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Precariato

Forum per le discussioni sulle tematiche economiche e produttive italiane, sul mondo del lavoro sulle problematiche tributarie, fiscali, previdenziali, sulle leggi finanziarie dello Stato.

Precariato

Messaggioda franz il 03/09/2010, 9:38

Intendendo come precariato i contratti di lavoro dipendente a termine (non a tempo indeterminato) la situazione italiana vede il 12.05% di precariato. (vedere dati ISTAT)
Noto che sulla base dei dati ieri annunciati sulla scuola (760'000 docenti, 170'000 precari) la percentuale risultante è del 22.37%. La scuola sembra avere quindi un'abbondanza di contratti a termine, frutto dell'elevato assenteismo nel mondo della scuola che si riassume in 18 giorni di assenza all'anno per malattia e altre assenze (ferie escluse dal computo).
Considerato che a scuola si lavora solo 9 mesi all'anno, quei 18 giorni sono equivalenti ad un mese di assenza ogni anno scolastico e quindi occorre un esercito di supplenti per garantire continuità didattica. Questo soprattutto perché le assenze non sono distribuite in modo uniforme ma sono concentrate in alcuni periodi dell'anno, strananamente coincidenti con le vacanza natalizie e pasquali o in geerale con il periodo invernale (anche per ovvi motivi legati ad inflenze e malattie staginali).

Lasciando perdere per ora la scuola, è Interessante il confronto generale con altri paesi europei. Noi on siamo distanti dalla media europea ma ci distiguamo per l'uso ripetuto di contratti a termine sulla stessa persona. Mentre da noi osservando le modifiche dei rapporti di lavoro in 4 anni, l'82.7% è sempre stabile (sempre contratti a tempo indenterminato), questa % sale al 90.3% nel regno unito, definto come l'economia piu' free e liberale. Grecia (71) e Spagna (67.5%) ci indicano che esiste come spesso osserviamo un gradiente nord sud, rafforzato dal fatto che Francia, Germania sono attorno all'88%. Facendo il complemento a 100 di quelle percentuali troviamo la mole di lavoro a termine nei vari paesi in un periodo di osservazione di 4 anni consecutivi:
18% in Italia, 10% un UK, 12% in Francia e Germania, quasi il 30% in Grecia, quasi il 33% in Spagna.
Come facciamo a fare in modo che l'Italia sia piu' vicina a Germania, Francia e UK?

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Re: Precariato

Messaggioda chango il 05/09/2010, 13:17

franz ha scritto:Lasciando perdere per ora la scuola, è Interessante il confronto generale con altri paesi europei. Noi on siamo distanti dalla media europea ma ci distiguamo per l'uso ripetuto di contratti a termine sulla stessa persona. Mentre da noi osservando le modifiche dei rapporti di lavoro in 4 anni, l'82.7% è sempre stabile (sempre contratti a tempo indenterminato), questa % sale al 90.3% nel regno unito, definto come l'economia piu' free e liberale. Grecia (71) e Spagna (67.5%) ci indicano che esiste come spesso osserviamo un gradiente nord sud, rafforzato dal fatto che Francia, Germania sono attorno all'88%. Facendo il complemento a 100 di quelle percentuali troviamo la mole di lavoro a termine nei vari paesi in un periodo di osservazione di 4 anni consecutivi:
18% in Italia, 10% un UK, 12% in Francia e Germania, quasi il 30% in Grecia, quasi il 33% in Spagna.
Come facciamo a fare in modo che l'Italia sia piu' vicina a Germania, Francia e UK?

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il modo per ricondurre ad un uso corretto le forme di lavoro dipendente a termine (e in generale ad un uso corretto delle diverse tipologie contrattuali) è rendere il ricorso a tale lavoro sconveniente: la temporaneità del lavoro deve fare sì che quel lavoro costi di più.

concretmanete lo si può fare prevedendo un indenntià (proprizionale alla durata) da pagare obbligatoriamente (tranne che in caso di licenziamento per giustificato motivo) al lavoratore che è stato assunto a tempo determianto all scadenza naturale del contratto.

per evitare che il costo dell'indennità si trasformi in salari più bassi andrebbero anche definiti dei salari minimi.
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Re: Precariato

Messaggioda franz il 05/09/2010, 14:37

chango ha scritto:il modo per ricondurre ad un uso corretto le forme di lavoro dipendente a termine (e in generale ad un uso corretto delle diverse tipologie contrattuali) è rendere il ricorso a tale lavoro sconveniente: la temporaneità del lavoro deve fare sì che quel lavoro costi di più.

O che costi uguale. Comunque eviterei di demonizzare il lavoro a termine.
Per prima cosa, esso seve all'economia un po' in tutto il mondo. Meno in UK, molto di piu' in Grecia, Spagna, Italia.
Stranamente, se ne fa un ricorso inferiore nei paesi piu lib e free e maggiore in quelli ingessati e iper-regolamentati.
Ma comunque serve. Ha una ragion d'essere. Poi in alcune nazioni ed alcuni settori se ne abusa. Bisogna capire perché.
A grandi linee direi che rapprensenta una scorciatoia per aggirare le rigidità del resto del mercato dove esso è rigido.
Non mi meraviglia quindi vedere che dove l'economia è free l'utilizzo dei contratti a termine sia ridotto.
chango ha scritto:concretmanete lo si può fare prevedendo un indenntià (proprizionale alla durata) da pagare obbligatoriamente (tranne che in caso di licenziamento per giustificato motivo) al lavoratore che è stato assunto a tempo determianto all scadenza naturale del contratto.

per evitare che il costo dell'indennità si trasformi in salari più bassi andrebbero anche definiti dei salari minimi.

Bisogna capire per quale motivi serve un contratto a termine nei casi ordinari (a parte quindi gli abusi legati alla necessità di aggirare rigidità del mercato).
Posso fare alcune casistiche:
1) sostituire un lavoratore in malattia lunga (alcuni mesi) oppure una lavoratrice in maternità.
2) gestire un periodo straordinario di super lavoro ma che non è garantito che duri.
3) progetti temporanei di ristrutturazione o complessi inventari di magazzino, progetti che hanno un termine.
Mi chiedo per quale motivo dovrei pagare di piu' (o di meno) per avere manod'opera a termine. Si deve pagare il giusto ed il giusto è determinato (come per tutti i lavoratori) dalle reali conoscenze (know-how) del dipendente, non da minimi e massimi imposti per legge per un tipo di contratto.

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Re: Precariato

Messaggioda chango il 05/09/2010, 15:36

franz ha scritto:O che costi uguale. Comunque eviterei di demonizzare il lavoro a termine.


nessuna demonizzazione del lavoro a termine, ma la semplice richiesta di un suo utilizzo corretto.

franz ha scritto:Per prima cosa, esso seve all'economia un po' in tutto il mondo. Meno in UK, molto di piu' in Grecia, Spagna, Italia.
Stranamente, se ne fa un ricorso inferiore nei paesi piu lib e free e maggiore in quelli ingessati e iper-regolamentati.
Ma comunque serve. Ha una ragion d'essere. Poi in alcune nazioni ed alcuni settori se ne abusa. Bisogna capire perché.
A grandi linee direi che rapprensenta una scorciatoia per aggirare le rigidità del resto del mercato dove esso è rigido.
Non mi meraviglia quindi vedere che dove l'economia è free l'utilizzo dei contratti a termine sia ridotto.


forse più che l'essere paesi ingessati o free, la differenza è il peso che il tursismo, in particolare quello stagionale, ha nei singoli paesi: Italia, Spagna e Grecia sono frequentatissime mete per le vacanze esitive, il ricorsco a contratti a termine (stagionali) può offrire una parziale spiegazione "legittima" per un utilizzo così frequente.

per quanto riguarda l'Italia, se si vuole discutere di precariato, non si può prescidnere dall'alto numero di partite iva monocommittenti (formalmente lavoratori autonomi, sostanzialmente dipendenti) esistenti.
il mercato del lavoro italiano, è molto meno rigido di quanto si racconti, anche tenendo conto dell'alta incidenza che c'è tra le nuove generazioni di forme di contratto "flessibile" e della diffusione delle piccole imprese che sono esenti da determinati "costi".


franz ha scritto:Mi chiedo per quale motivo dovrei pagare di piu' (o di meno) per avere manod'opera a termine. Si deve pagare il giusto ed il giusto è determinato (come per tutti i lavoratori) dalle reali conoscenze (know-how) del dipendente, non da minimi e massimi imposti per legge per un tipo di contratto.

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pagare di più un lavoro temporaneo è giusto sia in termini di maggiori rischi per il lavoratore (alla scadenza del contratto si trova senza reddito) sia come strumento per scoraggiare l'utilizzo distorto di una determianta forma contrattuale.

il minimo salariale è previsto sia negli USA che in UK. paesi free.

il salario (non quello "giusto", ma quello che si percepisca concretamente nella realtà) non è determinato dalle reali conoscenze di un lavoratore, ma dai rapporti di forza tra i contraenti.
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Re: Precariato

Messaggioda franz il 05/09/2010, 16:27

chango ha scritto:nessuna demonizzazione del lavoro a termine, ma la semplice richiesta di un suo utilizzo corretto.

Perfettamente d'accordo ma rendiamoci conto che il corretto utilizzo dipende anche dalle rigidità legate all'88% di lavoro a tempo indeterminato. Sono uno il rovescio della medaglia dell'altro.
chango ha scritto:forse più che l'essere paesi ingessati o free, la differenza è il peso che il tursismo, in particolare quello stagionale, ha nei singoli paesi: Italia, Spagna e Grecia sono frequentatissime mete per le vacanze esitive, il ricorso a contratti a termine (stagionali) può offrire una parziale spiegazione "legittima" per un utilizzo così frequente.

Vero. Strano che pero' da noi solo il 12% mentre grecia e spagna sono piu' del doppio. Abbiamo perso la vocazione turistica? Oppure da noi il nero è la formula piu' usata, che sfugge ad ogni statistica comparativa?
Da considerare poi che gran parte dell'ultilizzo dei contratti a temine in Italia pare essere quelo del maggior datore di lavoro italiano (lo Stato, con scuola e sanità).
chango ha scritto:per quanto riguarda l'Italia, se si vuole discutere di precariato, non si può prescidnere dall'alto numero di partite iva monocommittenti (formalmente lavoratori autonomi, sostanzialmente dipendenti) esistenti.
il mercato del lavoro italiano, è molto meno rigido di quanto si racconti, anche tenendo conto dell'alta incidenza che c'è tra le nuove generazioni di forme di contratto "flessibile" e della diffusione delle piccole imprese che sono esenti da determinati "costi".

Piu' che discutere sulla rigidità, che nel rapporto di lavoro dipendente è quello che ISTAT dichiara (12% a termine, 88% a tempo indeterminato) dovremmo discutere della dualità che si è creata. Su un totale di 22.758'000 lavoratori abbiamo che i dipendenti a tempo pieno sono solo 12.791'000. Possiamo quindi dire che tra tempo parziale, a termine e indipendneti, abbiamo quasi il 46% di lavoratori "flessibili". Anche questo dato, amio avviso abnorme, dipende dalla eccessiva rigidità di una parte del mercato del lavoro. Non lo dico mica solo io. Lo dice tutta l'economia, Banca D'Italia compresa.
chango ha scritto:il salario (non quello "giusto", ma quello che si percepisca concretamente nella realtà) non è determinato dalle reali conoscenze di un lavoratore, ma dai rapporti di forza tra i contraenti.

In Italia, forse. Perchè i mercati sono bloccati ed ostacolati e perché la manodopra italiana è poco qualificata e quindi ha poco da pretendere sul piano della contrattazione. La realtà fuori d'Italia è diversa. Maggiore qualificazione professionale, salari piu' elevati. Chi lavora bene ed ha conoscenze adeguate al lavoro viene subito assunto a tempo indeterminato, massimo dopo un breve periodo di pratica (un anno).

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Re: Precariato

Messaggioda chango il 05/09/2010, 17:08

franz ha scritto:Perfettamente d'accordo ma rendiamoci conto che il corretto utilizzo dipende anche dalle rigidità legate all'88% di lavoro a tempo indeterminato. Sono uno il rovescio della medaglia dell'altro.


il corretto utlizzo dipende anche dal fatto che le imprese hanno deciso di competere sul conteniemento del costo del lavoro e preferiscono forme contrattuali meno onerose o che gli garantiscano maggiore potere contrattuale piuttosto che provare ad investire seriamente nella propria impresa.

franz ha scritto:Piu' che discutere sulla rigidità, che nel rapporto di lavoro dipendente è quello che ISTAT dichiara (12% a termine, 88% a tempo indeterminato) dovremmo discutere della dualità che si è creata. Su un totale di 22.758'000 lavoratori abbiamo che i dipendenti a tempo pieno sono solo 12.791'000. Possiamo quindi dire che tra tempo parziale, a termine e indipendneti, abbiamo quasi il 46% di lavoratori "flessibili". Anche questo dato, amio avviso abnorme, dipende dalla eccessiva rigidità di una parte del mercato del lavoro. Non lo dico mica solo io. Lo dice tutta l'economia, Banca D'Italia compresa.


l'unica "eccesiva rigidità" di una parte del mercato del lavoro italiano è rappresentata dai contribuiti che gravano sul lavoro dipendente e dal riparto tra datori di lavoro e lavoratori.
altre rigidità dipendenti dai contratti non mi pare ce ne siano.


franz ha scritto:In Italia, forse. Perchè i mercati sono bloccati ed ostacolati e perché la manodopra italiana è poco qualificata e quindi ha poco da pretendere sul piano della contrattazione. La realtà fuori d'Italia è diversa. Maggiore qualificazione professionale, salari piu' elevati. Chi lavora bene ed ha conoscenze adeguate al lavoro viene subito assunto a tempo indeterminato, massimo dopo un breve periodo di pratica (un anno).

Franz


vivendo in Italia, mi interessa il contesto italiano.
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Re: Precariato

Messaggioda franz il 05/09/2010, 17:46

chango ha scritto:il corretto utlizzo dipende anche dal fatto che le imprese hanno deciso di competere sul conteniemento del costo del lavoro e preferiscono forme contrattuali meno onerose o che gli garantiscano maggiore potere contrattuale piuttosto che provare ad investire seriamente nella propria impresa.

Abbiamo già discusso di questo. Lo fanno perché costrette ed hanno poche alternative. se il 50% degli utili vengono assorbiti dalle imposte, mi spieghi come puoi investire seriamente nell'impresa? Dove vivo io è il 12%. Qui l imprse investono su se stesse. Lo possono fare.
l'unica "eccesiva rigidità" di una parte del mercato del lavoro italiano è rappresentata dai contribuiti che gravano sul lavoro dipendente e dal riparto tra datori di lavoro e lavoratori.
altre rigidità dipendenti dai contratti non mi pare ce ne siano.

Ok, tu non vedi cio' che altri vedono. Un giretto per la rete cercando "rigidità del mercato del lavoro italiano" potrebbe indurti a ritenenre che se si discute tanto di un fenomeno (277'000 risultat con google) forse qualche cosa là fuori esiste.
chango ha scritto:vivendo in Italia, mi interessa il contesto italiano.

Giusto! E pensi di migliorarlo:
a) introducendo nuovo ostacoli, vincoli, rigidità?
b) lasciando le cose come stanno?
c) liberalizzando e rimuovendo ostacoli e squilibri a tutti i mercati, lavoro incluso? (il fatto che tu non li veda non significa che non ci siano).

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Re: Precariato

Messaggioda chango il 05/09/2010, 19:26

franz ha scritto:Abbiamo già discusso di questo. Lo fanno perché costrette ed hanno poche alternative. se il 50% degli utili vengono assorbiti dalle imposte, mi spieghi come puoi investire seriamente nell'impresa? Dove vivo io è il 12%. Qui l imprse investono su se stesse. Lo possono fare.


lo fanno perchè è la strada più semplice da percorrere.


franz ha scritto:Ok, tu non vedi cio' che altri vedono. Un giretto per la rete cercando "rigidità del mercato del lavoro italiano" potrebbe indurti a ritenenre che se si discute tanto di un fenomeno (277'000 risultat con google) forse qualche cosa là fuori esiste.


miliardi di persone credono e discutono di divinità e segni zodiacali vari. questo vuol dire che forse qualcosa là fuori esiste?

parlare poi di rigidità del mercato del lavoro non vuol dire assolutmante se non si dettaglia cosa vuol dire.

franz ha scritto:Giusto! E pensi di migliorarlo:
a) introducendo nuovo ostacoli, vincoli, rigidità?
b) lasciando le cose come stanno?
c) liberalizzando e rimuovendo ostacoli e squilibri a tutti i mercati, lavoro incluso? (il fatto che tu non li veda non significa che non ci siano).

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rimuoviamo tutti gli ostacoli e gli squilibri ai mercati.
però bisogna mettrsi d'accordo quali siano gli ostacoli e gli squilibri, perchè è evidente che vediamo ostacoli e squilibri diversi.
per es. in Italia lo squilibrio/disotrsione principale del mercato del lavoro è il costo contenuto che le forme di lavoro atipico portano con se e che risultano estremamente vanatggiose per le imprese e svantaggiose per il lavoratore.
per me la soluzione sarebbe la neutralità fiscale rispetto alla tipologia contrattuale utilizzata: che uno sia dipendete, autonomo, a progetto all'impresa deve costare uguale.
peccato che le imprese non vogliano neppure predenre in considerazione un'ipotesi di questo tipo.
meglio imprecare contor le rigidità del mercato del lavoro, che affrontare uan riforma del sistema e della riscrittura del patto sociale che impone alle imprese l'assunzione di repsonsabilità che da troppo tempo stanno fuggendo.
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Re: Precariato

Messaggioda franz il 05/09/2010, 21:01

Paragonare, anche a scopo eristico (per aver ragione) le false credenze in oroscopi, santoni e sciamani agli studi di economisti ed imprenditori è un indice di un atteggiamento prevenuto e pregiudiziale. Diciamo che non fa onore a chi fa il paragone e lo fa solo per rispondere, battuta su battuta. Potevi trovare qualche cosa di meglio ;)

Si, è vero, vediamo ostacoli e squilibri diversi.
Confido, alla faccia di chi mi vede solo contro tutti, di essere in buona compagnia, visti i risultati del referendum a Pomiliano. Il problema non è il costo contenuto del lavoro preacario ma il costo eccessivo del lavoro dipendente, in termini di cuneo fiscale e contributivo comparato con i paesi OCSE. Già a metà degli anni 80 si sapeva che per dare un milione di lire stipendio netto a me, la ditta doveva tirarne fuori (lordi) piu' di due. Non è cambiato molto. Per questo (anche per questo) sono nate le nuove forme di lavoro.
Anche se vediamo ostacoli e squilibri diversi vedo pero' che condividiamo almeno una soluzione.
Io sono convinto infatti che sia il lavoro dipendente a termine che il lavoro indipendente dovrebbe costare lo stesso in termini di contributi e di imposte. Quando cosi' non avviene, è chiaro che si creano preferenze. Una pressione fiscale e contributiva eccessiva sul lavoro dipendente rende inevitabile sia il ricorso al lavoro nero sia la ricerca di forme di precariato.
Condivido quindi quel tuo "per me la soluzione sarebbe la neutralità fiscale rispetto alla tipologia contrattuale utilizzata: che uno sia dipendete, autonomo, a progetto all'impresa deve costare uguale" e ci aggiungo anche la neutralità contributiva. Chiaramente pero' deve scendere la spesa contributiva, che in Italia è la piu' elevata tra le grandi nazioni sviluppate. La causa? I termini di pensionamento e prepensionamento in un paese con la longevità tra le piu' altre del mondo. Parimenti deve salire la spesa per l'assistenza, che è tra le piu' basse del mondo civile. Insomma, squilibri ne abbiamo e se Mr NIET avesse detto DA nel 1997 alle proposte della commissione Onofri, oggi saremmo messi meglio in fatto di pensioni e di salari netti.

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Re: Precariato

Messaggioda chango il 06/09/2010, 17:54

franz ha scritto:Paragonare, anche a scopo eristico (per aver ragione) le false credenze in oroscopi, santoni e sciamani agli studi di economisti ed imprenditori è un indice di un atteggiamento prevenuto e pregiudiziale. Diciamo che non fa onore a chi fa il paragone e lo fa solo per rispondere, battuta su battuta. Potevi trovare qualche cosa di meglio ;)

non c'erà modo diverso di rispondere ad un argomentazione incosistente.

franz ha scritto:Si, è vero, vediamo ostacoli e squilibri diversi.
Confido, alla faccia di chi mi vede solo contro tutti, di essere in buona compagnia, visti i risultati del referendum a Pomiliano. Il problema non è il costo contenuto del lavoro preacario ma il costo eccessivo del lavoro dipendente, in termini di cuneo fiscale e contributivo comparato con i paesi OCSE. Già a metà degli anni 80 si sapeva che per dare un milione di lire stipendio netto a me, la ditta doveva tirarne fuori (lordi) piu' di due. Non è cambiato molto. Per questo (anche per questo) sono nate le nuove forme di lavoro.
Anche se vediamo ostacoli e squilibri diversi vedo pero' che condividiamo almeno una soluzione.
Io sono convinto infatti che sia il lavoro dipendente a termine che il lavoro indipendente dovrebbe costare lo stesso in termini di contributi e di imposte. Quando cosi' non avviene, è chiaro che si creano preferenze. Una pressione fiscale e contributiva eccessiva sul lavoro dipendente rende inevitabile sia il ricorso al lavoro nero sia la ricerca di forme di precariato.
Condivido quindi quel tuo "per me la soluzione sarebbe la neutralità fiscale rispetto alla tipologia contrattuale utilizzata: che uno sia dipendete, autonomo, a progetto all'impresa deve costare uguale" e ci aggiungo anche la neutralità contributiva. Chiaramente pero' deve scendere la spesa contributiva, che in Italia è la piu' elevata tra le grandi nazioni sviluppate. La causa? I termini di pensionamento e prepensionamento in un paese con la longevità tra le piu' altre del mondo. Parimenti deve salire la spesa per l'assistenza, che è tra le piu' basse del mondo civile. Insomma, squilibri ne abbiamo e se Mr NIET avesse detto DA nel 1997 alle proposte della commissione Onofri, oggi saremmo messi meglio in fatto di pensioni e di salari netti.

Franz


Il problema è un costo del lavoro diverso a secondo della tipologia contrattuale: troppo alto per il lavoro dipendente, troppo basso per il lavoro non dipendente.
è diverso anche come il carico del cuneo fiscale si distribuisce tra datore di alvoro e imprenditore (troppo svantaggioso per il datore nei contratti dipendenti troppo svantaggioso per il lavoratore nelle altre tipologie).

però questo mi pare una distorsione o un squilibrio del mercato del lavoro non certo una rigidità.
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