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Famiglia Komunista?

Il futuro del PD si sviluppa se non nega le sue radici.

Famiglia Fascista?

Messaggioda franz il 14/08/2008, 19:58

Fascista o Komunista? In attesa di capire come è questa "Famiglia", e quindi il Paese per ovvio collegamento, mi pare che questo articolo bene illustri quello che sta dietro il fascismo. Aticolo che ci parla di Verona, una delle zone piu' "bianche" del paese. Non che dalle zone "rosse" o dalle zone "nere" vengano oggi segnali molto differenti ....


Per il giovane divo più amato dai registi (lo rivedremo sugli schermi diretto
da Vicari e Salvatores) un'estate all'insegna dell'impegno. Poi la Mostra di Venezia...

"Verona caput fasci", sul palco
lo show militante di Elio Germano

L'attore racconta la piéce che ha scritto per denunciare l'intolleranza
"Recito le frasi-shock dei politici scaligeri". Tra sessismo, violenza e omofobia
di CLAUDIA MORGOGLIONE

ROMA - L'antefatto: tredici anni fa il Consiglio comunale di Verona - caso unico, in Europa - rigetta la Risoluzione di Strasburgo, dichiarando l'omosessualità "contro natura". I pochi cittadini che si oppongono, sdraiandosi per protesta sulle strisce pedonali vicino al Municipio, vengono trascinati in caserma e denunciati per blocco del traffico. I politici locali, dal centro alla destra, nel corso del dibattito in aula pronunciano frasi inquietanti: contro i gay ("devono cedere gli attributi alla chirurgia per la tranquillità di tutti"), contro l'aborto ("ci dovevano pensare quando hanno aperto le gambe"), contro l'emancipazione femminile ("la donna torni alla sua vocazione naturale, che è di tutti gli animali").

Questa la premessa. Lontana, nel tempo, ma vicinissima, negli umori e nelle idee di una certa classe politica. E a cui, tredici anni dopo, segue la tragedia: il primo maggio 2008, sempre a Verona, un gruppo di militanti di estrema destra uccide Nicola Tommasoli, un ragazzo "colpevole" di avere i capelli lunghi. Ed è per raccontare tutto questo - ciò che accaduto nella città scaligera, ma più in generale l'oscurantismo e l'intolleranza in salsa italiana - che uno dei giovani divi italiani più amati, Elio Germano, sta portando in giro per l'Italia uno spettacolo teatrale dal titolo inequivocabile: Verona caput fasci. "Un modo per reagire a quelle vicende - racconta il protagonista - e a tutto quello che sta succedendo in queste settimane: le aggressioni, la campagna contro i rom".

E il risultato è uno show scarno, forte, militante, tutto all'insegna dell'impegno civile. In cui l'attore under 30 più amato dai nostri registi - ha conquistato tutti con Mio fratello è figlio unico, recentemente lo abbiamo visto in Tutta la vita davanti di Paolo Virzì, nel Mattino ha l'oro in bocca di Francesco Patierno, in Nessuna qualità agli eroi di Paolo Franchi - recita sul palco quasi da solo. Visto che accanto ha solo l'attrice teatrale Elena Vanni, che ha anche scritto il testo insieme a lui. Loro due si presentano in scena in piedi, la scenografia è fatta solo da un paio di sedie che evocano gli scranni del Consiglio comunale veronese in cui quell'incredibile dibattito su omosessualità, aborto, ruolo della donna si svolse.

FOTO: LA CARRIERA DI ELIO
http://www.repubblica.it/2006/08/galler ... -foto.html

Il testo di Germano riporta fedelmente molte di quelle frasi, per dare l'idea dell'humus culturale, prima che politico, di quella classe dirigente (tra le perle l'affermazione secondo cui i gay "bisognerebbe tutti farli capponi", pronunciata da un consigliere della Lega). Ma dà voce anche ai cittadini che si opposero, e che sono stati denunciati. "Tutto è nato così, sull'onda dell'indignazione - racconta Elio, che vedremo in autunno in Il passato è una terra straniera di Daniele Vicari, e a inizio 2009 in Come Dio comanda di Gabriele Salvatores - era maggio, credo, e ascoltando Radio Onda Rossa ho sentito di quella vicenda. E ho capito che dovevo reagire, che potevo fornire un'occasione per parlare di questa cosa".

Un comportamento insolito, da parte di un attore di primo piano come lui: mettere la faccia, il tempo, le energie, in un progetto minore, di quelli che non danno visibilità né titoli sui giornali. "E' che mi sembrava una cosa importante - spiega lui, schernendosi quando gli si fa notare un impegno civile non proprio comune - e comunque si tratta di un progetto estemporaneo, non impegnativo dal punto di vista formale: io lo definisco uno spettacolo punk, per dare l'idea della sua immediatezza".

Un lavoro che ha comportato una ricerca su quei famosi verbali del Consiglio comunale veronese. "Contengono frasi agghiaccianti - racconta ancora Germano - pronunciate da personaggi appartenenti a diverse forze politiche dell'epoca, dai popolari ad An. A me non importa la loro appartenenza, ma il tipo di opinioni che esprimono. Cose tipo che le donne devono stare a casa, o l'equazione omosessualità uguale pedofilia. Per me questo 'viaggio' è stato importante, per capire che l'intolleranza viene da lontano. E che ha generato la morte di ragazzi come Nicola o Renato" (Renato Biagetti è stato ucciso a Roma, dopo una festa reggae).

Insomma, per l'attore, un'estate all'insegna dell'impegno: lo spettacolo è stato presentato in diverse città - a Bologna, ad esempio - e domenica 18 chiude in bellezza il Clorofilla Festival che si tiene nel grossetano, nel Parco della Maremma. "Andiamo quasi ovunque ce lo chiedono - spiega lui - o almeno dove sono sicuro che non ci chiamano solo per avere un attore noto ospite di una manifestazione". Un bell'esempio di rigore, da parte di un attore che non si è montato la testa. E che a breve riprenderà anche la sua attività più ufficiale, nel cinema che conta: alla Mostra di Venezia riceverà il premio Diamanti al cinema; al Festival di Roma, ci sarà il suo film girato con Vicari. Ma senza vendersi l'anima.

(14 agosto 2008)
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Re: Famiglia Komunista?

Messaggioda pierodm il 14/08/2008, 22:53

L'interpretazione di Franz è - come d'antica tendenza - più millenaristica che politica: la sperimentata versione dei fenomeni come "fallibilità umana", o eterna condizione umana, se si preferisce.

In realtà, anche accettando in pieno questa prospettiva, il significato è strettamente politico, specialmente nel contesto del nostro discorso.
Una delle principali distinzioni che sono state fatte - diciamo così "di scuola" - tra destra e sinistra è il fattore della "trascendenza", che esiste nella sinistra, al punto da caratterizzarla, e non esiste nella destra: la rivoluzione fascista, appunto, come "rivoluzione senza trascendenza", ossia senza la volontà e il progetto di trasformare lo status quo sociale, e i rapporti di forza tra le classi.
Questa distinzione implica che la destra ha il proprio fondamento nell'assunzione della "condizione umana" nella sua integrità, e diciamo pure nel suo integralismo degli istinti basilari - da quello della sopravvivenza a quello della "superiorità del più forte", fino alla carità e al senso dell'onore come punto di riferimento per la soluzione dei conflitti sociali.
In estrema sintesi, possiamo dire che una storiografia basata sul racconto e sull'interpretazione della "condizione umana", sull'azione delle varie e diverse personalità, su eroismi e tradimenti, è una storiografia tradizionalmente di destra.

Non è un caso che la politica moderna ha inizio con il contemporaneo avvento della sociologia, che sottrae all'arguzia centrata sul gioco della "fallibilità umana" i meccanismi della storia, cercandoli invece nei rapporti tra forze sociali, tra classi e categorie produttive, nelle correnti culturali e nella dimensione antropologica.
Una politica moderna, sia di stampo liberale, sia socialista, che infatti viene sistematicamente rifiutata dalla destra che in diverse versioni si è succeduta sullo scenario europeo e occidentale; per esempio, lo spiritualismo vantato dalla destra di tipo fascista non è quello di tipo umanistico, o peggio ancora illuministico, ma uno spiritualismo ancestrale che affonda le proprie ragioni nella "eterna condizione umana", esattamente calibrato per contrapporsi alla visione sociologica e razionalistica della visione liberale e socialista.

In definitiva, questa revanche dell'individualismo anarcoide, del personalismo politico, della figura dell'eroe - magari in campo economico e affaristico - della riscoperta dei "sentimenti" e della "piccola gente" intesa come popolo dei semplici, etc, fino all'esaltazione dela democrazia diretta come superlativo della democrazia stessa, sono tutte strade che convergono verso la sostituzione di una visione sociale della politica, a favore di una visione personalistica, secondo i canoni della "eterna condizione umana".

E' appena il caso di sottolineare che questa impostazione, al contrario di quanto qualcuno mostra di pensare da troppo tempo, è un grande punto di forza della destra: l'eterna condizione umana è infatti assai più facile da recepire e da digerire, specialmente in contesti culturali di modesto livello, e assai più vicina all'esperienza quotidiana della massa popolare. Una visione che fa presa, e che ha sempre un suo pubblico affezionato, tenace e irriducibile.

Se e come la sinistra debba trarre qualche utile insegnamento da questo rapporto della destra con la storia e con le masse popolari è certamente un argomento interessante.
Ma nel frattempo sarebbe bene guardarsi dall'assumere "l'eterna condizione umana" come chiave interpretativa dei fenomeni storici e politici.
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Re: Famiglia Komunista?

Messaggioda franz il 15/08/2008, 8:41

pierodm ha scritto:L'interpretazione di Franz è - come d'antica tendenza - più millenaristica che politica: la sperimentata versione dei fenomeni come "fallibilità umana", o eterna condizione umana, se si preferisce.

In realtà, anche accettando in pieno questa prospettiva, il significato è strettamente politico, specialmente nel contesto del nostro discorso.
Una delle principali distinzioni che sono state fatte - diciamo così "di scuola" - tra destra e sinistra è il fattore della "trascendenza", che esiste nella sinistra, al punto da caratterizzarla, e non esiste nella destra: la rivoluzione fascista, appunto, come "rivoluzione senza trascendenza", ossia senza la volontà e il progetto di trasformare lo status quo sociale, e i rapporti di forza tra le classi.

Sono nettamente inadeguato a discutere di teologia e di metafisica ma non me ne faccio un problema, visto che questo è un luogo di discussione politica. Con la metafisica si puo' dire di tutto ed il contrario di tutto (a dire il vero è un forte punto di contatto con la poliitca fatta in un certo modo) ed ho il sospetto che in fondo dire noi abbiamo la trascendenza e voi no sia solo un modo piu' sofisticato per dire "Tieh!". Preferisco il secondo. Piu' popolare.

Per me la condizione umana non è eterna ma c'è. Per la mia mentalità scientiifca ritengo fondamentale l'evoluzione e quindi nulla è eterno. Ma una condizione umana radicata nella nostra mente e nel nostro DNA esiste.
È li' da studiare. Da conoscere. Impossibile non tenerne conto, tanto piu' nella interpretazione dei fenomeni sociali e storici degli umani. Diciamo che c'è stato in passato (e forse c'è ancora oggi) chi ha tentato di ignorarla, di calpestarla, ipotizzando in un delirio (di trascendenza?) che i processi rivoluzionari avrebbero addirittura creato un "uomo nuovo".
Che nessuno ha visto. Si è visto invece prevalere la condizione umana, un uomo molto vecchio che insiste a non voler morire a con cui è bene fare i conti, svegliandosi dai sogni dell'utopia.
Un sogno in cui la politica è pre-potente su tutto, tutto domina, permettendosi anche di ignorare la natura umana.
Se questa è la trascendenza che ha la sinistra e gli altri no, io la definirei piu' che altro "presunzione" e la lascerei volentieri a chi la rivendica. In fondo anche certa presunzione fa parte della natura umana.
Nulla di nuovo, nulla di ... trascendentale.

Ciao,
Franz
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Re: Famiglia Komunista?

Messaggioda lucameni il 15/08/2008, 12:03

"La scelta delle gerarchie
DI EDMONDO BERSELLI

ALLA FINE per rintuzzare le critiche di Famiglia Cristiana al governo Berlusconi e per spegnere il focolaio delle polemiche è dovuto intervenire il direttore della sala stampa del Vaticano: e in quel momento si è capito che se padre Federico Lombardi aveva scelto di intervenire ai microfoni del Tg1 voleva dire che sullo sfondo si erano mosse le alte gerarchie, chissà, la segreteria di Stato, la presidenza della Cei, evidentemente preoccupate per la piega presa dagli eventi, e dalla durezza delle risposte nel governo e nel Pdl.

E difatti padre Lombardi, con le sue misuratissime parole, ha provveduto a ripartire le competenze e a definire le responsabilità: Famiglia Cristiana, ha detto il portavoce del papa, è un giornale importante del mondo cattolico ma non rappresenta affatto la linea del Vaticano o della Cei, e quindi i suoi giudizi identificano soltanto chi li ha scritti e il direttore del settimanale, don Antonio Sciortino.

Difficile immaginare una presa di distanza più radicale. Non si ricordano interventi equilibratori di questo tenore allorché il settimanale dei Paolini aveva criticato aspramente Romano Prodi e il suo governo, e più tardi il "pasticcio in salsa pannelliana" del Pd. E a questo punto viene anche da chiedersi per quale motivo le alte sfere vaticane hanno deciso un intervento che ha tutta l'aria di voler ridurre ufficialmente a Famiglia Cristiana a voce periferica e irrilevante.

Si può dissentire dalle valutazioni espresse dall'editorialista Beppe Del Colle, o comunque giudicare esasperato il giudizio secondo cui con misure come "la sciocca e inutile trovata" delle impronte digitali ai bimbi rom il nostro Paese sfiora il rischio di un nuovo fascismo. Ma nondimeno, per inquadrare decentemente i fatti, occorre anche considerare che il più importante e venduto giornale cattolico rappresenta un punto di vista significativo nella cultura cattolica, e non solo cattolica, italiana.
Sotto questa luce, non è facile definirlo politicamente. Destra e sinistra non sono termini che possono restituire integralmente la posizione storicamente rappresentata dal giornale dei Paolini.

Infatti Famiglia Cristiana si colloca rigorosamente nella tradizione cattolica per ciò che riguarda la concezione della famiglia, e su altri temi che attengono al magistero etico della Chiesa. Ma nello stesso tempo il settimanale ha sempre rappresentato un punto di riferimento per il cattolicesimo più aperto e non impaurito dalla modernità.

L'ortodossia verso il magistero papale, insieme con l'amore filiale manifestato verso i pontefici da Wojtyla a Ratzinger, non ha mai impedito ai Paolini, prima sotto la direzione di don Leonardo Zega e poi con la guida di don Sciortino, di esporre una propria linea culturale e finanche "sociale", legata a quelle inquietudini conciliari che hanno vivificato a lungo il cattolicesimo italiano e che hanno trovato nel papato di Montini l'espressione più compiuta, e nel pensiero del cardinale Martini la presenza più suggestiva.

Sarebbe una sciocchezza attribuire alla direzione di Famiglia Cristiana e ai suoi giornalisti un orientamento esplicitamente di sinistra. Si scadrebbe al grado di livore manifestato in questi giorni da Maurizio Gasparri, e dalle controaccuse di fascismo da parte dell'ex Udc Carlo Giovanardi (che si è scagliato contro i "toni da manganellatore" che don Sciortino consente ai suoi collaboratori). Eppure, non ci sono dubbi che nel corso degli anni Famiglia Cristiana ha rappresentato una delle sempre più rare isole di riflessione e anche di critica verso l'ineluttabilità del disincanto politico, e verso l'edonismo cinico che ha segnato l'ultima fase della modernizzazione del nostro Paese.

Se esiste un luogo in cui persiste un atteggiamento non corrivo, cioè non arrendevole, verso la brutalità e la volgarità dell'Italia consumista e televisiva, questo è stato ed è Famiglia Cristiana. Prendere tale atteggiamento e proiettarlo come una critica essenziale verso il berlusconismo può essere una forzatura: ma nondimeno è connaturata alla mentalità del giornale dei Paolini l'idea di una società sobria, esente dai fulgori effimeri, dagli amori fatui, dall'iperconsumo irresponsabile. E di converso di una partecipazione alla sofferenza degli umili, qualunque sia il loro posto nella società dell'euforia coatta. Una condivisione dettata dalla fede, dall'umanità, dalla curiosità verso ciò che è diverso, e dalla disponibilità culturale verso ciò che è inedito.

Che da destra si manifesti un'insofferenza tanto acuta verso il settimanale cattolico sembra la dimostrazione palese che il rapporto con il mondo cattolico viene sentito sotto un aspetto strumentale e problematico. Come una risorsa politica ed elettorale, ma anche come una possibile fonte di delegittimazione. D'altronde, appartiene interamente allo spirito di Famiglia Cristiana la critica verso quei provvedimenti governativi di taglio spettacolare, che sembrano fatti apposta per aumentare l'inquietudine dei cittadini, vale a dire per intensificare l'allarme sociale che dichiarano di voler combattere (con rischi, se non di un nuovo "fascismo", di un circolo vizioso di misure sempre più aspre e sempre più inadeguate rispetto all'allarme generato).

Non è facile oggi stare dentro i panni del direttore di Famiglia Cristiana. Rappresenta una posizione impopolare rispetto a quel mondo cattolico, maggioritario, che dopo la fine della Dc ha scelto di farsi rappresentare dalla destra. Non troverà sostegni apprezzabili a sinistra, dove la parte laica guarderà sempre con sfavore le sue posizioni sui temi politicamente sensibili della bioetica.

Ma il pericolo maggiore, prima ancora delle proteste di chi viene criticato, e che riguarda tutti i cattolici consapevoli, è quello di restare schiacciati da un implicito patto di potere fra la destra trionfante di questa stagione e il realismo politico delle gerarchie vaticane: cioè dalla strana e nuova conciliazione che sembra delinearsi, un nuovo patto di interessi e di potere che potrà premiare la Chiesa come istituzione temporale, ma che lascerebbe senza voce un cattolicesimo che ancora accetta di misurarsi con i dubbi, le incertezze e le angosce del nostro tempo.

(15 agosto 2008) "
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Re: Famiglia Komunista?

Messaggioda lucameni il 15/08/2008, 14:09

da "La Stampa".

"Nel grande vuoto lasciato
dai cattolici democratici

FRANCO GARELLI
E’ un ferragosto di fuoco quello che sta vivendo Famiglia Cristiana, il celebre settimanale dei Paolini oggi al centro di varie tensioni. Anzitutto lo scontro col governo in carica, che si è offeso per l’ultimo editoriale della rivista che paventa la nascita in Italia di un fascismo «sotto altre forme». E di riflesso a questa vicenda, la netta presa di distanza del Vaticano dai commenti «politici» di Famiglia Cristiana, giudicata come una testata importante della realtà cattolica, ma che non esprime «né la linea della Santa Sede né quella della Conferenza episcopale italiana».

Singolare dichiarazione quest’ultima, sia perché la direzione della rivista non si è mai sognata di parlare a nome dei vertici della chiesa (italiana e no), sia perché è evidente l’intento del Vaticano di non creare zone d’ombra tra il mondo cattolico e l’attuale governo italiano, anche a costo di mettere la sordina a qualche sua realtà autorevole. La Santa Sede, in altri termini, non vuol rovinare il rapporto con un esecutivo (e un’area politica) che considera attenti ai valori e agli interessi dei cattolici, in grado - molto più del precedente governo di centro-sinistra - di promuovere una politica che tuteli quei pilastri sociali (famiglia, vita, scuola libera, educazione, ecc.) che a suo dire maggiormente rispecchiano la visione cristiana della realtà.

Non è che Famiglia Cristiana metta in discussione questi valori di fondo, anche se da tempo ha scelto la politica delle mani libere, promuovendo un’informazione sui fatti di casa nostra che non fa sconti a nessuno, che non si lega per partito preso a qualche forza politica, attenta a verificare di volta in volta la congruenza tra dichiarazioni e scelte concrete, tra fatti e intenzioni.

Con questo cambio di pelle (relativamente recente), Famiglia Cristiana ha accentuato la sua presenza critica nella realtà italiana, passando da «pacioso» settimanale delle parrocchie a rivista di impegno civico di rilievo, che sta sulla breccia delle questioni emergenti; e ciò pur continuando a essere una testata che diffonde informazione e cultura religiosa, attenta al lato umano e spirituale dell’esistenza.

Questa trasformazione sembra dovuta a due ragioni di fondo. Anzitutto l’esigenza di meglio collocarsi nel mondo della comunicazione, superando l’immagine di rivista per tutte le stagioni che era la Famiglia Cristiana del passato, quando il mondo cattolico era una realtà molto solida e poco differenziata. Nell’epoca del pluralismo, nessuna grande istituzione (quindi anche nessuna realtà comunicativa) può sopravvivere senza operare delle scelte precise, senza optare per un pubblico particolare di riferimento.

Un altro fattore che può aver spinto Famiglia Cristiana a interessarsi maggiormente delle questioni sociali e politiche emergenti è l’attuale debolezza del cattolicesimo politico, il fatto che esso è ormai ridotto a una minoranza con poca risonanza pubblica. Al tempo in cui la Democrazia cristiana rappresentava gli orientamenti dei cattolici nella società italiana, Famiglia Cristiana era il collante comunicativo di un mondo cattolico perlopiù politicamente allineato. Oggi, invece, nella stagione dell’Italia bipolare, i cattolici sembrano relegati ad un ruolo comprimario sulla scena politica; e ciò sia che il governo sia targato centro-sinistra (come quello diretto da Prodi nella passata legislatura) o sia espressione del centro-destra (come quello attuale di Berlusconi). In entrambi i casi prevalgono esecutivi in cui (al di là di dichiarazioni formali) i cattolici sembrano avere poco peso e possibilità progettuale. In questo quadro, dunque, Famiglia Cristiana tende ad occupare uno spazio lasciato vuoto dalla politica «cattolica», dando voce ad istanze inascoltate, richiamando i governi ad una soluzione ai problemi che rifletta anche una visione solidale della realtà.

Si può dire, come qualcuno ha sostenuto, che Famiglia Cristiana sia l'ultima espressione del cattocomunismo italiano, il gruppo editoriale che non si piega alla deriva a destra del Paese? Credo che il taglio socialmente aperto della rivista sia evidente, nel senso che Famiglia Cristiana rappresenta la punta comunicativa di quel cattolicesimo di impegno sociale che è una delle più grandi realtà della tradizione cattolica italiana. Ma detto questo, la rivista non sembra tirare in una sola direzione e applica lo stesso metro alle varie forze politiche e ai diversi governi. Ieri ha bacchettato Prodi sulla questione dei Dico e Veltroni sull’apertura del Pd ai radicali. Oggi è critica verso Berlusconi quando accusa i pm di essere sovversivi o quando la sua maggioranza sembra compiere scelte populiste sulla questione sicurezza.

In un tempo di grandi silenzi e allineamenti (che coinvolgono anche il mondo cattolico), c’è una forza d'animo in queste prese di posizioni da non sottovalutare, che ha i suoi costi sociali ma che è foriera di una presenza sociale più partecipe e riflessiva."
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Re: Famiglia Komunista?

Messaggioda matthelm il 15/08/2008, 15:14

[quote="lucameni"]da "La Stampa".

"Nel grande vuoto lasciato
dai cattolici democratici


Ottima riflessione che condivido.

Famiglia cristiana, voce veramente libera del mondo cattolico, sta cercando di colmare un vuoto palpabile di vera critica politica da parte dei cattolici democratici. Lavoro che vale per maggioranza che per l'opposizione.

E' evidente che oggi sulla scena politica italiana manca un leader autorevole di formazione cattolico democratica. Veltroni, Berlusconi e Casini non lo sono . Prodi ha lasciato un vuoto enorme da questo punto di vista e i vari Franceschini, Bindi e Fioroni non sono certamente dei punti di riferimento importanti.
Rutelli, non di questa estrazione, sembra recepire meglio dei altri quelle sensibilità.


La Chiesa “ufficiale”, come è purtroppo storicamente dimostrato, ama sdraiarsi sulla più rassicurante destra e questo intervento, fuori luogo e inopportuno, verrà ricordato come una grave caduta di stile e intromissione deprecabile segno anche questo di come questa nuova forma di fascismo si stia concretizzando.
Il mondo cattolico, da come si vede e per fortuna, è molto più complesso.

Balza evidente nel PD la mancanza di una forte visibilità dei cattolici democratici e questo è un grosso problema.
In compenso, strumentalmente, la destra cerca di occupare ogni spazio politico di quel mondo.
"L'uomo politico pensa alle prossime elezioni. Lo statista alle prossime generazioni".
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Re: Famiglia Komunista?

Messaggioda lucameni il 15/08/2008, 18:37

è un problema incentivato dal fatto che la sinistra riformista o presunta tale ancora non ha una sua vera indentità, dal fatto che molti di coloro che rappresentano i "cattolici democratici" politicamente sono piuttosto mediocri ed ingabbiati nelle strette di una politica che di cristiano ha proprio poco etc etc.
Di certo non è il massimo anche solo avere l'impressione di essere condizionati da una gerarchia che ha scelto "di non disturbare il manovratore". La sua funzione, pur nel rispetto di libera chiesa in libero stato, dovrebbe essere altra e molto più incisiva. Rivolta alle coscienze innnanzitutto.
La coscienza di un cristiano si insozza anche nell'avvallare le ipocrisie e i ladrocini ai danni delle istituzioni propri di questa destra aziendalista.
E comunque la funzione giornalistica non può essere sacrificata per venire incontro ad una presunta real-politik della santa sede.
Io, almeno come definizione, mi ritengo "cattolico liberale" piuttosto che "cattolico democratico", almeno ad avere in conto le differenze di sensibilità che vi erano tra antichi esponenti cattolici in politica, ma poco importa.
La sostanza è la stessa.
Per i cattolici laici, siano essi "democratici" o "liberali", non mi pare sia un momento strepitoso.
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Re: Famiglia Komunista?

Messaggioda pierodm il 15/08/2008, 19:31

Caro Franz, la definizione del fascismo come "rivoluzione senza trascendenza" è di Del Noce - padre, non il figlioletto che sta in RAI.
Sarebbe bene, poi, non imbizzarrirsi subito, non appena si sente una parola che suona - suona soltanto - come un po' troppo "filosofica", come se si si corresse il rischio di infettare con il "culturame" la limpidezza della propria razionalità pragmatica.
La trascendenza di cui parla Del Noce, e di cui parliamo noi, non ha niente a che fare con la metafisica, ma vale semplicemente per dire che si cerca di andare al di là dello status quo, ossia dell'esistente, per realizzare situazioni o sistemi diversi: un modo per alludere alla rivoluzione, ma anche al famoso "riformismo", quando mai fosse un riformismo serio e profondo.
Una trascendenza, quindi, che dovrebbe essere cara a chi ha in animo, o pensa di aver cominciato a realizzare, una qualche forma di "terza via", o un "partito nuovo", in chiave riformista, e quindi una trascendenza che dovrebbe riguardare proprio "noi" tutti, dal PD alle varie formazioni di sinistra arcobaleno.
Ma naturalmente è lecito avere in antipatia la parola in sè, per motivi personali: di fronte a una simile eventualità è giusto alzare le mani e arrendersi, in omaggio all'eterna condizione umana.

A proposito di quest'ultima, spendiamoci ancora due parole, e poi basta.
In discussione non c'è l'esistenza di questa 2condizione", anche perché sarebbe ridicolo mettrela in discussione.
Si tratta invece di capire se la storia o la politica debbano avere come chiave di lettura la fenomenologia psichica e le vicende personali, o invece la dimensione sociale, i meccanismi di sistema, i fenomeni di massa, le mutazioni antropologiche e culturali.
Naturalmente, le due chiavi di lettura non sono separate nettamente con un muro invalicabile, ma sono anzi strettamente intrecciate: in un rapporto, però, che vede la sfera individuale e la "condizione umana" come - sia pure essenziale - livello di "cronaca" all'interno del flusso della storia.

Ti faccio un esempio.
In un film di qualche anno fa, ambientato nel primo '900 - non ricordo francamente quale - un personaggio dava un'interpretazione in chiave nettamente sessuale e psicoanalitica dell'impegno delle donne per il suffragio universale: non era un reaionario, e anzi la chiave psicoanalitica rappresentava per lui una pulsione di modernità e di spirito scientifico.
Un punto di vista grossolamente simile lo ritroviamo in varie fasi della storia successiva, talvolta perfettaente giustificato, trattandosi di opere letterarie che hanno lo scopo preciso di occuparsi dell'argomento proprio dal punto di vista della "condizione umana", svolgendo con ciò una funzione assai utile e interessante.

Una funzione, oltre tutto, che ha una sua grandissima dignità laddove sia trattata da un talento adeguato: altrimenti diventa una farsa, un melodramma, un romanzo rosa, una commediola.
Un racconto che a me è sempre sembrato grandioso, e di enorme utilità per la comprensione di un intero periodo storico, è - sotto questo aspetto - Resurrezione di Tolstoj, nel quale l'aspetto umano è la chiave narrativa di un'opera che pure ha chiari riflessi politici. Parliamo però di un capolavoro, che tuttavia non segna - nonostante o forse proprio a causa della sua grandezza artistica - una sintesi o una fusione tra le due dimensioni (quella politica e quella personalistica) ma ne propone invece la natura intellettualmente alternativa: quello che insegna, semmai, è che la natura alternativa non necessariamente è conflittuale.

Sulla specifica questione di FC non aggiungo niente, oltre quello che ho già scritto e continuo a pensare, e oltre quello che viene detto nei vari articoli che sono stati citati, molto opportunamente.
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Re: Famiglia Komunista?

Messaggioda franz il 16/08/2008, 9:38

pierodm ha scritto:Caro Franz, la definizione del fascismo come "rivoluzione senza trascendenza" è di Del Noce - padre, non il figlioletto che sta in RAI.
Sarebbe bene, poi, non imbizzarrirsi subito, non appena si sente una parola che suona - suona soltanto - come un po' troppo "filosofica", come se si si corresse il rischio di infettare con il "culturame" la limpidezza della propria razionalità pragmatica.
[...]
Sulla specifica questione di FC non aggiungo niente, oltre quello che ho già scritto e continuo a pensare, e oltre quello che viene detto nei vari articoli che sono stati citati, molto opportunamente.

Di chiunque fosse quella definizione la cosa non cambia. Illustri o meno che siano, c'è il vezzo di usare temini che sono metafisici affidandogli pure diversi significati e poi discutendo su questi parti della mente litigando sui significati a suon di "ipse dixit". Il significato che hai dato poteva essere meglio espresso da Del Noce dicendo che il fascismo non aveva un progetto di società (e su questo caso mai avendo tempo si puo' discutere) ma ovviamente trascendenza fa molto piu' figo.

Preferisco analizzare il fascismo per quello che è stato realmente, non per la sua mancanza o meno di trascendenza.
Se aveva la trascendenza (nel significato che hai spiegato) allora olio di ricino, guerra, campi di concentramento andavano bene? Non credo.
Ed in quello che è stato realmente il fascismo troviamo vari aspetti da approfondire tra cui quello della natura umana di cui si parlava.
La natura o condizione umana, pur essendo essa stessa oggetto di opinioni, è un oggetto concreto di studio scientifico mentre la trascendenza no (ed infatti è metafisica). Con questo non voglio dire che le discussoni filosofiche siano inutili, ma nella situazione attuale del paese non mi pare il caso di discutere del sesso degli angeli. Meglio rimanere piu' sul concreto. Oggi si parla di ritorno del fascismo .... cosa cerchiamo, le tracce di trascendenza o esaminiamo la progettualità dell'attuale governo e studiamo come la nostra condizione umana (un po' razzista, un po' xenofoba, un po' ignorante) si trova a suo agio con certe proposte demagogiche e populiste?

Tra l'altro non mi spiego, tornando a Del Noce, come cotanto padre abbia avuto come discendenza cotanto figlio .... sarà la trascendenza che è venuta a mancare? Oppure la condizione umana puo' tentare di spiegare il mistero?

Ciao,
Franz

PS: siamo come al solito usciti dal seminato rispetto al tema di Famiglia Cristiana e forse è meglio dare un taglio alla trascendenza e tornare al tema.
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NEL GRANDE VUOTO LASCIATO DAI CATTOLICI DEMOCRATICI

Messaggioda franz il 16/08/2008, 10:15

NEL GRANDE VUOTO LASCIATO DAI CATTOLICI DEMOCRATICI

E’ un ferragosto di fuoco quello che sta vivendo Famiglia Cristiana, il celebre settimanale dei Paolini oggi al centro di varie tensioni. Anzitutto lo scontro col governo in carica, che si è offeso per l’ultimo editoriale della rivista che paventa la nascita in Italia di un fascismo «sotto altre forme». E di riflesso a questa vicenda, la netta presa di distanza del Vaticano dai commenti «politici» di Famiglia Cristiana, giudicata come una testata importante della realtà cattolica, ma che non esprime «né la linea della Santa Sede né quella della Conferenza episcopale italiana».

Singolare dichiarazione quest’ultima, sia perché la direzione della rivista non si è mai sognata di parlare a nome dei vertici della chiesa (italiana e no), sia perché è evidente l’intento del Vaticano di non creare zone d’ombra tra il mondo cattolico e l’attuale governo italiano, anche a costo di mettere la sordina a qualche sua realtà autorevole. La Santa Sede, in altri termini, non vuol rovinare il rapporto con un esecutivo (e un’area politica) che considera attenti ai valori e agli interessi dei cattolici, in grado - molto più del precedente governo di centro-sinistra - di promuovere una politica che tuteli quei pilastri sociali (famiglia, vita, scuola libera, educazione, ecc.) che a suo dire maggiormente rispecchiano la visione cristiana della realtà. Non è che Famiglia Cristiana metta in discussione questi valori di fondo, anche se da tempo ha scelto la politica delle mani libere, promuovendo un’informazione sui fatti di casa nostra che non fa sconti a nessuno, che non si lega per partito preso a qualche forza politica, attenta a verificare di volta in volta la congruenza tra dichiarazioni e scelte concrete, tra fatti e intenzioni. Con questo cambio di pelle (relativamente recente), Famiglia Cristiana ha accentuato la sua presenza critica nella realtà italiana, passando da «pacioso» settimanale delle parrocchie a rivista di impegno civico di rilievo, che sta sulla breccia delle questioni emergenti; e ciò pur continuando a essere una testata che diffonde informazione e cultura religiosa, attenta al lato umano e spirituale dell’esistenza.

Questa trasformazione sembra dovuta a due ragioni di fondo. Anzitutto l’esigenza di meglio collocarsi nel mondo della comunicazione, superando l’immagine di rivista per tutte le stagioni che era la Famiglia Cristiana del passato, quando il mondo cattolico era una realtà molto solida e poco differenziata. Nell’epoca del pluralismo, nessuna grande istituzione (quindi anche nessuna realtà comunicativa) può sopravvivere senza operare delle scelte precise, senza optare per un pubblico particolare di riferimento.

Un altro fattore che può aver spinto Famiglia Cristiana a interessarsi maggiormente delle questioni sociali e politiche emergenti è l’attuale debolezza del cattolicesimo politico, il fatto che esso è ormai ridotto a una minoranza con poca risonanza pubblica. Al tempo in cui la Democrazia cristiana rappresentava gli orientamenti dei cattolici nella società italiana, Famiglia Cristiana era il collante comunicativo di un mondo cattolico perlopiù politicamente allineato. Oggi, invece, nella stagione dell’Italia bipolare, i cattolici sembrano relegati ad un ruolo comprimario sulla scena politica; e ciò sia che il governo sia targato centro-sinistra (come quello diretto da Prodi nella passata legislatura) o sia espressione del centro-destra (come quello attuale di Berlusconi). In entrambi i casi prevalgono esecutivi in cui (al di là di dichiarazioni formali) i cattolici sembrano avere poco peso e possibilità progettuale. In questo quadro, dunque, Famiglia Cristiana tende ad occupare uno spazio lasciato vuoto dalla politica «cattolica», dando voce ad istanze inascoltate, richiamando i governi ad una soluzione ai problemi che rifletta anche una visione solidale della realtà.

Si può dire, come qualcuno ha sostenuto, che Famiglia Cristiana sia l'ultima espressione del cattocomunismo italiano, il gruppo editoriale che non si piega alla deriva a destra del Paese? Credo che il taglio socialmente aperto della rivista sia evidente, nel senso che Famiglia Cristiana rappresenta la punta comunicativa di quel cattolicesimo di impegno sociale che è una delle più grandi realtà della tradizione cattolica italiana. Ma detto questo, la rivista non sembra tirare in una sola direzione e applica lo stesso metro alle varie forze politiche e ai diversi governi. Ieri ha bacchettato Prodi sulla questione dei Dico e Veltroni sull’apertura del Pd ai radicali. Oggi è critica verso Berlusconi quando accusa i pm di essere sovversivi o quando la sua maggioranza sembra compiere scelte populiste sulla questione sicurezza. In un tempo di grandi silenzi e allineamenti (che coinvolgono anche il mondo cattolico), c’è una forza d'animo in queste prese di posizioni da non sottovalutare, che ha i suoi costi sociali ma che è foriera di una presenza sociale più partecipe e riflessiva.

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