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Rischio fallimento: Grecia e non solo Grecia

Discussioni su quanto avviene su questo piccolo-grande pianeta. Temi della guerra e della pace, dell'ambiente e dell'economia globale.

I giorni terribili dell'attacco all'euro

Messaggioda franz il 09/05/2010, 20:46

I giorni terribili
dell'attacco all'euro

di EUGENIO SCALFARI

Due giorni terribili e una terribile nottata tra i capi dei governi europei, mentre crollavano le Borse di tutto il continente e Wall Street addirittura precipitava di mille punti in pochi minuti. Un errore umano? Molto peggio: l'errore umano aveva messo in moto le tecnologie computerizzate che avevano trasmesso l'ordine di vendere a tutti gli operatori collegati in rete. Così la tecnologia amplifica e soverchia le manchevolezze degli umani, dei quali sempre più spesso diventa padrona.
Quei minuti di panico si sono tuttavia protratti per tutta la giornata sulle due sponde dell'Atlantico; la riunione dei leader europei è durata otto ore, con lo spettro di che cosa potrà accadere lunedì alla riapertura dei mercati.

Lo spettro dell'affondamento dell'euro ha dato loro il coraggio che fin qui gli era mancato. Soprattutto era mancato ad Angela Merkel, cioè alla Germania e alla Bundesbank che ne rappresenta il cuore monetario, ancora nostalgico del marco, abbandonato in favore della concezione europeistica di Kohl. C'è voluto un intervento diretto di Barack Obama sulla cancelliera della Germania federale per farle comprendere che la fase dei "se" e dei "ma" doveva essere superata e che non era più questione di giorni ma di ore se non addirittura di minuti per prendere le decisioni necessarie. Si vedrà domani se i mercati si stabilizzeranno e se la speculazione concederà alla politica una pausa di respiro.

I provvedimenti decisi dal vertice europeo sono stati, finalmente, all'altezza della sfida: la disponibilità della Bce, ovviamente con decisione autonoma, ad acquistare i titoli di Stato dei Paesi sotto attacco e la decisione della Commissione di Bruxelles di mobilitare 70 miliardi di euro accantonati nel bilancio dell'Unione per far fronte alle calamità naturali e usarli invece per prestiti immediati ai Paesi in difficoltà.

La frustata che gli speculatori hanno dato ai governi li ha finalmente risvegliati dall'ipnosi e li costringerà a reagire?

****

La novità delle ultime quarantott'ore è questa: i governi hanno capito che l'attacco della speculazione non è più soltanto contro la Grecia. L'obiettivo è assai più alto, il dissesto dell'economia greca ne è stato soltanto il detonatore, ma ormai è chiaro quale sia il bersaglio: l'euro, la moneta unica europea, la tenuta del sistema europeo e la sua necessaria evoluzione politica. L'aveva già scritto qualche giorno fa Mario Pirani su queste pagine e l'ha detto giovedì scorso con chiarezza il ministro Tremonti alla Camera. C'erano solo cinquantotto deputati ad ascoltarlo e quasi tutti dell'opposizione, il che non depone a favore della sensibilità europeistica del nostro Parlamento e sottolinea il suo inguaribile provincialismo.

A questo punto le domande che dobbiamo porci sono tre: perché la speculazione attacca l'Europa, le sue Borse, la sua moneta? Quali sono, tecnicamente e politicamente, i punti deboli dell'Unione europea? Quali sono le terapie necessarie per difenderci? Possiamo aggiungere anche una quarta domanda: chi sono gli speculatori? È mai possibile che abbiano tanti mezzi e tanto coraggio da partire in battaglia contro una struttura di dimensioni continentali che coincide con l'area più ricca del mondo?

Questa quarta domanda è preliminare alle altre e va dunque affrontata per prima. La speculazione non è formata da un gruppo di operatori che si consultano tra loro e mobilitano i loro capitali per influenzare i mercati e trarre profitto dalle loro oscillazioni. La speculazione è un sinonimo del mercato. La speculazione è il mercato. Il mercato consiste in un luogo organizzato dove si registrano - attraverso la domanda e l'offerta - le aspettative di un'immensa massa di risparmiatori. La speculazione dunque non è altro che l'aspettativa che si forma liberamente, sulla base di libere valutazioni delle forze in campo.

La crisi di due anni fa partì dalla bolla immobiliare americana e si propagò con la velocità del fulmine in tutto il mondo. Fu la prima vera prova della globalizzazione finanziaria. Si confrontarono le aspettative ribassiste e deflazionistiche con la risposta dei governi, a cominciare da quello americano. I governi riuscirono a gestire la crisi e a controllare le aspettative ma pagarono un prezzo altissimo: dovettero iniettare sul mercato migliaia di miliardi di liquidità accumulando debiti immensi. Sono stati chiamati "debiti sovrani" e "fondi sovrani" sono stati chiamati gli enti preposti alla loro gestione.

L'uscita dalla crisi prevede che i debiti sovrani siano riassorbiti gradualmente ma in un periodo relativamente breve di tre o quattro anni. Ogni sistema, ogni fondo sovrano effettuerà l'operazione di assestamento secondo i propri mezzi e le proprie scelte; l'inflazione sarà inevitabilmente una scelta comune, non facile da guidare e difficilissima da far accettare alle pubbliche opinioni. Ma ancora più difficile sarà l'assestamento basato sul taglio di spese, inasprimento di imposte, disagio sociale. Il caso greco ne è la più lampante dimostrazione anche perché è maturato su un terreno politicamente e socialmente friabilissimo.
Adesso è la volta dell'Unione europea, la crisi si è concentrata su quell'obiettivo. Come ha ricordato Tremonti, la parola crisi in greco significa discontinuità.

****

Perché la speculazione attacca la moneta europea, le sue Borse, le sue banche? La risposta è semplice: la speculazione attacca i fondi sovrani europei, cioè la struttura finanziaria dell'Unione attraverso gli Stati che la compongono e cerca di colpire la stessa Banca centrale europea, cioè il cuore dell'Unione, il solo ente veramente autonomo e veramente federale che gli Stati abbiano finora saputo esprimere.
La speculazione, cioè l'insieme delle forze che operano nei mercati internazionali, sa da tempo che la Bce è la sola Banca centrale esistente che non abbia alle sue spalle uno Stato sovrano. Questa situazione le conferisce il massimo di indipendenza, ma al tempo stesso il massimo di solitudine e di fragilità. La politica monetaria è interamente nelle mani della Bce e di conseguenza sono di sua esclusiva spettanza la quantità di moneta in circolazione, il tasso ufficiale di sconto, le operazioni di mercato aperto.

Ma gli Stati membri mantengono il completo dominio delle rispettive politiche di bilancio, delle rispettive politiche fiscali, della spesa pubblica sia nazionale sia locale, degli incentivi, delle pubbliche retribuzioni, dell'organizzazione del "welfare". I meccanismi di coordinamento sono blandi e nella maggioranza dei casi si risolvono in raccomandazioni. Il bilancio amministrato dalla Commissione di Bruxelles non ha alcuna vera flessibilità.

Insomma l'Europa è ancora lontanissima dall'essersi data una struttura federale e politiche comuni, anzi unificate, con massicci trasferimenti di sovranità dagli Stati nazionali allo Stato federale europeo nel campo della politica estera, di quella della difesa, dei diritti e dei doveri, delle elezioni parlamentati e del governo dell'Unione.
La speculazione conosce perfettamente questa situazione ed ha interesse a bloccare qualsiasi sviluppo dell'Unione verso un assetto federale. L'ideale per le forze di mercato è che esso sia regolato il meno possibile e che il potere economico, soprattutto nei suoi aspetti finanziari, sia il solo dominante nello spazio globale del pianeta.

Questa è dunque la posta, la quale tuttavia comporta anche una contro-indicazione: se gli Stati nazionali membri dell'Unione hanno chiaramente capito la pericolosità estrema dell'attacco, vorranno e sapranno elaborare una risposta che sia all'altezza della crisi? Vorranno affrontare il problema della sovranazionalità europea cedendo all'Unione la parte politica della loro sovranità? O si limiteranno a rendere più strette le maglie del coordinamento tra le loro politiche nazionali?

****

La crisi in corso contiene dunque un pregio, l'abbiamo già detto: ha reso attuale e non oltre procrastinabile il tema dello Stato federale europeo. Purtroppo non sembra che l'evidenza e l'urgenza di risolverlo siano in grado di indurre le classi dirigenti e le opinioni pubbliche nazionali a varcare finalmente la soglia di un vero federalismo. Mancherà certamente il contributo della Gran Bretagna, ancora irretita dal mito anglosassone e dalla relazione speciale tra Londra e Washington.
Quanto agli Stati europei del continente, non sembra che dispongano di una visione europea unitaria. Una classe dirigente europea e un'opinione pubblica europea capaci di sospingerli e costringerli non esistono. Ci sono singoli individui e ristretti ambiti sociali minoritari, niente di più.

Se debbo esprimere un'opinione personale, credo che l'attacco in corso contro l'attuale sistema europeo si attenuerà nei prossimi giorni e nei prossimi mesi, ma non sarà affatto sgominato. Verrà contenuto, questo è probabile, ma preparerà ulteriori ondate. Voglio dire insomma che la crisi non è alle nostre spalle ma è ancora davanti a noi con tutta la sua terribilità.

(09 maggio 2010)
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Re: Rischio fallimento: Grecia e non solo Grecia

Messaggioda franz il 09/05/2010, 21:05

La novità delle ultime quarantott'ore è questa: i governi hanno capito che l'attacco della speculazione non è più soltanto contro la Grecia. L'obiettivo è assai più alto

Il plantigrado si è svegliato dal letargo. La novità è nota ai governi da molto piu' tempo (come minimo da un paio di settimane) ma siccome a Scalfari lo hanno spiegato 48 ore fa e ci ha messo un un bel po' per capirlo, se ne esce solo adesso.

Anche Scalfari si allinea al pensiero unico che vede nella SPECTRE, pardon, speculazione, la causa di ogni male. Si pone domande ovvie e si dà risposte banali (in realtà ritengo che avendo avuto la risposta da qualche pseudo tecnico, si sia costruito a posteriori una domanda adeguata).

Il tutto per dirottare l'attenzione dall'unica considerazione che possiamo fare partendo dalla Grecia e dai vari PIGS: le cause sono politiche, dovute alla incapacità ogni oltre decenza di alcuni paesi (4 o 5, come minimo, forse anche di più) di saper gestire la cosa pubblica. Altri (Gemania, UK e Francia) se la cavano meglio ma negli ultimi due anni hanno fatto una barca di debiti per cui per giustificasi hanno allentato la guardia. Ed i maiali ne hanno approfittato.

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Gb: No al fondo contro le crisi- Vertice Ecofin per varare p

Messaggioda franz il 09/05/2010, 22:28

CRISI GRECA
Gb: "No al fondo contro le crisi"
Vertice Ecofin per varare il piano

Londra conferma il rifiuto britannico di partecipare allo scudo "salva-Stati" a cui è dedicato il summit di Bruxelles. La Germania propone un maxiprogetto da 500 miliardi. Dal Fmi via libera a 30 miliardi di aiuti ad Atene

BRUXELLES - La Gran Bretagna dice no al fondo europeo a sostegno dalla moneta unica. Lo ha confermato il ministro delle Finanze inglese Alistair Darling, che ha precisato: "Voglio essere chiaro, la proposta di creare un fondo per la stabilità dell'euro è una faccenda che riguarda i paesi dell'Eurogruppo". E a Bruxelles è in corso una riunione decisiva dell'Ecofin (i ministri delle finanze della Ue). I 27 dovrebbero approvare le misure per scongiurare gli effetti della crisi greca. La Germania ha proposto un piano da 500 miliardi di euro, che potrà essere utilizzato per i Paesi dell'area della moneta unica che dovessero trovarsi in difficoltà.

Il vertice Ecofin
. Dopo ore di riunione, i lavori dei 27 ministri finanziari della Ue in serata sono stati sospesi, per lasciare il posto a una riunione del Comitato economico e finanziario della Ue, che deve affrontare tutte le modalità tecniche del piano e tentare la quadratura del cerchio tra tutte le posizioni espresse al tavolo dei ministri.

La proposta e i dubbi tedeschi. La Germania ha portato al tavolo di Bruxelles il maxipiano da 500 miliardi, con la partecipazione del Fondo monetario internazionale. Il piano tedesco includerebbe i 60 miliardi di euro di prestiti raccolti sul mercato dalla Commissione Ue e 440 miliardi di euro che sarebbero apportati, se necessario, dai Paesi della zona dell'euro e dal Fmi. Il meccanismo si baserebbe su prestiti bilaterali di garanzia per le emissioni e linee di credito del Fondo di Washington.

Ma Berlino starebbe anche manifestando perplessità
sulla questione delle garanzie dei prestiti, che non solo la Commissione ma anche i singoli Stati dell'eurozona dovrebbero fornire ai Paesi in difficoltà, secondo il progetto dell'esecutivo comunitario.

Braccio di ferro. Fonti diplomatiche spiegano come dovrebbe funzionare il fondo. Poggiando su una clausola del Trattato (122) che consente all'Ue di garantire un'assistenza finanziaria a Stati membri che si trovino in "difficoltà" o siano "sotto seria minaccia di difficoltà", si dovrebbe trattare di "un piccolo Fmi in versione europea o una piccola banca". Se approvato sulla base dell'articolo 122 del Trattato, il meccanismo obbligherebbe anche il Regno Unito a contribuire al fondo. Cosa a cui Londra è contraria.

Riunione dei governatori
. Anche i governatori delle banche centrali europee si sono riuniti a margine della riunione straordinaria Ecofin, per discutere della crisi della Grecia.

Fmi, varati gli aiuti ad Atene. Il board del Fondo Monetario Internazionale si è riunito a Washington: approvato all'unanimità un pacchetto da 30 miliardi di euro in tre anni per la Grecia. Fondi che rientrano nel più ampio pacchetto da 110 miliardi di euro che include anche l'Unione Europea. Il Fmi renderà immediatamente disponibili per Atene 5,5 miliardi di euro, mentre per l'intero 2010 ne verserà 10, ai quali si affiancheranno i 30 miliardi di euro dell'Unione Europea.

Obama chiama Merkel e Sarkozy. Barack Obama ha telefonato al cancelliere tedesco Angela Merkel. I due capi di governo, ha reso noto il portavoce della Casa Bianca Bill Burton, hanno concordato sulla necessità che i 27 Paesi membri dell'Ue adottino "passi decisi" per restituire fiducia ai mercati. Poi il presidente Usa ha chiamato anche il presidente francese Nicolas Sarkozy.

Consob europee contro gli speculatori. Riunione domenicale straordinaria anche per i commissari della Consob, dopo il venerdì nero delle borse e in vista della riapertura dei mercati finanziari di lunedi. Il presidente della commissione Lamberto Cardia, di ritorno da Barcellona dove ha incontrato i colleghi delle altre autorità di mercato europee, ha riferito sul confronto avviato con le altre authority per uno stretto coordinamento contro gli abusi. La riunione è servita anche per fare il punto sulle iniziative della Consob nei confronti di una ventina di operatori, particolarmente attivi nelle vendite sui titoli bancari e sui futures collegati alla Borsa di Milano. Quanto alle società di rating, che presto saranno sottoposte ai vincoli adottati da una recente direttiva europea, Cardia ha riferito come nei giorni scorsi sia stato fatto un severo richiamo a Moody's per la diffusione del disastroso comunicato di giovedì, chiedendo all'agenzia di non emanare comunicati market sensitive durante l'apertura dei mercati. Analoghe richieste sarebbero state rivolte anche a Standard and Poor's e Fitch.

Malore per il ministro tedesco Schauble. Il tiolare delle Finanze tedesco Wolfgang Schauble non ha potuto partecipare all'Ecofin perché colto da malore mentre era ancora nella sua auto. E' stato immediatamente ricoverato in ospedale di Bruxelles dove gli è stata riscontrata una reazione allergica a un nuovo farmaco. Schauble, 67 anni, è costretto dal 1990 su una sedia rotelle dopo l'aggressione di uno squilibrato. Il suo portavoce ha rassicurato sulle sue condizioni, spiegando come il ministro sia cosciente e stia bene "considerate le circostanze".

(09 maggio 2010) www.repubblica.it
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La Ue vara un maxi-piano Fino a 750 miliardi per l'euro

Messaggioda franz il 10/05/2010, 8:50

dieci ore di negoziati al Vertice di Bruxelles
Crisi: la Ue vara un maxi-piano
Fino a 750 miliardi per salvare l'euro

In campo anche Fmi e Bce. Nuovi tagli per Madrid e Lisbona

BRUXELLES - Un maxi-piano fino a 750 miliardi, con la partecipazione dell'Fmi, per blindare la zona euro dagli attacchi della speculazione ed evitare il rischio defualt di altri Paesi dopo quello corso con la Grecia. A vararlo, dopo dieci ore di negoziati, sono stati i ministri finanziari della Ue riuniti a Bruxelles. Chiesti anche nuovi sacrifici a Spagna e Portogallo, i due Paesi considerati maggiormente a rischio in questa fase. E annunciate «misure significative» da parte della Bce.

Il primo ministro spagnolo Jose Luiz Zapatero e il suo omologo portoghese Jose Socrates in una foto d'archivio. (Ansa)
Il primo ministro spagnolo Jose Luiz Zapatero e il suo omologo portoghese Jose Socrates in una foto d'archivio. (Ansa)
OBAMA - Si tratta di un piano di salvataggio (ora alla prova dei mercati) senza precedenti, a cui si è arrivati dopo una giornata in cui si sono susseguiti i contatti tra le varie capitali europee, con decine di bilaterali e due conference call a livello dei Paesi del G7. Anche il presidente Usa, Barack Obama, ha telefonato sia al presidente francese, Nicolas Sarkozy, sia alla cancelliera tedesca, Angela Merkel, sottolineando la necessità di una «risposta forte» da parte dell'Europa per ridare fiducia ai mercati. Lo scudo «anti-speculazione» deciso dall'Ecofin mette in campo prestiti per 60 miliardi di euro da parte della Commissione Ue, che potrà raccogliere sul mercato prestiti, offrendo come garanzia fondi del bilancio comunitario a favore dei Paesi che fossero sotto attacco speculativo ed avessero difficoltà a reperire capitali sui mercati. Nel pacchetto ci sono poi 440 miliardi che dovrebbero prendere la forma di prestiti bilaterali da parte degli Stati membri della zona dell'euro, sul modello del piano salva-Grecia.

LE CIFRE - Nel dettaglio, si prevede che la quota dell'Fmi rappresenti oltre la metà di quella messa in campo dagli Stati membri, cioè fino a 250 miliardi. Per questo l'ammontare complessivo del fondo potrebbe arrivare fino a 750 miliardi. Resta poi in pista la possibilità che anche la Bce scenda in campo, decidendo di prestare soldi ai Paesi a rischio acquistando i loro titoli pubblici. Una decisione che spetta alla stessa Bce, i cui vertici sono rimasti riuniti a Basilea con i governatori centrali della Ue in attesa di notizie da Bruxelles. Due momenti di forte tensione hanno caratterizzato l'inizio della giornata: il malore del ministro delle finanze tedesco Wolfgang Schauble (ricoverato in ospedale) e il no di Londra al piano. Il cancelliere dello Scacchiere Alistair Darling è stato infatti molto chiaro nel dire che il Regno Unito non sarebbe venuto in soccorso di Paesi dell'euro in difficoltà, respingendo la proposta messa sul tavolo dalla Commissione Ue. A sbloccare la situazione è stata poi la Germania, proponendo interventi per 500 miliardi di euro di cui 440 a carico solo degli Stati membri della zona euro. E con la partecipazione del Fondo monetario internazionale.

SPAGNA E PORTOGALLO - I ministri delle finanze hanno anche accolto l'appello alla disciplina di bilancio e di rigore monetario lanciato venerdì notte dai leader dell'Eurozona. La Germania in particolare ha chiesto che venissero dettagliate le condizioni alle quali devono sottostare i Paesi maggiormente a rischio, quelli che per primi potrebbero dover ricorrere al fondo. Di qui l'invito alla Spagna e al Portogallo ad adottare nuove misure per la correzione del deficit. In particolare, a Madrid e Lisbona è stata chiesta una manovra aggiuntiva pari all'1,5% del Pil quest'anno, e una pari al 2% del Pil l'anno prossimo. L'importo definitivo sarà deciso nei prossimi giorni. Ora la parola passa alle Borse, con Tokyo che ha subito risposto oggi positivamente. I ministri finanziari dei 27 si ritroveranno a Bruxelles mercoledì, insieme ai vertici della Bce e della Commissione Ue, per dare vita alla prima riunione della task force Ue che dovrà riformare il Patto di stabilità e di crescita, guidata dal presidente Ue Herman Van Rompuy. Nel testo dell'accordo, infine, l'Ecofin si impegna ad approfondire l'ipotesi di introdurre una tassa sulle transazioni finanziarie e ad accelerare la revisione delle norme e della vigilanza sul mercato dei derivati e il ruolo delle agenzie di rating.

RIUNIONE BANCHIERI BRI - Intanto prende il via a Basilea, in Svizzera, la seconda giornata della riunione dei governatori delle banche centrali alla Bri, la Banca dei regolamenti internazionali. Il focus sarà sul maxipiano da 720 miliardi varato dalla Ue e sul nuovo ruolo della Bce, la quale farà la sua parte intervenendo, al bisogno, acquistando titoli di stato e privati per bloccare la speculazione e sostenere i Paesi in difficoltà. Ieri alcuni banchieri presenti in città per il tradizionale incontro della Bri hanno dato il via per tutto il giorno a una serie di riunioni informali dell'istituto tenendosi in collegamento con Bruxelles, dove erano in corso i lavori dell'Ecofin. Il presidente della Bce Jean Claude Trichet e il governatore della Banca d'Italia Mario Draghi si sono trattenuti nella sede Bri fino a notte attendendo le decisioni dei governi. La parte più innovativa del nuovo accordo per quanto riguarda la Bce prevede così che allo scopo di calmare le tensioni sui mercati «che presentano disfunzioni», l'istituto centrale interverrà acquistando «titoli di stato e privati», sostenendo in questo modo il debito dei Paesi più a rischio sotto attacco della speculazione. Una decisione presa dalla Bce anche tenendo conto che, nel comunicato emesso dall'Ecofin, i governi prendono impegni di rigore nel bilancio pubblico per quest'anno e i successivi mentre alcuni Paesi hanno previsto misure addizionali per ridurre il deficit. Fra le misure previste e già avviate, ci sono poi gli accordi di swap con la Fed e altre banche centrali sul biglietto verde, allo scopo di sostenere la sua liquidità.

Redazione online
10 maggio 2010 www.corriere.it
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Re: Rischio fallimento: Grecia e non solo Grecia

Messaggioda pianogrande il 10/05/2010, 9:27

Ve lo ricordate il libro di Grazia Deledda "Canne al vento"?
Quello siamo noi cittadini più o meno risparmiatori.
Tra stato e mercato c'è solo da decidere quale sia la padella e quale la brace.
Nel romanzo, l'ideale canneto era autoprotettivo.
Nella realtà, sia lo stato che il mercato, fanno e disfano, impunemente, godendo dei nostri egoismi.

Rimango, comunque, dalla parte dello stato.
Un ambito dove, ancora e nonostante tutto, è lecito sperare.
Fotti il sistema. Studia.
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Re: Rischio fallimento: Grecia e non solo Grecia

Messaggioda franz il 10/05/2010, 11:45

pianogrande ha scritto:Ve lo ricordate il libro di Grazia Deledda "Canne al vento"?
Quello siamo noi cittadini più o meno risparmiatori.
Tra stato e mercato c'è solo da decidere quale sia la padella e quale la brace.
Nel romanzo, l'ideale canneto era autoprotettivo.
Nella realtà, sia lo stato che il mercato, fanno e disfano, impunemente, godendo dei nostri egoismi.

Rimango, comunque, dalla parte dello stato.
Un ambito dove, ancora e nonostante tutto, è lecito sperare.

Non sarei cosi' pessimista, perché negli ultimi 2 o 300 anni sia lo stato sia il mercato hanno prodotto un grande progresso.
Se ci pensi pero' i piu' grandi disastri del secolo scorso sono stati fatti da uomini che si sono impadroniti di certi stati (Hitler, Stalin, Mao, Pol-Pot) mentre il benessere di cui godiamo oggi proviene senza dubbio dal mercato. Lo stato si occupa principalmente della distribuzione piu' omogenea di questi vantaggi (istruzione, sanità, welfare) ma non di produrre beni di mercato. Diciamo quindi che senza mercato non ci sarebbe nulla da sperare nemmeno dallo stato. Sappiamo poi che i "banditi" preferiscono le posizioni in cui hanno potere (lo sappiamo bene sulla nostra pelle) per cui lo stato è comunque una meta ambiziosa.

Franz
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Re: Rischio fallimento: Grecia e non solo Grecia

Messaggioda pianogrande il 10/05/2010, 19:25

Franz mettiamola, allora, così.
Lo stato ed il mercato sono mezzi.
Quello che conta sono i fini.
Gli obiettivi, insomma.
Insomma, le persone.
Ci possono essere ladri sia nello stato che nel mercato.
La vera lotta sta, allora, nel fare regole buone o cattive.
Nel rispettarle o non rispettarle.
Nel farle o non farle rispettare.
Giorno per giorno.
Fotti il sistema. Studia.
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Re: Rischio fallimento: Grecia e non solo Grecia

Messaggioda franz il 10/05/2010, 21:09

pianogrande ha scritto:Franz mettiamola, allora, così.
Lo stato ed il mercato sono mezzi.
Quello che conta sono i fini.
Gli obiettivi, insomma.

Esatto, ma chi li stabilisce questi fini?
Il pianificatore sovietico?
L'illuminato di turno, che cerca di farti credere di esserlo?
Magari usando un tacco rialzato .... per sembrare piu' alto?
Come fai a sapere se sta seguendo il suo interesse personale o magari del gruppo che lo ha portato in spalla fino a dove sta?
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Re: Rischio fallimento: Grecia e non solo Grecia

Messaggioda pianogrande il 10/05/2010, 23:04

Franz
Hai perfettamente ragione.
E' per quello che dicevo "giorno per giorno".
Vigilare bisogna.
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Re: Rischio fallimento: Grecia e non solo Grecia

Messaggioda franz il 11/05/2010, 10:01

Se i 4 paesi a rischio falliranno
basterà il maxiprestito a salvarli

Per Dublino, Atene, Madrid e Lisbona 725 miliardi in tre anni: il massimo rischio potenziale
Per i ribassisti una corsa affannosa a ricoprirsi. Il Financial Times: odore di dita bruciate sull'Europa

di MAURIZIO RICCI

"Uno shock & awe numero 2, in 3D, con più effetti speciali e un budget più grosso". Il riferimento di un analista all'offensiva americana in Iraq, forse, non è dei più felici, ma dà l'idea della reazione del mercato. Il pacchetto di salvataggio, varato domenica notte a Bruxelles, è stato accolto come "l'impiego di una forza soverchiante che lascia sgomenti gli avversari", secondo la traduzione corrente della dottrina militare dello "shock and awe".

Anzitutto, per l'entità dei quattrini messi a disposizione dei paesi in difficoltà: 750 miliardi di euro circa. Una cifra largamente superiore alle attese, come recita il manuale delle guerre psicologiche fra governi e speculatori, dove la prima raccomandazione è, appunto, cogliere di sorpresa gli avversari. Non è, del resto, quasi certamente, una cifra scelta a caso.

In base ad una tabella, preparata dalla Bank of America, delle necessità finanziarie dei "Piigs", i paesi deboli dell'euro, da qui al 2013, si arriva, infatti, a quasi 2 mila miliardi di euro. Tuttavia, se si esclude l'Italia, paese fragile, ma, oggi, senza difficoltà di autofinanziamento, e si restringe l'orizzonte al 2012, il fabbisogno finanziario di Grecia, Portogallo, Spagna e Irlanda risulta esattamente di 724,3 miliardi di euro. Ed è un fabbisogno complessivo, che somma, cioè, sia il debito che viene a scadenza sia il nuovo deficit che si forma. In altre parole, è di quanto avrebbero, in totale, bisogno i quattro paesi a rischio, se non fossero più in grado di farsi prestare neanche un euro per proprio conto. Da Bruxelles arriva, insomma, una copertura completa del massimo rischio potenziale possibile.


Il minimo che si possa dire, come l'economista americano Barry Eichengreen, è che "l'Europa ha guadagnato tempo". In effetti, già ieri mattina cominciavano a circolare dubbi su come gli interventi previsti verranno concretamente approvati, finanziati e realizzati. Ma, nella testa dei politici europei riuniti a Bruxelles, il pacchetto di misure varate è, sostanzialmente, una super-arma di riserva da esibire, più che da usare. La guerra di trincea, giorno per giorno, sarà affidata alla Bce e ai suoi acquisti di titoli di Stato sui mercati secondari, nella convinzione che siano sufficienti ad impedire ai loro tassi d'interesse di schizzare verso l'alto, come nelle scorse settimane.

Per ora, nella partita a poker fra governi e mercati, nessuno sembra, infatti, disposto ad andare a vedere l'eventuale bluff di Bruxelles. Al contrario, il "branco di lupi", come erano stati definiti gli speculatori che avevano accumulato posizioni al ribasso sull'euro, risulta in fuga. Un grafico di borsa mostra il crollo verticale - dal 13 all'8 per cento - degli interessi richiesti sui titoli greci a 10 anni, in sole tre ore e mezza: dalle 6 alle 9,30 di ieri mattina. "L'odore di dita bruciate aleggia sull'Europa" scrivono i blogger del Financial Times. Per i ribassisti, è una corsa affannosa a ricoprirsi. Guardare gli spread sui Cds, il Credit default swap, ovvero i titoli con cui ci si assicura contro un eventuale default, ieri era come guardare una bolla che si sgonfia: il costo di un'assicurazione contro il default dei paesi deboli si è praticamente dimezzato nell'arco di una giornata.

L'impressione, però, è che, domenica, a Bruxelles, consapevolmente o meno, non ci si sia limitati a tagliare le unghie alla speculazione. "L'Europa - sostiene Mohamed El-Erian, direttore di Pimco, il leader mondiale del reddito fisso - ha fatto di più che alzare gagliardamente il tono della risposta: l'ha portata ad un livello e ad una dimensione completamente nuovi. Adesso, siamo in acque sconosciute per quanto riguarda la forma e le procedure dell'eurozona". Secondo Elga Bartsch, di Morgan Stanley, come nella crisi dello Sme del 1992, che preparò la strada all'euro, "questa crisi del debito potrebbe agire come un catalizzatore per una unione anche più stretta dei paesi europei". Secondo Marco Annunziata, analista in capo di Unicredit, l'Europa ha compiuto un altro passo verso l'integrazione di bilancio "passiva": nonostante tutte le condizioni elencate, per evitare di accollarsi formalmente debiti altrui, di fatto "i paesi membri della zona euro hanno accettato di mettere in gioco proprie risorse per sostenere i paesi più deboli".

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