it/esteri/10_novemb ... aabc.shtml
Ultima modifica di trilogy il 16/11/2010, 17:23, modificato 2 volte in totale.
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Re: Se l'avessero proposto Bersani o Vendola...

Messaggioda trilogy il 16/11/2010, 17:22

DOPO IL BHUTAN E SARKOZY ARRIVA CAMERON
L’indice di felicità al posto del Pil
Purché non sia una fuga dalla realtà
Dopo Sarkozy, la Gran Bretagna di Cameron: in Europa si diffonde la ricerca di nuovi indici per calcolare la felicità dei cittadini, parametri alternativi al Pil per misurare il grado di sviluppo e di soddisfacimento dei bisogni di una società.
da: http://www.corriere.it/esteri/10_novemb ... aabc.shtml
Obiettivo legittimo se si cerca di individuare politiche che, senza assorbire troppe risorse aggiuntive, possano contribuire al benessere dei popoli, magari riducendo l’inquinamento o trasformando il volontariato in vero e proprio «capitale sociale». Un po’ meno se tutto si risolve nella fuga dalla realtà di un’Europa che, da Paese sviluppato e, anzi, sazio, sta perdendo la gara del Pil con l’Asia e gli altri Paesi emergenti: un mondo nuovo che ha «fame» di crescita, dispone di abbondante manodopera che lavora sodo senza chiedere molte tutele e che ha davanti a sé spazi sterminati, dovendo costruire reti di infrastrutture moderne e un sistema produttivo competitivo.


Sembra passato un secolo e invece solo pochi anni fa faceva sorridere l’esperienza del Bhutan, piccolo Stato himalayano dove fin dal 1972 un sovrano illuminato, pioniere della nuova tendenza, aveva fatto introdurre l’«indice della felicità nazionale lorda»: un metodo, in gran parte sostitutivo del Pil (il prodotto interno lordo) per calcolare il benessere della società. E Serge Latouche, economista e sociologo, teorico della «decrescita felice», veniva invitato un po’ ovunque a convegni e seminari, dove era trattato con l’affetto che si riserva a un simpatico mattacchione.

Ma intanto i Paesi emergenti crescevano a perdifiato, le economie occidentali perdevano terreno e per i governi diveniva sempre più difficile arginare l’ira dei cittadini-elettori davanti all’inesorabile fenomeno del trasferimento di ricchezza dal Nord «affluente» al Sud del mondo, Asia in testa. La ricerca di nuovi parametri per misurare il benessere sganciati dai valori nudi e crudi della crescita della produzione di beni e servizi, un’iniziativa lanciata qualche anno fa dal governo francese e dal Canada, ha subito un’accelerazione dopo la crisi del 2008: uno shock che ha estremizzato tutti i fenomeni — boom e grandi riserve di risparmio in Asia, mentre Europa e America sono finite in recessione ritrovandosi piene di debiti — e ha accentuato l’esasperazione dei popoli.

Che questa ricerca risponda almeno in parte a esigenze reali è fuori di discussione: il Pil a volte distorce la realtà (classico l’esempio degli incendi in California che desertificano vaste aree e quindi creano povertà, ma da un punto di vista contabile fanno salire il Pil grazie alle enormi risorse investite nelle operazioni di spegnimento) ed è legittimo che nei Paesi che stentano sul piano economico ma hanno un alto tenore di vita e una società civile molto sviluppata, si tenti di andare oltre il fatturato.
Del resto in questo tentativo di rifondazione si sono impegnati celebri economisti come i premi Nobel Amartya Sen e Joseph Stiglitz (che ha anche guidato la commissione Sarkozy). Né si può dire che quella di andare oltre il Pil sia un’esigenza nuova: nell’America pragmatica che resta attaccata molto più dell’Europa alla dura realtà delle cifre dell’economia reale, Robert Kennedy avvertì già in un celebre discorso di 40 anni fa che il Pil può misurare molte cose, ma non il livello di felicità di un popolo. E nel 2002 i «saggi» dell’Accademia di Stoccolma sentirono il bisogno di assegnare il Nobel per l’Economia non a uno studioso del settore ma a uno psicologo, Daniel Kahneman, celebre per i suoi studi sugli impulsi e i comportamenti che sono alla base delle scelte economiche degli individui: un vero capostipite degli studiosi dell’economia della felicità.

Cameron ora si mette sulla stessa strada: chiede ai suoi statistici di sondare lo stato d’animo del popolo britannico su vari aspetti della qualità della vita, definendo, poi, nuovi indici del benessere da integrare con quelli tradizionali. Una sfida che fa tremare i polsi agli stessi uomini che circondano il neopremier, visto che l’opinione pubblica del Paese mostra già in vari modi (l’ultimo i disordini della settimana scorsa a Westminster) di essere di pessimo umore.

Cameron potrà trarne utili spunti per le sue politiche sociali, ma dal punto di vista di un conservatore legato ai principi liberali l’esperimento ha almeno due limiti: farà emergere il peso delle crescenti diseguaglianze sociali nel malessere dei cittadini britannici e anche l’incidenza di altri fattori (come quelli legati all’ambiente) che, per essere corretti, richiedono un forte incremento dell’intervento pubblico in economia. In secondo luogo rischia di far dimenticare che il Pil è comunque centrale e insostituibile come misura dell’esposizione finanziaria sostenibile, visto che Stati e società si sono massicciamente indebitati proprio ipotecando lo sviluppo del reddito previsto per i prossimi decenni. Resteremo, quindi, incatenati al Pil ancora per qualche generazione. Cameron lo sa, ma sa anche che l’austerity che ha appena varato difficilmente favorirà la crescita economica: forse cerca un modo per coprirsi le spalle.


Barack Obama, che ha davanti a sé problemi economici non troppo diversi, continua invece a parlare ossessivamente di Pil, di crescita, di raddoppio dell’export per creare lavoro. E questo nonostante che il contesto rimanga molto negativo per lui che è un «post-kennediano» alla guida di un Paese nella cui Dichiarazione d’Indipendenza è sancito il diritto inalienabile del popolo «alla ricerca della felicità». Solo che per gli americani quello è un diritto-dovere: il dovere di rimboccarsi le maniche e il diritto di non essere intralciati dallo Stato nella libera intrapresa.

Massimo Gaggi
16 novembre 2010
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Re: Se l'avessero proposto Bersani o Vendola...

Messaggioda franz il 16/11/2010, 18:04

Onu: 'sviluppo umano',
in Italia si vive peggio


Presentato al Palazzo di Vetro il rapporto 2010 sull'indice di benessere nei paesi aderenti alle Nazioni Unite. La ricchezza non sempre equivale alla crescita di una nazione

di Giampaolo Pioli e Valeria Robecco

Sviluppo Umano: presentato il Rapporto Onu 2010

NEW YORK, 4 novembre 2010 – In Italia si sta peggio, mentre gli Usa nonostante la crisi risalgono la china. Alla presenza del premio nobel per l'economia Amartya Sen e del direttore dell'Ufficio Onu per lo Sviluppo Umano Jeni Klugman, il segretario generale Ban Ki-moon ha illustrato il rapporto 2010 del Palazzo di Vetro sull'indice di benessere degli stati aderenti all’Onu.

“Sebbene la crescita economica sia un fattore determinante per misurare il livello di sviluppo di un paese, il nostro rapporto ha dimostrato che ci sono variabili fondamentali da tenere presenti per valutare lo stato di avanzamento”, ha detto Ban Ki-moon. Si e’ scoperto infatti che ricchezza non sempre significa benessere. Lo sviluppo umano infatti puo’ intendersi anche come piu’ salute, piu’ istruzione e piu’ democrazia.

Dal documento risulta che nel nostro paese il livello di vita e’ calato rispetto allo scorso anno, retrocedendo dal 18esimo al 23esimo posto. Un notevole miglioramento invece e’ stato registrato dall’America, che pur risentendo ancora della crisi economica e’ risalita dalla 13esima alla quarta posizione. Se la Norvegia, che ha tratto grandi benefici dai programmi a favore del welfare, e’ il paese dove si vive meglio, l’ultimo gradino della classifica e’ occupato dallo Zimbabwe, dove Aids, violenza, e gli scontri tra le diverse fazioni fanno si’ che il livello di vita dello stato africano sia il peggiore del mondo.

Quasi in testa alla classifica degli stati che hanno compiuto i maggiori progressi negli ultimi 40 anni ci sono tre paesi che non rappresentano esattamente modelli di successo: Cambogia, Etiopia e Benin. E’ un risultato molto importante, anche se poi sono le nazioni dove lo sviluppo umano si unisce alla ricchezza a guidare la classifica generale, casi in cui il benessere si trasforma in progresso per tutta la popolazione. Il rapporto permette di capire che serve sempre di piu’ un’economia globale che non si limiti alla produzione di beni e di consumo.

Gli esperti del Palazzo di Vetro questa volta hanno analizzato non solo i dati classici riguardanti l’economia, l'aspettativa di vita, l’accesso all’istruzione e standard di vita. Gli indicatori infatti comprendono tre indici nuovi. La disuguaglianza, che misura reddito, accesso alla salute e all’istruzione. La disuguaglianza di genere, riferita alla diversa alla condizione della donna, che nei paesi del terzo mondo rimane critica, e prende in considerazione la presenza femminile sul mercato del lavoro, in politica nei ruoli di comando. L’indice multimediale della poverta’, che utilizza ben dieci parametri per misurare quanto grave e’ la mancanza di benessere.

“I nuovi criteri permettono di identificare al meglio i problemi di ogni paese e aiuteranno governi e associazioni internazionali a rendere migliore la vita delle persone”, ha detto la Klugman all’Onu.

Giampaolo Pioli, Valeria Robecco
http://qn.quotidiano.net/esteri/2010/11 ... mano.shtml
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Re: Se l'avessero proposto Bersani o Vendola...

Messaggioda franz il 16/11/2010, 18:20

Ritengo che non possa esistere alcun indicatore perfetto, perché la realtà è sempre troppo diversa dall'astrazione che ne facciamo, pur se complessa. Quindi è imperfetto il PIL e lo è anche questo indice di benessere calcolato dall'ONU.
Forse lo è meno, forse di piu'. Non lo so perché non ho visto la gradiatoria ONU (di cui conoscevo l'esistenza) ma solo letto questo articolo. Sicuramente la presenza nelle parti alte di paesi come la cambogia e l'etiopia, devastati da guerre e dittature ferree, non mi convince quanto a benessere. Figuriamoci per felicità. Tuttavia queste classifiche confermano che tutto sommato i paesi con il PIL procapite piu' elevato sono anche quelli con alti livelli educativi, buoni sistemi santari, disparità contenute. Ci possono essere alcune differenze di posizione ma non è che emerge che il primo dela lista per PIL è l'ultimo nella lista per benessere e felicità o viceversa. Le due serie sono positivamente correlate e le eccezioni sono poche.
Qualcuno a questo proposito sosteneva che allora tanto vale tenerci il PIL, che in ogni caso viene calcolato ovunque e dà una buona indicazione. Ovviamente pero' tutti gli studiosi hanno diritto di provare a calcolare qualcosa di differente, tanto piu' se sono foraggiati dagli stati o dalle organizzazioni. Anche loro devono guadagare, ed in fondo anche questo fa PIL. ;)

Franz

PS: a riprova, da noi non cresce il PIL procapite da una decina di anni e l'indicatore ONU conferma dicendo che noi stimo peggio.
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Re: Se l'avessero proposto Bersani o Vendola...

Messaggioda trilogy il 16/11/2010, 23:22

franz ha scritto:
PS: a riprova, da noi non cresce il PIL procapite da una decina di anni e l'indicatore ONU conferma dicendo che noi stimo peggio.


Lo so... le privatizzazioni degli anni 90, e l'ingresso nell'euro ci hanno affondati :?
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Re: Se l'avessero proposto Bersani o Vendola...

Messaggioda pierodm il 17/11/2010, 1:08

Trilogy, per due volte ho aperto un post con l'intenzione di citare la stessa notizia che tu hai citato, con un commento molto simile al tuo, ma poi ho lasciato perdere, perché già sapevo come sarebbe andato a finire: una discussione sugli indici, invce che sulla cosa principale, cioè sulla volontà di misurare la qualità della vita, la felicità, al posto del PIL.
Io non credo a questo genere di indici, e nemmeno al fatto che sia possibile una valutazione simile con criteri politici: queste sono cose da lasciare al libero gioco della cultura, della rappresentazione e della sensibilità artistica, a meno che uno statista sia una persona davvero geniale - ma uno statista non è propriamente un "politico".
Però è da apprezzare che un politico abbia la volontà di farlo, ossia che ne riconosca o ne sospetti l'opportunità, e che questo implichi un ripensamento su metodi e valori che si ritiene che non siano capqaci di dare rispèoste utili.
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Re: Se l'avessero proposto Bersani o Vendola...

Messaggioda flaviomob il 17/11/2010, 2:13

Anch'io oggi pensavo all'ingresso nell'euro in relazione al declino italiano, rispetto alle posizioni di Prodi sulla regressione, nell'articolo inviato da Franz in un altro 'titolo' del forum (mi sto sforzando in ogni modo di non usare il termine inglese, 'thread', dato che credo che ne abbiamo parecchi, di termini, anche noi...). Siamo usciti per decenni da ogni crisi svalutando ed esportando... forse ci siamo assuefatti e non siamo capaci di cambiare...

Gli indici, di benessere o di produttività, sono tutti opinabili però possono essere anche strumenti di osservazione e comparazione interessanti, tenendo conto che il PIL è spesso paradossale (l'alluvione del Veneto genera PIL, così come tante catastrofi) e la felicità, in quanto tale, non è misurabile. Gli indici possono avere qualche significato se permettono una comparazione con parametri omogenei (certo è difficile pensare che la felicità per un etiope sia comparabile con quella di un newyorchese) o un'osservazione significativa in un arco di tempo medio-lungo.
L'unica mia certezza è che qualunque indice si utilizzi, questo paese negli ultimi 10 anni è andato a pezzi... E' tristemente significativo che ne' il centrodestra ne' il centrosinistra abbiano offerto una soluzione valida al problema dei rifiuti in Campania, tanto per citare quello simbolicamente più forte.


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Re: Se l'avessero proposto Bersani o Vendola...

Messaggioda franz il 17/11/2010, 9:10

trilogy ha scritto:
franz ha scritto:
PS: a riprova, da noi non cresce il PIL procapite da una decina di anni e l'indicatore ONU conferma dicendo che noi stimo peggio.


Lo so... le privatizzazioni degli anni 90, e l'ingresso nell'euro ci hanno affondati :?

Ottimo scherzo, ma non mi mi devo impegnare a contestare che non è cosi' perché già Flavio ha ottimamente sintetizzato (citandomi :D )
Tra l'altro non capisco se stai ancora giocando a "sono sotto ricatto" oppure se è solo fine ironia. ;)

Tornando alla costruzione di indici di benessere e felicità, direi che sono due cose leggermente diverse.
Mentre il benessere è oggettivamente analizzato come una condizione multifattoriale ("lo stato emotivo, mentale, fisico, sociale e spirituale di ben-essere che consente alle persone di raggiungere e mantenere il loro potenziale personale nella società") la felicità è solo uno stato emozionale, uno stato d'animo, di chi ritiene soddisfatti tutti i propri desideri. Diciamo che quindi se non si hanno desideri ambiziosi, si puo' essere felici al 100% anche con 1/10 del nostro benessere.
Inoltre la felicità è solo temporanea, perché non si puo' essere sempre felici, ma ogni tanto: poi ci si dà da fare per soddisfare altri desideri, raggiungere altri obbiettivi. Difficile calcolare indici oggettivi sulla base di questo. Non sapevo che l'etimologia fa derivare felicità da: felicitas, deriv. felix-icis, "felice", la cui radice "fe-" significa abbondanza, ricchezza, prosperità. In questo caso il PIL sarebbe un buon indicatore di bbondanza, ricchezza, prosperità ma ritengo che la felicità come viene intesa oggi sia piu' che altro un fatto privato.

Il ben-essere, come oggetto di politiche pubbliche, invece viene oggi principalmente legato alla salute della persona.
Non si fa riferimento invece all'educazione ma sappiamo che piu' una persona è istruita e ben alimentata e minore è il rischio di ammalarsi, quindi normalmente il benessere generale di una nazione viene stimato osservando, oltre al reddito procapite in termini PPP, anche gli indicatori della salute di una popolazione e il suo grado di istruzione.
Al tema del benessere si puo' collegare quello del bisogno. Uno stato di benessere è quello di colui che soddisfa i propri bisogni (qui è interessante la piramide di maslow) cosi' come lo stato di felicità è quello della soddisfazione dei desideri.

Oggi non credo che serva aggiungere altri fattori da controllare, oltre a PIL, salute, istruzione.
Piuttosto si deve esaminare con maggiore prcisione la distribuzione di questi fattori nella popolazione.
Non tanto una semplice media nazionale ma un'analisi percentile di tutti e tre i fattori, una sorta di indice di gini che calcoli anche le disparità educative e della salute. Separatamente e anche cumulativamente.

Franz
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Re: Se l'avessero proposto Bersani o Vendola...

Messaggioda flaviomob il 17/11/2010, 11:45

Io penso che tutti gli 'indici', se realizzati con serietà ed utilizzati per analizzare diverse società, in tempi prolungati, possano essere utili, tenendo presenti i loro limiti.
Ci sono anche conclusioni clamorose, analizzando nel dettaglio certi numeri: per esempio, in tutti i paesi, anche i più poveri, più è alto l'indice di istruzione femminile più è bassa la mortalità infantile...


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Re: Se l'avessero proposto Bersani o Vendola...

Messaggioda trilogy il 17/11/2010, 12:57

franz ha scritto:Forse lo è meno, forse di piu'. Non lo so perché non ho visto la gradiatoria ONU (di cui conoscevo l'esistenza) ma solo letto questo articolo. Sicuramente la presenza nelle parti alte di paesi come la cambogia e l'etiopia, devastati da guerre e dittature ferree, non mi convince quanto a benessere. Figuriamoci per felicità.


Il motivo, della felicità dell'Etiopia è semplice. Il Governo è stato in prima fila nelle operazioni di cessione delle terre coltivabili agli investitori internazionali promosse dalla WB e dall'IFC di cui discutevamo altrove. Il paese quindi viene promosso, se lo bocciano gli organismi internazionali si smentirebbero uno con l'altro. Poi è probabile che queste operazioni finanziarie abbiano comunque creato una maggiore disponibilità di risorse per alcuni, e quindi una parte della popolazione è "più felice".
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