LA POLEMICA
"No alla parola compagni"
la protesta dei giovani Pd
Dopo la manifestazione del palalottomatica contestato il vocabolario comunista. Bersani: "Solo un pretesto"
di GIOVANNA CASADIO
ROMA - Colpa sua, di Fabrizio Gifuni, che ha interpretato tra l'altro Alcide De Gasperi in tv ma che sabato - invitato da Bersani alla mobilitazione anti-manovra del Pd al Palalottomatica - ha concluso un appassionato discorso sui tagli alla cultura con le antiche parole d'ordine della sinistra: "Compagne e compagni...è tanto che volevo dirlo!". Liberatorio. I militanti democratici presenti si sono spellati le mani. Eccetto quelli che ieri hanno deciso di protestare.
Un gruppo di giovanissimi ha scritto a Bersani una lettera di fuoco. Per noi "nativi del Pd", cioè estranei alla tradizione comunista e a quella democristiana, "le parole compagni, festa dell'Unità, sono concetti che rispettiamo per la tradizione che hanno avuto ma che non rientrano nel nostro pensare politico e che facciamo fatica ad accettare... questo trapassato non ha noi come destinatari". Luca Candiano, uno dei firmatari (con Veronica Chirra, Matteo Cinalli, Sante Calefati e Marino Ceci, ventenni o poco più, giovani Democratici) sostiene che "è un'aria che si respira dall'inizio della segreteria Bersani" e che li fa sentire "fuoriposto", anche se non è una minaccia ad andarsene. Fanno eco Lucio D'Ubaldo, senatore, e Giorgio Merlo: per entrambi, ex Ppi, "con i Gifuni di turno il Pd si disegna un ruolo di eterna opposizione".
Anche il veltroniano Stefano Ceccanti su Facebook apre un dibattito sul tema: "Il leader dei cristiano sociali Gorrieri, agli stati generali del 1998 in cui nacquero i Ds, suscitò proteste chiedendo che la si smettesse di chiamarsi "compagni" così che ciascuno si sentisse a casa propria. Noi qui - commenta Ceccanti - torniamo al Pds e al Pci. Se l'avesse fatto un operaio nostalgico... ma lo dice Gifuni, è l'estremismo dei ricchi e uno specchio delle difficoltà del Pd destinato a essere minoranza".
Gifuni trasecola: "Pensavo che fossero parole ancora pronunciabili, né volevo suggerire linea o nostalgie. Ci si chiama così anche nella vita, mi è venuto dal cuore. Non ho tessere di partito, neppure del Pd". Dopo l'applauditissimo intervento, si sono complimentati con lui: "Bravo, hai avuto coraggio". Coraggio di denunciare "il genocidio culturale", credeva l'attore, figlio di Gaetano, ex segretario generale del Quirinale. Invece il coraggio gli serve ora che è finito nel tritacarne delle divisioni del Pd e degli attacchi del Pdl. Gasparri gli consiglia di occuparsi dei "parenti giardinieri". "Che tristezza", replica lui. "La parola compagno esiste", aveva assicurato Bersani a un operaio sardo. E adesso dalla segreteria sull'intera vicenda affermano: "È solo un pretesto". Pure Prodi non disdegnava parlare di "compagni". E Ivan Scalfarotto sbotta: "Lasciateci chiamare compagni che è parola piena di sentimento e solidarietà. La mancanza di innovazione sta nel fatto che D'Alema e Marini siano ancora dirigenti dai tempi di Pci e Dc. Gifuni è stato bravissimo". Debora Serracchiani: "Io voglio che al Pd vengano a dire amici, fratelli, compagni e che noi ascoltiamo cosa dicono".
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