Myosotis ha scritto:E qui abbiamo due scuole di pensiero chiaramente in conflitto tra loro. La prima, quella che alimenta l'allarme sul deficit dei conti previdenziali, quella che ha fortemente voluto ed ottenuto riforme in senso peggiorativo delle pensioni di anzianità e vecchiaia nei vent'anni passati ( lg passaggio dalla pensione retributiva a quella contributiva e innalzamento dell'età pensionabile) ma, allo stesso tempo, ha caldeggiato - o quantomeno mai ostacolato realmente - la precarizzazione del mercato del lavoro, nè mai contrastato attivamente l'evasione contributiva ed il lavoro nero, da una parte. Dall'altra, quella che ritiene la sofferenza del nostro sistema previdenziale (e il relativo peggioramento delle condizioni economiche dei pensionati) tra gli effetti più nefasti di politiche volte prevalentemente a favorire un'iniqua redistribuzione della ricchezza a svantaggio dei lavoratori e dei pensionati e a vantaggio di padroni e padroncini vari, classi dirigenti economiche e gruppi di potere vari.
Non mi identifico in nessuna delle due "scuole".
Per me il dato sul deficit futuro (gobba del 2035) è abbastanza oggettivo (per quanto possa esserlo un previsione demografica) e non vale per l'Italia ma un po' per tutto il mondo occidentale. Ovunque c'è stato un grosso baby boom nel dopoguerra, ovunque c'è stato il calo delle nascite (crescita zero) a partire dagli anni 70, ovunque c'è stato un forte allungamento della speranza media di vita. Proprio per questo in quasi tutti i paesi d'europa al tradizionale sistema retributivo a compartizione è stato affiancato nei primi anni 80 un sistema contributivo a capitalizzazione individuale (seconda pensione).
L'allarme specifico per l'Italia riguarda il fatto che da noi l'allungamento della vita è maggiore e la seconda pensione stenta a decollare perché la prima ha aliquote troppo elevate.
Per questo chi fa previsioni non guarda all'attuale saldo attivo ma ipotizza situazioni gravemente deficitarie tra 25 anni.
Oggi pero' a mio avvviso chi canta vittoria decantando i saldi attivi dell'INPS (effettivamente oggettivi) dimentica a quale costo per il paese questo saldo attivo viene ottenuto. Il costo ha una dimensione ben precisa: il 42% circa del prelievo contributivo (poi ci sono anche le imposte) sul salario. Parte a carico del lavoratore e parte carico dell'azienda. Quando io devo fare un'autovettura o un televisore (che vendo in tutto il mondo) nei costi di produzione devo mettere le materie prime, i semilavorati, tutti i costi fissi (impianti, assicurazioni, amministrazione) i salari lordi ed il mio margine.
I salari lordi sono gravati (ben piu' di altri paesi) di quel 42% solo di contributi previdenziali + le imposte dirette che il datore preleva e manda allo stato (sostituti d'imposta. Si arriva piu' del 50%. Quindi se le merci sono fatte in Italia costano di piu' (a noi consumatori) ed è piu' facile che i consumatori esteri trovino altri prodotti simili ma a prezzo piu' basso. Contemporaneamente questo prelievo rende piu' magra la nostra busta paga e si fa fatica ad arrivare a fine mese: il lordo azienda è infatti quasi il doppio del netto dipendente. Il che significa che per ogni euro che il lavoratore riceve in busta, l'azienda ne sborsa due. Questo in altri paesi non succede. E non mi riferisco alla polonia o alla bosnia ma alla germania, alla francia. Un buon indicatore è il volume delle esportazioni. Quello italiano è il 19% del PIL. Dato che diventa il 30% per la Francia ed il 35% per la Germania. I tedeschi per questo sono il 35% piu' ricchi e necessitano del 35% di manodopera in piu' rispetto ad un'economia senza esportazioni.
Io in questo ci vedo in danno per tutti: lavoratori, datori di lavoro, consumatori.
Ecco quindi inquadrata l'altra faccia della medaglia dell'attivo INPS. Il che mi ricorda un vampiro bello pasciuto pieno di sangue che si compiace, mentre milioni di lavoratori osservano le buste paga sempre piu' leggere (solo potessero sapere il loro azienda, non solo il lordo dipendente!).
L'altro aspetto riguarda la precarizzazione e qui devo darti completamente ragione, solo che io vedo in questo una causa di altre scelte fatte a monte. Troppi sono precari perché troppi altri sono chiusi a riccio nella loro rigidità. Qui è chiaro che è una guerra tra poveri ma è stata voluta da chi è fortmente organizzato e non cede una virgola (ma il muro a Pomiliano si è incrinato) obbligando quindi i nuovi lavoratori a figure di estremo precariato. Invece di una flessibilità omogenea per tutti, abbiamo creato lavoratori di serie A, tutelati, e lavoratori di serie B, non tutelati e estremamente precari. Io questa situazione non la trovo, cosi' estremizzata, in altri paesi. Quindi non ritengo che la precarietà estrema che c'è in Italia (dove ormai su 24 milioni di lavoratori solo la metà ha un contratto come dipendente) sia dovuta ad una malvagità o avidità intrinseca del capitalismo mondiale. Se cosi' fosse troveremmo la stessa situazione ovunque ma non è cosi'.
Il problema è principalmente italiano. Poi che sia responsabilità dei capitalisti italiani e/o dei lavoratori sindacalizzati e dei loro "diritti aquisiti ... io direi "entrambi". Ma anche questo è a scapito di tutti e non è a vantaggio, come dici, dei "padroni".
Ti spiego perché: se fosse come dici, ci sarebbe una gara internazionale di imprese e padroni per venire in Italia, che sarebbe il paese del bengodi. Invece come vedi scappano. Come scappano anche molti lavoratori qualificati (ma questo è fatto noto da tempo e non è una novità). Se scappano significa che non trovano alcun vantaggio competitivo a stare qui.
L'ho fatta già troppo lunga e quindi chiudo qui.
Franz
“Il segreto della FELICITÀ è la LIBERTÀ. E il segreto della Libertà è il CORAGGIO” (Tucidide, V secolo a.C. )
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