Il lungo, travagliato cammino che portò all’abolizione della SCALA MOBILE conobbe due fasi cruciali, due tappe drammatiche quando io ero in attività sindacale, e quindi sulla linea del fuoco, come piccolo dirigente della CISL. Mi riferisco all’ accordo del 22-1-1983, sottoscritto con il ministro Scotti (governo Fanfani) da CGIL-CISL-UIL e al decreto del governo Craxi del 14-2-1984, il famoso decreto di S.Valentino, che diventò poi LEGGE 219 del 12-6-1984, legge sottoposta a referendum per iniziativa del P.C.I. IL 10-6-1985 e CONFERMATA DA TALE REFERENDUM.
Auguro a nessun giovane di intraprendere l’attività sindacale, senza ambizioni personali, per puro “gusto culturale” e spirito di servizio , e trovarsi “al fronte” in circostanze simili.
La mia linea di condotta poté in quegli anni apparire contraddittoria.
Infatti, quando si trattò di mettere mano per la prima volta alla scala mobile, per diminuirne la copertura, quando cioè iniziava il cammino che ci avrebbe portato, dopo molte tappe e molti combattimenti, all’ abolizione degli automatismi di contingenza, le tre grandi confederazioni, che volevano poter concordare con il governo il primo taglio, se la facevano sotto, spaventate dalla reazione della base dei lavoratori.
Furono indette consultazioni, che si svolsero in un clima infuocato, in tutti i luoghi di lavoro. I lavoratori dei Beni Culturali di Parma, riuniti in assemblea plenaria nella Biblioteca Palatina, rifiutarono la proposta confederale unitaria e votarono a grande maggioranza per mantenere inalterata la SCALA MOBILE.
Io mi schierai con la base, aumentando così il disagio del relatore-confederale-unitario, un dirigente territoriale della CGIL, che uscì con le ossa rotte da quella assemblea. I Beni Culturali di Parma votarono NO, e tanti altri lavoratori italiani fecero lo stesso.
Io ebbi paura, e sono fiero di averla avuta. Sentivo che rischiavamo di lasciare il certo per l’incerto, che i benefici futuribili annunciati erano molto dubbi, intuivo che si era arrivati al primo colpo di scardinamento del meccanismo, quel meccanismo che aveva permesso alla povera gente di sopravvivere con relativa sicurezza in congiunture economiche difficilissime. Decidere di assecondare la mia paura fu un atto d’amore, verso me stesso e verso il popolo che rappresentavo.
Questa mia posizione contraddittoria con la linea proposta e caldeggiata dalla leadership del mio sindacato mi procurò lì per lì il malumore del consiglio direttivo provinciale e dei miei “superiori”. In futuro questo mio comportamento sarebbe stato ricordato e citato per diffamarmi, in occasione di velenosi attacchi, in una torbida manovra tesa a farmi le scarpe. Dicevo che molti luoghi di lavoro optarono per il NO alla riforma, ma il SI prevalse. Speriamo che tutto, e dappertutto, si sia svolto democraticamente e correttamente, senza brogli né falsificazioni.
L’accordo patrocinato dal ministro Scotti quindi si poté fare, e divenne decreto.
Un anno dopo vi fu il drammatico decreto di S.Valentino, voluto anche dalla CISL, che produsse una ulteriore decurtazione della SCALA MOBILE. Questo decreto, dopo essere stato trasformato in legge, fu contestato da larga parte del Sindacato e del popolo italiano, fino al referendum che si svolse il 10-6-1985. Vinsero quel referendum Bettino Craxi, Pierre Carniti, Giorgio Benvenuto, Ottaviano Del Turco, e le loro truppe. Vinsi anch’io, soldatino di Pierre Carniti, che avevo ricevuto dal Grande Capo una lettera commovente e mi ero coinvolto nel combattimento, nella propaganda, dai capelli ai piedi.
Può apparire contraddittorio a prima vista il mio comportamento: nel 1983 sostenni che non si doveva toccare la SCALA MOBILE, e nel 1984-85 mi schierai invece per un forte contenimento della medesima. Cercherò di farmi capire, ho creato questo thread anche per questo.
(Continua)