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Alitalia: salvataggio o fallimento?

Forum per le discussioni sulle tematiche economiche e produttive italiane, sul mondo del lavoro sulle problematiche tributarie, fiscali, previdenziali, sulle leggi finanziarie dello Stato.

Scalfari: le sorti magnifiche della cordata tricolore

Messaggioda franz il 31/08/2008, 11:54

Le sorti magnifiche della cordata tricolore
di EUGENIO SCALFARI

Ha detto Giulio Tremonti: "Il governo Prodi ci ha lasciato due disastri: l'immondizia di Napoli e l'Alitalia, oltre ad una situazione economica e finanziaria spaventosa. Il presidente Berlusconi ha risolto in 58 giorni il problema dei rifiuti e in 120 giorni ha salvato l'Alitalia. Noi abbiamo rimesso i conti a posto con la Finanziaria di luglio".

Giovedì è stato il giorno del trionfo e le celebrazioni sono continuate nei giorni successivi insieme a una pioggia di nuovi annunci sul federalismo, sulla sicurezza, sulla sanità, sulla scuola.

Ha parlato Berlusconi in tivù. Ha parlato Cicchitto. Hanno parlato Bossi, Calderoli, Maroni. Ha parlato Gelmini. Ha parlato Bombassei della Confindustria, anche lui magnificando la politica del fare rispetto a quella del dire e bruciando il suo chicco di incenso al culto berlusconiano. Qualcuno non ha mancato di indicare alla gogna i giornali "radical-chic" che si ostinano a non unirsi al coro e che comunque "non contano niente di fronte ai trionfali sondaggi di questo scorcio agostano".

Infine ha parlato anche Roberto Colaninno, presidente "in pectore" della nuova Alitalia, con un'intervista rilasciata al nostro direttore Ezio Mauro e pubblicata venerdì scorso. Un'intervista di grande interesse perché Colaninno spiega la filosofia imprenditoriale che ha indotto lui e altri quindici imprenditori italiani a impegnare oltre un miliardo di euro per salvare dal fallimento la compagnia di bandiera indipendentemente dalle opinioni politiche di ciascuno di loro.

Colaninno si è sempre proclamato di sinistra ed ha ribadito in quell'intervista la sua collocazione ma le sue opinioni politiche - ha detto - non hanno niente a che vedere con la sua visione imprenditoriale. L'Alitalia era un'occasione per mettere quella vocazione alla prova rischiando anche un po' di soldi (nel suo caso 200 milioni che non è poca cosa).

Questo ha fatto insieme ad altri suoi compagni di cordata. Chiede di esser giudicato sui risultati.

Alle domande criticamente incalzanti di Ezio Mauro ha risposto che non stava a lui di distribuire torti e responsabilità sul disastro Alitalia e neppure sui provvedimenti che il governo avrebbe preso per render possibile la nuova avventura della compagnia di bandiera. "Una cosa è certa" ha detto "l'Alitalia è fallita. Per farla rinascere bisognava liberarla dai pesi del fallimento. Ora si riparte da qui".

"Incipit nova historia".

La filosofia imprenditoriale è sempre stata questa, non è una scoperta di Colaninno e non ci stupisce. Neppure stupisce che quella filosofia si sia richiamata nel tempo con eguale vigore al libero mercato, al protezionismo, perfino all'autarchia, operando per salvaguardare il profitto d'impresa nelle condizioni storicamente date.

Il profitto (l'ho scritto più volte) è la sola variabile indipendente che l'impresa prende in considerazione ed è la sua unica modalità. In un sistema capitalistico le cose stanno così. La democrazia, cioè la sovranità popolare, può correggere questa filosofia capitalistica introducendovi dosi più o meno forti di socialità, di pari opportunità, di visione generale del bene comune.

Non è accettabile invece che la legittima vocazione imprenditoriale al profitto sia fatta passare per dedizione alla salvezza del Paese e alle sue "magnifiche sorti e progressive". Colaninno nella suddetta intervista ha battuto ripetutamente su questo tasto senza forse rendersi conto che, se si rivendica anche un ruolo di salvatori della patria ci si espone inevitabilmente all'esame delle "condizioni date" entro le quali l'operazione specifica avviene, chi ci guadagnerà e chi ne pagherà il conto.

Se ci si veste da salvatori bisogna rispondere alle critiche e non liberarsene con la frase "che altro può fare un imprenditore?".

L'imprenditore può fare tante cose tra le quali anche astenersi dal partecipare ad operazioni che hanno un contenuto eminentemente politico assai più che di vantaggio economico per la collettività.

L'imprenditore non è necessariamente un maniaco del fare. Se vuole anche la patente di salvatore, allora si rassegni ad ascoltare qualche opinione difforme dalla sua.

* * *

Francesco Giavazzi ha scritto sul Corriere della Sera di mercoledì un articolo sull'Alitalia nello stesso giorno in cui anch'io mi cimentavo con quell'argomento. La coincidenza e l'ispirazione sostanzialmente comune mi ha fatto piacere se non altro perché sarebbe difficile accusare Giavazzi, come pure Deaglio e Boeri, di bolscevismo e di radicalismo scicchettone.

Su un punto tuttavia le mie opinioni non coincidono con quelle di Giavazzi. Egli teme che la cordata di Colaninno si sia imbarcata in un'iniziativa troppo rischiosa. Io penso invece, come Deaglio e Boeri, che quei sedici "capitani coraggiosi" abbiano giocato sul velluto avendo ricevuto la staffetta nelle migliori delle condizioni possibili da un governo che sarà comunque (e forse per alcuni di loro è già stato) concretamente riconoscente.

Basta scorrere il decreto legge uscito dal Consiglio dei ministri di giovedì: divisione della vecchia Alitalia in due società, una "cattiva" con tutte le passività in testa allo Stato, l'altra libera come un uccello in volo e affidata ai privati; sospesi i poteri dell'Antitrust per sei mesi al fine di render possibile la concentrazione Alitalia-AirOne e instaurare il monopolio della tratta Linate-Fiumicino; salvaguardare la nuova Alitalia da ogni rivalsa dei creditori e dei dipendenti; consentirle di acquistare da una società fallita tutta la polpa (aerei, slot, diritti di volo, personale dipendente necessario); aprire un negoziato con i sindacati per portarli, già domati, a stipulare contratti nuovi col nuovo vettore.

Un caso tipico di socializzazione delle perdite e privatizzazione dei profitti, che sarà probabilmente esteso anche ad Air France o a Lufthansa se entreranno per una quota nell'Alitalia nascente.

Chi voglia confrontare l'accordo offerto dai francesi nel marzo scorso vedrà che le differenze sono macroscopiche. Allora non si parlava né di fallimento né di legge Marzano né di divisione in due società, ma dell'acquisto di Alitalia in blocco con i suoi debiti, i suoi dipendenti, la sua flotta. I francesi avrebbero anche pagato allo Stato un prezzo per le azioni e lanciato un'Opa per gli azionisti di minoranza. Avrebbero stanziato 2,600 miliardi per il primo rilancio e incluso Alitalia nel "network" Air France-Klm.

Berlusconi (ma anche Colaninno) hanno definito quell'operazione una svendita. Ma l'operazione attuale come si può definire? Tutti gli oneri allo Stato, tutta la polpa ai privati, Air France compresa se entrerà come azionista. Io direi che un'operazione così si definisce politica di immagine e imbroglio economico.

Sergio Romano, sul Corriere della Sera di ieri ha scritto che l'opposizione dovrebbe collaborare. Non riesco a capire per molti ed egregi opinionisti il ruolo dell'opposizione. Deve collaborare sulla sicurezza, sul federalismo, sulla giustizia, sulla legge elettorale, sulle riforme costituzionali, sulla scuola, sulla sanità. Ed anche su questo pasticcio dell'Alitalia.

Quello che non capisco è dove si può fare opposizione. Sulle fontanelle di quartiere, sindaci di destra permettendolo? Sarebbe interessante saperlo. In realtà si vorrebbe un'opposizione al guinzaglio, un'opposizione addomesticata. Non mi pare sia questo il suo ruolo in una democrazia liberal-democratica. Gli Usa insegnano.

* * *

Forse la parola imbroglio può sembrare eccessiva. Vediamo dunque da vicino alcuni lineamenti dell'operazione.

1. Gli esuberi previsti vanno da un minimo di cinquemila ad un massimo di settemila. Il ministro del "welfare", Sacconi (e prima di lui Berlusconi e Tremonti) assicura che nessun dipendente sarà lasciato per strada. Esistono infatti da quarant'anni alcuni ammortizzatori sociali, la cassa integrazione a zero ore e la mobilità permanente, per un totale di sette anni. Sacconi non inventa nulla che già non vi sia. Ma la cassa integrazione ha un suo plafond e non può estendersi all'infinito. Se si va oltre il limite bisognerà rifinanziarla o inventare nuovi ammortizzatori e nuovi finanziamenti. La questione va considerata con attenzione in tempi di crescita zero del Pil e di incombente disoccupazione.

2. Il governo prevede incentivi e detassazioni per le imprese private che assumano i licenziandi Alitalia. È evidente (Fassino l'ha ricordato ieri) che non si può limitare un provvedimento così anomalo al solo caso dell'Alitalia. Non si possono fare leggi speciali che valgano per un solo soggetto e non per altri. Perciò, se un provvedimento del genere sarà preso, bisognerà estenderlo a tutti gli esuberi che si verificheranno in futuro. Quanto costa una copertura di queste dimensioni?

3. Il governo prevede anche che i piccoli azionisti Alitalia siano indennizzati. Come e in che misura? Attingendo al fondo di garanzia creato per indennizzare i risparmiatori truffati dall'emissione di "bond" fasulli, tipo Parmalat, Cirio, "bond" argentini. Credo che quel fondo sia insufficiente a indennizzare gli azionisti Alitalia. Comunque la fattispecie è completamente diversa. Ma anche qui: se si adotta una strategia di questo genere bisognerà poi estenderla a tutti i piccoli azionisti travolti da crisi societarie. Lo Stato è in grado di assumersi una responsabilità di queste dimensioni? Intervenendo in questo modo mai visto prima sulla Borsa italiana? A me sembra una favola. Anzi l'ennesimo imbroglio.

4. È stato stabilito che gli azionisti della cordata Colaninno non potranno vendere le loro azioni nei prossimi cinque anni, passati i quali saranno liberi di fare quello che più gli sembrerà opportuno. Vedi caso: la scadenza è nel 2013 e coincide con la fine della legislatura. È molto probabile che il grosso dei soci della cordata, che niente hanno a che vedere col trasporto aereo, escano dalla società. Tanto più che avranno come consocio un vettore aereo internazionale, Air France o Lufthansa che sia. In questa vicenda il socio internazionale è destinato ad avere la stessa posizione della spagnola Telefonica in Telecom. È il solo che ne capisce ed è il solo che alla lunga resterà al timone. Ho già scritto che tutta questa vicenda mi ricorda il gioco dell'oca, quando si torna indietro alla casella di partenza. Alla fine avremo una compagnia guidata da un vettore internazionale perché non c'è più spazio in Europa e nel mondo per vettori locali nel mercato globale. La sola differenza sarà che il vettore internazionale avrà speso molto meno di quanto sarebbe avvenuto cinque anni prima.

Questa sì, sarà una svendita preceduta da un imbroglio. Le perdite allo Stato (cioè a tutti noi) i profitti ai privati, nazionali e stranieri. Un imbroglio che camuffa una svendita. La Frankfurter Allgemeine ha scritto ieri: "Un'operazione insolente contro il mercato e contro l'Europa". Ambasciatore Romano, l'opposizione deve collaborare?
(31 agosto 2008)
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Re: Alitalia: salvataggio o fallimento?

Messaggioda Ful il 31/08/2008, 12:11

Alitalia, i "coscritti" della Fenice in attesa dei 16 miliardi per Milano 2015
Hanno risposto al premier con una "puntata minima" che produrrà interessanti favori


Dagli aeroplani all'immobiliare
Le contropartite per l'operazione


Beretta (Confindustria): "Progetto ambizioso. Serve però un partner internazionale"
di ALBERTO STATERA


"ALZI la mano chi non sarebbe pronto a investire nell'Alitalia!" esclamò come sempre guascone Silvio Berlusconi il 7 giugno scorso dinanzi ai giovani industriali riuniti a Santa Margherita Ligure.

La sala plaudente di fans si fece repentinamente sorda e grigia, molti distolsero imbarazzati lo sguardo dall'amor loro interdetto sul palco e nessuno ebbe il coraggio di alzare né una mano né un dito. Neanche la neopresidente di Confindustria Emma Marcegaglia, la cui azienda di famiglia spicca oggi tra i magnifici sedici ardimentosi che si sono iscritti al club dei salvatori della patria, accettando di partecipare al "Pittoresco Capitalistico" che va sotto il nome di "Operazione Fenice", quella che dovrebbe far risorgere dalle ceneri l'ectoplasma della Compagnia di bandiera.

Pochi giorni dopo Santa Margherita moriva a Roma quasi novantenne, e non dal ridere, Umberto Nordio, l'ultimo presidente dell'Alitalia che firmò bilanci in attivo, ma che giusto vent'anni fa fu cacciato da Romano Prodi, allora presidente dell'Iri, perché era un po' troppo autonomo. Cos'è successo da quei primi giorni di giugno capace di coagulare la coraggiosa cordata che sfiderà guidata da Roberto Colaninno la legge di gravità oltre a quella del mercato? E' successo che uno stuolo di emissari politici sguinzagliati da Berlusconi, dal banchiere Gaetano Miccicché al factotum Bruno Ermolli, ha spiegato al colto e all'inclita, seppur ve ne fosse bisogno, che questa non è una faccenda qualunque, ma "è una delle partite che contano nel capitalismo italiano", come dice sempre Cesare Geronzi, impegnato a sua volta nella partita delle partite, quella che - Mario Draghi permettendo - lo dovrebbe portare al controllo assoluto di Mediobanca e della Galassia del grande potere finanziario da Trieste a Roma, da Milano a Torino, orfano ormai da anni di Enrico Cuccia. Chi resta fuori dalla partita Fenice non avrà da guadagnarci su altri ben cospicui fronti finanziari.

Così è nata la cordata dei patrioti coraggiosi, i 16 "coscritti" - ma quanti altri si accoderanno sull'onda della tremontiana economia sociale di mercato ? - disposti a fare gli azionisti "captive" del governo sotto le vesti di "cavalieri bianchi". In cambio di che? Con quale contropartita politica derivante dal rapporto privilegiato con Palazzo Chigi, che su rifiuti napoletani e Alitalia si è giocato la periclitante credibilità degli annunci? Eugenio Scalfari, Francesco Giavazzi, Tito Boeri, Franco Debenedetti e altri hanno già ritratto a grandi linee l'album di famiglia dell'"Operazione Fenice", che, nella migliore tradizione, è nutrita di politica, l'unica che sembra poter dare "dividendi", con la pubblicizzazione delle perdite e la privatizzazione dei profitti, a questo capitalismo che aborrisce di fatto, se non a parole, il libero mercato. Come vuole la religione monopolista e antimercatista del "Lider Maximo", nato a suo tempo sulla benevolenza di Bettino Craxi e di qualche loggia bancaria e oggi spalleggiato dall'ideologo Giulio Tremonti.

L'ha detta bene Michael O'Leary, patron di Ryanair: "Uno sport folle": l'interferenza della politica in Italia è uno sport folle. Cui i capitalisti nutriti di animal spirits, di shumpeteriana gagliardia, si acconciano con entusiasmo. Ne abbiamo almeno sedici nel "Pittoresco Capitalistico" che va in scena in queste ore, ma potrebbero ancora crescere, attratti dalle contropartite governative. Quali contropartite? Non scherziamo.

Altro che il Ponte sullo Stretto, di cui Benito Mussolini annunciò l'imminente inizio dei lavori settant'anni fa, ma che forse non si farà mai, o che comunque noi purtroppo non vedremo. C'è pronta la manna del 2015: l'Expò di Milano, la ex capitale morale che torna grande, maestosa, quasi da bere, come ai bei tempi. Scorri i nomi dei sedici ardimentosi e non ne trovi uno che non sia in attesa di assai lucrosi favori governativi.

Lasciamo stare per un istante Salvatore Ligresti, palazzinaro e assicuratore, già protagonista della Milano da bere e di quella in manette, i Benetton, Tronchetti Provera, Marcellino Gavio, i pubblici concessionari autostradali, i proprietari di aeroporti e stazioni, e gli altri i cui interessi, curati con affetto in cambio dell'intervento patriottico, sono evidenti: 16 miliardi pubblici d'investimenti e di relativi appalti per l'Expò destinati ai padiglioni, ma soprattutto a due autostrade, due metrò, una nuova tangenziale, stazioni, ferrovie e quant'altro.

Lasciamo stare Francesco Caltagirone Bellavista che con l'Ata ha mire consistenti su Linate e su altri cospicui business milanesi, dopo aver ristrutturato a Venezia il Molino Stucky. Tralasciamo anche Emilio Riva, l'acciaiere tradizionale supporter berlusconiano di ferro, e Marco Fossati che deve difendere il suo investimento in Telecom dalle mire spagnole. E, per carità, la Emma che, poveretta, è sulla graticola di Confindustria e ha Berlusconi che le fiata sul collo. Carlo Toto poi deve in qualche modo far volare quell'Airone zoppo e scalcagnato che ha sul gobbo. Claudio Sposito e Salvatore Mancuso, bontà loro, rispondono all'appello del premier con un "chip" milionario che, statene certi, produrrà interessanti favori governativi ai loro fondi.

Concentriamoci piuttosto su Davide Maccagnani, imprenditore ignoto ai più, che proprio incuriosisce. Ex titolare, presidente e amministratore delegato della Simmel Difesa, unico produttore in Italia di munizioni e di spolette di medio e grosso calibro per cannoni navali, oltre che di esplosivi, teste missilistiche, razzi e sistemi d'arma a razzo, questo Davide ha appena venduto l'azienda, con stabilimenti a Colleferro e ad Anagni, vicino Roma, agli inglesi della Chemring.

Di Davide, che si divideva tra Torino e gli stabilimenti laziali dove ci fu un'esplosione che provocò un morto e molti feriti, il "santino" del premio di un "Gran Galà Stampa" del 2003 ci racconta che "è uno dei più stimati e apprezzati capitani d'industria a livello intercontinentale, un industriale che si è fatto veramente da solo con notevoli sacrifici, con lo studio, con l'applicazione, con il coraggio e la grandissima perseveranza".

Che c'entra Maccagnani con l'Alitalia ? Non disperate, ha messo via i soldi degli inglesi che hanno comprato i suoi missili di Colleferro e ha messo in piedi una piccola immobiliare, la Macca srl. Volete vedere che la Macca, a dispetto della sigla casereccia, spunterà in qualche bell'affare edilizio milanese, visto che tra Scilla e Cariddi non si muoverà neanche un ciotolo? Del resto un produttore di teste missilistiche che subentrò anni fa alla Fiat e alla Snia BPD nel business delle armi deve avere ganci governativi e con i Servizi di primaria qualità. Ci riserviamo magari di chiederlo, se ci darà udienza, a Gianni Letta, il cui nipote Enrico in questa vicenda è stato il più realista: con l'"Operazione Fenice", stanno facendo un'altra Efim, l'ente voluto da Aldo Moro e Pietro Sette, la cui liquidazione costò ai cittadini italiani settemila o più miliardi del tempo.

Poi ci sono i fratelli Fratini, Corrado e Marcello, che facevano jeans in Toscana, area privilegiata di Denis Verdini, neocoordinatore nazionale di Forza Italia, l'uomo che fa venire il morbillo a Fabrizio Cicchitto, l'antico trotskista della sinistra lombardiana che, iscritto alla Loggia P2 come l'attuale capo Berlusconi, criticava Berlinguer da sinistra e che purtroppo tutte le sere ci tocca subire nei telegiornali nazionali. Ma ancora per poco, finché il suo capo toscano, con ottimi agganci di tutti i tipi a cominciare da quelli veri massonici, non metterà all'incasso il ruolo appena assunto al posto dell'ecumenico Sandro Bondi e quello svolto con Ermolli e altri nella leva dei coscritti Alitalia. Questi Fratini, insomma, un po' stufi degli stracci griffati, hanno messo su indovinate che? Un'immobiliare, la Fingen Real Estate. Chissà che la nuova nata non conquisti qualche appezzamento al sole ai confini della Brianza, sulle soleggiate terre dell'Expò 2015.

"Magliana ai magliari", ci dice sghignazzando un ex amministratore delegato che naturalmente non vuole essere citato, in onore al "Pittoresco Capitalistico" d'Italia. Non resta allora che un flebile e assai poco speranzoso interrogativo: sarà Colaninno a salvarci dal capitalismo intossicato dalla politica?
(30 agosto 2008)
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Re: Alitalia: salvataggio o fallimento?

Messaggioda pagheca il 31/08/2008, 13:00

ranvit ha scritto:E Alitalia è uno dei biglietti da visita dell'Italia. Perderla....perchè sta tranquillo che sarebbe stata cancellata....sarebbe stata una sconfitta del Paese. Ci sono momenti e situazioni in cui una politica puramente "ragioneristica" non è un fatto positivo.


Ne sei proprio certo? Prova a pensare a un paese senza compagnia di bandiera. Ti immagini un dialogo del genere?

A. Certo l'Italia e' un gran bel Paese, pero'...
B. Pero' cosa'?
A. Be', non ha una sua compagnia di bandiera... insomma... mi sembra che abbia perso parecchio smalto
B. Ah gia', non ci pensavo. E' veramente un peccato, in effetti. E pensare che c'e' quel bel clima, tutto funziona, le citta' sono ordinate, organizzate, gli aeroporti collegati bene con il centro e tutti sono cosi' gentili ed educati. Un paese moderno senza compagnia di bandiera. No, penso che quest'anno andro' in vacanza in Costarica.

Scusatemi, ma io penso che si debba resistere a dare per scontate cose cosi'. I biglietti da visita dell'Italia sono ben altri. Sono le leggi razziste contro i rom, l'incapacita' di confrontarsi con le regole (UE incluse, vedi proprio il caso Alitalia...), un amministrazione inefficiente e una politica di imbrogli permanenti Svegliamoci ragazzi! Hanno convinto la gente che il caso Alitalia e' un caso di Stato, e' l'ultima spiaggia, mentre le ultime spiagge sono altre e ogni giorno se ne perdono altre.

ranvit ha scritto:Come l'aumento delle tasse fatte dal governo Prodi/TPS : operazione ragioneristica che ha migliorato il bilancio dello Stato, ma ha fatto perdere a quel governo tutto il sostegno popolare che si è poi tramutato nello tsunami alle politiche.
Essere bravi ragionieri non è sufficiente per essere anche bravi statisti.

Tra l'altro, il mercato Alitalia c'è ed è sostanzioso, se si gestisce bene....senza accontentare politici e sindacalisti....c'è di che guadagnare.
Vittorio


Vittorio, ogni volta che si creano scorciatoie per salvare un azienda mettendo i debiti a carico dello stato si crea un''azienda ancora piu' pigra, piu' incline a vivere in un mercato dove le regole non esistono, o aliena alle regole, incline all'aiutino, si convince la gente che la soluzione non e' confrontarsi col mercato o perire (dando ad altri la possibilita' di coprire quell'area) ma trovare la scorciatoia giusta. La Olivetti vivacchiava con le vendite di computer impresentabili allo Stato. Sappiamo che fine ha fatto. La Fiat ha cominciato a funzionare non quando lo stato ha assorbito i suoi debiti con leggi come quella sulla rottamazione (o con i meccanismi di sempre) ma quando un manager serio ha affrontato il problema seriamente all'interno delle regole di mercato. Un'azienda che nasce in questo modo bizzarro vivra' o vivacchiera' in questo modo.

Se tu quando tuo figlio va male a scuola invece di cazziarlo protesti con i professori ti ritroverai con un figlio pigro, indifferente, poco incline ad adattarsi alla societa' vera.

L'ultimo e definitivo scandalo e' la sospensione dei poteri dell'Antitrust per 6 mesi per permettere l'unificazione Alitalia-Airone sulle tratte Roma-MIlano. Cio' vuol dire che c'e' un principio in Italia secondo il quale le regole vengono sospese quando serve. Valse nel caso di Retequattro e vale adesso per favorire una compagnia privata nei confronti dei suoi potenziali o veri concorrenti e creare un regime di monopolio. Mi chiedo se uno e' il proprietario di una compagnia aerea se questo metodo e' soddisfacente.

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Re: Alitalia: salvataggio o fallimento?

Messaggioda franz il 31/08/2008, 13:41

Ful ha scritto:L'ha detta bene Michael O'Leary, patron di Ryanair: "Uno sport folle": l'interferenza della politica in Italia è uno sport folle. Cui i capitalisti nutriti di animal spirits, di shumpeteriana gagliardia, si acconciano con entusiasmo. Ne abbiamo almeno sedici nel "Pittoresco Capitalistico" che va in scena in queste ore, ma potrebbero ancora crescere, attratti dalle contropartite governative. Quali contropartite? Non scherziamo.

Altro che il Ponte sullo Stretto, di cui Benito Mussolini annunciò l'imminente inizio dei lavori settant'anni fa, ma che forse non si farà mai, o che comunque noi purtroppo non vedremo. C'è pronta la manna del 2015: l'Expò di Milano, la ex capitale morale che torna grande, maestosa, quasi da bere, come ai bei tempi. Scorri i nomi dei sedici ardimentosi e non ne trovi uno che non sia in attesa di assai lucrosi favori governativi.

Ora capite perché non si vogliono intercettazioni telefoniche per i prossimi anni .......

Ciao,
Franz
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Re: Alitalia: salvataggio o fallimento?

Messaggioda lucameni il 31/08/2008, 14:59

Intercettazioni?
A mio avviso anche questo iperattivismo, ovviamente condito da una smaccata propaganda e da balle ripetute all'infinito per renderle "verità" incontrovertibile agli occhi e alle orecchie della cittadinanza, ha come fine quello di nascondere le vere priorità del nostro premier: mettere il bavaglio alla libera informazione, magari imbastendo una legislazione da sudamerica sull'onda emotiva (e la furbizia) di intercettazioni ininfluenti fatte uscire ad hoc.
Un giochetto sporco che sta riuscendo e che trova sponda anche nel PD e in quella sinistra che ha e avrà qualcosa da farsi perdonare.
Indulto docet.
L'importante è capirlo e non farsi infinocchiare.
Per Alitalia stesso concetto: per loro l'importante è sparare titoloni di giornale o nei Tg, ben sapendo che poi il cittadino comune si guarderà bene dall'approfondire la questione.
"D' Alema rischia di passare alla storia come il piu' accreditato rivale di Guglielmo il Taciturno" (I. Montanelli, 1994)
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Re: Alitalia: salvataggio o fallimento?

Messaggioda Ful il 31/08/2008, 18:37

franz ha scritto:Le sorti magnifiche della cordata tricolore
di EUGENIO SCALFARI

...
4. È stato stabilito che gli azionisti della cordata Colaninno non potranno vendere le loro azioni nei prossimi cinque anni, passati i quali saranno liberi di fare quello che più gli sembrerà opportuno. Vedi caso: la scadenza è nel 2013 e coincide con la fine della legislatura. È molto probabile che il grosso dei soci della cordata, che niente hanno a che vedere col trasporto aereo, escano dalla società. Tanto più che avranno come consocio un vettore aereo internazionale, Air France o Lufthansa che sia.
...Alla fine avremo una compagnia guidata da un vettore internazionale perché non c'è più spazio in Europa e nel mondo per vettori locali nel mercato globale. La sola differenza sarà che il vettore internazionale avrà speso molto meno di quanto sarebbe avvenuto cinque anni prima.

Questa sì, sarà una svendita preceduta da un imbroglio. Le perdite allo Stato (cioè a tutti noi) i profitti ai privati, nazionali e stranieri. Un imbroglio che camuffa una svendita. La Frankfurter Allgemeine ha scritto ieri: "Un'operazione insolente contro il mercato e contro l'Europa". ..http://www.repubblica.it


Ful ha scritto:Alitalia, i "coscritti" della Fenice in attesa dei 16 miliardi per Milano 2015
Hanno risposto al premier con una "puntata minima" che produrrà interessanti favori


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.... C'è pronta la manna del 2015: l'Expò di Milano, la ex capitale morale che torna grande, maestosa, quasi da bere, come ai bei tempi. Scorri i nomi dei sedici ardimentosi e non ne trovi uno che non sia in attesa di assai lucrosi favori governativi.

...


Nel 2013 ci sarà una "tana liberi tutti".
Tutti i soci saranno liberi di uscire dalla società di trasporto dopo aver potuto beneficiare di un clima di impunità grazie all'abolizione dello strumento d'indagine e controllo dei magistrati, dell'opposizione e dell'opinione pubblica.
Il vincolo di 5 anni a rimanere in società è garantito da questa legislatura e dall'ipoteca sulla prossima.
E' una grossa contropartita che accontenta anche la Lega, paladina della fu Alitalia e "padrona" di casa dell'Expo 2015.

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Re: Alitalia: salvataggio o fallimento?

Messaggioda franz il 01/09/2008, 11:07

l leader Cgil al governo: "Serve una trattativa vera. Le regole siano uguali per tutti"
"Quando Prodi approvò le norme pro labour Confindustria si fece sentire"

L'affondo di Epifani
"Il piano va cambiato"

di ROBERTO MANIA

ROMA - Nessun ultimatum. Come sempre Guglielmo Epifani usa i toni pacati, ma è altrettanto netta la sua strategia per affrontare una partita decisiva anche per il futuro del sindacato: l'ultima crisi dell'Alitalia con le nuove regole del gioco approvate dal governo Berlusconi, con la cordata di imprenditori italiani guidata da Roberto Colaninno e benedetta dalla Confindustria. E con i sindacati considerati i primi responsabili del mancato accordo con Air France.

Appena tornato da Denver, dove ospite dei sindacati americani ha partecipato all'incoronazione di Barack Obama, Epifani ha fatto il punto con la delegazione della Cgil che da oggi affronterà al ministero del Lavoro il negoziato per l'Alitalia. "Non possiamo accettare la logica del prendere o lasciare", ha detto il leader della Cgil impostando la trattativa. E sarà questa la risposta che arriverà al tavolo di Via Flavia anche all'advisor Corrado Passera per il quale senza l'accordo con il sindacato il progetto per la Nuova Alitalia rientrerà nel cassetto.

Le regole di una trattativa, per la Cgil, restano quelle di sempre. Anche se l'Alitalia è fallita, anche se il suo commissariamento è del tutto anomalo, anche se sulla carta c'è già una nuova compagnia, anche, infine, se è difficile immaginare un'alternativa che non sia baratro per i ventimila dipendenti della Magliana. "Bisogna negoziare. Ci vuole una trattativa vera", ha insistito Epifani. "Aprire un confronto a partire dal piano industriale". Poi ci sarà la gestione degli esuberi.

Ma c'è anche un altro fronte che ora interessa l'Alitalia e che domani potrà riguardare qualsiasi altra impresa in difficoltà: la possibilità di cedere rami d'azienda e anche di singoli lavoratori a un'altra società. "Nel decreto del governo - è allora la tesi di Epifani - ci sono problemi seri. Va rimesso a posto, cambiato". Perché il rischio è che di fronte a una fase di difficoltà un'azienda possa disfarsi di alcuni pezzi. È una questione che la Cgil ha già osteggiato all'epoca della legge Biagi.

Insomma la Cgil punta a un confronto a tutto campo: capire, da una parte, se l'obiettivo rilanciare l'Alitalia oppure ridimensionarla a un vettore regionale con scarse prospettive sul terreno della competitività e chiarire, dall'altra, tutte le implicazioni del decreto che ha fissato le nuove procedure fallimentari.

Ragionamento che vale anche per gli ammortizzatori sociali. Perché se per gli esuberi dell'Alitalia sarà possibile ricevere per quattro anni l'indennità di cassa integrazione e per tre, senza alcuna interruzione, quella di mobilità, indipendentemente dall'età e dalla regione di residenza, questo dovrà essere possibile per tutti gli altri lavoratori. "Le regole - sostiene Epifani - devono essere uguali per tutti".

Sul negoziato peserà, indirettamente, pure il ruolo degli industriali, quelli che hanno dato vita alla cordata, ma non solo. "Il loro atteggiamento - ha sostenuto Epifani - non mi stupisce. Conosco bene gli industriali italiani. In quella cordata c'è chi ci si è messo per una sfida, come Colaninno, ma pure chi lo fa visibilmente per altri fini (penso ai costruttori o agli assicuratori) e chi ancora con qualche conflitto di interesse (Benetton tra tutti).

E invece il successo di un'azienda, come insegnano i rilanci di Fiat e Piaggio, dipende proprio dalla concentrazione sul core business". Né si può dire che "le regole del gioco le fissa le politica e l'imprenditore si adegua". "Perché quando il centrosinistra ha approvato alcune norme pro labour la Confindustria si è fatta sentire, ha protestato. Eccome". Ecco, la Confindustria di Emma Marcegaglia, il cui gruppo è entrato nel capitale della Compagnia aerea italiana, e con la quale da domani si riparlerà della riforma dei contratti.

Ed è una critica forte quella che Epifani ha rivelato ai suoi: "Colpisce la disinvoltura della Confindustria rispetto al tema dei conflitti di interesse, delle leggi ad hoc. Mi pare più "adattabile", meno ferma sui principi di fondo rispetto a poco tempo fa".
(1 settembre 2008)
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ALITALIA: CHI HA PERSO LA SCOMMESSA

Messaggioda franz il 03/09/2008, 9:07

Da http://www.lavoce.info/articoli/pagina1000553.html

ALITALIA: CHI HA PERSO LA SCOMMESSA
di Michele Polo 02.09.2008

Presentato come una scommessa vinta per il paese, il Piano Fenice sembra invece un vistoso passo indietro rispetto alla proposta Air France-Klm, fatta naufragare in marzo. La nuova Alitalia sarà un vettore incentrato sul mercato italiano, con un sostanziale monopolio sulla rotta Milano-Roma per la fusione delle attività con Airone. In più, l'intera operazione è caratterizzata da un bassissimo grado di trasparenza. Ma a suscitare preoccupazione è soprattutto il modo in cui i media hanno affrontato la questione.

Conclusi i festeggiamenti, diradato il fumo dei mortaretti, raccolti i cocci di qualche magnum di champagne, è forse il momento di fare qualche semplice conto per valutare se la soluzione prospettata per Alitalia con il Piano Fenice e con la cordata di imprenditori, rappresenti per il paese un successo, “una scommessa vinta” nelle parole del premier Berlusconi. O non sia invece un vistoso passo indietro rispetto all’opportunità che fino a marzo era sul tavolo con l’offerta Air France-Klm, fatta naufragare dall’allora candidato premier Berlusconi e dai sindacati. Perché se è chiaro che la vicenda Alitalia non si è certo conclusa con le novità di questi giorni, ed è ancora appesa a molti elementi di incertezza, è altrettanto chiaro che la responsabilità politica che il centrodestra e i sindacati si sono assunti facendo naufragare l’operazione Air France non può che essere valutata alla luce dell’esito ora proposto.

IL PIANO AIR FRANCE-KLM

Il piano di Air France approvato dal consiglio di amministrazione di Alitalia il 15 marzo 2008 prevedeva l’acquisto di Alitalia, il mantenimento del marchio e la presa in carico della sua difficile situazione debitoria, con una valutazione bassa purtroppo in linea con il mercato. Questa avrebbe portato comunque nelle casse dello Stato circa 300 milioni di euro.

Il piano industriale, finanziato con un aumento di capitale per 1 miliardo di euro garantito da Air France-Klm, comportava l’abbandono di Malpensa come secondo hub nazionale e lo spostamento e rafforzamento di molti voli su Fiumicino, hub italiano del nuovo gruppo assieme a Parigi e a Amsterdam, e la cancellazione dei voli in perdita in Italia, Europa e nel resto del mondo, pur mantenendo una dimensione internazionale alla compagnia. La flotta Alitalia avrebbe subito una forte ristrutturazione con la progressiva dismissione dei vecchi vettori.
Il contenimento dei costi operativi era affidato anche allo spostamento di alcune attività di servizi a terra da Alitalia Servizi al nuovo gruppo con esuberi di circa 1.600 addetti e la progressiva chiusura della attività cargo fortemente in perdita. Meno chiari gli ulteriori esuberi dalla ristrutturazione dei servizi esterni al nuovo gruppo, che sarebbero rimasti a Fintecna. Il perimetro aziendale ed economico di queste attività esterne sembra tuttavia più ristretto rispetto alla bad company oggi in discussione

IL PIANO FENICE

Il Piano Fenice presentato in questi giorni separa le attività di Alitalia conferendo a una bad company le attività in perdita e la situazione debitoria, con una collocazione a oggi non del tutto definita se non nella certezza che i debiti di Alitalia, stimati in oltre 1 miliardo di euro, verranno a gravare sui contribuenti italiani. L’apporto di capitali freschi è comparabile a quello del progetto Air France, se la cordata di imprenditori italiani confermerà i propri impegni per circa 1 miliardo di euro.
Il piano industriale e il profilo strategico della nuova compagnia si allontanano invece fortemente dalla collocazione che Alitalia avrebbe avuto, nell’ipotesi francese, come parte di uno dei principali gruppi internazionali. L’Alitalia partorita dal Piano Fenice sarà un vettore incentrato sul mercato italiano e con una riorganizzazione dei voli interni su sei scali principali (Roma, Milano, Torino, Venezia, Napoli e Catania) e vedrà la fusione delle attività con il secondo vettore italiano, Airone, costituendo in questo modo un sostanziale monopolio sulla rotta Milano-Roma, il boccone più ghiotto del mercato italiano. Questo modello di business risulta per sua natura fortemente esposto alla congiuntura nazionale, in un paese che non brilla nel panorama europeo per i suoi tassi di crescita, e tende a competere nei collegamenti point to point con le compagnie low cost già oggi presenti su numerose tratte italiane. Per dirla in modo sfumato, al di là dei trionfalismi di questi giorni, il piano industriale proposto non costituisce una prospettiva di sicuro successo negli anni a venire.
Infine, la ristrutturazione e il contenimento dei costi porteranno a esuberi finora quantificati in 7mila unità, con l’applicazione di ammortizzatori sociali e ricollocazione in altre attività su cui per ora nulla è dato sapere.
Non a caso, gli imprenditori che partecipano alla cordata hanno posto alcune condizioni per unirsi alla partita: l’individuazione di un partner internazionale, presumibilmente Lufthansa o Air France, che comunque oggi manca, la sospensione della normativa antitrust nella valutazione dell’operazione, applicando per la prima volta l’articolo 25 della legge italiana, e la riforma della legge Marzano per favorire il passaggio dalla vecchia Alitalia ai due gemelli, il gemello buono che andrà alla cordata degli imprenditori italiani e il gemello cattivo, la bad company, in dote ai contribuenti.

CHI HA VINTO LA SCOMMESSA?

Oltre che per queste misure ad hoc, l’intera operazione resta caratterizzata da una bassissima trasparenza. Abbiamo a suo tempo criticato il modo poco trasparente con cui, sotto il governo Prodi, si era gestita l’asta e la ricerca di un acquirente. Ma va detto che quei passaggi sembrano aria cristallina rispetto agli ovvi interrogativi che ci si pone in merito ai rischi dell’operazione odierna. Operazione che entra in forte conflitto con le normative europee e gli impegni a suo tempo assunti da Alitalia con l’aumento di capitale del 2004 e con il prestito ponte di questa primavera. Come pensino gli imprenditori della cordata di coprirsi dai rischi di un intervento di Bruxelles non è dato sapere. Come non è chiaro se esistano tavoli di compensazione a cui almeno alcuni dei partecipanti alla cordata pensino di accedere nel proprio business principale in cambio della buona volontà dimostrata.
È notizia degli ultimi giorni che Air France ha manifestato un interesse a riaprire il dialogo e anche ad assumere eventualmente una partecipazione di minoranza. Tutto ciò non sorprende, dal momento che, rispetto al piano che aveva presentato a primavera, Air France si troverebbe a trattare senza doversi accollare i debiti di Alitalia, potendo contare su margini elevati nel mercato interno derivanti dalla posizione dominante che a compagnia acquisterebbe nel mercato interno attraverso la fusione con Airone, e con una riduzione del personale ben più ampia di quella che aveva inizialmente prospettato.
Per contro, i cittadini italiani pagheranno i debiti Alitalia e i costi sociali dell’assorbimento dei forti esuberi, e pagheranno più cari i biglietti sul mercato interno. Verrebbe da dire, per richiamare le parole del presidente del Consiglio, che a vincere la scommessa sarà probabilmente Cyril Spinetta, il capo di Air France, ma chi da oggi la scommessa l’ha già persa sono i cittadini italiani.
Un’ultima postilla a questa vicenda. Il semplice confronto tra quanto oggi viene prospettato agli italiani e quanto invece quattro mesi fa è stato fatto scientemente naufragare, tra il Piano Fenice e il piano Air France, non è rintracciabile, con pochissime eccezioni, sulla stampa italiana. Quasi nessuno tra i giornali di opinione ha ricordato in questi giorni cosa era la famosa “svendita” allo straniero, quasi nessuno ha messo il lettore nella condizione di formarsi una opinione se veramente la scommessa era vinta o persa. L’informazione ha presentato l’operazione Alitalia con un unanimismo, una mancanza di equilibrio e un appiattimento quasi aziendale che segnalano un problema grave per la formazione dell’opinione pubblica e per il pluralismo. Su questo occorrerà tornare al di là della vicenda Alitalia.
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Re: Alitalia: salvataggio o fallimento?

Messaggioda pagheca il 09/09/2008, 15:28

tra l'altro, perche' si e' aspettato l'ultimo momento per creare questa "cordata"? Forse per costringere il sindacato e le parti sociali ad accettare questa soluzione pur di scongiurare il fallimento definitivo della compagnia?

Alitalia and the taxpayer
On a wing and a taxpayer’s prayer
Sep 4th 2008 | ROME
From The Economist print edition
http://www.economist.com/world/europe/d ... N=52360348
A botched and expensive plan to salvage a beleaguered airline

WHAT price patriotism? In the case of Alitalia, Italy’s long-crippled flag-carrier, the answer is about €5 billion ($7.3 billion)—or some €125 for every one of Italy’s 40m taxpayers.

Even before the operation mounted by Silvio Berlusconi’s government to preserve the airline’s Italianita, €3 billion of public money had gone into it. The rescue, known as Operation Phoenix, will funnel Alitalia’s €1.2 billion debts and its least profitable bits into a “bad company” that is dumped on the Italian treasury. A report by the Bruno Leoni Institute, a liberal think-tank, concludes that “altogether, the cost to the state could reach almost €2 billion.” But press estimates have ranged a lot higher, and many details remain undecided.

On August 28th the cabinet offered to guarantee seven years of alternative employment or welfare protection to the 5,000 or so workers who stand to lose their jobs. The bill for this guarantee will emerge only after talks with the unions that began in earnest on September 4th (if the talks fail, that could torpedo the entire project). Nor is it clear if the treasury will ever get back the €300m it ploughed into Alitalia, at Mr Berlusconi’s request, in April.

And these are merely the quantifiable costs. Operation Phoenix rolls Alitalia’s main domestic rival, Air One, into the new company, stifling competition in Italy, particularly on the lucrative Rome-Milan (Linate) route. The government is exempting the new company for three years from restrictions imposed by Italy’s anti-trust authority. The plan also confirms the loss of Milan Malpensa’s hub status. Much inter-continental traffic from Italy’s industrial heartland will thus be routed through Frankfurt, Paris or London. Which of the three benefits may depend on the new company’s choice of foreign partner. Air France-KLM (which walked away from an earlier bid) and Lufthansa are both reported to be interested. But British Airways too has been sniffing around.
Reuters A costly goodbye to all that

The rationale of Operation Phoenix was never economic, however. Its aim was merely to honour Mr Berlusconi’s claim, made ahead of April’s election, that he had a better solution for Alitalia than the Franco-Dutch offer, which he termed “offensive” (but which would have relieved taxpayers of Alitalia’s debts). He insisted that a consortium of Italian entrepreneurs was waiting for its chance. After several months of delay, a syndicate has indeed been produced.

The 16 investors, who are said to be ready to put up €1 billion, are led by Roberto Colaninno, boss of the Piaggio scooter firm. His role appears to give the lie to claims that Mr Berlusconi has strong-armed cronies into backing the project, for Mr Colaninno is linked with the centre-left (indeed, his son is the opposition’s industry spokesman). “If you’re an entrepreneur, a challenge like this appeals to you, like a duty,” he told the daily La Repubblica on August 29th. Even union leaders have given him the benefit of the doubt.

But scepticism over the interests of his partners is rife. “I don’t know of any vegetarian tigers,” comments Marco Ponti, professor of transport economics at the Polytechnic University of Milan. “And I don’t know of any businesspeople ready to lose money for the sake of Italianita”. Like many Italian analysts, he suspects that they have been assured that, if things go wrong, the government will do them “favours in other areas”.

All this should be of keen interest to the European Commission. However, one of Mr Berlusconi’s first moves was to secure the transport portfolio there for a supporter, Antonio Tajani. Some of Alitalia’s rivals may yet complain to Brussels. But even before Mr Colaninno had arrived to explain Operation Phoenix, Mr Tajani had praised it for “favouring the [free] market and the principle of competition.”
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Re: Alitalia: salvataggio o fallimento?

Messaggioda annalu il 12/09/2008, 16:28

Dal Corriere.it:

STALLO NELLE TRATTATIVE, I SINDACATI: CI SONO «DIFFICOLTÀ INSORMONABILI»
«A queste condizioni niente trattativa»
Presa di posizione della Cai. Il ministro Sacconi: «Mobilità subito». Poi il governo concede un giorno ai sindacati

ROMA - La nuova Alitalia non decolla. Dopo il fallimento del tavolo di confronto e della mediazione durata tutta la notte al ministero del Lavoro, la Compagnia Aerea Italiana (Cai), la società che si era fatta carico di avviare un piano di salvataggio per la compagnia di bandiera, ha deciso che l'operazione non si può fare. «Cai prende atto, dopo sette giorni di incontri, che non esistono le condizioni per proseguire le trattative» annuncia un portavoce della società spiegando che «evidentemente non ci si rende conto della drammatica situazione di Alitalia e della necessità di profonda discontinuità rispetto al passato che il piano di salvataggio richiede». Non solo: in mattinata è stato fatto rientrare dalla sede della Magliana il team Cai incaricato di svolgere il lavoro di due diligence legato all'offerta. La due diligence è stata interrotta, anche se l'offerta non è stata formalmente ritirata. Nel frattempo, al ministero del Lavoro sono proseguiti gli incontri tra i ministri Maurizio Sacconi e Altero Matteoli, i sindacati confederali e l'Ugl: il governo ha deciso di concedere una giornata ai sindacati per formulare una eventuale proposta comune e di impegnarsi «affinché la situazione non precipiti con atti irreversibili del commissario o della Cai».

«SITUAZIONE AL PEGGIO» - Da parte sindacale arriva l'appello del leader della Cisl, Raffaele Bonanni: «Voglio sperare che Cai non dia forfait. Noi ce l'abbiamo messa tutta. Ci vuole senso di responsabilità anche da parte loro, oltre che da parte nostra e spero anche da parte del governo». E per il governo parla il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, secondo cui la vicenda «volge alle più negative conclusioni». Tuttavia, per il ministro, «la situazione è critica ma non definitiva», anche se «il margine di mediazione alle condizioni attuali credo sia esaurito».

VERSO LA MOBILITA' - L'intesa tra le parti sulle opzioni per il salvataggio di Alitalia già nelle prime ore della mattinata era apparsa difficile. Di più: secondo i sindacati, le distanze erano «insormontabili». Non a caso lo stesso Sacconi aveva detto di ritenere molto probabile l'avvio già in giornata delle procedure di mobilità per i lavoratori, precisando poi che «la macchina del commissario di Alitalia è inesorabilmente in moto». Tuttavia, dopo che il segretario generale dell'Ugl, Renata Polverini, aveva fatto sapere che la mobilità era stata annunciata per la giornata di venerdì, lo stesso Sacconi ha fatto sapere che il governo farà tutto il possibile per evitarla: «la mobilità non dipende da noi ma dal commissario. Io e il ministro Matteoli abbiamo accolto l'invito ad adoperarci per evitare atti unilaterali e per dare tempo ai sindacati di incontrarsi e formulare una proposta comune».
CONFRONTO A RISCHIO - Il confronto, in ogni caso, resta ancora formalmente aperto. E malgrado il vertice notturno tra rappresentanti sindacali, governo e la Cai (la nuova compagnia pronta a rilevare il vettore nazionale) abbia dato esiti negativi, i vari soggetti impegnati nella trattativa si sono di nuovo seduti attorno al tavolo. Assenza importante (e forse decisiva), quella della Cai. Proprio lo stop al confronto, secondo il leader della Uil, Luigi Angeletti, «significa che la firma non era vicina». Ore concitate e di grande apprensione, insomma. E chissà se sarà di conforto l'annuncio di papa Benedetto XVI che, in partenza da Roma su un aereo Alitalia, ha detto che da tempo le sorti della compagnia trovano posto nelle sue preghiere.

GLI ESUBERI - Intanto trapelano alcuni dei dati sugli esuberi presentati nella notte. Secondo quanto riferiscono fonti sindacali, il numero dei lavoratori considerati in eccesso dalla Cai sarebbe di oltre 5mila (ma il ministro Sacconi non ci sta: «Non mi risulta, non è mai emerso»), considerando anche le attività del gruppo per le quali è prevista una esternalizzazione. In particolare, per i piloti ci sarebbero mille esuberi dei quali 130 riguardano l'esternalizzazione delle attività cargo. I dati riguardano complessivamente sia i lavoratori per i quali è previsto il ricorso ad ammortizzatori sociali con una copertura per sette anni, sia i dipendenti di attività per le quali è prevista l'esternalizzazione con la cessione ad altre società. Guardando le singole categorie, sarebbero 1.600 gli esuberi previsti per gli assistenti di volo, 840 per gli operai della manutenzione leggera, 950 nei servizi di terra aeroportuali, 800 per le attività di manutenzione pesante concentrate negli stabilimenti Atitech di Napoli e 360 tra i dipendenti (non piloti) delle attività cargo da esternalizzare.

«MOBILITA' SUBITO» - Anche il ministro Maurizio Sacconi non è ottimista. «Le condizioni oggettive fanno temere il peggio», dice usendo dal ministero dopo la lunga mediazione nella notte con Cgil, Cisl, Uil e Ugl. Quanto alla possibilità che l'amministratore straordinario di Alitalia, possa avviare subito le procedure per la mobilità, il ministro ha indicato che «certamente» lo farà, probabilmente già da questa mattina, «perchè è tenuto a farlo, e non perchè lo diciamo noi o perchè sia nelle sue disponibilità decidere. Non ha voluto attivarla fino ad oggi, ma ritiene un suo dovere farlo». Sacconi ha fatto capire che nella notte si è stati vicinissimi al fallimento delle trattative con i sindacati sul piano per salvare Alitalia: «La rottura non c'è stata - ha detto - solo perchè alla fine è emersa un pò di buona volontà».

«MA COSI' SALTA IL CONFRONTO»- L'eventuale apertura della procedura di mobilità sarebbe però un grosso ostacolo al confronto tra le parti. Lo dice chiaramente Renata Polverini, segretario generale dell'Ugl, secondo cui un'eventuale azione in tal senso bloccherebbe di fatto ogni possibilità di intesa. «Il ministro del Lavoro ha garantito che si sono fermati gli orologi - ha evidenziato la Polverini - e quindi si sono fermati per tutti gli attori che partecipano al tavolo, e a mio avvio anche per Fantozzi. Mi pare difficile che avvii la mobilità, ma se la avvia non credo che ci sarà un negoziato che prosegue».

IL NODO DEI PILOTI - Intanto la vicenda si gioca anche sulle dichiarazioni rilasciate a margine degli incontri. Come quella di Corrado Passera, consigliere delegato di Intesa San Paolo, che sta dietro a Cai, secondo cui i lavoratori della compagnia «non si rendono conto della situazione in cui si trova Alitalia, in particolare i piloti». Una tesi che questi ultimi hanno però subito rirspedito al mittente: «Non siamocosì capricciosi o poco coscienti - sbotta Roberto Spinazzola, segretario generale dell'Unione Piloti -: l'offerta di Cai è prendere o lasciare e quanto e mille persone in esubero è un dramma non gestibile».

LE REAZIONI POLITICHE - Mentre dunque sul futuro di Alitalia si addensano nubi sempre più scure, dal mondo della politica arrivano le prime reazioni. E' il centrodestra a prendere la parola. Mentre Capezzone (FI) e Rotondi (Dca) mettono le mani avanti facendo sapere che un eventuale fallimento sarà da addossare alla responsabilità dei sindacati, il leghistaRoberto Calderoli mette l'accento sul fatto che in un modo o nell'altro la questione andrà a chiudersi, con sollievo per le casse pubbliche: «Quello che a me interessa - ha detto il ministro della Semplificazione - è quello che non pagheremo più per il sistema Alitalia, perchè fintanto che Alitalia è rimasta una cosa pubblica regolarmente abbiamo continuare a dare. Chiudiamo questa vicenda, che mi auguro si chiuda già oggi stesso, con la certezza che il cittadino non dovrà più dare una lira in futuro per Alitalia». Decisamente negativa l'opinione che, dal fronte Pd, arriva da Pierluigi Bersani: «Questo dell'Alitalia è un "prosciutto" che Berlusconi si è fatto per conto suo: ha promesso che c'era la cordata italiana e, poichè non c'era, per provare che invece esisteva si è messo a costruire norme su misura, bad company e new company, con il risultato di creare una piccola compagnia, non una nuova Alitalia ma una nuova Airone»

12 settembre 2008
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