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Federalismo a parole

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Federalismo a parole

Messaggioda Gab il 18/03/2010, 12:22

Ici, Fas e poteri straordinari Ma non erano federalisti?
di Felicia Masocco
da l'Unità.it

Centralista oggi, federalista più in là. Con buona pace della Lega e del fumo gettato negli occhi di un Nord col mal di pancia, la politica dell’attuale governo è stata finora connotata da un forte centralismo. L’esempio più lampante è quello dell’Ici: abolita a livello nazionale anche a coloro che potevano permettersi di pagarla, ha tolto risorse ai Comuni. Ma per evitare che le municipalità dichiarassero bancarotta, il governo centrale ha dovuto «compensarle» con 3 miliardi e 300 milioni di euro. Si pensi poi al proliferare di società private a capitale pubblico che svolgono a livello centrale funzioni un tempo locali. Oppure alla nascita degli organismi straordinari: vedi Protezione Civile spa. A fare le pulci a federalismo de noantri è uno studio del gruppo parlamentare del Pd, un Libro bianco intitolato «Federalismo a parole».

L’esenzione della prima casa dal pagamento dell’Ici ha portato una perdita di gettito pari al 23,35% nel 2008, cioè poco meno di un quarto delle entrate da questa voce che per moltissimi comuni era determinante. «E un esito davvero paradossale, per un governo egemonizzato dalla Lega, è che il calo maggiore di gettito si è avuto nei comuni del Nord», si legge. Distorsioni a parte, resta il fatto che il governo centrale ha dovuto metterci una toppa che per il 2008 è stata di 3.364 milioni. E dovrà «compensare» anche il 2009 anche se il «risarcimento» non potrà essere totale, quindi i Comuni dovranno o stringere la cinghia o tassare a loro volta. «È la beffa che si aggiunge al danno - è il commento dei parlamentari Pd - perché in ballo non c’è solo la perdita di risorse da parte dei Comuni, ma anche il vulnus alla loro autonomia finanziaria. Si vedono sottrarre le entrate per loro più importanti salvo poi essere “compensati” secondo discrezionalità statale».

Un capitolo è dedicato allo scippo, ai danni del Sud, dei fondi per lo sviluppo (Fas). Il governo Prodi aveva stanziato oltre 64 miliardi per il periodo 2007-2013, l’85% destinato al Sud secondo una tradizionale ripartizione. Dovevano servire a promuovere lo sviluppo nelle aree più in difficoltà. Invece prelievo dopo prelievo, il governo Berlusconi ha attinto dal Fas come da un bancomat, per le spese più diverse. Solo nel 2008, 13 miliardi sono stati stornati per ripianare il disavanzo del comune di Catania (140 milioni), per le agevolazioni ai terremotati di Umbria e Marche (55 milioni) per i rifiuti in Campania (690 milioni) e via dicendo.

Rifinanziato e riprogrammato, il Fas subisce un’ulteriore centralizzazione di risorse nel marzo 2009: un’operazione che in teoria avrebbe dovuto finanziare interventi anti-crisi; in pratica ha sospeso una serie di interventi già programmati dal ministero per lo Sviluppo. «Siamo di fronte al gioco delle tre carte - si legge nel Libro bianco - non ci sono risorse aggiuntive ma solo una diversa ripartizione di risorse pubbliche già stanziate e investimenti privati già risolti». In pratica il governo Berlusconi ha ridotto drasticamente le risorse stanziate dal governo Prodi e ha utilizzato la quota nazionale (25,4 miliardi) per scopi differenti rispetto agli obiettivi originari. Semplificando, sono state colpite fortemente le politiche regionali di sviluppo, in particolare nel Mezzogiorno. Sempre in nome del federalismo.

«È uno stato parallelo e nascosto: in house non va bene per i comuni, ma va benissimo per i ministeri». Con questa sintesi il dossier introduce un fenomeno che, riveduto e corretto, ha un forte sapore di Prima Repubblica. A furia di emergenze ecco avanzare soggetti a cui vengono conferiti poteri straordinari, centralizzando funzioni che prima erano esercitate a livello locale. Una tendenza che fa il paio con l’altra di ricorrere a società private a prevalente capitale pubblico (facenti capo al ministero dell’Economia) alle quali vengono affidati compiti sempre più ampi «serventi» le amministrazioni.

La «Protezione civile Spa» stava mettendo insieme l’una e l’altra cosa. Ma si può citare anche la società Arcus del ministero per i Beni culturali, capofila di quelle che programmano e gestiscono il trasferimento, a soggetti pubblici o a enti territoriali, di risorse per sostenere le loro attività. È «un federalismo al contrario - si legge -. Le amministrazioni centrali non solo non si riducono o assottigliano, ma si espandono». Commissioni e Autorità nascono come funghi «mentre tutto il malfunzionamento della macchina pubblica viene rigettato su comuni, province e regioni».
18 marzo 2010
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Re: Federalismo a parole

Messaggioda pianogrande il 18/03/2010, 23:40

Nessun federalismo conviene ad un aspirante dittatore.
Troppo allettante la prospettiva poter usare due pesi e due misure a seconda se un potere locale è in mano ad amici o nemici.
Anche su questo bisogna essere molto vigili.
Fotti il sistema. Studia.
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Re: Federalismo a parole

Messaggioda franz il 19/03/2010, 9:51

pianogrande ha scritto:Nessun federalismo conviene ad un aspirante dittatore.
Troppo allettante la prospettiva poter usare due pesi e due misure a seconda se un potere locale è in mano ad amici o nemici.
Anche su questo bisogna essere molto vigili.

Piu' che altro a chi aspira ad ottenere rapidamente un potere assoluto, conquistando il vertice della piramide del potere, interessa assai poco il federalismo, perché si troverebbe con mille altre piramidine, tutte da scalare (regionali, provinciali, comunali) e con il rischio che buona parte di questi altri centi di potere siano avversi. Il federalismo infatti suddividendo il potere in una serie di livelli giurisdizionali, ognuno dotato di potere esecutivo, legislativo e giudiziario, si oppone concettualmente alla teoria del potere assoluto, uno e indivisibile. Attua una estensione a piu' livelli giurisdizionali del concetto di suddivisione dei poteri.
Anche il rischio che illustri è tuttavia possibile, nel caso in cui il potere di cambiare le regole federali sia stato dato al vertice della piramide. La possibilità che questo potere sia usato in modo arbitrario è molto forte (e non solo nel caso di assetto federale) e proprio per questo è possibile evitarlo concependo un federalismo costituzionale in cui le regole del cambiamento siano anche loro date in mano non al vertice ma alla pluralità dei soggetti membri del foedus (ed in ultima analisi al popolo).
Ciao,
Franz
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Re: Federalismo a parole

Messaggioda pianogrande il 19/03/2010, 11:04

Franz
Questa me la sono cercata e mi ha messo un po' in crisi.

Nooo!
Non voglio diventare federalista.
Non lo sono mai stato.
Ho sempre sognato uno stato "forte".
Forte nel senso di: fatto di regole basilari che tutti debbono rispettare (compresi "gli eletti").
Che facciamo?
L'ultimo rifugio dal dittatore sarà casa mia con la porta blindata chiusa a chiave?
Neanche lì mi sentirei tanto sicuro.
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Re: Federalismo a parole

Messaggioda franz il 19/03/2010, 12:25

pianogrande ha scritto:Franz
Questa me la sono cercata e mi ha messo un po' in crisi.

Nooo!
Non voglio diventare federalista.
Non lo sono mai stato.
Ho sempre sognato uno stato "forte".
Forte nel senso di: fatto di regole basilari che tutti debbono rispettare (compresi "gli eletti").
Che facciamo?
L'ultimo rifugio dal dittatore sarà casa mia con la porta blindata chiusa a chiave?
Neanche lì mi sentirei tanto sicuro.

Uno stato federalista contiene sicuramente poche regole forti che valgono per tutti.
Se cosi' non fosse avremmo solo 20 o 30 lander/stati/cantoni separati ed autonomi al 100%, uniti dal nulla.
Comunque non devi diventare quello che non sei.
In politica dovrebbe bastare capire le ragioni di una teoria, i suoi aspetti positivi, saperli pesare con quelli negativi, che ogni teoria ha. Poi ci sono come sempre i piu' sostenitori piu' convinti ed entusasti ed i feroci nemici ed avversari.
Una nazione sa fare passi avanti quando trova un equilibrio tra due posizioni antitetiche.

Franz
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Re: Federalismo a parole

Messaggioda mauri il 19/03/2010, 20:58

hahaha si sono ritrovati una macchinetta per fare soldi, un bel giochino, ma non sapevano cosa farsene perchè non sapevano come funzionava e nemmeno avevano testa per capirci
qualcuno glielo ha spiegato ed ora la macchinetta funziona senza sosta e non li ferma più nessunoooooooo

il federalismo lo faranno se gli conviene prima economicamente e poi politicamente e a modo loro,
infatti col nuovo decreto si possono fare ristrutturazioni senza permessi e questo regalo pre elettorale gli farà incassare n'altra marea di quattrini e di voti
ciao, mauri
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Re: Federalismo a parole

Messaggioda Gab il 20/03/2010, 19:18

link al documento

Libro bianco sul Federalismo ( scarica il documento )
Federalisti a parole: il neo-centralismo del governo Berlusconi

http://www.deputatipd.it/Select.asp?Sec ... alue=16553

Il costante accentramento delle decisioni finanziarie attraverso un'interpretazione rigida del patto di stabilità interno, la riduzione dell'autonomia finanziaria dei comuni e il taglio dell'Ici, il ricorso a norme e vincoli da applicare in modo indistinto a tutti gli enti territoriali, interventi autoritari in materia di servizi pubblici locali, l'uso massiccio di società per azioni che svolgono funzioni finora ministeriali: sono solo alcune delle voci che dimostrano una vocazione centralista dell'attività del governo. Scelte che in modo schizofrenico stridono e rendono di difficile realizzazione le altre che sembrano orientate verso il decentramento: l'approvazione del federalismo fiscale, l'assegnazione agli enti locali di responsabilità inedite come l'ordine pubblico e la sicurezza, il percorso di realizzazione attraverso lo strumento della Carta delle Autonomie di una riforma dell'ordinamento della Repubblica su un sistema cosiddetto multilivello. Questo l'ambito di un'analisi realizzata dal gruppo Pd della Camera ed esposta nel libro bianco "Federalisti a parole: il neo centralismo del governo Berlusconi".

Il caso della creazione delle società in house (a prevalente o totale capitale pubblico, facenti a capo a un ministero) è un esempio significativo della contraddittoria strategia del governo, esaminato nell'inchiesta, e di cui la vicenda della Protezione civile è certamente il culmine. In sostanza, c'è uno spostamento della titolarità dell'azione pubblica, con l'affidamento a queste società di attività al servizio non solo dell'amministrazione centrale, ma anche di quelle periferiche, con relativa destinazione e gestione di ingenti risorse pubbliche.
Il libro bianco si sofferma poi su quello che viene definito federalismo per abbandono, la conseguenza cioè di un aumento di ruoli degli enti locali in settori molto delicati e l'obbligo di sostenere nei bilanci compiti in passato riservati allo Stato, in contrasto con la mancanza di risorse per farvi fronte. Situazione su cui inoltre grava la mancanza di riforme istituzionali, a cominciare dalla trasformazione del Senato in una Camera delle autonomie.
Lo spostamento delle decisioni al centro e la drammatica riduzione dell'autonomia finanziaria degli enti locali è confermata da un dato che prova una distorsione di carattere strutturale: mentre il deficit della Pubblica amministrazione è aumentato nel 2008 di 20 miliardi e per il 2009 si prevede un peggioramento ulteriore di 35 miliardi, la tendenza dei Comuni è opposta: riduzione del deficit di oltre 1,2 miliardi nel 2008 e di probabili altri 300 milioni nel 2009. Viene fornita poi una serie di dati che dimostra come la perdita di gettito dei Comuni, causata principalmente dal taglio dell'Ici, non sia stata compensata sufficientemente dai trasferimenti statali, e come questi dati, sommati al blocco delle aliquote dei tributi locali, rendano chiaro perché l'assalto all'autonomia tributaria locale sia ormai allarmante.

Per compensare l'abolizione dell'Ici alle famiglie più abbienti, quelle con un importo Ici superiore a 300 euro, lo Stato ha dovuto aumentare i suoi trasferimenti ai Comuni. Tre miliardi e trecento milioni di euro che meglio avrebbero potuto essere utilizzati, anche in relazione alla crisi economica, per ridurre le imposte ai redditi bassi e medi, per estendere le coperture sociali contro la disoccupazione, per aiutare le piccole e medie imprese. E invece lo Stato è in affanno per aumentare i suoi contributi ai Comuni, i Comuni restano comunque sotto un grave stress finanziario, e alla fine dei conti sono le spese per investimento a subirne le conseguenze: i contributi dello Stato ai Comuni per investimenti si sono ridotti da 3,3 miliardi nel 2008 a 1,7 miliardi nel 2009 fino a 1,4 miliardi nel 2010.

Un discorso a parte merita la tanto sbandierata legge sul federalismo fiscale che non ha finora portato nulla di concreto: un solo decreto approvato, per di più senza intesa con le Regioni e le Autonomie locali, su norme che riguardano il trasferimento di beni demaniali e contengono il rischio di speculazioni e condizionamenti da parte di soggetti privati. Al momento, inoltre, la commissione bicamerale, prevista dalla legge per l'esame dei decreti attuativi, non ha ancora iniziato il suo lavoro.

Il documento insiste in seguito su una serie di interventi del governo che confermano la tesi iniziale di attività schizofrenica, resa possibile per altro dal fatto che si è proceduto non seguendo la strada più razionale che avrebbe consigliato di adottare come primo passaggio la carta delle Autonomie, strumento in grado di affrontare le riforme in un quadro d'insieme, evitando farraginosità e addirittura contraddizioni. Gli esempi non mancano. Dalla stessa riforma dei servizi pubblici locali, che produce rischi sulla certezza dei servizi basilari delle comunità locali come l'acqua, la tutela dell'ambiente, il trasporto pubblico, al continuo scippo dei fondi per lo sviluppo (Fas), usati come un vero e proprio bancomat a disposizione del governo: i tagli arrivano già a oltre 19 miliardi, rispetto ai 64,3 stanziati dal governo Prodi fino al 2013.

Le cifre dei tagli alle Regioni seguono la stessa linea: solo nell'ultima finanziaria ammontano a 165 milioni. A questi vanno però aggiunti anche una serie di altri dati: lo stop agli anticipi delle spese per la Sanità (siamo fermi ai 5,7 miliardi del 2008); il pignoramento dei beni delle Regioni impegnate a rientrare dal deficit sanitario; la riduzione dei fondi per l'edilizia scolastica; la ridefinizione degli imponibili di pertinenza regionale; la mancata erogazione di quasi 48 miliardi dovuti alla mancata ratifica dell'intesa per il 2008 delle quote di compartecipazione ai tributi erariali; il trattenimento delle risorse ottenute con una riduzione di spesa superiore agli obiettivi da parte delle regioni (500 milioni solo per il 2008, finiti alle spese dei ministeri).
Fra le iniziative che il governo non ha voluto portare avanti, si ricordano soprattutto la mancata emanazione del piano straordinario di interventi per l'agricoltura concordato con le Regioni l'anno scorso e il blocco dei processi di regionalismo differenziato. Su questo ultimo aspetto, previsto dalla Costituzione, c'è un autentico paradosso perché il caso riguarda un tavolo di lavoro avviato dal precedente governo con la Regione Lombardia su 12 materie di cruciale importanza. Bloccata, infine, anche la norma sul cosiddetto federalismo infrastrutturale inserita nella finanziaria del 2008 dal governo Prodi che concedeva alle Regioni la gestione dei più importanti progetti per le infrastrutture stradali.

Il libro bianco si chiude con venti proposte del Partito Democratico per far ripartire le Regioni a partire dalle elezioni del 2010. Proposte che mirano a rendere le Regioni italiane più efficienti, più attente al merito, alla professionalità e alla separazione fra politica e gestione, E che si occupano di sanità, di trasporto pubblico locale, di infrastrutture, di finanza locale, di migliorare il coordinamento fra le Regioni e fra di esse e lo Stato. Nella speranza che la campagna elettorale, almeno nelle ultime settimane, si svolga sulle questioni concrete che fanno parte delle competenze delle Regioni nel nostro ordinamento e che interessano la vita quotidiana di cittadini e imprese.
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