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Il lavoro

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Re: Il lavoro

Messaggioda chango il 14/08/2010, 17:49

ranvit ha scritto:In questo caso sono d'accordo, in gran parte, con Franz....lo Statuto dei lavoratori e in particolare l'art. 18 è stato un elemento fortemente distorsivo (oltre che anticostituzionale perchè distingue tra lavoratori di serie A e B...

Vittorio


cosa ci sarebbe di distorsivo e anticostituzionale nell'art.18?

stabilire che il licenziamento è valido se avviene per giusta causa o giustificato motivo è distorsivo e anticostituzionale?
perchè?

stabilire trattamenti diversi a seconda che si lavori in un'impresa è anticostituzionale e distorsivo?
perchè?
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Re: Il lavoro

Messaggioda ranvit il 14/08/2010, 18:02

E' anticostituzionale perchè non consente pari diritti ed opportunità a tutti i lavoratori.
E' distorsivo della libertà economica di un'impresa quando ha la necessità di liberarsi di un lavoratore perchè di troppo (parziali riduzioni del personale) o perchè non capace di svolgere il proprio lavoro.

La necessità di garantire un minimo di reddito a tutti i lavoratori è un compito dello Stato non dell'impresa.

Vittorio
Il 60% degli italiani si è fatta infinocchiare votando contro il Referendum che pur tra errori vari proponeva un deciso rinnovamento del Paese...continueremo nella palude delle non decisioni, degli intrallazzi, etc etc.
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Re: Il lavoro

Messaggioda chango il 14/08/2010, 19:48

ranvit ha scritto:E' anticostituzionale perchè non consente pari diritti ed opportunità a tutti i lavoratori.
E' distorsivo della libertà economica di un'impresa quando ha la necessità di liberarsi di un lavoratore perchè di troppo (parziali riduzioni del personale) o perchè non capace di svolgere il proprio lavoro.

La necessità di garantire un minimo di reddito a tutti i lavoratori è un compito dello Stato non dell'impresa.

Vittorio


la Costituzione consente di regolare in modo differente situazioni differenti ( un'impresa con 1000 dipendenti non può essere paragonata ad un'impresa con 5).
sarebbe incostituzioanle se lavoratori assunti con lo stesso tipo di contratto che lavorano per lo stessa impresa fossero trattati in modo diverso dalla legge.

ad oggi, se si vuole licenziare un dipendente per una ristrutturazione aziendale o perchè non rende sul lavoro lo si può fare tranquillamente, visto che sono riconosiuti come giustificati motivi.
infatti tutte queste imprese che hanno vista limitata la loro libertà economica dallo statuto dei lavoratori non ne ho viste.
ovviamente sempre che non si consideri come libertà economica dell'impresa trattare i lavoratori come cazzo gli pare e pretendere pure che questi stiano zitti e buoni. perchè se così fosse potrebbe essere considerata anche distorsiva della libertà economica dell'impresa anche le limitazioni al lavoro minorile, nei casi in cui abbiano necessità di ridurre i costi di personale.

non sarà compito di un impresa garantire il reddito minimo a tutti i lavoratori, ma questo non vuol dire che può scaricare sulla collettività ogni sua pretesa, come il licenziare una persona senza offrire una giustificazione valida.
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Re: Il lavoro

Messaggioda pierodm il 14/08/2010, 20:32

Chango, tieni duro: fra quattro o cinque anni di forum scoprirai che è tutto inutile, ma sarà stato un eccellente esercizio di pazienza e di temperanza.

E torniamo alla mentalità (la domanda iniziale). Vorrei capire le origini di un modello di pensiero per cui chi si sente debole di fronte alla competizione con altri chiede (ed ottiene) elementi di rigidità protettiva e puo' quindi godere di "rendite di posizione". Secondo me è fortemente implicata l'etica cattolica (tendenzialmente tesa all'assistenzialismo di gruppo) mentre l'etica protestante è piu' orientata al merito individuale. Anche l'etica protestante prevede il sostegno del debole ma solo a livello individuale, di singolo caso.

Straordinario Franz. Davvero.
Dopo qualche anno si viene a scoprire che finalmente c'intendiamo su cosa significhi "rendita di posizione" (che fatica, per una cosa così risaputa e ovvia).
Ma, ecco la sorpresa: la rendita di posizione non sarebbe quella di holding monopolistiche, o di quelle che godono di nicchie tariffarie, magari con assegnazione esclusiva dello Stato, ma quella imposta dallo Statuto dei lavoratori e altra legislazione connessa.
E naturalmente da qui si parte per divagazioni sull'etica cattolica e protestante, sulla carità di gruppo o individuale.
Straordinario. Davvero.

Comunque, poiché hai evocato il "modello di pensiero" in relazione alla rendita di posizione, e poiché abbiamo chiarito (fra cinque o sei anni c'intenderemo anche su questo) che è concetto che riguarda elettivamente tattiche e strategie affaristiche, capisci da solo dove andare a recuperare tracce del "modello di pensiero" che cerchi.

Venendo alla "democratizzazione" io non reputo ad essa finalizzato un sistema di leggi per cui si creano lavoratori iper-tutelati di serie A ed altri di serie B. Direi che è un caso di protezionismo istituzionalizzato (questo si' di destra).

La democratizzazione avvenuta nel dopoguerra italiano è stata un fenomeno enorme, dopo la modernizzazione distorta attuata dal fascismo. Data l'enormità del compito, per alcuni versi si è proceduto più col piccone che con la lima: sono state demolite montagne di clericalismo, di classismo, di abitudine alla sudditanza, di retaggi borbonici, di stratificazioni che in certi casi apparivano medievali.
Certamente, la disuguaglianza tra cittadini e lavoratori di serie A e serie B è riprovevole: il fatto è che la tendenza di molte, importanti forze politiche, correnti di pensiero e centri di potere è stata costantemente quella non di adeguare la serie B alla serie A, ma di far diventare tutti di serie B, riducendo le tutele, le garanzie e i diritti.
In questi ultimi quindici anni, finalmente, ci sono riusciti.
Farsi una meraviglia, o trovare da ridire su tutto questo - che è cosa ben nota, valida non solo per l'Italia, ma per tutto l'occidente capitalista, nel quale le correnti liberiste hanno sempre tentato di ridurre per quanto possibile granzie e diritti, identificati sistematicamente come "vincoli alla libera impresa" - farsi una meraviglia di questi fenomeni, o negarli, risulta davvero strano, non solo in un ambito progressista, ma anche in quello di una normale destra liberaldemocratica che abbia un minimo di decenza storico-sociale.

In particolare, mi meraviglio molto (si fa per dire) del fatto che si parli con tanto entusiasmo e con tanta puntigliosità di disuguaglianza, quando si tratta di colpire il tema dei diritti e delle garanzie, ma poi si diventa vaghi e increduli quando si tratta di disuguaglianze sociali.
In pratica, ci entusiasma sull'argomento disuguaglianza solo quando si mira a smantellare le garanzie dei lavoratori di serie A: anzi, peggio, si accetta e si usa la discriminazione tra cittadini e persone di serie A, B e C solo in questo ambito ideologico aziendalista, ma non quando si discute della società nel suo insieme e dell'incompatibilità tra democrazia e disuguaglianze sociali esasperate.
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Re: Il lavoro

Messaggioda pianogrande il 14/08/2010, 20:50

Lo stesso criterio, spiegato da Pierodm, si usa quando si definiscono "privilegi" le conquiste del passato e se ne fa un elemento di divisione tra vecchi privilegiati che se la spassano e giovani tartassati.
Sarebbe a dire che se mi scappa di dare un calcio nel sedere a qualcuno, per rispettare la costituzione e perché non si gridi alla disuguaglianza, lo devo dare a tutti quelli che mi capitano davanti.
Ingiustizia e prevaricazione per tutti.
Questo slogan il berlusca se lo era dimenticato.
Fotti il sistema. Studia.
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Re: Il lavoro

Messaggioda franz il 14/08/2010, 21:23

pierodm ha scritto:Dopo qualche anno si viene a scoprire che finalmente c'intendiamo su cosa significhi "rendita di posizione" (che fatica, per una cosa così risaputa e ovvia).
Ma, ecco la sorpresa: la rendita di posizione non sarebbe quella di holding monopolistiche, o di quelle che godono di nicchie tariffarie, magari con assegnazione esclusiva dello Stato, ma quella imposta dallo Statuto dei lavoratori e altra legislazione connessa.

Entrambe, Piero, entrambe. E non dovrebbe essere difficlie capirlo per chi vuole provarci.
Mi sono espresso mi pare, in un italiano grammaticalmente adeguato ad esprimere quel concetto.
Senza volontà di capire non bastano nemmeno mille anni, non 5.

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Re: Il lavoro

Messaggioda ranvit il 14/08/2010, 21:33

chango ha scritto:
la Costituzione consente di regolare in modo differente situazioni differenti ( un'impresa con 1000 dipendenti non può essere paragonata ad un'impresa con 5).
sarebbe incostituzioanle se lavoratori assunti con lo stesso tipo di contratto che lavorano per lo stessa impresa fossero trattati in modo diverso dalla legge.


Questa te la sei inventata tu.....Costituzione fai da te!

chango ha scritto:ad oggi, se si vuole licenziare un dipendente per una ristrutturazione aziendale o perchè non rende sul lavoro lo si può fare tranquillamente, visto che sono riconosiuti come giustificati motivi.
infatti tutte queste imprese che hanno vista limitata la loro libertà economica dallo statuto dei lavoratori non ne ho viste.


Dopo aver contrattato con i sindacati....ai quali non interessa una mazza il conto economico dell'azienda.

chango ha scritto:ovviamente sempre che non si consideri come libertà economica dell'impresa trattare i lavoratori come cazzo gli pare e pretendere pure che questi stiano zitti e buoni. perchè se così fosse potrebbe essere considerata anche distorsiva della libertà economica dell'impresa anche le limitazioni al lavoro minorile, nei casi in cui abbiano necessità di ridurre i costi di personale.


Certo non è libertà economica trattare le aziende come cazzo gli pare tanto se falliscono sono cazzi loro.
Ho avuto modo di conoscere da vicino queste vicende....

Il lavoro minorile non c'entra una beneamata mazza con quello che stiamo dicendo!

chango ha scritto:non sarà compito di un impresa garantire il reddito minimo a tutti i lavoratori, ma questo non vuol dire che può scaricare sulla collettività ogni sua pretesa, come il licenziare una persona senza offrire una giustificazione valida.


Giusto....la giustificazione puo' essere scarso rendimento? Incapacità? O semplicemente riduzione dei costi?

Vittorio
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Re: Il lavoro

Messaggioda franz il 14/08/2010, 21:34

pianogrande ha scritto:Sarebbe a dire che se mi scappa di dare un calcio nel sedere a qualcuno, per rispettare la costituzione e perché non si gridi alla disuguaglianza, lo devo dare a tutti quelli che mi capitano davanti.
Ingiustizia e prevaricazione per tutti.

Il problema non è il calcio nel sedere ma una legge uguale per tutti, senza privilegi.
Chi si difende con i previlegi si tiene gli aspetti positivi e scarica sugli altri quelli negativi (le carote di cui si parlava giorni fa, puoi immaginare dove).
Alla faccia della presunta "solidarietà di classe", non a caso morta proprio negli anni 70.

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Re: Il lavoro

Messaggioda ranvit il 14/08/2010, 21:35

pianogrande ha scritto:Lo stesso criterio, spiegato da Pierodm, si usa quando si definiscono "privilegi" le conquiste del passato e se ne fa un elemento di divisione tra vecchi privilegiati che se la spassano e giovani tartassati.
Sarebbe a dire che se mi scappa di dare un calcio nel sedere a qualcuno, per rispettare la costituzione e perché non si gridi alla disuguaglianza, lo devo dare a tutti quelli che mi capitano davanti.
Ingiustizia e prevaricazione per tutti.
Questo slogan il berlusca se lo era dimenticato.



Puoi dare calci nel sedere a chi ti pare.....certo rischi di trovare chi ti fa un culo cosi'....
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Re: Il lavoro

Messaggioda pianogrande il 14/08/2010, 21:38

Franz.
Se la solidarietà di classe consiste nel reclamare per se stessi la stessa ingiustizia fatta agli altri penso proprio che, almeno su questo, non ci capiremo mai.
Potrei scrivere dieci pagine ma dico, semplicemente, che non sono daccordo con te.
Fotti il sistema. Studia.
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