Visto che al nostro moderatore piacciono tanto le favole, proviamo ad immaginare quelle che si raccontavano nei tempi antichi.
Al tempo dell’inquisizione, la vulgata del sistema faceva discendere dalla religione tutti gli equilibri sociali, il potere laico e quello ecclesiastico si spartivano le ricchezze rifilando lezioni di ortodossia cattolica e di obbedienza ai voleri divini e mandando al rogo chiunque pur di riaffermare la supremazia e la legittimità di quel sistema di potere.
Streghe e demoni erano evocati come creature reali, minacce per la salvezza dell’anima e del corpo, in eterno complotto contro gli illuminati governatori dell’epoca e contro il popolo di Dio.
La paura e la disperazione sono sempre state gli strumenti di qualsiasi regno, la paura viene coltivata con le favole di regime e la disperazione, arrivata all’estremo, può costituire la molla per il cambiamento.
Se nei secoli scorsi i nobili pretendevano di possedere arti guerriere e di governo che li legittimavano a dominare territori e popolazioni in nome della difesa contro attacchi esterni e di “competenze” esclusive da esercitare su una massa ignorante e sopraffatta, ora si pretende di fare altrettanto con coloro che dirigono un’economia globale al servizio del profitto imprenditoriale, perché questo è il sistema da difendere.
E la vulgata raffinata di un mondo complesso, che ha già visto rivoluzioni e controrivoluzioni, borghesia al potere e collettivismo, è questo economicismo terroristico, per cui bisogna non disturbare il manovratore perché la sua avidità crea i presupposti anche per il tuo piccolo pane quotidiano.
Se vogliamo prendere per buona questa teoria, dobbiamo anche considerare che l’avidità è per sua natura onnivora e insaziabile e che la porzione lasciata agli altri tenderà sempre più a restringersi, come di fatto avviene, e che lo squilibrio dei consumi finirà col travolgere questo sistema, squilibrato nei suoi presupposti. La finanziarizzazione dell’economia ha già mostrato come il capitalismo possa avvitarsi su se stesso, procurando profitti senza produzione di ricchezza, mentre ora si preparano i tempi della produzione senza domanda. Il crollo del settore auto in Italia è lo specchio di un potere d’acquisto logorato, di consumi rinunciati a favore di beni più essenziali o più abbordabili.
Il fatto è che si punta sulla domanda emergente dei paesi terzi, in questa strana guerra dei poveri, dove la riduzione dei consumi nei paesi sviluppati dovrebbe essere compensata dall’aumento dei consumi nei paesi emergenti.
Evidentemente, qui e adesso, siamo nel posto sbagliato.
Ma che tutto questo sia ineluttabile a me sembra solo una arrogante e farfugliante vulgata di demoni e streghe, sostenuta da inquisitori armati di latinorum economicistico, evocanti roghi di fabbriche e di diritti.
L’economia, come la religione, è solo una delle componenti della vita sociale. Occorre toglierle il primato che le si è fatto strumentalmente conquistare e ricondurla a mezzo di progresso umano e sociale.
Il Torquemada Marchionne che brucia Mirafiori è un servo del profitto, mentre il Dio della politica forse intravede altre strade, altri scopi, soprattutto altri mezzi, che non siano roghi di esistenze e di diritti.
Soniadf