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Made in Europa

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Made in Europa

Messaggioda Robyn il 08/07/2010, 17:03

L'unica possibilità per evitare gli effetti perversi della globalizzazione è rivedere le regole del commercio internazionale.Stabilire un costo del lavoro europeo standardizzato sù quello inglese e permettere il libero scambio fra quei paesi europei che aderiscono a questo costo del lavoro ed evidentemente vi rientrebbero anche Slovenia e Croazia.Se si delocalizza in Polonia si può vendere solo in Polonia.Non si può produrre in Polonia a basso costo e vendere in Italia al costo di una vettura prodotta in Italia poiche diventa made in Italy contraffato perche non prodotto in Italia si danneggia l'economia nazionale.Se si delocalizza in Polonia e produrre costa poco sarà anche poco l'utile per chi delocalizza perche i lavoratori polacchi guadagneranno poco.Infatti se in Polonia un lavoratore può aquistare una vettura e vivere significa che tutto è rapportato a quel paese"guadagnano poco ma la vita costa pure poco" .L'unica possibilità di sviluppo di questi paesi non stà nella delocalizzazione ma nell'aiuto dell'europa se uniformano il costo del lavoro a quello europeo Ciao Robyn
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Re: Made in Europa

Messaggioda franz il 08/07/2010, 17:53

Proposta assolutamente protezionistica e sbagliata ma come ogni proposta ha diritto di cittadinanza.
Tuttavia non solo occorrerebbe rivedere le regole del commercio internazionale (vedi http://it.wikipedia.org/wiki/Organizzaz ... _Commercio) ma anche il trattato dell'Unione Europea, di cui la Polonia fa parte (vedi: http://it.wikipedia.org/wiki/Unione_europea ).
Se altri in Europa seguissero il tuo consiglio (assurdo ma ... lo so, ... fa caldo ...) la Fiat prodotta in Italia non sarebbe vendibile in Polonia ma nemmeno le WV. Insomma tutti perderebbero una fetta di mercato. Invece cosi' tutti fanno a gara a produrre in Polonia e tutti ci guadagano. Sia gli operai polacchi che milioni di consumatori che comprano la macchina ad un costo inferiore e possono usare la parte risparmiata per comprare altre cose italiane o tedesche o francesi o cinesi.
Per non dire poi che una simile proposta ci metterebbe fuori dalle regole del commercio internazionale e questo danneggerebbe le nostre esportazioni. Possiamo farne a meno? Possiamo rinunciare al 20~30% di fatturato? Possiamo permetterci il 30% in meno di vendite, il 30% in meno di occupati? Se si, allora viva il protezionismo!
Io invece credo di no e spero che il caldo passi presto.

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Re: Made in Europa

Messaggioda pianogrande il 09/07/2010, 0:01

Mi ripeto un po' per Robyn.
Se non si vuole competere sui costi (e, quindi, guerra tra poveri che ci fa diventare sempre più poveri) bisogna competere in tecnologia (guerra tra intelligenze ed investimenti in istruzione, formazione, centri di ricerca per produzioni di eccellenza) .
L'Italia, ormai, compete, sempre di più, sui costi.
Non possiamo pensare di entrare in competizione sui costi (e cioè entrare in competizione salariale e quant'altro con i paesi poveri) e restare ricchi.

Grosso modo, le strade sono queste due.

Situazioni diverse fatte di protezionismi vari, lasciamole alla lega durante le campagne elettorali.

Se mi viene il mal di denti, voglio disporre di qualcosa di diverso da un "cialdino".
Fotti il sistema. Studia.
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Re: Made in Europa

Messaggioda franz il 09/07/2010, 8:06

pianogrande ha scritto:Se non si vuole competere sui costi (e, quindi, guerra tra poveri che ci fa diventare sempre più poveri) bisogna competere in tecnologia (guerra tra intelligenze ed investimenti in istruzione, formazione, centri di ricerca per produzioni di eccellenza) .
L'Italia, ormai, compete, sempre di più, sui costi.

Corretto. Ed infatti come si discuteva in un altro thread, il nuovo motore della fiat 500, prodottto in polonia, è il piu' ecologico del mondo (per ora) per cui è interesse di tutti averlo (85 cavalli, 92 grammi di CO2 al km) e lo stesso sarebbe se fosse prodotto in Cina o in Albania.
Nel pomeriggio sviluppo meglio in concetto.
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Messaggioda franz il 09/07/2010, 17:49

La calura estiva non è forse propizia ma il tempo d'estate non manca e quindi ne approfitto per approfondire i temi aperti da Robyn.

Non perché li ha aperti lui ed io possa forse sperare di convincerlo diversamente ma perché queste discussioni si ripresentano spesso in ambiti politici.

Dove sta l'errore comune alla posizioni protezionistiche che denunciano gli effetti perversi della globalizzazione e propongono correttivi che ne uccidono gli effetti positivi?

Per prima cosa ci si dimentica che noi non solo importiamo ma soprattutto esportiamo.

Partiamo dalle esportazioni perché è la parte più semplice. Il fatto che noi esportiamo il 20% della nostra produzione è importante. Tanto per chiarire, è il 19.5% ma è meglio non sottilizzare con i decimali e fare di tutto per intenderci. Siamo riusciti a convincere un bel po' di consumatori mondiali che alcuni nostri prodotti sono i migliori, per quanto riguarda il rapporto qualità/prezzo. E loro li comprano. Preferendoli ad altri. Se non ci fossimo riusciti saremmo del 20% piu' poveri. Produrremmo di meno (100 cose invece di 120) e quindi avremmo bisogno di meno dipendenti. In Italia ci sarebbero meno occupati (piu' disoccupati) ed il reddito complessivo nazionale sarebbe inferiore del 20%. Con l'esportazione siamo il 20% piu' ricchi e questo è un dato assodato: il lato positivo del commercio internazionale. A questo va aggiunto che se non ci fossero i nostri prodotti, i compratori esteri sarebbero costretti a prendere altre cose (con un peggiore rapporto qualità prezzo). Spenderebbero di più e sarebbero ... più poveri e/o meno soddisfatti della qualità comprata.

Dato per assodato che esportare ci rende più ricchi, vediamo perché importare non ci rende più poveri. Prima che qualcuno pensi che il ragionamento sull'importazione capovolga quello sulle esportazione, cerchiamo di capire perché importare fa comunque bene a tutti.

Per prima cosa va affrontato un particolare ragionamento che riquadra la quadratura dei bilanci. Il nostro bilancio familiare, a parte la eventuale erosione di risparmi in tempi duri e l'accumulo di risparmi in tempi favorevoli, è soggetto a vincoli. Se tanto guadagno, di più non posso spendere. Si chiamano “vincoli di bilancio”. Se esporto “tot”, devo anche importare “tot”. Per motivi troppo lunghi per essere approfonditi ora, e che riguardano l'apprezzamento o la svalutazione delle valute, le bilance dei pagamenti tendono ad essere in pareggio. L'Italia quindi oltre ad esportare il 19.5% del PIL effettua importazioni pari al 19.4%. Diciamo che tendenzialmente se esportiamo il 20%, dobbiamo importare il 20%. Mentre per le nostre esportazioni solo gli altri a stabilire, sul mercato internazionale, quali sono i nostri prodotti più convenienti, per le nostre importazioni siamo noi a decidere cosa comprare. Ovviamente compriamo cose che non sappiamo o possiamo produrre (materie prime, petrolio) e qui non ci piove. Poi compriamo cose che i nostri consumatori (cittadini ed aziende) reputano migliori, come rapporto qualità prezzo, rispetto a prodotti offerti da altri paesi o da noi stessi. E' qui che le cose si fanno difficili, perché se da un lato è chiaro che imprenditori, economisti e consumatori capiscono perfettamente la logica della situazione (con qualche rara eccezione) la cosa si fa difficile quando a capirla sono politici e sindacalisti (soprattutto questi ultimi). Loro salvo rare eccezioni solo guidati dall'ideologia, non dalla logica. Eppure è la logica, non l'ideologia, a far capire perché il commercio internazionale ha piu' pregi che difetti.

Per comprendere la positività dell'importazione, anche di quelle cose che noi già facciamo ma a prezzo superiore, bisogna tornare al vincolo di bilancio. Usando un po' di numeri arrotondati, per venire incontro alle nostre necessità di ragionamento ostacolate dal caldo, mettiamo che il reddito medio italiano sia 20'000 euro (mi pare sia sui 18'350 ma arrotondiamo) e che una vettura economica prodotta in Italia costi 12'000 euro. È evidente che se il consumatore preferisce la 500 o la Panda fatta in Polonia che costa 8'000 ottiene un bel risparmio. Risparmia 4'000 euro. O li mette nel materasso (banca) oppure li usa per fare altri acquisti. Per esempio di merce italiana che non avrebbe potuto comprare se avesse impiegato tutti i suoi 12000 euro per prendere la vettura “made in Italy”.

Quindi se il consumatore italiano compra la FIAT prodotta in Polonia (a proposito i polacchi esportano il 32.6% ed importano il 32.7% del loro PIL) non solo arricchisce i polacchi (che a loro volta potrebbero avere i soldi per comprare le nostre esportazioni migliori) ma questo consumatore nostrano ha piu' soldi da spendere in Italia. Ovviamente ogni consumatore non fa altro che dirottare la spesa scartando alcune cose per sceglierne altre, soppesando la qualità (e già abbiamo visto che la qualità del motore FIAT è comunque ottima, non solo il prezzo). Invece di spendere 12'000 per un solo prodotto caro italiano, ne spenderà 8'000 per lo stesso prodotto polacco e 4'000 per vari prodotti diversi (per la felicità dei produttori di questi prodotto e per gli operai coinvolti).

Il calcolo è presto fatto: se le panda/500 polacche fabbricate e vendute sono 600'000 all'anno, ci saranno 600'000 consumatori europei, operai italiani compresi, che risparmieranno 4'000 euro ciascuno. Sono 2 miliardi e 400 milioni di euro “guadagnati” ma nel frattempo ci sono 5000 operai italiani in difficoltà. Questi guadagnerebbero 24'000 euro ciascuno se potessero vendere il loro prodotto (piu' caro) ma a causa della competizione internazionale rimangono senza lavoro. 5'000 operai per 24'000 euro fa 120 milioni. Il sistema sta ancora guadagnando e se qualcuno volesse affrontare il tema sul piano del famoso “interesse generale” dovrebbe convenire che è meglio che seicentomila persone guadagnino due miliardi e quattrocento milioni; fa niente se cinquemila persone perdono 120 milioni. Il saldo è doppiamente positivo (600'000 persone che guadagnano, 5000 che perdono ed inoltre il saldo economico è positivo (+2'280'000'000). Se consideriamo anche i polacchi, sull'altro fronte abbiamo 6500 operai che si portano a casa 100 milioni, straordinari compresi. Se fossero cinesi non cambierebbe nulla ma far venire le macchine in Europa dalla Cina sarebbe piu' caro ed inquinante.

In pratica ogni vincolo al commercio internazionale è una fregatura doppia, per chi vende e per chi compra. Chi sostiene ogni sorta di protezionismo (le merci di forlì contro quelle di ravenna, quelle della cina su quelle italiane) danneggia due volte i nostri consumatori (60 milioni) pensando di difendere (o presentandosi come presunto difensore) una volta i nostri lavoratori dipendenti (12 milioni).

Per quale motivo rinunciare ad una panda da 8000 euro, solo perché va difesa una ipotetica panda da 12000, frutto del “costo medio” nei paesi ricchi (aristocrazia operaia)?

Facciamo un “discorso al limite”, come si amava fare nel '68. Ammettiamo che a furia di ribassi di prezzi, la Panda polacca sia gratuita. Dovremmo continuare a difendere la nostra che si vende a 12'000? Direi di no. Mi prendo la Panda gratis ed uso diversamente i 12'000 che ho risparmiato. Compro computer, TV, quello che voglio. E qui si spera che i nostri operai invece di continuare a produrre panda che nessuno compra a 12'000, si mettano a costruire quelle cose che sul piano della qualità e del prezzo tutti comprano, anche in Cile ed in Cina. Siamo capaci a farlo, ma solo per il 20%. A vedere i dati del commercio internazionale la Polonia esporta per il 32%. La Germania per il 35.5% (e qui siamo a livelli di costo del lavoro simili al nostro). La Svizzera (uno dei paesi piu' cari del mondo, per il costo del lavoro ed il valore del franco svizzero) malgrado questo esporta per il 42.3%. del suo PIL. Si tratta di merci solitamente molto care, quelle tedesche e svizzere, ma evidentemente i compratori nel mondo percepiscono il rapporto qualità prezzo e scelgono quelle. Se da noi non si riesce a competere sulla qualità, giocoforza si compete sul prezzo. Se le materie prime hanno un prezzo base uguale per tutti, se l'innovazione, ovunque nasca, la posso introdurre in Cile, Polonia, Bagnoli, Tirana, Varsavia, la differenza la fa il lavoro ed il suo costo.

Ipotizziamo allora una sorta di autarchia fascista, che protegga la produzione del made in Italy. Avremmo accesso a merci di qualità inferiore (e ci sarebbe precluso l'accesso a merci di qualità superiore) e le pagheremmo molto di piu' di quanto pagheremmo se potessimo importare. Inoltre saremmo del 20% piu' poveri. Inoltre non potremmo avere quelle cose che non produciamo e non abbiamo (materie prime, petrolio, computer). Insomma, un disastro.

Ovviamente si possono fare ulteriori considerazioni, scusandomi per la lunghezza eccessiva e sperando che voi abbiate per leggere il tempo che io ho avuto per scrivere.

1.Se eticamente uno ritiene che l'operaio FIAT polacco sia sfruttato è libero comunque di comprare altre macchine, piu' care. Ma un divieto (imposto da chi?) sarebbe secondo me sbagliato. Penalizzerebbe i lavoratori polacchi ed i consumatori europei. Ho verificato e lo stipendio dell'operaio FIAT polacco è prossimo al 90% del reddito mediano polacco. Se osserviamo lo stipendio medio dell'operaio FIAT italiano è messo nella stessa situazione, a cavallo del reddito mediano, solo un poco meglio. La differenza economica (a parità di potere d'acquisto) è minima ed è troppo bassa per parlare di “sfruttamento” in uno dei due casi. Ovviamente nulla vieta di pensare che anche gli operai italiani siano sfruttati ma suonerebbe strano, nel nostro caso, non comprare le automobili italiane solo per questo. Io capirei quindi divieti e boicottaggi se a costruire le panda fossero bambini (come a suo tempo i palloni della Nyke) ma non se sono operai adulti che guadagnano salari in linea con il reddito medio del loro paese.

2)non è possibile rinunciare alle esportazioni (dove sono gli altri a scegliere liberamente quali nostri prodotti comprare) e quindi nemmeno alle importazioni, in cui siamo noi a decidere cosa comprare. Sono i consumatori a decidere: i governi non possono mettere blocchi. Questo è l'impegno di chi fa parte dell'OMC ed abbiamo tutto l'interesse a non uscirne. Poi ovviamente ci sono gli accordi europei, ancora piu' vincolanti (e la Polonia fa parte dell'Europa e dal 2012 anche dell'Euro).

3)Il risultato è che il ritmo di crescita dell'economia polacca (+2.6%) e nettamente superiore al nostro, che è già tanto se arriveremo all'1%. Le loro esportazioni galoppano (32%) mentre le nostre languono (19.5%) e sono inferiori alla media mondiale (che è del 21%).

4)Invece di cercare di bloccare i polacchi, bloccandone il commercio, faremmo bene a chiederci perché non riusciamo ad essere vincenti sulla qualità, sull'innovazione e nemmeno sui prezzi.

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Re: Made in Europa

Messaggioda pianogrande il 09/07/2010, 22:03

Domanda (ritengo provocatoria) di Franz.
"Perché non riusciamo a competere ..... ?

Dal punto di vista lavorativo io sono nato con la mitica Montecatini-Edison.
Si facevano prodotti che sapevamo e/o potevamo fare solo noi.
Il problema tecnico principale era non fermare mai gli impianti (meno possibile) perché era perdita secca di vendita.
La ME faceva ricerca.
Nella mia fabbrica c'era un centro ricerche dove lavoravano 300 persone.
La ME si prendeva il Nobel della Chimica (Natta).
Ora , la ricerca non si fa quasi più.
E' diventata un costo.
A quei tempi era fonte di ricchezza.

Per altri paesi (Franz parla, tra l'altro, della Germania) la ricerca è ancora fonte di ricchezza.

Faccio anche io una domanda: perché per noi invece è un costo?
Mi do anche la risposta: perché abbiamo una classe politica ed imprenditoriale di dilettanti allo sbaraglio che preferiscono il guadagno immediato e furbesco fatto di finanziamenti, evasione fiscale e coltivazione diretta dei propri interessi personali (i politici).
Politici ed imprenditori si miscelano sempre più e meglio su questi scopi; infatti, la poca ricerca rimasta serve, principalmente a piazzare le varie "trote" di famiglia.

Ricadiamo sempre lì.
Ricadiamo sempre sull'infimo livello dela nostra classe politica ed imprenditoriale.
Per carità, ci sono le eccezioni.
Quelle fanno parte (sempre di più) di quel 20 % di esportazione.
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Re: Made in Europa

Messaggioda Robyn il 09/07/2010, 22:11

Franz
Mah il discorso da un punto di vista economico è un pò complesso.Anche tu ammetti che le regole del commercio internazionale vanno riformate.Si tratta di non portare il livello di benessere dei paesi ricchi a ribasso e allo stesso tempo permettere ai paesi emergenti di svilupparsi avere benessere lavoro e diritti anche loro senza toglierli ai paesi industrializzati.Il punto interrogativo è,come si fà a fare questo?
Certamente da una parte bisogna cominciare,dalla ricerca,dall'innovazione,dall'elettronica,dall'informatica,eliminare ogni condizione di lavoro disumana,ma non dai diritti.Come si fà a fare questo?Qualcuno lo sà Ciao Robyn
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Re: Made in Europa

Messaggioda franz il 09/07/2010, 23:30

Robyn ha scritto:Franz
Mah il discorso da un punto di vista economico è un pò complesso.Anche tu ammetti che le regole del commercio internazionale vanno riformate

Tutti i discorsi sono complessi ma non vedo proprio dove io abbia sostenuto la necessità di una ridorma delle regole del commercio internazionale. Intendamoci, parlando in senso generale le riforme sono sempre possibili ed oggi ci sono ancora dazi e protezionismi (soprattutto nel settore alimentare) ma qui quello che urge è l'intervento di ogni paese per capire e eliminare le proprie incapacità, non quello di nasconderle tramire la maschera del protezionismo autarchico oppure dei previlegi mascherati da diritti.

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Re: Made in Europa

Messaggioda franz il 09/07/2010, 23:36

pianogrande ha scritto:A quei tempi era fonte di ricchezza.

Per altri paesi (Franz parla, tra l'altro, della Germania) la ricerca è ancora fonte di ricchezza.

Faccio anche io una domanda: perché per noi invece è un costo?
Mi do anche la risposta: perché abbiamo una classe politica ed imprenditoriale di dilettanti allo sbaraglio che preferiscono il guadagno immediato e furbesco fatto di finanziamenti, evasione fiscale e coltivazione diretta dei propri interessi personali (i politici).
Politici ed imprenditori si miscelano sempre più e meglio su questi scopi; infatti, la poca ricerca rimasta serve, principalmente a piazzare le varie "trote" di famiglia.

Probabilmente è iniziato tutto con la promozione politica del '68, con la fine della logica del merito e l'inizio di quella della rendita, dell'ottenere le cose con la rivendicazione politica sindacale invece del merito.
Quella generazione, come nella vignetta di gab ( viewtopic.php?p=25894#p25894 ) ha creato molti disastri ovunque sia arrivata: al governo, nella scuola, nelle imprese.
E chi non si è adeguato se ne è andato.

Devo dedurre (ancora una volta) che non c'è nulla da fare?

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Re: Made in Europa

Messaggioda Robyn il 10/07/2010, 13:10

Quello che non bisogna fare è arrendersi alla logica della globalizzazione che portando sempre più in basso il lavoro porta sempre più in basso tutti.Sui privilegi mascherati da diritti nessuno li difende,ma non vorrei che dietro questa scusa si nascondesse l'intenzione di indebolire quelli veri.In merito ai sindacati ieri quando c'era il cs e si approvava il pacchetto welfare erano sempre in piazza ed insieme alla estrema sinistra hanno consegnato il paese alla destra.Oggi firmano accordi e via discorrendo senza aprire bocca.O il paese è vecchio o ci fà e c'è.Forse tutte e due
Ciao Robyn
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