Via libera al dl sui media televisivi
Gentiloni: «Ridotto il danno al web»
«Ma restano i regali a Mediaset». Pardi (Idv): «Giorno triste per la democrazia»
IL DECRETO ROMANI
Via libera al dl sui media televisivi
Gentiloni: «Ridotto il danno al web»
«Ma restano i regali a Mediaset». Pardi (Idv): «Giorno triste per la democrazia»
MILANO - Via libera definitivo del Consiglio dei ministri al decreto legislativo sui media televisivi. Il provvedimento, tra le molte misure, riduce l'affollamento pubblicitario sulle televisioni a pagamento. Secondo quanto spiega una nota del ministero dello Sviluppo, il decreto chiarisce poi che il regime dell'autorizzazione generale per i servizi a richiesta (diversi dalla televisione tradizionale, con palinsesto predefinito) «non comporta in alcun modo una valutazione preventiva sui contenuti diffusi, ma solo una necessità di mera individuazione del soggetto che la richiede con una semplice dichiarazione di inizio attività». «Sono stati reintrodotti gli obblighi di programmazione per tutti gli operatori (compresa la pay-tv), nonché le quote di programmazione e di investimento previsti per la Rai e l'accorciamento dei tempi per l'emanazione del regolamento nel cui ambito dovranno essere fissate le sottoquote in favore della cinematografia nazionale, non solo per quanto attiene agli obblighi di investimento, ma anche di programmazione».
DANNO RIDOTTO A INTERNET - «L'opposizione parlamentare ha indotto il Governo a ridurre la stretta su Internet prevista nel decreto Romani. Restano invece intatti i regali a Mediaset sull'affollamento pubblicitario e sui limiti antitrust dei programmi. E restano, sia pure per fortuna attenuati, i danni per la produzione audiovisiva indipendente.» Questo il giudizio del responsabile comunicazioni del Partito Democratico Paolo Gentiloni. «L'estensione a Internet delle norme della direttiva viene per fortuna ridimensionata, come chiesto dal Parlamento. Non riguarderà siti privati, siti di giornali e motori di ricerca. Scompare anche il conseguente obbligo di autorizzazione ministeriale. Escludere del tutto Internet da una direttiva televisiva sarebbe stato comunque più chiaro e avrebbe evitato le incertezze interpretative che invece non mancheranno», osserva Gentiloni. «Restano in vigore sia le norme che puniscono i canali in onda sulla piattaforma Sky attraverso il taglio di un terzo degli affollamenti pubblicitari, sia quelle che premiano Mediaset facendo rientrare 'per legge' i suoi programmi al si sotto del limite antitrust. Quanto alla produzione audiovisiva, rientra per fortuna l'abolizione delle quote di programmazione e di investimento che da dieci anni contribuiscono al successo di cinema e fiction e che la prima versione del decreto aveva cancellato. Ma in materia di diritti residuali il decreto sposa di fatto la tesi dei broadcaster contro quella dei produttori indipendenti considerandoli 'in proporzione' agli investimenti effettuati.» «Resta il nostro giudizio fortemente negativo - conclude Gentiloni - sulla scelta di effettuare una modifica radicale della nostra normativa sui media per decreto e con un evidente eccesso di delega rispetto al recepimento della direttiva Ue sul product placement. Una scelta che conferma la scarsa considerazione per il Parlamento da parte dell'attuale Governo». Molto più dura la posizione dell'Idv che per bocca del capogruppo in commissione di Vigilanza Rai Pancho Pardi parla di «uno dei giorni più tristi della nostra democrazia». «Il Cda della Rai - spiega Pardi - censura i principali talk show imbavagliando l'approfondimento e lasciando alla comunicazione politica solo l'informazione quasi tutta controllata dal presidente del Consiglio. Lo stesso premier risolve il suo personalissimo conflitto di interessi abbandonando ipocritamente per qualche minuto il Consiglio dei ministri nel momento del voto al decreto Romani che di fatto, abbassando la quota pubblicitaria al suo principale concorrente, Sky, aumenterà a dismisura i guadagni di Mediaset. Infine, per la prima volta, una conferenza stampa a margine di un Consiglio dei ministri si trasforma in un comizio perché viene impedito ai giornalisti di fare domande». Si tratta, per il senatore Pardi, di «tre esempi nello stesso giorno di come le garanzie democratiche siano messe in discussione: mancanza di libertà di stampa, di libera concorrenza nel mercato televisivo e di una legge seria sul conflitto di interessi sono le principali metastasi della nostra democrazia. L'arroganza della maggioranza schiaccia e abbatte tutti gli ostacoli che si trova davanti. Da parte nostra continueremo a non dare tregua a queste prepotenze di regime».
corriere.it
Redazione Online
01 marzo 2010