La Comunità per L'Ulivo, per tutto L'Ulivo dal 1995
FAIL (the browser should render some flash content, not this).

Crisi alimentare: produzione non liberismo

Discussioni su quanto avviene su questo piccolo-grande pianeta. Temi della guerra e della pace, dell'ambiente e dell'economia globale.

Crisi alimentare: produzione non liberismo

Messaggioda claudiogiudici il 26/05/2008, 0:18

La mobilitazione dell'Istituto Schiller per raddoppiare la produzione
alimentare :

Nel suo nuovo appello sulla crisi alimentare Helga Zepp-LaRouche,
presidente dell'Istituto Schiller, afferma: "In una mobilitazione di
portata mondiale, le cui conseguenze sono proprio di vita o di morte,
sono sempre più numerosi i governi che prendono misure d'emergenza per
aumentare la produzione agricola in modo da recuperare il più
rapidamente possibile la sicurezza alimentare di cui sono stati
privati da anni di politica liberista. Quando centinaia di milioni di
individui, forse fino a 2 miliardi, lottano semplicemente per restare
in vita, e si trovano ad affrontare rischi di rivolte, guerre,
carestie e rivoluzioni, qualsiasi governo che vuole restare in carica
non ha altra scelta che provvedere al bene comune della propria
popolazione".

Nonostante l'emergenza, il direttore generale della WTO Pascal Lamy e
il commissario UE per il commercio, il britannico Peter Mandelson,
"stanno cercando di concludere a fine maggio o inizio giugno il Doha
Round con l'eliminazione delle ultime vestigia della Politica agricola
comunitaria (PAC). Se ci riescono, questo comporterà l'eliminazione
fino al 20% degli agricoltori europei".

Dopo aver fatto riferimento ai segni di resistenza in Europa (vedi
oltre), Helga Zepp-LaRouche menziona anche il sostegno che il
presidente della Commissione agricola della camera in Argentina ha
dato, in una intervista all'EIR, all'appello che l'Istituto Schiller
ha rivolto alla FAO affinché il raddoppio della produzione agricola
mondiale sia all'ordine del giorno della conferenza del 3-4 giugno a
Roma. Anche Hillary Clinton, rispondendo ad una domanda
sull'iniziativa di LaRouche, ha detto che occorre aumentare
massicciamente la produzione alimentare e che gli agricoltori
americani debbono essere messi in grado di fare la propria parte nella
sfida per sconfiggere la fame nel mondo.

La crisi è tale per cui il Programma Alimentare Mondiale (WFP)
dell'ONU ha dovuto decidere chi lasciare a secco tra gli 82 paesi più
poveri di cibo (LIFDN). Altri paesi affrontano la radice del problema:

Il presidente del Senegal ha avviato un programma per coprire il
consumo degli alimentari di base. Il presidente del Malawi, ignorando
"le leggi liberoscambiste", ha garantito buoni per ottenere sementi e
sussidi per i fertilizzanti in previsione di un aumento del 283% della
produzione di grano. Le Filippine, che in passato vantavano
l'autosufficienza per la produzione di riso, ma poi sotto il giogo del
FMI e della WTO sono diventate il più grande importatore di riso,
stanno per varare un vasto piano di ritorno alla coltura locale. Anche
la Malesia ha dichiarato la propria intenzione di garantirsi
l'autosufficienza alimentare.

In conclusione del suo documento la presidente dello Schiller lancia
una sfida all'Europa: "O ci schieriamo ideologicamente con la
fallimentare politica di globalizzazione seguita dalla WTO, dal FMI e
dalla Banca Mondiale, e diventiamo così i nemici della partnership
strategica che si sta sviluppando attorno a Russia, Cina e India ed i
paesi in via di sviluppo, oppure dobbiamo diventare veri amici e
partner di queste nazioni. Questo nuovo indirizzo però esige che
entrino in vigore delle serie leggi contro la speculazione e per la
promozione della produzione fisica, nell'agricoltura e nell'industria,
e che l'essere umano torni ad essere il centro di interesse della
nostra politica economica.

"In ogni caso il movimento di LaRouche definisce l'agenda per il
futuro: raddoppio della produzione alimentare, nuovo sistema di
Bretton Woods e New Deal per il mondo intero!"

La battaglia per il cibo in Europa contro il cartello Anglo-Olandese

Il governo britannico e la Commissione UE hanno manifestato le proprie
intenzioni genocide nell'assalto condotto contro la politica agricola
comunitaria (PAC), guidato dal cancelliere dello scacchiere Alistair
Darling e incitato dal Financial Times. Interpretando lo stesso
copione, il Commissario UE Mariann Fischer-Boel ha proposto il
completo sganciamento dei sussidi dalla produzione. Ma in Francia,
Germania e Italia si sta costituendo una energica opposizione e i
rispettivi governi chiedono non solo il mantenimento della PAC ma la
sua espansione.

Il 12 maggio il Financial Times ha pubblicato una lettera di Darling
ai colleghi ministri economici dell'UE raccomandando loro di
"sostenere lo smantellamento della PAC, affermando che costa ai
consumatori dell'UE miliardi di sterline ogni anno in prezzi
alimentari maggiorati mentre colpisce gli agricoltori del mondo in via
di sviluppo". Darling si è spinto ad affermare che la politica
agricola dell'UE è "inaccettabile" ed ha proposto l'eliminazione di
tariffe e sussidi agricoli. "Il cancelliere dice che `gli efficienti
mercati internazionali' — non il protezionismo — sono il modo migliore
di mantenere la sicurezza alimentare globale ed europea, e che è
vitale una buona riuscita del Doha Round della WTO". Darling avrebbe
proposto la riforma al vertice dell'Ecofin a Bruxelles questa
settimana, riferiva il Financial Times.

A Darling ha immediatamente risposto il ministro dell'agricoltura
tedesco Horst Seehofer, che ha definito la proposta di abolire i
sussidi "una completa sciocchezza", perché non aiuterebbe affatto i
paesi più poveri a vendere i propri prodotti. "I paesi in via di
sviluppo hanno bisogno di produrre più cibo per il proprio consumo.
Hanno inoltre bisogno di riforme politiche e di meno corruzione. Sono
inoltre necessarie misure contro i grandi proprietari terrieri che
pensano solo a massimizzare i profitti e non a sfamare la popolazione
locale".

Al vertice Ecofin, il cancelliere di sua maestà britannica ha
ascoltato simili toni da Giulio Tremonti, che si è scagliato contro le
misure che hanno favorito l'abbandono delle campagne, come il set
aside, per cui i proprietari erano pagati per non coltivare. Occorre,
ha detto Tremonti, "il ritorno alla produzione che rappresenta un
cambiamento di straordinario valore… una di quelle svolte che cambiano
un'epoca". La PAC, dunque, "non va attaccata ma difesa".

Tremonti ha anche criticato il documento dell'UE sull'energia, che
raccomanda una quota per i biocarburanti: "E' un fatto positivo come
dice il documento sull'energia che gli riserva una quota di produzione
rilevante o un crimine contro l'umanità come dicono i no-global? Non
vorrei fare il no-global, ma personalmente credo non sia la via giusta".

Il 19 maggio il ministro dell'agricoltura francese Michel Barnier ha
notato come l'abolizione di sussidi legati alla produzione
significherebbe la fine della PAC in Europa. In precedenza, il 12
maggio, il ministro aveva chiesto un "New Deal" internazionale per la
produzione alimentare in una intervista a Le Figaro in cui
sottolineava che "senza la PAC sul continente si ridurrebbe la nostra
sicurezza e diversità alimentare". La liberalizzazione del commercio
non offre una soluzione alla crisi alimentare, ha osservato Barnier:
"Coloro che credono che il futuro della nazioni più povere dipende
essenzialmente dalla loro capacità di esportare ai paesi ricchi non si
rendono conto della realtà. La selezione di colture che si possono
vendere meglio ha distrutto le colture di sussistenza andando contro
uno sviluppo sostenibile. La risposta all'insicurezza alimentare non è
né la brutale liberalizzazione del commercio, che significa la
competizione tra agricoltori con un dislivello competitivo tra 1 e
1000, né il protezionismo. La risposta sta nello sviluppo
dell'agricoltura in tutto il mondo e non solo laddove essa produce
profitti. L'ultimo rapporto della Banca Mondiale non lascia dubbi. Gli
investimenti nell'agricoltura sono la leva più efficiente per
combattere la povertà ed eliminare la fame".

Barnier ha concluso: "Il cibo non è semplicemente una questione
commerciale" e "per nutrire un pianeta con 9 milioni di abitanti nel
2050, occorre dar fondo a tutto il potenziale… la nostra politica
agricola in Europa non è un retaggio del passato; è strategica perché
offre la sicurezza alimentare e perciò può rappresentare una via per
lo sviluppo dell'agricoltura in tutto il mondo".
claudiogiudici
forumulivista
forumulivista
 
Messaggi: 23
Iscritto il: 23/05/2008, 18:04

Re: Crisi alimentare: produzione non liberismo

Messaggioda franz il 26/05/2008, 9:51

Mi pare che il problema alimentare sia già grave e che le discussioni idelogiche sul liberismo o non liberismo facciano solo perdere tempo, uccidendo quindi altre persone.
Se il problema è la produzione (e lo é), dovrebbe essere chiaro che solo la meccanizzazione dell'agrocoltura e l'utilizzo delle moderne biotecnologie puo' vincere la sfida.
In 100 anni la popolazione del pianeta è più che quadruplicata, passando dal miliardo e mezzo di fine '800 agli oltre 6 miliardi di oggi (sei miliardi e 667 milioni).

Questo è stato possibile perché le moderne tecniche permettono una maggiore produzione e quindi a piu' persone di vivere.
Ma è anche chiaro che il problema non è solo produttivo ma anche fortmente distributivo.
Infatti l'agricoltura dà il massimo rendimento in alcuni luoghi, ad alcune latitudini, seguendo un gradiente naturale da 10'000 anni a questa parte.
Bisogna quindi trasportare cibo prodotto in luoghi ad altra produzione in altri luoghi con minire produttività. Minore produttività non perché non sono capaci, ma perché è la natura che non fa crescere all'equatore le specie alimentari che prosperano nei climi temperati.

Da qui la necessità di eliminare barriere protezionistiche e di entrare in un'ottica di libero mercato.

La moderna crisi alimentare quindi a mio avviso non è causata dai soliti e classici "cattivi" di turno del mondo secondo la vulgata mondialista e post-comunista ma da altri fattori.

Cerchiamo di vederli.
Sicuramente vi è un aumento della richiesta di cibo ed oggi i paesi poveri mangiano molto piu' di prima.
Una riprova di questo fatto è, paradossalmente, nelle statistiche dell'obesità.
L'immagine classica è quella di trovare un alto numero di obesi negli USA o in Germania.
Invece oggi i valori massimi (prossimi al 40% dell'intera popolazione) li troviamo in paesi come il messico, l'egitto, la cina, l'india, il brasile.
Il dato preoccupante è che il numero degli obesi e dei sovrappeso sommati insieme supera il numero di persone sottoalimentate.
E non di poco. Di quasi il doppio. Ed è stato un fenomeno esplosivo proprio a partire dalla seconda metà del secolo scorso.
In pratica se il numero di chi ha fame è diminuito (ma meno di quanto auspicato nei programmi) è drammaticamente esploso il problema dell'obesità
tanto che attorno al 2000 c'è stato il sorpasso.

Questo dovrebbe chiarire il fatto che il problema è di una piu' equa ridistribuzione, oltre che di produzione.

Venendo agli aspetti produttivi, ci sono due problemi enormi.
Il primo è la progressiva desertificazione, dovuto ad impoverimento progressivo del tereno, il secondo è la maggiore salinità dei terreni, a causa dell'eccesso di irrigazione.

Ovviamente poi se la popolazione cresce essa toglie terreno all'agricoltura.
Anche l'acqua diventa un fattore limitante (risorsa contesa) perché l'agricoltura vuole molta acqua ma se la popolazione cresce la gente vuole anche bere, giustamente.

Quindi se diminuiscono le terre coltivabili e diminuisce proporzionalmente la quantità di accqua utilizzabile nei campi, la soluzione è una sola.
Il problema è quindi quello di aumentare la produttività per ettaro, senza impoverire il terreno ed usando meno acqua.

A partire dalla seconda guerra mondiale la tecnologia di supporto a questo problema fu quella degli ibridi F1.
Pur essendo sterili (ed obbligando quindi il contadino a ricomprare le sementi dal produttore) l'incremento di produttività dell'ibrido F1 è tale che in pratica gradualmente tutta la produzione fu convertita a questa tecnologia.

Oggi pero' non basta. L'incremento annuale di produttività con le tecniche "tradizionali" (ibridi F1) è attorno all'1% ma la diminuzione dei terreni e l'aumento della popolazione, unito all'aumento di quantità di cibo che l'attuale popolazione (sempre piu' obesa) richiede, necessita di incrementi maggiori di produttività.
Ovvio che poi il fatto che molti contadini ritengano piu' conveninente coltivare biocarburanti peggiora drasticamente la situazione.

Qui oggi (domani non so) sole le tecniche OGM possono dare quell'incrementodi produttività richiesta.
Sia perché ci sono progetti di produzione di biocarburanti tramite batteri OGM, sia perché maggiori resistenze a malattie, parassiti, nonché la possibilità di avere specie che possono crescere con meno acqua ed in presenza di una maggiore salinità del terreno, sono tutti fattori che incrementano fortemente la produzione.

Ci sarebbe un'altra possibilità ed è quella di rinunciare all'uso della carne e quindi ai grandi allevamenti di bovini, suini ed ovini.
Allevamenti che sono tra l'altro corresponsabili, con le loro naturali emissioni di gas intestinale, dell'effetto serra ed anche del buco dell'ozono.

C'è da dire pero' (spero mi perdonerete il finale un poo' leggero) che se mangiassimo noi le sostanze nutritive (cereali) che ora vengono distribuite negli allevamenti .... avremmo un non divertente effetto collaterale.
In buona sostanza, quei gas li produrremmo noi ed il problema atmosferico per il pianeta non cambierebbe.
Potremmo vivere anche in 12 miliardi ma vi assicuro che l'amosfera nelle città e nelle case non sarebbe delle migliori.
L'uomo per la sua attività lavorativa necessita di alimenti molto nutrienti. Non possiamo mangiare erba e ruminare tutto il giorno.
Dobbiamo mangiare cereali nutrienti con molte proteine e questi sono di solito presenti nei semi, proprio perché il seme è un metodo della natura per dare nutrimento condensato per la prossima vita. Il condensato ci permette di mangiare in poco tempo una buona quantità di proteine ma questo fa ingrassare poi chi non è abituato a questa abbondanza, oltre agli altri effetti collaterali che sappiamo. Ritengo quindi che anche il problema dell'obesità peggiorerebbe.
Infatti è proprio nelle popolazioni endemicamente sottoalimentate che una improvvisa abbondanza di cibo genera obesità e sovrappeso.

Ciao,
Franz
“Il segreto della FELICITÀ è la LIBERTÀ. E il segreto della Libertà è il CORAGGIO” (Tucidide, V secolo a.C. )
“Freedom must be armed better than tyranny” (Zelenskyy)
Avatar utente
franz
forumulivista
forumulivista
 
Messaggi: 22077
Iscritto il: 17/05/2008, 14:58

Re: Crisi alimentare: produzione non liberismo

Messaggioda claudiogiudici il 27/05/2008, 10:34

Caro Franz,
l'approccio produttivista alla questione è parte della soluzione, ma criticare il liberismo non è una questione ideologica quanto la spiegazione di fondo del problema distributivo da te sottolineato.
La distribuzione in un mercato liberista avviene non secondo canoni di giustizia - che in questo caso corrisponde al diritto di ogni essere umano alla vita e dunque alla nutrizione ed alla salute - ma secondo logiche di profitto. Sono gli accordi internazionali tra Stati-sovrani a risolvere questo genere di problema, non l'apertura dei mercati. Il liberismo per esempio non accetta "prezzi politici", invece qui se vogliamo autenticamente risolvere la questione, potremmo avere bisogno anche di ciò (non solo per gli alimenti, ma anche per le tecnologie).
Il fatto poi che s'intraveda negli Ogm parte della soluzione, prescindendo da approcci tabù, non è altro che il riconoscere ciò che è. E' ovvio che laddove gli Ogm non siano altro che uno strumento per business accelerato, siamo punto e a capo. Ma questi possono invece essere un'importante risorsa - d'altra parte già usata e di cui ci nutriamo - se al centro del discorso resta l'uomo.
Ma se non individuiamo le corrette idee ispiratrici, la soluzione (la produzione; d'altra parte niente di nuovo per il rinascimento post-bellico) ed il problema (il liberismo; anche qui niente di nuovo per il rinascimento post-bellico), manchiamo dei giusti binari ideali all'interno dei quali mantenere la rotta dell'azione (una costante commistione di "bene" e "male", dove però l'obiettivo è sempre quello di ricercare il "bene" a cui la legge naturale inclina il tutto).

Claudio Giudici
claudiogiudici
forumulivista
forumulivista
 
Messaggi: 23
Iscritto il: 23/05/2008, 18:04

Re: Crisi alimentare: produzione non liberismo

Messaggioda pianogrande il 01/06/2008, 14:27

Vedo due notizie di cui varrebbe la pena che i mezzi di informazione si occupassero molto di più.
Il sorpasso degli obesi e sovrappeso rispetto agli affamati.
L'aumento di salinità dei terrenii dovuto all'eccessiva irrigazione.

Non confondiamo. Il liberismo, o addirittura, il liberalismo non sono la prevalenza del mercato sulla politica.
La politica deve sempre essere in grado di gestire qualsiasi corrente di pensiero o di comportamento.

I due pesantissimi problemi a cui mi rferisco, hanno la loro soluzione esclusivamente nell'ambito politico.

Basta con gli stati azienda.
I politici debbono essere al servizio di tutti i cittadini (deboli compresi).
E' solo questo che rende la Politica una missione infinitamente più nobile ed importante dell'imprenditoria.
Fotti il sistema. Studia.
pianogrande
forumulivista
forumulivista
 
Messaggi: 10611
Iscritto il: 23/05/2008, 23:52

Re: Crisi alimentare: produzione non liberismo

Messaggioda watson il 01/06/2008, 15:49

pianogrande ha scritto:Vedo due notizie di cui varrebbe la pena che i mezzi di informazione si occupassero molto di più.
Il sorpasso degli obesi e sovrappeso rispetto agli affamati.
L'aumento di salinità dei terreni dovuto all'eccessiva irrigazione..


Questi due problemi che citi sono legati a problemi differenti.
Mentre l'aumento di salinità dei terreni è legato alla produzione agricola ed alle coltivazioni intensive, la presenza sul pianeta di popolazioni in larga parte obese insieme a popolazioni prevalentemente affamate, pone un problema di distribuzione delle risorse.

Il problema dell'aumento di salinità penso possa venir affrontato, se davvero lo si vuole, semplicemente prestando attenzione al problema. Non sono competente in materia, ma credo che ci siano sistemi di irrigazione atti a limitare il danno, e dall'altra, metodi di rotazione delle culture ed altro atti a desalinizzare il terreno.

Il problema della cattiva distribuzione delle risorse alimentari del pianeta è IL PROBLEMA responsabile della fame nel mondo.
La globalizzazione richiederebbe anche una sorta di governo mondiale per quel che riguarda almeno le risorse alimentari, e l'ONU per ora non appare in grado di gestire davvero il problema. Dubito che il cibo prodotto nel mondo sia insufficiente, altrimenti non avremmo tanti obesi e non penseremmo a trasformare mais ed alto in carburante. Non solo, sovente i popoli affamati vivono in terre ricchissime di petrolio ed altre materie prime preziose.

Ma se è difficile convincere una persona ricca a distribuire parte delle sue ricchezze, indurre un governo a rinunciare a parte dei profitti del proprio paese in favore di altre nazioni, appare a prima vista difficilissimo.
Eppure il problema dovrà essere affrontato e risolto, e presto, se non vogliamo che gli affamati si precipitino nei paesi ricchi, per godere anche loro del benessere del quale godiamo. Inutile lamentarsi dell'immigrazione, quando molti arrivano spinti da carestie e guerre.
watson
forumulivista
forumulivista
 
Messaggi: 29
Iscritto il: 27/05/2008, 16:24

Re: Crisi alimentare: produzione non liberismo

Messaggioda pianogrande il 01/06/2008, 23:53

watson ha scritto:
pianogrande ha scritto:Vedo due notizie di cui varrebbe la pena che i mezzi di informazione si occupassero molto di più.
Il sorpasso degli obesi e sovrappeso rispetto agli affamati.
L'aumento di salinità dei terreni dovuto all'eccessiva irrigazione..


Questi due problemi che citi sono legati a problemi differenti.
Mentre l'aumento di salinità dei terreni è legato alla produzione agricola ed alle coltivazioni intensive, la presenza sul pianeta di popolazioni in larga parte obese insieme a popolazioni prevalentemente affamate, pone un problema di distribuzione delle risorse.

Il problema dell'aumento di salinità penso possa venir affrontato, se davvero lo si vuole, semplicemente prestando attenzione al problema. Non sono competente in materia, ma credo che ci siano sistemi di irrigazione atti a limitare il danno, e dall'altra, metodi di rotazione delle culture ed altro atti a desalinizzare il terreno.

Il problema della cattiva distribuzione delle risorse alimentari del pianeta è IL PROBLEMA responsabile della fame nel mondo.
La globalizzazione richiederebbe anche una sorta di governo mondiale per quel che riguarda almeno le risorse alimentari, e l'ONU per ora non appare in grado di gestire davvero il problema. Dubito che il cibo prodotto nel mondo sia insufficiente, altrimenti non avremmo tanti obesi e non penseremmo a trasformare mais ed alto in carburante. Non solo, sovente i popoli affamati vivono in terre ricchissime di petrolio ed altre materie prime preziose.

Ma se è difficile convincere una persona ricca a distribuire parte delle sue ricchezze, indurre un governo a rinunciare a parte dei profitti del proprio paese in favore di altre nazioni, appare a prima vista difficilissimo.
Eppure il problema dovrà essere affrontato e risolto, e presto, se non vogliamo che gli affamati si precipitino nei paesi ricchi, per godere anche loro del benessere del quale godiamo. Inutile lamentarsi dell'immigrazione, quando molti arrivano spinti da carestie e guerre.



Pianogrande
Il problema è, quindi, eminentemente politico.
Le soluzioni tecniche ci sono ma non vengono attuate perché questo non fa gioco a poteri troppo locali.
Se aspettiamo il governo mondiale (che pure considero ineludibile su tempi lunghissimi) possiamo morire tutti di fame ma la VOLONTA' di integrare i deboli nel consorzio umano, quella ci deve essere subito.
Questa integrazione non si fa certo attraverso l'emigrazione.
Chi dice aiutiamoli a casa loro lo dice, normalmente con tutt'altro spirito ma dice una cosa sacrosanta.
Non si tratta di fare l'elemosina (che tra l'altro può essere mortale per i fragili mercati locali) ma di attuare politiche di aiuto alla crescita valorizzando il lavoro ed i metodi locali (neanche la forzata occidentalizzazione è il rimedio di questi mali).
Se non si attuano queste politiche di cooperazione, lungimiranti e non egoistiche, è solo questione di tempo ma ci dobbiamo aspettare tragedie immani quali dittature e guerre spietate.
Il vero, vero, vero problema è che i paesi ricchi non vogliono questa integrazione perché porterebbe non solo a cambiamenti dei criteri di gestione nei paesi poveri ma anche a loro.
Questa differenza di stili e livelli di vita non può durare ancora a lungo.
Come verrà colmata?
Se nessuno prende il pallino in mano le cose andranno avanti in modo incontrollato ed allora saranno guai neri.
Fotti il sistema. Studia.
pianogrande
forumulivista
forumulivista
 
Messaggi: 10611
Iscritto il: 23/05/2008, 23:52

Re: Crisi alimentare: produzione non liberismo

Messaggioda franz il 02/06/2008, 9:38

claudiogiudici ha scritto:La distribuzione in un mercato liberista avviene non secondo canoni di giustizia - che in questo caso corrisponde al diritto di ogni essere umano alla vita e dunque alla nutrizione ed alla salute - ma secondo logiche di profitto.

Secondo me c'è un equivoco "storico" o uno storico equivoco. Per cercare di spiegarlo provo a riformulare la tua frase togliendo cio' che per me è superfluo e non serve a spiegare. Che tu aggiungi per additare colpevole e soluzione: "La distribuzione in un mercato non avviene secondo canoni di giustizia - che in questo caso corrisponde al diritto di ogni essere umano alla vita e dunque alla nutrizione ed alla salute - ma secondo logiche di mercato"
La frase è molto simile (manca "liberista" ed ho sostituito profitto con mercato, perché praticamente sinonimi) ma la mia è vera da 10'000 anni.
E' da 10'000 anni circa che l'umanità è passata all'agricoltura (e quindi la società basata sulla divisione del lavoro) ed ha scoperto la logica di scambio (mercato) necessaria per distribuire i beni ed i servizi prodotti dai vari attori della società. La logica di scambio e di mercato poi determina quella del profitto. Essa si basa sul semplice ragionamento del contadino che capisce che tra quello che pianta e quello che raccoglie deve avere un surplus per la nuova semina, per scambiare servizi e beni con altri, per avere scorte se il raccolto va male. Nasce il concetto di capitale, di accumulo, di profitto e di mercato.

Senza questo surplus la sua famiglia semplicemente muore. La logica dell'agricoltura infatti è spietata. Non è come ai tempi della caccia e della raccolta di bacche che a fronte di una giornata sfortunata si poteva ritentare domani.L'agricoltore (e l'intera comunità con lui) investe tutta la sua capacità di sopravvivere in un raccolto (semine oggi e raccoglie tra sei mesi) e sulla scommessa attorno ai suoi futuri frutti. Se perde la scommessa, la possibilità di non essere vivi tra sei mesi è elevatissima. Avere un profitto, un valore aggiunto da scambiare è quindi fondamentale da millenni. Il capitalismo ed il liberismo sono un po' come il dito, rispetto alla Luna. Nella società industriale e liberista ovviamente il concetto di profitto si è ampliato ma esso a mio avviso fa parte della natura dell'uomo da migliaia di anni.

Essenzialmente senza questo valove aggiunto, senza la logica del profitto, non non ci saremmo. Non saremmo qui a digitare sul computer. Il valore aggiunto cresce se si amplia il mercato (lo avevano già scoperto i fenici, per esempio) ed anche qui nulla di nuovo sott il sole. In una relazione di mercato ovviamente ci sono soggetti forti e soggetti deboli. Questo è implicito per la differenza tra soggetti e tra popolazioni. La stessa differenza che implica il mercato stesso. Senza differenze infatti non ci sarebbe contrattazione. Se a me non piacciono le pere, non le compro. Se mi piaccioni tantissimo, piu' di quanto piacciano ad altri, ed ho risorse economiche, saro' disposto a comprarle ad un prezzo piu' elevato. La differenza di gusti e di plusavalore accumulato genera differenza di valore nei beni e servizi e questo genera contrattazione e mercato. Mi sembra l'abc della nostra economia da migliaia di anni. Il liberismo non c'entra.

Piuttosto dovremmo chiederci non solo perhcé c'è differenza ma anche perché noi siamo quello che siamo ed altri popoli no. Perché, per dirla con Jared Diamond, noi siamo andati a regalare perline agli indiani in cambio di oro? Perché i maya non sono venuti in Europa con caravelle, cavalli e cannoni a conquistarci? Se non si capisce questo credo sia inutile discutere di mercato mondiale. Inutile se non si parte dalla realtà e dal perché è cosi'.
Per i riferimenti al libro di Diamnod, vedere http://it.wikipedia.org/wiki/Armi,_acciaio_e_malattie
claudiogiudici ha scritto:Ma se non individuiamo le corrette idee ispiratrici, la soluzione (la produzione; d'altra parte niente di nuovo per il rinascimento post-bellico) ed il problema (il liberismo; anche qui niente di nuovo per il rinascimento post-bellico), manchiamo dei giusti binari ideali all'interno dei quali mantenere la rotta dell'azione (una costante commistione di "bene" e "male", dove però l'obiettivo è sempre quello di ricercare il "bene" a cui la legge naturale inclina il tutto).
Claudio Giudici

Mentre le società contadine erano basate sulla difesa del raccolto e sulla costruzione di strutture comuni per la gestione del raccolto (granai) con la solidarietà essenzialmente basata sulla pietas e sulla divina provvidenza ed elemosina, quella industriale ha tutto sommato sviluppato il welfare state. Lo ha potuto fare pero' perchè la logica dello sviluppo e dell'incremento del valore aggiunto prodotto h(e dell'accumulo di capitali) a creato le premesse economiche per farlo. Le società povere non possono permettersi un welfare. In questo senso mi pare chiaro che, con la velocità che le società anno, (qualche generazione) l'estensione dei mercati porta la logica del profitto (tanto esecrata da religiosi e marxisti) e questa porta sempre piu' popoli alla possibilità di generare quella rete di protezione sociale che conosciamo. Sono pero' scelte interne. Nazionali.
Puo' darsi che prima o poi inizi a sviluparsi una rete di protezione sociale transnazionale ma se pensi a quanti sistemi pensionistici e di welfare ci sono in europa direi che è presto pensare ad una uniformità planetaria.
Lascerei perdere pero' la lotta tra bene e male. Sono concetti etici individuali su cui solo uno stato etico basa le sue politiche.
Cerchiamo di capire perché alcuni popoli sono ricchi ed altri poveri uscendo dalla logica religiosa del bene e del male, del buono e bravo piuttosto che del "cattivo".
Cerchiamo di capire che la soluzione del "dilemma del desco comune" non è un problema etico ma semplicemente un problema razionale.

Ciao,
Franz
“Il segreto della FELICITÀ è la LIBERTÀ. E il segreto della Libertà è il CORAGGIO” (Tucidide, V secolo a.C. )
“Freedom must be armed better than tyranny” (Zelenskyy)
Avatar utente
franz
forumulivista
forumulivista
 
Messaggi: 22077
Iscritto il: 17/05/2008, 14:58

Re: Crisi alimentare: produzione non liberismo

Messaggioda pinopic1 il 02/06/2008, 11:31

Però devo essere sincero: un po' di sano protezionismo borbonico non mi dispiacerebbe. Così per provare, a titolo sperimentale. A volte, non sia mai...
"Un governo così grande da darti tutto quello che vuoi è anche abbastanza grande da toglierti tutto quello che hai" (Chiunque l'abbia detto per primo)
Avatar utente
pinopic1
forumulivista
forumulivista
 
Messaggi: 1253
Iscritto il: 24/05/2008, 15:00

Re: Crisi alimentare: produzione non liberismo

Messaggioda franz il 02/06/2008, 12:08

pinopic1 ha scritto:Però devo essere sincero: un po' di sano protezionismo borbonico non mi dispiacerebbe. Così per provare, a titolo sperimentale. A volte, non sia mai...

ma non è quello che già facciamo proprio nel campo agricolo?
I sussidi agricoli (quelli che sostengono e proteggono i nostri contadini dai prodotti altrui) cosa altro non sono se una forma di protezionismo?
E quando dico nostri mi riferisco all'europa in generale (vedi le lotte no global e contro gli OGM dei contadini francesi guidati da Bové.

Ora non è che io sia contrario ai sussidi pero' occorre considerarne gli effetti deleteri, oltre a quelli positivi.
Di solito tra quelli deleteri c'è che un prodotto o settore sussidiato ha prezzi piu' alti per l'utenza finale (il sussidio droga il mercato).
Ti piace l'attuale prezzo delle zucchine e dei pomodori? Teniamoci i sussidi.

Unico caso di cui comprendo la necessità di protezione è l'agricoltura di montagna.
Li' il mondo contadino, se presente, è confrontato con costi elevati di gestione e con una vita estremamente dura. Allevatori compresi.
Chi mai oggi in europa è disposto a passare mesi a 2000 metri con la mandria, quasi tagliato fuoiri dal mondo?
Ok, viva il contatto con la natura e grazie a loro la montagna è pulita ed il bosco è curato (e questo lo si appezza quando diluvia alcuni giorni) ed è per questo che un aiuto alla agricoltura di montagna mi pare doveroso ed utile alla collettività. ma per ora non vedo altre eccezioni.

Ciao,
Franz
“Il segreto della FELICITÀ è la LIBERTÀ. E il segreto della Libertà è il CORAGGIO” (Tucidide, V secolo a.C. )
“Freedom must be armed better than tyranny” (Zelenskyy)
Avatar utente
franz
forumulivista
forumulivista
 
Messaggi: 22077
Iscritto il: 17/05/2008, 14:58

Re: Crisi alimentare: produzione non liberismo

Messaggioda incrociatore il 02/06/2008, 12:35

mah... io credo che la crisi alimentare non sia nè un problema di produzione nè di sussidi...

I magazzini delle nazioni "opulente" hanno sempre traboccato di tutto... casomai il problema è che si danno indennizzo per la distruzione del surplus invece che della sua distribuzione... poi i "ricchi" hanno scoperto il bio-combustibile così magari oltre che agli indennizzi per la distruzione del surplus si prendono pure gli incentivi per le energie alternative...

Il guaio dei prezzi dei pomodori e delle zucchine è determinato, in gran parte, da un'assurdo sistema di distribuzione... è il modello che non funziona ed è assurdo... sono i consumatori che dovrebbero smantellarlo con una consapevolezza maggiore dei propri acquisti.

Il costo di produzione è in molti casi "risibile" al confronto di quello "a banco"... certo, magari diamo i sussidi ai produttori di Carmagnola per i peperoni e poi la grande distribuzione li fa arrivare dall'Australia... ditemi voi se ha senso comprare un peperone che si è fatto 20.000 chilometri su un'aereo che consuma tonnellate di kerosene...

Negli ultimi anni ha preso piede (un po' una moda per snob in molti casi) il biologico... bisognerebbe promuovere i "prodotti a chilometri zero", invece... almeno sarebbe un "protezionismo" intelligente.
An eye for an eye will make the whole world blind
Mahatma Gandhi (1869-1948)
Avatar utente
incrociatore
forumulivista
forumulivista
 
Messaggi: 560
Iscritto il: 18/05/2008, 15:57
Località: Via Barbierato, 15 - 28844 Villadossola (VB)

Prossimo

Torna a Temi caldi nel mondo

Chi c’è in linea

Visitano il forum: Nessuno e 2 ospiti