La Comunità per L'Ulivo, per tutto L'Ulivo dal 1995
FAIL (the browser should render some flash content, not this).

Marchionne: «Senza l'Italia Fiat farebbe meglio»

Forum per le discussioni sulle tematiche economiche e produttive italiane, sul mondo del lavoro sulle problematiche tributarie, fiscali, previdenziali, sulle leggi finanziarie dello Stato.

Re: Marchionne: «Senza l'Italia Fiat farebbe meglio»

Messaggioda ranvit il 26/10/2010, 16:30

Ma la Fiat non puo' puntare (investendo un fracco di soldi) su "qualità ed innovazione e pretendere dal governo politiche industriali serie e lungimiranti, piuttosto che lodi vari..." se non gli viene garantito la possibilità di contare su una fabbrica non anarchica...

In Germania WW, Audi etc, tanto decantate dalla Fiom, hanno forse fabbriche anarchiche?
Ma quali sono i diritti che la Fiom dice negati dalla Fiat e che ci sono invece in Germania?

Vittorio
Il 60% degli italiani si è fatta infinocchiare votando contro il Referendum che pur tra errori vari proponeva un deciso rinnovamento del Paese...continueremo nella palude delle non decisioni, degli intrallazzi, etc etc.
ranvit
forumulivista
forumulivista
 
Messaggi: 10669
Iscritto il: 23/05/2008, 15:46

Re: Marchionne: «Senza l'Italia Fiat farebbe meglio»

Messaggioda franz il 26/10/2010, 16:59

flaviomob ha scritto:Beh la Fiat non era obbligata a impiantare fabbriche ne' lo Stato era obbligato a elargire aiuti. Poi mi pare che Melfi, p.e., funzioni molto bene. Fiat deve puntare su qualità ed innovazione e pretendere dal governo politiche industriali serie e lungimiranti, piuttosto che lodi vari...

Nessuno in teoria è obbligato ma "se vuoi gli aiuti ... devi aprire uno stabilimento a termini imerese ...."
La produttività di Melfi è la migliore d'Italia (come numero di vetture prodotte per ogni lavoratore, lasciando perdere il costo del lavoro) ma è piu' bassa di brasile e polonia.
Mi risulta (se sbaglio corriggetemi):
Melfi 450'000 vetture/anno, 7000 dip, 64.3 vetture per dip (lo stabilimento è degli anni 90)
Brasile, 800000 vetture/anno, 7000 dip, 114.3 vettute per dip (e lo stabilmento è del 1976)
Polonia, 600000 vetture/anno, 5800 dip, 103.5 vetture per dip (1973)
Da quanto ho potuto reperire, prima di essere messo in cassa integazione pomiliano produceva 50000 veicoli, con 4600 dipendenti (circa 11 vetture a testa ogni anno).

Franz
“Il segreto della FELICITÀ è la LIBERTÀ. E il segreto della Libertà è il CORAGGIO” (Tucidide, V secolo a.C. )
“Freedom must be armed better than tyranny” (Zelenskyy)
Avatar utente
franz
forumulivista
forumulivista
 
Messaggi: 22077
Iscritto il: 17/05/2008, 14:58

Re: Marchionne: «Senza l'Italia Fiat farebbe meglio»

Messaggioda ranvit il 26/10/2010, 17:14

Franz immagino sia chiaro che la produzione pro capite di vetture per dipendente dice poco. Dipende infatti dal grado di automazione e dal tipo di vettura che si fa!
Insomma, fondamentalmente non sono i lavoratori che determinano il numero di vetture prodotte ma la capacità dell'impianto a parità di vettura....fatta la tara degli scioperi, assenteismo etc etc. Sono solo questi ultimi gli elementi da valutare. Gli altri dipendono dall' impresa....

Del resto non mi pare che in Italia, Fiat a parte, a parità di modernità degli impianti, gli operai italiani producano meno che altrove.


Vittorio
Il 60% degli italiani si è fatta infinocchiare votando contro il Referendum che pur tra errori vari proponeva un deciso rinnovamento del Paese...continueremo nella palude delle non decisioni, degli intrallazzi, etc etc.
ranvit
forumulivista
forumulivista
 
Messaggi: 10669
Iscritto il: 23/05/2008, 15:46

Re: Marchionne: «Senza l'Italia Fiat farebbe meglio»

Messaggioda franz il 26/10/2010, 20:58

ranvit ha scritto:Franz immagino sia chiaro che la produzione pro capite di vetture per dipendente dice poco. Dipende infatti dal grado di automazione e dal tipo di vettura che si fa!
Insomma, fondamentalmente non sono i lavoratori che determinano il numero di vetture prodotte ma la capacità dell'impianto a parità di vettura....fatta la tara degli scioperi, assenteismo etc etc. Sono solo questi ultimi gli elementi da valutare. Gli altri dipendono dall' impresa....
Del resto non mi pare che in Italia, Fiat a parte, a parità di modernità degli impianti, gli operai italiani producano meno che altrove.
Vittorio

Certo, ma anche lo sfruttamento dell'impianto ha il suo peso.
L'impianto brasiliano leggo che lavora 24 ore al giorno, con tre turni di 8 ore.
Ovviamente c'è una parte che viene triplicata (chi è sulla linea) ma ci sono altre componenti importanti che sono invece presenti una sola volta (gli amministrativi). Il totale degli addetti (operai e impiegati) e la loro produttività cambia se hai un solo turno, due oppure tre. Poi moltissimo dipende da come i tecnici organizzano il chain management e questo a sua volta funziona a seconda degli inconvenienti, delle assenze, delle interruzioni sporadiche. Una cosa è quindi la produttività teorica (quando tutto fila liscio ... ma quando?) ed altro è quella reale. E quest'ultima è determinata dalla tara che dicevi (appunto la differenza tra lordo e netto).

Franz
“Il segreto della FELICITÀ è la LIBERTÀ. E il segreto della Libertà è il CORAGGIO” (Tucidide, V secolo a.C. )
“Freedom must be armed better than tyranny” (Zelenskyy)
Avatar utente
franz
forumulivista
forumulivista
 
Messaggi: 22077
Iscritto il: 17/05/2008, 14:58

Se sette miliardi vi sembran pochi...

Messaggioda flaviomob il 26/10/2010, 22:06

ROMA (ottobre) - In Germania Sergio Marchionne sarebbe stato cacciato. Ne è sicuro il leader della Cgil Guglielmo Epifani. «Che cosa avrebbe fatto qualsiasi altro governo europeo? Avrebbe aperto un tavolo, chiamato azienda e sindacati e discusso delle prospettive future del gruppo. E alle parole di Marchionne avrebbero risposto con direzza», ha aggiunto Epifani, parlando a Firenze in chiusura dell’incontro organizzato dalla minoranza della Fiom Cgil.

«La Fiat - ha osservato Epifani - ha davanti scelte delicate. Pomigliano è l’ultimo dei suoi problemi. C’è da capire dove va il più grande gruppo industriale italiano. C’è una gigantesca questione di politica industriale che avrebbe spinto qualsiasi governo europeo a intervenire per sostenere e mantenere entro i confini nazionali la propria produzione. Noi siamo meglio di come Marchionne ci dipinge perchè altrimenti non saremmo il secondo paese manifatturiero al mondo».
«Nel nome della par condicio e anche del rispetto delle persone chiediamo che Fabio Fazio inviti alla trasmissione Il tempo che fa domenica sera i tre lavoratori licenziati dalla Fiat a Melfi che il giudice ha reintegrato sul lavoro perchè ha riconosciuto l’antisindacalità del licenziamento». Lo chiede Giorgio Cremaschi della Fiom. «Facendo conoscere, con lo stesso spazio che ha avuto Sergio Marchionne - dice Cremaschi - le condizioni reali di lavoro dei tre lavoratori che, secondo l’amministratore delegato della Fiat, avrebbero fermato 1.200 persone, si compie un atto di informazione e di senso civico. È bene che chi fa davvero il lavoro dei metalmeccanici faccia conoscere cosa vuol dire taglio delle pause e riduzione dei diritti. Per questo insistiamo che Fabio Fazio chiami nella sua trasmissione Giovanni Barozzino, Antonio Lamorte, Marco Pignatelli».

Negli ultimi 30 anni la Fiat ha ricevuto aiuti di Stato per oltre 7,6 milardi di euro: la Cgia di Mestre ha fatto i conti in tasca alla casa automobilistica torinese e alla luce di questi dati il segretario degli artigiani e dei piccoli imprenditori di Mestre giudica «ingenerose» le recenti dichiarazioni dell’ad Sergio Marchionne. «Sono poco più di 7,6 mld di euro i finanziamenti che lo Stato italiano ha erogato alla Fiat tra il 1977 e il 2009. Una cifra importante che ha toccato la dimensione economica più rilevante negli anni ‘80», sottolinea la Cgia.

Colannino: singolare silenzio Agnelli. «È singolare che coloro che possono parlare in nome e per conto di Fiat, cioè gli azionisti che hanno il controllo della Fiat società quotata in borsa, non abbiano detto ancora nulla». Lo ha dichiarato a Radio Radicale il deputato del Pd Matteo Colaninno, responsabile industria e finanza della direzione del Pd, interpellato sulle recenti dichiarazioni del Ceo di Fiat, Sergio Marchionne.«Il presidente della Fiat Elkann non è solo il presidente del Cda e quindi il legale rappresentante -- ma rappresenta anche l’azionista di controllo, Exor, e quindi colui che sta a monte di Exor,cioè la famiglia Agnelli. È singolare che coloro che esercitano un controllo di fatto e di diritto e che hanno la responsabilità sociale e imprenditoriale della proprietà dell’azienda verso il Paese non abbiano detto nulla sul futuro, ma anche sul presente e sul passato, dell’azienda».

http://www.ilmessaggero.it/articolo.php ... OMIA&ssez=


"Dovremmo aver paura del capitalismo, non delle macchine".
(Stephen Hawking)
flaviomob
forumulivista
forumulivista
 
Messaggi: 12889
Iscritto il: 19/06/2008, 19:51

Re: Marchionne: «Senza l'Italia Fiat farebbe meglio»

Messaggioda flaviomob il 26/10/2010, 22:22

“Il problema della Fiat non sono i lavoratori, manca una vera politica industriale”

Due docenti di economia all'Università di Torino, esperti di industria automobilistica, danno il loro giudizio sulle scelte produttive della casa torinese: "La questione è cosa produrre e dove"
Non solo lavoratori e produttività. I problemi della Fiat in Italia sono anche altri. Dopo le polemiche sorte in seguito all’accordo di Pomigliano, alle liti tra sindacati alle dichiarazioni di Sergio Marchionne, il dibattito sul futuro e sullo sviluppo della casa automobilistica torinese sembra incentrato sul costo del lavoro. Eppure due docenti di economia all’Università di Torino, esperti di industria automobilistica, Giovanni Balcet e Aldo Enrietti, sostengono che si debba spostare l’attenzione su altri fattori per migliorare la produttività degli stabilimenti italiani, che non portano “nemmeno un euro dei due miliardi” di utile previsto, stando l’amministratore delegato del Lingotto.

“A me sembra che in questo momento ci si concentri sull’organizzazione produttiva e sindacale, ma Marchionne stesso tempo fa disse che questo costo incide del 7-8% sul totale”, afferma Aldo Enrietti. “La questione non è solo da imputare ai lavoratori, che sono accusati di essere assenteisti, ma anche alle scelte di cosa produrre e dove”.

Anche Giovanni Balcet, autore di molte ricerche sulle strategie della Fiat a livello mondiale, non crede che il problema della globalizzazione possa essere interpretato “come un’unificazione dei mercati, in cui contano essenzialmente solo i differenziali nei costi del lavoro. Oggi – continua – l’oggetto della contesa non è tanto il costo del lavoro, quanto la sua produttività, la sua organizzazione e la questione della flessibilità”. Ma non solo. “Contano i volumi prodotti, la qualità e l’affidabilità dei modelli, le innovazioni di prodotto e di processo, i livelli di automazione, il marketing, la logistica”. Enrietti si concentra soprattutto sul “tipo di vetture da produrre in Italia. Bisogna realizzare veicoli di successo ed elevati volumi, ciò che succede in Polonia con la Cinquecento e la Panda, le cui vendite saturano la produttività. A Mirafiori invece si producono circa 170 mila auto di 4-5 modelli”.

Già, la Polonia, “dove – dice Marchionne – i nostri 6.100 dipendenti producono oggi le stesse auto che si producono in tutti gli stabilimenti italiani”.
“Il confronto è pertinente”, spiega Balcet “perché gli stabilimenti Fiat in Polonia sono integrati, con quelli italiani, nella macroregione europea”. Tuttavia da noi si fa sentire “l’impatto della crisi, la cassa integrazione e il basso livello di utilizzo degli impianti italiani nel 2009, anno a cui si riferiscono i dati”.

Lo spostamento della linea produttiva della piccola utilitaria Fiat a Pomigliano potrebbe essere una scelta buona per rendere l’Italia più produttiva e redditizia per l’azienda: “La Panda è un prodotto che fa volumi elevati – dice Enrietti -. Se ha successo come lo ha avuto finora si produrranno 270-280 mila vetture di un modello solo in un solo stabilimento. Lì il discorso della produttività può funzionare, come funziona a Melfi, lo stabilimento di punta in Italia, che sta nelle classifiche di produttività a livello internazionale”.

Da qui ad arrivare a emulare lo stabilimento Volkswagen a Wolfsburg, però, ce ne passa. “Nel 2009 ha prodotto più veicoli di tutti gli stabilimenti italiani nel loro insieme”, spiega Balcet, il quale specifica che si tratta di “un esempio di razionalizzazione e di alta produttività, in presenza di salari molto elevati e forti livelli di automazione. Anche il livello di istruzione e di formazione professionale dei lavoratori conta”

Wolfsburg “è la dimostrazione che non è solo il costo del lavoro a determinare la produttività. Se fosse questo il discorso, la Francia e la Germania avrebbero già sbaraccato”. Un elemento che caratterizza la fabbrica tedesca e la produzione di vetture di successo, “ma anche dal rapporto di cogestione e codeterminazione coi sindacati, che sono coinvolti nei processi”, ricorda Enrietti. Gli fa eco Balzet, che sottolinea la motivazione dei lavoratori e il loro coinvolgimento sul lavoro. “E una politica industriale degna di questo nome non guasterebbe”.

Politica industriale che però sarebbe difficilmente replicabile in Italia, dove ci sono conflitti tra azienda e sindacati o tra i sindacati stessi. “Non è possibile realizzarlo anche perché non c’è un quadro legislativo favorevole in Italia – afferma Enrietti -. Inoltre l’azienda ha deciso una strategia di imposizione. Non è nella direzione di uno scambio con le organizzazioni sindacali, cosa che implica una trattativa, ma è un un prendere o lasciare”.

Sull’idea lanciata da Marchionne di aumentare i salari i due docenti sono concordi: “E’ auspicabile, necessario e possibile, in funzione dell’aumento della produttività e grazie ai processi innovativi”, dichiara Balcet, mentre a Enrietti “sembra sensato l’aumento dei salari se cambia l’organizzazione, ma da qui a dire che potranno salire a livello dei paesi vicini ce ne passa…”

Andrea Giambartolomei

http://www.ilfattoquotidiano.it/2010/10 ... ale/73543/


"Dovremmo aver paura del capitalismo, non delle macchine".
(Stephen Hawking)
flaviomob
forumulivista
forumulivista
 
Messaggi: 12889
Iscritto il: 19/06/2008, 19:51

Re: Marchionne: «Senza l'Italia Fiat farebbe meglio»

Messaggioda Robyn il 26/10/2010, 22:25

Sinceramente non capisco perchè nel modello Pomigliano esistono i 4 e 6 giorni di lavoro e non la flessibilità ricavata nell'ambito dei cinque giorni,oppure perche lo straordinario è derelogamentato.Se qualcuno lo sà spiegare,bò"nessuno lo sà spiegare".La spiegazione che mi dò,è che o le forze riformiste nel nostro paese sono ancora confinate in limbi oppure c'è un problema di inciviltà.Oppure Marchionne abbia fatto così per imporre in seguito una flessibilità più ragionata.Se è così questo non era necessario perche l'idea della competitività era già maturata da molto tempo.Stà di fatto che i 4 e 6 giorni non sono un modello perche se nuovo modello deve essere questo deve essere compatibile con il tempo libero e con lavoro che non sia al limite delle enegie ciao robyn
Locke la democrazia è fatta di molte persone
Avatar utente
Robyn
forumulivista
forumulivista
 
Messaggi: 11398
Iscritto il: 13/10/2008, 9:52

Re: Marchionne: «Senza l'Italia Fiat farebbe meglio»

Messaggioda flaviomob il 26/10/2010, 22:49

Il Sole 24 Ore News
Produttività Fiat frenata da rigidità e domanda debole


Come indica la tabella, la produttività di Melfi nel 2009 era comparabile ai più efficienti impianti "nazionali" delle rivali francesi Peugeot e Renault (Volkswagen non fornisce questi dati). Pomigliano è in fondo alla classifica per un paio di circostanze – fine serie della 147 e forte calo di vendite per la 159: l'arrivo Panda con i volumi previsti dal piano Fabbrica Italia (270mila unità) la porterebbe ai livelli di Melfi, se non oltre. Cassino (che nel 2010 ha ripreso fiato con l'arrivo della Giulietta) e Mirafiori sono a livelli comparabili con gli impianti "medi" di Peugeot o Renault. Tychy in Polonia e Betim in Brasile sono ai vertici delle classifiche. A maggiore produttività non sempre corrispondono minori costi: la fabbrica rumena della Dacia, per esempio, ha un output per addetto relativamente basso perché prevede un maggiore utilizzo di manodopera a basso costo.

La bassa produttività di alcune fabbriche deriva anche dal calo delle vendite, legato in generale alla crisi del mercato europeo dal 2007 e per Fiat anche alla perdita di quote nei segmenti medio-alti (C e D, quelli dalla Bravo in su) mentre le vetture piccole di maggior successo - Panda e 500 - sono fabbricate in Polonia. Ancor più rilevante della produttività per addetto è il grado di utilizzo della capacità produttiva – rapporto fra capacità e auto effettivamente prodotte. Un recente rapporto di Ihs Global Insight attribuisce a Renault il peggior tasso di utilizzo in Europa al 62,8% medio, seguita da Fiat al 64,8% e da Psa (Peugeot-Citroen) al 67,4 per cento.

Dalla produttività in calo al rosso nei conti c'è ancora un po' di strada. La fabbrica che produce poche auto per addetto non è necessariamente la meno redditizia: se l'impianto è già ammortizzato, per esempio, pesa relativamente poco; la cassa integrazione aiuta ad alleviare i costi nel caso in cui la produzione scenda, come è successo negli ultimi due anni, sotto il livello di guardia. È per questo che, nonostante il problema della scarsa produttività e dell'obsolescenza degli impianti italiani sia di vecchia data, lo stesso Marchionne nei primi anni della sua gestione proclamò più volte: «Non chiuderò impianti in Italia».

Sulla redditività pesano anche fattori come la flessibilità del lavoro o le relazioni sindacali: è proprio a questi che Marchionne si riferiva quando domenica sera ha citato i numeri del World Economic Forum che colloca l'Italia al 113° posto per l'efficienza del mercato del lavoro. Quanto potrebbe guadagnare Fiat in termini economici da un accordo con i sindacati sulle condizioni di flessibilità e di governabilità degli impianti? Secondo Stefano Aversa, president di AlixPartners, «le concessioni richieste da Marchionne sono del tutto ragionevoli e sono già state ottenute da altre aziende industriali italiane; il loro impatto peraltro non sarebbe tale da cambiare in misura decisiva la posizione competitiva di Fiat Auto; altri fattori quali il costo dell'energia o la saturazione degli impianti hanno un impatto maggiore sulla efficienza industriale degli stabilimenti italiani». Gli fa eco Marco Santino, di A.T.Kearney: «In termini puramente finanziari l'impatto diretto sui margini di Fiat Auto di un accordo con i sindacati sulle nuove condizioni di gestione delle fabbriche non basterebbe a ribaltare le perdite del business auto in Italia, ma chiaramente diverrebbe un fattore abilitante per attrarre volumi, con un effetto domino su tutto il settore industriale italiano».

Proprio sui volumi punta il piano Fabbrica Italia, che punta ad aumentare la produzione di auto da 650mila a 1,4 milioni. La scommessa fondamentale è che la Fiat, queste 750mila unità in più, sia in grado di venderle.

http://www.italiandirectory.com/compone ... nda-debole

°°°°°°

Forse un dato che può aiutarci a capire perché Fiat abbia tutti i problemi che Marchionne lamentava nella sua intervista è quello del valore aggiunto. Il comparto della produzione di auto in Italia ha prodotto nel 2006 qualcosa come 927 miliardi di euro, un risultato che è pari a poco più di metà di quello francese (1627 miliardi di euro) e a un settimo di quello tedesco (6826 miliardi di euro). Sta qui il vero nocciolo della questione: se si vuole continuare a produrre autovetture a basso valore aggiunto è normale che in Europa occidentale non si possano realizzare sufficienti margini di profitto, probabilmente nemmeno con una scala di produzione molto grande. E anche se fosse possibile, non sarebbe saggio produrre autovetture di bassa fascia in Europa sapendo che queste hanno mercato soprattutto nelle economie emergenti. Se ne sono accorte molti anni fa quasi tutte le case automobilistiche continentali che hanno progressivamente spostato la produzione di utilitarie e di veicoli di fascia medio-bassa verso l’Est Europa, l’India e la Cina, conservando invece in casa le automobili che garantivano alti guadagni per unità di prodotto. Si tratta di una questione dirimente per capire quale strada vorrà prendere Fiat, sia nel suo complesso, sia per quanto riguarda i suoi stabilimenti italiani. Eppure proprio su questo Marchionne continua a essere evasivo, liquidando le domande scomode quasi con fastidio, o dando per scontato che dal cilindro dei creativi di Torino salteranno fuori quei 2-3 modelli di alta qualità capaci di annullare in poco tempo il gap di valore aggiunto che ci separa dagli altri paesi europei. La storia recente – si pensi alla Alfa Romeo 156 – non fa ben sperare a riguardo. Di una cosa però siamo certi: annunciare che, facendo un po’ di innovazione di processo e riorganizzando orari e turni, si produrrà la Panda in Italia pagando gli stessi salari che gli operai tedeschi percepiscono per produrre la Passat (che si vende a un prezzo più o meno triplo) è una presa in giro che i lavoratori italiani non si meritano….(continua *)

http://semidiceviprima.com/?p=9179


"Dovremmo aver paura del capitalismo, non delle macchine".
(Stephen Hawking)
flaviomob
forumulivista
forumulivista
 
Messaggi: 12889
Iscritto il: 19/06/2008, 19:51

Re: Marchionne: «Senza l'Italia Fiat farebbe meglio»

Messaggioda flaviomob il 26/10/2010, 22:55

Archivio cartaceo | di Vittorio Malagutti


Non è la crisi il problema della Fiat

Mentre avanzano i concorrenti europei, il Lingotto si affida al mercato americano. A Torino gli obiettivi cambiano sempre, così da rinviare il bilancio definitivo
In un’intervista al settimanale Panorama del dicembre 2006, Sergio Marchionne spiegò che la sua missione si sarebbe compiuta nel 2010 “quando faremo 5 miliardi di utile operativo”. L’amministratore delegato della Fiat si è sbagliato di 3 miliardi. Quest’anno il gruppo torinese chiuderà il bilancio con 2 miliardi circa di utile operativo. Certo, nel frattempo il mondo ha vissuto una catastrofica crisi industriale e due (General Motors e Chrysler) delle tre big americane si sono risollevate dal crac solo grazie agli aiuti del governo Usa. Da questa parte dell’Atlantico, però, altri concorrenti hanno fatto decisamente meglio di Torino.

La Volkswagen, per esempio, che nel 2006 aveva realizzato 2 miliardi di profitto operativo (quindi poco più di Fiat), quest’anno supererà quasi certamente quota 6 miliardi: nei primi 9 mesi è già arrivata a 4,8. E la francese Renault, reduce da una gravissima crisi, tra gennaio e settembre del 2010 ha visto crescere del 10 per cento le vendite di auto in Europa, mentre per Fiat il mercato continentale segna un calo del 12,3 per cento. Il gruppo francese nei mesi scorsi ha ripreso a macinare profitti a gran velocità, tanto che a settembre ha potuto rimborsare un miliardo dei tre ricevuti in prestito dal governo di Parigi ad aprile 2009.
Marchionne quindi, a quasi quattro anni di distanza da quell’intervista in cui fissava gli obiettivi, è ancora costretto a rincorrere. E allora non può fare altro che rilanciare. Il piano industriale per i prossimi cinque anni serve proprio a questo, ad alzare l’asticella degli obiettivi spostando più avanti nel tempo, almeno sul piano mediatico, l’inevitabile confronto con un mercato sempre più difficile.

Nascono da qui i discorsi sulla produttività, il confronto tra gli stabilimenti Fiat in Italia e quelli negli altri Paesi, in primis in Polonia. Perchè Marchionne ha fissato per il 2014 obiettivi a dir poco ambiziosi di redditività. Per il solo settore auto il margine operativo in percentuale sul fatturato dovrebbe crescere dall’1,5 per cento previsto per quest’anno fino al 4,7 per cento del 2014. E per guadagnare di più Fiat deve utilizzare la capacità produttiva dei suoi stabilimenti molto più di quanto non sia successo finora. Ma la produttività non basta.

Se Marchionne vuole davvero centrare il bersaglio deve però riuscire a vendere di più, molto di più rispetto a quanto stia facendo oggi. In che modo? “Modelli ce ne sono finché volete”, ha risposto l’amministratore delegato di Fiat a una domanda di Fabio Fazio nell’intervista trasmessa domenica sera. In effetti, il piano industriale prevede il lancio addirittura di 34 nuovi modelli, di cui 13 prodotti in Nordamerica negli stabilimenti Chrysler. Il gruppo torinese vuole innanzitutto aumentare la sua presenza nelle fasce medio alte di mercato, quelle dove i margini di guadagno sono mediamente più elevati. Il fatto è che finora si è visto poco o niente di tutto questo. Secondo Marchionne “non ha senso lanciare nuovi modelli in un mercato strutturalmente così debole”. Ma se il mercato è debole per Fiat, che nel solo mese di settembre ha perso in Europa il 20 per cento rispetto allo stesso mese dell’anno scorso, lo è decisamente di meno per alcuni grandi gruppi come Volkswagen (-4,3 per cento, Peugeot-Citroën (-6,6), Renault (-8,7). E pensare che secondo il piano industriale nel 2014 Fiat vorrebbe riuscire a piazzare in Europa almeno 2,15 milioni di veicoli, addirittura l’80 per cento in più di quelle vendute nel 2009, pari 1,23 milioni.

Come fare allora per toccare il traguardo dei 6 milioni di vetture prodotte e vendute in tutto il mondo indicato da Marchionne come il traguardo del 2014? Bisogna puntare sui Paesi emergenti. C’è il Brasile, forse l’unico mercato dove la casa torinese può sfoggiare risultati commerciali in miglioramento. Ma il grosso della crescita potenziale, quella su cui puntano tutti i grandi produttori, è attesa altrove. E cioè in Cina e India. Nel 2009, un anno a dir poco difficile per l’automobile, la produzione è cresciuta del 48,3 per cento in Cina e del 13 per cento in India. Sempre l’anno scorso in Italia le auto prodotte sono calate del 17,6 per cento e negli Stati Uniti addirittura del 34,3 per cento. Rotta verso est, allora, ma in Oriente Fiat è ancora molto lontana dai suoi principali rivali. Volkswagen e Peugeot-Citroën vantano già una solida presenza da quelle parti. Per non parlare della giapponese Toyota. Insomma, la strada da fare è ancora tantissima. E la meta al momento sembra così lontana da sembrare un miraggio. Forse per questo a Marchionne conviene parlare di Melfi e dei 10 minuti di pausa in meno. Per quel che valgono.

Da Il Fatto Quotidiano del 25/10/2010
http://www.ilfattoquotidiano.it/2010/10 ... piu/73620/


"Dovremmo aver paura del capitalismo, non delle macchine".
(Stephen Hawking)
flaviomob
forumulivista
forumulivista
 
Messaggi: 12889
Iscritto il: 19/06/2008, 19:51

Re: Marchionne: «Senza l'Italia Fiat farebbe meglio»

Messaggioda Robyn il 27/10/2010, 11:45

Bene non c'è risposta.Allora l'unico limbo si trova nel 27% della Fiom riformista ciao robyn
Locke la democrazia è fatta di molte persone
Avatar utente
Robyn
forumulivista
forumulivista
 
Messaggi: 11398
Iscritto il: 13/10/2008, 9:52

PrecedenteProssimo

Torna a Economia, Lavoro, Fiscalità, Previdenza

Chi c’è in linea

Visitano il forum: Nessuno e 1 ospite

cron