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La strage delle cisterne killer 35 vittime in 4 anni

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La strage delle cisterne killer 35 vittime in 4 anni

Messaggioda franz il 12/09/2010, 9:50

DOSSIER
La strage delle cisterne killer
35 vittime in 4 anni

Pochi controlli e attrezzature inadeguate. "Colpa della spirale dei sub appalti"
di DAVIDE CARLUCCI

QUELLI che ne escono vivi devono ringraziare di aver messo da parte il loro senso istintivo di solidarietà operaia. Le cisterne killer, infatti, usano le loro prime vittime come esche per attirare le seconde. Una dinamica ricorrente, nella ricca casistica delle morti per asfissia registrata dalle cronache e dagli istituti che si occupano di sicurezza.

Negli ultimi quattro anni 35 operai sono morti così. Grandi tragedie che impressionano per il modo atroce con cui si consumano e per le stragi che determinano: i sei morti di Mineo, in provincia di Catania, che l'11 giugno 2008 stavano pulendo la vasca di un depuratore; i cinque che tre mesi prima a Molfetta, in Puglia, lavavano la cisterna di un camion; i tre addetti agli impianti di raffineria della Saras di Sarroch, in provincia di Cagliari, soffocati in pochi minuti nel maggio del 2009. Uno stillicidio che è proseguito fino al 25 agosto, quando nelle campagne di San Ferdinando, in Puglia, le esalazioni di gas hanno ucciso il 51enne Antonio Della Pietra, che s'era calato in fondo a una cisterna di acqua piovana profonda circa sei metri per impermeabilizzarla.

L'ingegner Vincenzo Bennardo, dei vigili del fuoco di Torino, fa un'accorata raccomandazione: "I lavoratori, quando non hanno dispositivi di protezione individuali che consentano di filtrare le esalazioni, devono vincere l'istinto di soccorre e chiamare noi". Ma perché silos e cisterne uccidono così frequentemente? Per Paola Agnello Modica, responsabile sicurezza della Cgil, la colpa è della "mancata valutazione dei rischi da interferenza". Ovvero? "Le aziende affidano le attività di manutenzione a ditte esterne. E burocraticamente ci si limita a considerare i pericoli per la sicurezza solo per pezzetti di lavorazione, non si guarda l'intera catena della produzione". Marcello Magarelli, avvocato, ha difeso le vittime di Molfetta nel processo che s'è chiuso a ottobre con tre condanne per i morti della Truck center, azienda che lavorava in subappalto per Fs Logistica: "Quella storia avrebbe dovuto fare scuola e invece non è servita a niente - commenta amareggiato - Le aziende continuano a non dare ai lavoratori le istruzioni necessarie.

I lavoratori di Molfetta non sapevano che c'era il rischio di inalare sostanze nocive, si calavano senza precauzioni e invece avrebbero dovuto agganciarsi a un cavo. Per evitare queste sciagure, è emerso durante il processo, basterebbe dotare le aziende di un semplice strumento chiamato esposimetro, già in dotazione dei vigili del fuoco: segnala con un suono la presenza di gas nocivi e costa solo 120-130 euro". Anche per lui il problema sono gli appalti: "Gli appaltatori dovrebbero verificare almeno che la società appaltante abbia i requisiti per operare. La società a cui Fs Logistica aveva affidato i lavori la pulizia o la bonifica delle cisterne non ce l'avevano neppure nell'oggetto sociale. Per controllarlo sarebbe bastata una visura camerale". Ora la procura di Trani vuole risalire ancora più in alto, nella catena di responsabilità, e ha chiesto il rinvio a giudizio di quindici persone, tra i quali anche dirigenti dell'Eni: non avrebbero evitato che lo zolfo caricato dai serbatoi di stoccaggio della raffineria di Eni di Taranto, ai quali attingeva la cisterna di Molfetta, fosse trasportato e messo in circolazione senza una preventiva valutazione dei pericoli derivanti dalla presenza dell'acido solfidrico nella stessa cisterna.

Del resto, sempre più spesso i pm, puntano alle responsabilità dei vertici delle aziende madri: la procura di Milano, estendendo agli infortuni la legge 231 sulla responsabilità delle persone giuridiche, sta iscrivendo nel registro degli indagati diversi dirigenti di società, dal presidente di Rfi Luigi Lenci a Franco Berti, titolare di una delle più importanti imprese italiane della logistica.

(12 settembre 2010)
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Re: La strage delle cisterne killer 35 vittime in 4 anni

Messaggioda franz il 12/09/2010, 10:15

Non credo che "la colpa" sia delle lavorazioni esterne.
O meglio, dipende dalla logica che ispira l'affidare un lavoro ad una ditta esterna.
Di solito lo si fa perché per fare un determnato lavoro servono specializzazioni particolari, non presenti in azienda.
Oppure perché sono lavori occasionali (una volta all'anno) e l'organico non puo' prevedere lavoratori assunti a tempo indeterminato per svolgere solo una settimana di lavoro.
La ditta esterna dovrebbe essere specializzata nel lavoro particolare che fa e conoscere tutti i rischi del lavorare nelle cisterne e soprattutto i lavoratori, visto che il principale rischio è loro. Se pero' l'affidamento a ditte esterne è fatto principalmente per puro risparmio, si cercherà la ditta che si fa pagare meno e questa avrà alla sue dipendenze personale poco qualificato e non sensibilizzato al rischio che corre. "Le aziende continuano a non dare ai lavoratori le istruzioni necessarie" si dice ed è vero indipendentemente che il lavoro sia interno che affidato all'esterno. L'affermazione "ci si limita a considerare i pericoli per la sicurezza solo per pezzetti di lavorazione, non si guarda l'intera catena della produzione" è corretta ma non riguarda il fatto che alcune lavorazioni siano esterne. Anzi proprio il concetto di sicurezza globale, su tutta la lavorazione, se correttamente applicato, permette di evitare gli incidenti sia nel caso che la lavorazione avvenga solo con personale interno, sia che avvenga con ricorso anche a ditte esterne. Nel caso di ieri a Capua, gli operai non erano esperti della bonifica di cisterne. Non era il loro compito. Dovevano solo smontare un'impalcatura. La cisterna doveva essere già stata bonificata. Ma cosi' evidentemente non è stato. Segno che chi ha lavorato prima ha lavorato male. Ha lavorato male la squadra di operai addetti alla bonifica ed ha lavorato peggio il responsabile che doveva controllare il lavoro. Ed ha lavorato ancora peggio i mangement della ditta appaltatrice della ditta appaltata che non hanno introdotto procedure di controllo e verifica a prova di incidente e gli strumenti necessari per operare in quelle situazioni. Un bel po' di anni di galera qualche dirigente se li merita ampiamente.
Ma non basteranno se la cultura della prevenzione non si fa strada in tutti, lavoratori compresi.
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