Per quanto riguarda la vicenda Sofri-Calabresi siamo arrivati a definrne i connotati politici, più interessanti di quelli giudiziari:
La natura e il valore della colpa è politica, indipendentemente dall'accertamento dei fatti materiali sull'uccisione.
Ma - mi dispiace se qualcuno pensa che si tratti di vetero-sinistrismo, dato che in quel tipo di vetero non sono mai stato personalmente coinvolto - non sarebbe male ricordare il tutto come la vicenda di "Pinelli-Calabresi-Sofri", dato che anche Pinelli è stato una vittima in circostanze mai ben chiarite ed è parte integrante della vicenda stessa.
Proprio perché siamo disposti, e preferiamo, dare giudizi politici, basati anche solo su articoli di giornale o responsabilità morali, non possiamo enucleare un fatto dal contesto del momento e dalla fase storica in cui è avvenuto.
Tra l'altro, questo genere di correttezza metodologica ci dovrebbe far ricordare che "la sinistra", che oggi si vuole impacchettare tutta e ridurla agli "arcobaleno", comprendeva allora - e ha compreso per lungo tempo successivamente, fino a pochi anni fa - una gran parte di coloro che oggi, come fulminati d'illuminazione, fanno gli schifiltosi verso il "massimalismo", arpeggiandoci sopra tutta la litanìa che ben conosciamo: una sinistra legalista, per la massima parte, voglio dire, che non condivideva l'esagitazione di certi movimenti, ma che - come ho tentato di ricordare ieri - aveva una posizione fortemente critica verso la "giustizia di classe", verso comportamenti della polizia tutt'altro che limpidi e verso istituzioni che in certe loro parti non mostravano una lealtà democratica al di sopra di ogni sospetto, diciamo così eufemisticamente.
Sarebbe oltremodo opportuno evitare di riscrivere la storia - e forse anche qualche autobiografia - per rappresentare una sinistra in blocco, per definizione assatanata, scervellata, forcaiola e perfino sanguinaria, da cui solo recentemente e finalmente un nugolo di anime redente riesce a prendere dignitose distanze.
Sulla questione del PD-sinistra, ho la sensazione che siamo alla commedia degli equivoci, o delle tautologie carpiate.
Non credo che la demenzialità possa arrivare al punto di fondare un partito, sapendo di chiedere il voto ad un elettorato di sinistra, escludendo il concetto di sinistra dai valori fondanti del partito stesso.
Al di là del nominalismo, la cosa non avrebbe senso.
Ma, al di là anche di volontà più o meno esplicitamente dichiarate, la cosa non ha senso nemmeno sul piano oggettivo, fattuale: che cosa altro è un partito che nasce sull'organizzazione, sulla continuità di uomini e strutture, sulla storia stessa della sinistra, se non un partito di sinistra?
Che poi si tratti, si voglia, costruire una sinistra diversa, con alleanze diverse, o perfino con un'anima diversa, questo è un altro discorso.
Oltre tutto, questa puntigliosità nel voler ad ogni costo cancellare ogni traccia di "sinistra" è francamente surreale anche sul semplice piano di omogeneità culturale europeistica, laddove l'Italia è l'unico paese dove avviene un fenomeno del genere - nemmeno che fosse l'unico dove ci sia stato un movimentismo extra-parlamentare, o un'ala fortemente filosovietica di comunismo, o fosse stato un paese con una sinistra eversiva e anti-costituzionale.
Se un tale fenomeno avviene per ragioni di marketing elettorale, o in virtù dell'alleanza con pezzi della vecchia Dc, allora è anche peggio, perché non si tratta di idee, per quanto discutibili, ma di puro tatticismo: un tatticismo al quale si sacrifica un'intera storia, e sul quale s'impiantano giudizi e riletture grotteschi, capaci - questi sì - di dare fiato e legittimazione alla revanche della destra.