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Ecco perché generosi si nasce ma la bontà dura fino a 2 anni

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Ecco perché generosi si nasce ma la bontà dura fino a 2 anni

Messaggioda franz il 13/05/2010, 9:10

PSICOLOGIA
Ecco perché generosi si nasce
ma la bontà dura fino a 2 anni

Gli esperimenti dello psicologo Tomasello mostrano che per istinto siamo portati a cooperare. I test sono stati condotti su gruppi di bambini fino a 18 mesi. Poi i comportamenti cambiano
di MARINA CAVALLIERI

GENEROSI per vocazione, altruisti per istinto. Portati ad allearsi più che a scontrarsi. Più disposti ad aiutare che a tradire. Così sono i bambini piccolissimi, tra il primo e il secondo anno di vita, con una tendenza naturale ad aiutare il prossimo, un sentimento non indotto da condizionamenti sociali e culturali, non influenzato dai desideri e dalle minacce dei genitori. Solo dopo questo istinto originario si trasforma. Solo più tardi si perde l'innocenza. Ed eccoci da adulti, così come sappiamo: un po' meno angeli e un po' più demoni.

Altruisti nati - Perché cooperiamo fin da piccoli è l'ultimo libro di Michael Tomasello (Bollati Boringhieri, pagg. 144, euro 15), noto psicologo evoluzionista americano, considerato un impavido pioniere dai suoi colleghi. Tomasello illustra con pignoleria ed esperimenti di laboratorio il comportamento dei bambini nelle prime fasi dell'esistenza, raggiungendo risultati da molti giudicati sorprendenti perché dimostra, stupendo molti genitori, che i cuccioli d'uomo, a differenza di quelli di scimpanzé, sembrano più disposti a mettere da parte il vantaggio individuale e ad aiutare generosamente il prossimo. "Mi schiero con Rousseau", scrive deciso Tomasello, "il filosofo che considerava gli esseri umani per natura cooperativi e solidali ma poi corrotti dalla società. Anche se integro quella teoria con alcune critiche: sostengo che i bambini si dimostrano collaborativi in molte situazioni ma non in tutte perché ogni organismo deve avere anche un po' di egoismo per sopravvivere".

E Tomasello si assume l'onere della prova. Con i suoi esperimenti vuole dimostrare alcune cose: i bambini sono capaci di prestare aiuto, fornire informazioni, condividere. Tutto con assoluto e disarmante disinteresse. Il punto di partenza è molto semplice: bambini tra i 14 e i 18 mesi vengono messi di fronte ad un adulto che vedono per la prima volta. L'adulto si trova ad affrontare un banale problema pratico e i piccoli lo aiutano a risolverlo, sia che si tratti di recuperare oggetti lontani dalla sua portata o aprire un armadietto se l'adulto ha le mani impegnate. Su 24 bambini presi in esame 22 hanno offerto il loro aiuto almeno una volta. Immediatamente.

Ma non finisce qui. Per lo psicologo c'è nei bambini una propensione spontanea a simpatizzare con qualcuno in difficoltà. Infatti vediamo i bambini-cavia di Tomasello solidarizzare con un adulto a cui era stato strappato intenzionalmente un foglio: "guardano la vittima con un'espressione partecipe", scrive lo psicologo. I piccoli sono anche capaci di fornire informazioni utili. In un altro esperimento li osserviamo aiutare un adulto che aveva perso un oggetto, i bambini, ignari protagonisti, si sforzano di dare indicazioni, fornendo una specifica forma d'aiuto che solo i cuccioli d'uomo sanno fare ovvero "condividendo le informazioni necessarie".

Ma le gesta eroiche e gentili dei nostri piccoli altruisti sono molteplici. È evidente, si sente in dovere di aggiungere Tomasello, che gli esseri umani non sono angeli della cooperazione, uniscono le forze anche per compiere atti ignobili, tali atti però non sono diretti contro gli appartenenti al gruppo. Come i politici hanno sempre saputo, il modo migliore per motivare le persone è identificare dei nemici. E i bambini hanno un innato, e squisitamente umano, senso del "noi". Fin qui gli ingegnosi esperimenti per dimostrare le radici dell'altruismo. Alla base ci sarebbe una tendenza innata. Dopo vengono le norme, le istituzioni. Tutte le complicazioni, più o meno necessarie, che conosciamo. Ma a che punto si perda la primitiva innocenza, e quando anche i bimbi s'incarogniscono, Tomasello non lo spiega, non è parte della ricerca. Questa è un'altra storia.

(13 maggio 2010) www.repubblica.it
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Re: Ecco perché generosi si nasce ma la bontà dura fino a 2 anni

Messaggioda pianogrande il 13/05/2010, 15:25

Quello che, ormai, nelle cronache, viene definito il branco dandogli un aspetto temibile, altro non è che una naturalissima ed istintiva strategia di sopravvivenza.
I piccoli ci provano fino quando non vengono dissuasi dalla scossa ricevuta da un atteggiamento aggressivo che li coglie indifesi.
Un po' come le cavie da laboratorio sottoposte a vari meccanismi di rinforzo o scoraggiamento.
Quelli che persistono, perché proprio si sentono portati a questo, rimangono persone gentili, disponibili.
Strani esseri che vengono premiati con appellativi che vanno da ingenuo a coglione.
Insomma; chi, in qualche modo, influenza i comportamenti della nostra società, applica pervicacemente il buon vecchio divide et impera.
Fotti il sistema. Studia.
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Re: Ecco perché generosi si nasce ma la bontà dura fino a 2 anni

Messaggioda franz il 13/05/2010, 18:10

pianogrande ha scritto:I piccoli ci provano fino quando non vengono dissuasi dalla scossa ricevuta da un atteggiamento aggressivo che li coglie indifesi.
Un po' come le cavie da laboratorio sottoposte a vari meccanismi di rinforzo o scoraggiamento.

Non conoscendo i dettagli dello studio (che si limita ai primi due anni e quindi non entra nelle tue considerazioni, che riguardano cosa succede dopo) è difficile stabilire come mai cambiano le cose dopo i due anni.
Tuttavia c'è un periodo molto indicativo, che non so se deriva dallo studio o dal giornalista che riassume:
È evidente, si sente in dovere di aggiungere Tomasello, che gli esseri umani non sono angeli della cooperazione, uniscono le forze anche per compiere atti ignobili, tali atti però non sono diretti contro gli appartenenti al gruppo. Come i politici hanno sempre saputo, il modo migliore per motivare le persone è identificare dei nemici. E i bambini hanno un innato, e squisitamente umano, senso del "noi". Fin qui gli ingegnosi esperimenti per dimostrare le radici dell'altruismo.

Ma se esiste un "noi", che è dato dalla cerchia piu' ristretta (ed esiste quindi un "loro" fatto di potenziali nemici lontani) come è possibile definire "altruismo" il comportamento di un bambino verso le persone che gli sono attorno nei primi due anni? Sul piano strettamente antropoligico le comunità umane sono composte da molti millenni di tribù che son di fatto famiglie allargate (35 ... 50 persone) e quindi chi sta attorno ad un bambinio è un gruppo (un "noi") strettamente imparentato. Non è difficile immaginare un comportamento di fiducia e di aiuto verso le persone che condividono gran parte dei nostri geni. Lo fanno le api, possiamo farlo noi. In questo caso non è altruismo ma egoismo di gruppo. Tradotto potrebbe significare: finché sono piccolo sono circondato, fino a prova contraria, da persone del mio gruppo familiare. Mi aiutano ed io li aiuto volentieri. Crescendo aumenta la cerchia delle mie conoscenze e devo stare piu' attento alle possibili fregature.

Non so cosa sarebbe successo se avessero introdotto nell'esperimento adulti totalmente diversi (barbuti se tutti sono glabri, di colore, che parlano lingue strane) e misurare la reazione del bambino in condizione di maggiore stress. Il riferimento agli scimpanzé mi pare improprio. Quelli in cattività hanno un comportamento alterato, quelli in natura sono sicuramente sottoposti a maggiore stress e pericoli, quindi la diffidenza è maggiore e una certa aggressività è comprensibile. I nostri "cuccioli", come sono definiti, invece sono ben pasciuti, crescono nella bambagia ed in un ambiente amico, per nulla ostile (almeno quelli dell'esperimento) e sono stati abituati alle relazioni con altri adulti.
Sarebbe interessante sapere se i bambini scelti lo erano sulla base di un campione casuale oppure sono stati selezionati in qualche modo (quelli per esempio che non piangevano a dirotto se si trovavano con sconosciuti).

Altra cosa. l'imperativo categogico di un bambino di quell'età è socializzare e fare esperianze. All'inizio lo fa in ambito ristretto (ambiente familiare) e quando sarà pronto (da 3 anni in poi, ognuno con il suo ritmo) anche con bambini che non conosce (asilo, scuola elementare). Per socializzare deve per forza interagire postivamente con altri e farsi le sue esperienze. Quindi lo studio è interessante (e lo sarà leggendo qualche cosa di piu') ma credo che scopra l'acqua calda .....

Franz
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