Robyn ha scritto:L'utilità sociale può essere intesa come la tendenza a realizzare l'interesse generale rispetto a quello particolare.Nel rispetto della competitività creare lavoro e lavoro tendenzialmente stabile ma libero dalla rigidita,nel rispetto dell'ambiente e del paesaggio e nella tendenza a creare equità sociale.La competitività coniugata alla libertà,alla sicurezza alla dignità umana.Questa può essere l'utilità sociale.L'utilità sociale è un concetto autenticamente di sinistra Ciao Robyn
L'interesse generale è un concetto metafisico, come è facilmente dimostrabile.
Eventualmente si puo' discutere sul concetto di "interesse della maggioranza" ma entrando in dettaglio scopri che in una popolazione di tre persone le maggioranze matematicamente possibili sono 4. In una popolazione di 60 milioni di persone, sono possibili decine milioni di maggioranze diverse e milioni di interessi generali. Ed ovviamente 60 milioni di interessi particolari (individuali) moltiplicati per ogni tema di interesse (ambiente, sanità, educazione, fisco, ....). Arriviamo quindi a vari miliardi di combinazioni. Non ci è dato a sapere chi sia il migliore (qualitativamente o quantitativamente) usando una formula matematica o una logica oggettiva. Ci sono solo opinioni sorrette da una maggioranza (tra le milioni possibili). In pratica allora il richiamo all'interesse generale (che nessuno puo' oggettivamente determinare) è solo un espediente retorico ed autoritario per imporre una soluzione tra le altre, appunto con la scusa dell'interesse generale o dell'utilità sociale.
Ricapitolando, ... L'interesse generale, come dato oggettivo calcolabile a tavolino, non esiste. Se tu affermi che è anche un concetto autenticamente di sinistra, nessun problema: nemmeno la sinistra esiste piu'.
Nel concreto, gli obbietivi che poni ("creare lavoro e lavoro tendenzialmente stabile ma libero dalla rigidita,nel rispetto dell'ambiente e del paesaggio e nella tendenza a creare equità sociale.La competitività coniugata alla libertà,alla sicurezza alla dignità umana") sono giusti ma nessuno ci riesce a tavolino. Anzi chi lo ha fatto a tavolino ha fatto grandi disastri.
Di fatto nessun essere umano o gruppo dirigente è in grado di avere tutte le informazioni necessarie e stabilire un progetto per raggiungere quegli scopi. Anche perché poi quegli esseri umani soffrono di tuttti i difetti che si imputano la mercato (egoismi, interessi individuali, incompletezza delle informazioni, visione ideologica che discorce l'azione).
Interessante leggere le argomentazioni di un economista svedese del 1700 (vedere
http://www.noisefromamerika.org/index.p ... /1786#body) precursore di molti piu' illustri (Adam Smith e David Ricardo)
Magari puo' essere un'interessante lettura per l'estate
http://www.liberilibri.it/opera.php?k=167 (solo 48 pagine!) per chi crede ancora nella favola dell'interesse generale perseguibile come piano pubblico (magari con i piani quinquennali).
Vediamo un piccolo aperitivo, dal sito NoiseFromAmerika
Lo scopo della legislazione economica, afferma Chydenius, è
non danneggiare la ricchezza della nazione, che nella definizione dell'autore corrisponde a quello che oggi chiamiamo PNL (prodotto nazionale lordo, ossia il valore di tutti i beni e servizi finali prodotti da produttori nazionali). La prospettiva è già originale, non vi pare?
Ancora oggi i legislatori sono convinti (o vogliono far credere) che la regolamentazione dell'attività economica sia cosa necessaria all'aumento del reddito nazionale, mentre Chydenius si accontentava di riconoscerla come inevitabile per ragioni politiche e per questo si preoccupava di suggerire criteri per renderla il meno dannosa possibile.
Nella pagine iniziali Chydenius afferma che condizioni necessarie alla prosperità sono la divisione del lavoro e il commercio, sia tra individui sia tra nazioni, e che il criterio per la divisione del lavoro tra nazioni sia la specializzazione nel settore o nei settori a più elevata produttività del lavoro. Queste sono chiare anticipazioni non solo del principio della divisione del lavoro enunciato da Adam Smith (ma prima di lui da Platone) ma anche dell'idea che quello che conta per il commercio internazionale è il vantaggio comparato e non quello assoluto, un'idea resa celebre da David Ricardo.
Il problema, secondo Chydenius, è che le leggi distorcono la naturale tendenza degli individui a creare ricchezza mediante specializzazione e scambio. Per quattro ragioni:
1. La regolamentazione economica è molteplice e ogni pezzo di legislazione persegue obiettivi diversi e indipedenti. Questa frammentazione crea necessariamente un sistema scriteriato e quindi, molto probabilmente, dannoso.
2. Nessuno statista e nessun regolatore possiede sufficiente conoscenza per organizzare l'attività economica in modo da massimizzare la 'ricchezza della nazione'. Questo è un punto fondamentale che anticipa le osservazioni di Hayek e la genesi di mechanism design.
3. Anche se lo statista e il regolatore possedessero tutta la conoscenza necessaria, i loro incentivi non sono necessariamente allineati a quelli della collettività. Questo, invece, è il bread&butter di chi studia political economy.
4. Infine, anche se gli incentivi fossero invece allineati, resta il fatto che anche la più perfetta regolamentazione cambierà sempre meno rapidamente delle circostanze economiche. Citando letteralmente:
Fra le migliaia di possibilità, la legge - sebbene sia la migliore possibile - è pertanto utile solo in un'unica circostanza, vale a dire quella per cui è stata concepita, ma dannosa in tutte le altre.
A me quest'ultima sembra una perla. I giuristi ci spiegheranno che per questo c'è il principio di generalità del diritto. Bene, fatevi avanti e discutiamone.
L'inevitabile risultato è la creazione di rendite di ogni tipo (da quella del monopolista a quella del politico), che Chydenius ritiene particolarmente dannose perché ingolfano il motore della prosperità, ossia l'aumento della produttività:
In una società, più opportunità ci sono per alcuni di vivere sulla fatica degli altri, meno questi stessi altri possono godere dei frutti del loro lavoro e più si affossa la laboriosità. I primi diventano arroganti, mentre i secondi diventano disperati ed entrambi negligenti.
Cosa suggerisce di fare, in conclusione, Chydenius? Naturalmente ridurre il numero di leggi e regolamenti che vincolano la libertà economica:
Un'unica legge, vale a dire quella di ridurre il numero delle nostre leggi, è da allora diventata una materia di lavoro piacevole per me, la quale voglio altamente raccomandare come principale e più importante, prima che ne siano inventate di altre nuove.
Ricapitolando, l'interesse generale (o benessere della nazione) se pur esiste da qualche parte non è oggettivamente determinabile a tavolino e se lo fosse saremmo sempre in ritardo rispetto alla dinamica economica ed in balia della prepotenza del leviatano.
Franz
“Il segreto della FELICITÀ è la LIBERTÀ. E il segreto della Libertà è il CORAGGIO” (Tucidide, V secolo a.C. )
“Freedom must be armed better than tyranny” (Zelenskyy)