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Il fumogeno non coprirà il coraggio dei riformisti

Discussioni e proposte, prospettive e strategie per il Paese

Il fumogeno non coprirà il coraggio dei riformisti

Messaggioda franz il 09/09/2010, 9:51

Non è un duplicato della discussione sullo squadrismo.
Ma è sul coraggio dei riformisti, coraggio che una volta c'era (lama, tentin) ed oggi va rilanciato.
Franz


Raffaele Bonanni ha il torto di essere un sindacalista che firma le intese e le difende nelle assemblee. Anche di fronte a chi non è d'accordo. Non sfugge la dialettica: crede nei suoi argomenti, tenta di creare consensi anche quando l'aria si fa difficile. Ma di fronte all'intolleranza nemmeno un abruzzese tosto può far molto. L'assalto al palco di Torino, mentre parlava di lavoro e diritti, va condannnato. Qualcuno, anche dopo l'analogo episodio con il presidente del Senato Schifani ha parlato di «tutela del dissenso». Non c'entra un bel nulla: il dissenso è enzima in democrazia, ma tappare la bocca, insolentire, farsi forte tra bulli è il contrario del dibattito. Né basta a giustificare queste provocazioni che anche i potenti usino in questi giorni metodi spicci. Non è copiando il peggio della Casta che la piazza cambierà il paese. La violenza prima è verbale, poi chissà.

Sono tempi di tensioni e servirebbe essere seri anche da parte di chi fa per mestiere il commentatore sui giornali. Che senso ha, ad esempio, scrivere – come il Manifesto in conclusione di un corsivo contro l'ex ministro, ed ex segretario Fiom, Cesare Damiano "colpevole" di aver aperto alle richieste di Sergio Marchionne – «Datemi un martello». Un martello per fare che? «Per darlo in testa a chi non mi va» come cantava Rita Pavone? Per quanto siano tempi di veline e canzonette quel riferimento resta inquietante, né possiamo illudervi che qualcuno tra i facinorosi ricordi Pete Seeger e la sua bella ballata di protesta If I had a hammer.

La politica è alle prese con uno stallo tra partiti in cerca di voti e di risposte sulle emergenze dell'economia. È polarizzata tra gossip e conflitti istituzionali, senza una terra di mezzo in cui cercare le risposte ascoltando i suggerimenti della società. L'economia cerca soluzioni, anche dalla politica, per l'uscita da una crisi durata più del previsto e scatenata sui settori con violenza diversa. Nella terra di mezzo in cui politica ed economia non riescono a incontrarsi ci sono anche le relazioni industriali. È qui che azioni, passioni, sogni di altrettante vite lavorative si traducono in regole, in canoni condivisi, nello scambio antico tra fatica e denaro. Per tutti gli attori, ma proprio per tutti, il rinvio dei temi, la fuga dai problemi, non è più una risposta possibile.

La crisi ha fatto esplodere le contraddizioni dei partiti e delle parti sociali: per tutti è ora di cambiare. Si vedrà come – e in che tempi – la politica uscirà dall'impasse. Si vede invece come imprese e sindacati provano a rispondere alla sfida. Sergio Marchionne da manager globale, ponendo un problema di efficienza della contrattazione rispetto alle esigenze di una competizione planetaria. Dove si sta solo se si produce a certi ritmi e a certi costi.

Lo standard di Pomigliano, uno degli stabilimenti del Sud su cui la casa di Torino intende puntare nell'ambito del progetto di Fabbrica Italia (20 miliardi d'investimenti che forse troppo spesso ci si dimentica), non è in linea con quegli standard. È toccato ai rappresentanti delle parti rimettere in asse le regole di quel luogo. E così, con la buona volontà di Cisl, Uil e Ugl, è stato fatto.

La spinta di Marchionne, della Federmeccanica, della Confindustria va in quella direzione: per applicare le regole di Pomigliano occorre rivedere la cornice generale del contratto nazionale. Come del resto prevede anche la nuova architettura negoziale stabilita con l'accordo del 2009 in cui sono esplicitamente previste deroghe da calibrare a seconda delle esigenze di alcuni particolari settori produttivi. Accade già per la siderurgia e non è uno scandalo. L'importante è che la trattativa per la definizione dei contenuti si svolga con l'attenzione al merito dei problemi reali e non all'ideologia o al solo valore simbolico-politico di questa o quella vertenza. Vedere anche illustri menti accanirsi su cavilli e parlare di diritti nel deserto del lavoro amareggia. Sembra di tornare ai mandarini imperiali, smarriti con il loro corredo burocratico, davanti alla storia viva.

La svolta Fiat ha creato una nuova dimensione, un "luogo geometrico dei punti di conflitto" dove comporre la dialettica sociale ed economica. L'importante è che tutti i protagonisti siano all'altezza e partecipi, anche la Cgil. È comprensibile che la Fiom legata a Giorgio Cremaschi abbia convenienza a trincerarsi nella ridotta del no, parecchio distante dal confronto. A restare seduti in trincea ci si sente anche eroi perché – infine – non ci si batte mai, si evadono i problemi delle persone in nome di questo o quello slogan. Si incassa qualche successo, magari personale (o personalistico?) senza mai la responsabilità degli impatti economici delle proprie scelte. E quando proprio non si può fare a meno si entra in campo per interposta persona, come nel caso dell'autunno giudiziale promesso dalla Fiom che annuncia battaglia a colpi di ricorsi. Così guadagna il capocorrente, mai i lavoratori. E i coristi possono fingere di salvarsi la coscienza, senza il coraggio di chiedersi davvero: vogliamo che ci siano operai in Italia nel XXI secolo?

Guglielmo Epifani, riformista e razionale per storia e carattere, ha tentato di cambiare strategia, di vaccinare la Fiom con l'innovazione negoziale, ma alla fine ha dovuto assecondare le pulsioni massimaliste di un sindacato dei metalmeccanici, ormai diventato una anomalia nella mappa associativa della stessa Cgil. E chi ha memoria ricorda il sindacato di Lama, di Scheda, di Trentin, capace di riforme e di utopie, di accordi sul lavoro e discussioni sui Consigli, ma sempre nemico degli estremismi verbali. Ora toccherà a Susanna Camusso, che dalla Fiom viene, gestire la complessa partita dei rapporti tra Cgil e meccanici. Deve scegliere se restare incerta, mentre altri giocano la partita o se entrare in campo, nel campo delle regole della produzione globale, e imporre il proprio contributo, senza certo rinunciare alla propria identità, interloquendo con Confindustria e Federmeccanica. È quello che auspicano i non pochi riformisti alla Fausto Durante che in Fiom militano da sempre con il coraggio della buona volontà. È quello che suggerisce Cesare Damiano.

Il sindacato funziona se agisce sulle condizioni dei lavoratori, non se si arrocca sul no e lascia ad altri la decisione sulle sorti di fabbrica e persone. Nè ha senso immaginare un Vietnam nelle aule di tribunale o tantomeno prefigurare – come ha fatto intendere il segretario dei meccanici Cgil Maurizio Landini – una "rappresaglia" sulle piccole aziende del settore da mettere in conto Fiat (e chi ne pagherebbe il prezzo vero segretario Landini? Quelle Pmi che sappiamo così in affanno? I meccanici delle cinture? Che tristezza!). Sarebbe tattica ben grama quando in gioco ci sono investimenti colossali attraverso i quali passa anche l'immagine stessa del paese e la sua capacità di attrarre (o meno) investimenti produttivi. Alla lunga resterebbero i diritti da esercitare su un deserto. La Storia metterà di fronte alla prima presidente donna di Confindustria, Emma Marcegaglia, la prima leader donna della Cgil, Susanna Camusso. Hanno un'occasione storica, nei rispettivi ruoli, per modernizzare l'Italia, garantire imprese e operai, e provare in fondo che, nei momenti più difficili, l'altra metà del cielo se la cava meglio degli uomini.

di Alberto Orioli 09 settembre 2010 www.ilsole24ore.com
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Re: Il fumogeno non coprirà il coraggio dei riformisti

Messaggioda flaviomob il 09/09/2010, 23:16

Si produce a certi ritmi e a certi costi: benissimo, è il liberismo. A questo punto perché mantenere le fabbriche in Italia, se in Serbia, a pari ritmo (e qualità) un operaio guadagna 400 euro al mese? O in Cina magari la metà?
Chiudiamo tutto, domani.


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Re: Il fumogeno non coprirà il coraggio dei riformisti

Messaggioda trilogy il 10/09/2010, 0:03

penso che anche per confindustria è giunta l'ora di smetterla di prendere per i fondelli gli italiani... Partiamo da comportamenti fiscali trasparenti, poi misuriamo la produttività reale, poi vediamo cosa c'è da fare a vantaggio di tutti:imprese e lavoratori.

(..)Piccole e piccolissime aziende ricorrono a tutte le declinazioni della "flessibilità" per sopravvivere. Gli esperti segnalano per esempio che molte, per prudenza, potrebbero aver allineato quanto dichiarano al fisco e quanto segnalano all'Istat. Con l'obiettivo di non rischiare accertamenti sull'Irap o di non vedersi contestare una dichiarazione fatta sulla base degli studi di settore. Tutto questo fa calare il valore aggiunto "emerso" e quindi la produttività. L'amministrazione finanziaria ha segnalato anche che la sempre più diffusa internazionalizzazione permette di utilizzare i prezzi di trasferimento per accrescere i costi dei beni intermedi e contenere il valore aggiunto prodotto in Italia. Insomma anche le "frodi carosello", sebbene migliorino i conti, abbassano la produttività.(..)

fonte: http://www.ilsole24ore.com/art/economia ... fromSearch
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Re: Il fumogeno non coprirà il coraggio dei riformisti

Messaggioda franz il 10/09/2010, 8:54

flaviomob ha scritto:Si produce a certi ritmi e a certi costi: benissimo, è il liberismo. A questo punto perché mantenere le fabbriche in Italia, se in Serbia, a pari ritmo (e qualità) un operaio guadagna 400 euro al mese? O in Cina magari la metà?
Chiudiamo tutto, domani.

Questo sta già progressivamente avvenendo.
Ed i tecnici dicono che la qualità delle FIAT prodotte in Polonia è ottima.
Il ritmo è superiore (meno operai producono piu' vetture) e la qualità è superiore.
Perché mantenere una produzione in Italia? Se lo chiedono in molti, che non hanno compreso il progetto di Marchionne.
Perché per qualche modello puo' valere ancora la pena produrre vicino al luogo di acquisto.
O perché se FIAT abbandona l'Italia, potrebbero arrivare altri a colmare il vuoto.
Oggi FIAT non produce in Francia o Germania e le vetture tedesche e francesi non vengono prodotte in Italia.

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Re: Il fumogeno non coprirà il coraggio dei riformisti

Messaggioda Robyn il 10/09/2010, 9:43

La bassa produttività è dovuta a politiche economiche sbagliate fatte nel passato.Incidono sulla bassa produttività il basso costo del lavoro dovuto a contratti precari.Incidono negativamente la mancanza di formazione "che è il riflesso del basso costo del lavoro" e quindi la capacità di espletare bene un lavoro.La bassa produttività si accompagna a bassi consumi e quindi a bassi redditi.I Bassi consumi sono il riflesso della mancanza di sicurezza sociale e quindi di un'efficente rete di protezione sociale.I bassi consumi e la bassa produttività è dovuta l fatto che se la maggior parte del reddito se ne và in affitto mutuo assicurazione auto bollo utenze elettrica gas il reddito che rimane non è sufficente a stimolare consumi e quindi il risparmio che a sua volta è fondamentale per gli investimenti.La bassa produttività è dovuta a mancanza di ricerca.E il circolo vizioso della povertà che si chiude e dove i pochi ricchi imitano i comportamenti dei paesi benestanti.Il resto straordinari,ritmi etc sono solo delle trovate.Mi chiedo se federmeccanica Fiat e bonanni si rendano conto che i lavoratori sono persone a cui è assegnto per natura dei diritti oltre che dei doveri.La disoccupazione è frutto di queste politiche sbagliate.La detassazione degli straordinari è costata 180,000 posti di lavoro Ciao Robyn
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Re: Il fumogeno non coprirà il coraggio dei riformisti

Messaggioda Robyn il 10/09/2010, 10:30

Il problema è che sindacati conservatori e partiti conservatori,federmeccanica,Fiat credono di mettersi in competizione con i partiti della sinistra riformista.Ma dalle loro proposte si vede chiaramente che questi non sono riformisti ma solo conservatori dell'800.La bassa produttività dovuta a basso reddito ,quindi a lavoro dequalificato,a basso consumo non stimola la domanda interna di conseguenza gli ordinativi e il lavoro.Manca poi per la competitività la ricerca gli investimenti e l'innovazione di prodotto oltre che ad altre riforme strutturali.Se poi oltre a non capire questo si umenta il lavoro aggiuntivo per chi ha gia un lavoro è chiaro che l'occupazione non solo non cresce ma si perde anche
Ciao Robyn
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Re: Il fumogeno non coprirà il coraggio dei riformisti

Messaggioda pierodm il 10/09/2010, 14:49

Quale coraggio, di quali riformisti che agiscono per quali riforme?

Al di là della mole mastodontica di chiacchiere, di sdolcinature, di invettive, di minacce, di apologhi, l'unica cosa seria che sta al fondo di tutto è riassumibile in poche parole: la concorrenza internazionale al ribasso chiede di scegliere, o si accetta di allinearsi al livello socio-economico più basso, o ci si attacca al tram. Un ricatto, lo stesso eterno ricatto economico.
La possiamo infarinare in mille modi diversi, ma questo è.
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Re: Il fumogeno non coprirà il coraggio dei riformisti

Messaggioda franz il 10/09/2010, 18:39

pierodm ha scritto:Quale coraggio, di quali riformisti che agiscono per quali riforme?

Al di là della mole mastodontica di chiacchiere, di sdolcinature, di invettive, di minacce, di apologhi, l'unica cosa seria che sta al fondo di tutto è riassumibile in poche parole: la concorrenza internazionale al ribasso chiede di scegliere, o si accetta di allinearsi al livello socio-economico più basso, o ci si attacca al tram. Un ricatto, lo stesso eterno ricatto economico.
La possiamo infarinare in mille modi diversi, ma questo è.

In effetti ridotto all'osso la scelta è quella. Solo che il termine ricatto è improrio. Uno puo' essere ricattato se ha cose da nascondere (in questo si riassume il reato di estorsione) verso la moglie o altre persone che non devono sapere certe cose.
Una scelta sgradita non è un ricatto. E' una scelta difficile. Il famoso rospo da ingoiare, soppesando pro e contro.

C'è poi da dire che la scelta non è "solo al ribasso". L'Italia non l'unico paese sottoposto alla concorrenza internazionale.
Anche la Svezia, la Germania, la Svizzera, la Francia, il Belgio (per citare paesi ad alto costo del lavoro lordo) lo sono.
Tuttavia quei paesi hanno una struttura industriale fortemente competitiva, tanto che esportano molto piu' dell'Italia; investono in ricerca e sviluppo, hanno mano d'opera qualificata e quindi ben pagata, che produce merci di ottima qualità.
Hanno liberalizzato poste, telefoni, tv, ferrovie, mercato elettrico, mercato del lavoro, professioni, hanno scuole e sanità che funzionano meglio delle nostre, hanno metà del nostro debito. Loro possono competere mantenendo alto il livello socio-economico. Noi no, se non ci mettiamo su quella strada.

In fondo da noi cosa si puo' pretendere. Se la metà della manod'opera ha solo la terza media alle spalle, la concorrenza puo' essere solo al ribasso. Non si possono pretendere gli stipendi tedeschi.

Quindi tutto sommato la possiamo anche infarinare così: un popolo che dimostra cosi' tanta intelligenza da votare ed eleggere (per ben tre volte) Berlusconi, cosa mai puo' pretendere?

Franz
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Re: Il fumogeno non coprirà il coraggio dei riformisti

Messaggioda pierodm il 10/09/2010, 22:44

Il termine "ricatto" non è improprio, è soltanto antipatico, inaccettabile per chi vuole raccontarla come meglio gli conviene: noblesse oblige, questo è un altro dei privilegi di cui beneficia chi ha potere e status sociale.

Per il resto, abbiamo già dato, discusso e sorvolato. Viviamo nel migliore dei mondi possibili, nel modo migliore possibile, ed è da sciocchi stare a chiedersi se potremmo fare di meglio - poco conta se ci ricordiamo fugacemente che, con questo criterio, staremmo ancora ad accendere il fuoco con la meravigliosa pietra focaia, sulla soglia delle stupende caverne.
O no?
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Re: Il fumogeno non coprirà il coraggio dei riformisti

Messaggioda franz il 10/09/2010, 23:19

pierodm ha scritto:Il termine "ricatto" non è improprio, è soltanto antipatico, inaccettabile per chi vuole raccontarla come meglio gli conviene: noblesse oblige, questo è un altro dei privilegi di cui beneficia chi ha potere e status sociale.

Per il resto, abbiamo già dato, discusso e sorvolato. Viviamo nel migliore dei mondi possibili, nel modo migliore possibile, ed è da sciocchi stare a chiedersi se potremmo fare di meglio - poco conta se ci ricordiamo fugacemente che, con questo criterio, staremmo ancora ad accendere il fuoco con la meravigliosa pietra focaia, sulla soglia delle stupende caverne.
O no?

Mah, lo hai detto tu stesso. Io (come milioni di abitanti dell'europa centrale)si.
In Italia, grecia, potogallo e turchia molto meno.
Il perché della differenza non è dovuto alla sfiga o alla maledizione di montezuma.
Ma al perseverare degli errori.
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