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Di Pietro al soldo della Cia?

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Re: Di Pietro al soldo della Cia?

Messaggioda cardif il 03/02/2010, 2:05

Vediamo. L'articolo dice che il 15/12/1992 Di Pietro si lascia fotografare a pranzo nella mensa di una caserma con alcuni ufficiali dei servizi segreti e con Contrada, arrestato il 24/12/1992 con l'accusa di concorso esterno in associazione di tipo mafioso sulla base delle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia e condannato con conferma definitiva della Corte di Cassazione il 10 maggio 2007.
Quindi Di Pietro se l'intendeva con chi aveva rapporti con la mafia.

Alla cena c'era pure Modiati, presentato come il responsabile della Kroll, una organizzazione di investigazione d'affari che assume da Cia, Mossad ecc.
Quindi Di Pietro se l'intendeva con l'alta finanza americana.

Nello stesso giorno del 15/12/1992, l'Ansa ha ufficializzato con un dispaccio l'avviso di garanzia contro Bettino Craxi per concorso in corruzione, ricettazione e violazione della legge sul finanziamento pubblico ai partiti; provvedimento firmato con Saverio Borrelli e gli altri colleghi del pool di Milano proprio da Tonino Di Pietro la sera precedente, il 14.
Per cui ora Bobo Craxi, da tempo interessato a scavare sull'ipotesi dell'aggancio americano, dice: «Una teoria che sarebbe verosimile perché dopo l'89 c'erano interessi internazionali a cambiare il quadro europeo».
Quindi Di Pietro lavorava per gli USA, che volevano la caduta del governo Craxi.

Però, può essere.
Secondo me per sapere la verità si dovrebbe chiamare il giudice Misiano (rigorosamente con i calzini azzurri) ad indagare.
Gli si dovrebbe affiancare nelle indagini Paolo Izzi, il bonificatore delle cimice che (pare) lui stesso aveva messo nell'appartamento di via del Plebiscito del leader di Forza Italia.
Mettendo sotto ascolto gli interessati, verrà sicuramente fuori la verità:
Contrada, contattato dalla Cia tramite Modiati, invitò a cena Di Pietro perché indagasse sul menù della caserma, che sembrava fosse stato preparato con cibi provenienti illegalmente dall'est, approfittando della confusione avvenuta durante la caduta del muro di Berlino.
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p.s.. Accidenti, ho dimenticato la mafia
Ma mo' mi so' capito bene?
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Re: Di Pietro al soldo della Cia?

Messaggioda Iafran il 03/02/2010, 2:29

Stefano'62 ha scritto:E se anche per assurdo fosse vero,bè allora tanto di cappello alla CIA che una volta tanto ne avrebbe fatta una giusta cercando di aiutare la giustizia italiana a rovesciare una casta di volgari ladroni che non meritava di rappresentarci.

Ci avrebbe lasciato in eredità solo ... il "piccolo grande capo".

A pensarci bene, l'unico che ha guadagnato è stato lui!
La CIA lo avrebbe favorito involontariamente o per puro disegno eversivo?

Se lo viene a sapere Putin ... si riprenderà come minimo il giubbotto!
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Re: Di Pietro al soldo della Cia?

Messaggioda ranvit il 03/02/2010, 9:53

Mi sembra giusto e doveroso avere tanti dubbi sulla vicenda. Ma...perchè Di Pietro non parlo' della "mensa" con quei signori (e che ammucchiata di signori! Tutti coinvolti in "faccende" poco chiare) con gli altri giudici del pool?

Inoltre la tesi che gli Usa volessero farla pagare a Craxi per lo schiaffo di Sigonella, cosi' abituati com'erano (e hanno ripreso ad essere con il dramma del Cermis...) a trattarci come un tappetino, è abbastanza credibile.

Per non dire che tutta l'ascesa....nell'Olimpo dei personaggi famosi, a partire già da Mani Pulite. Chi lo conosceva prima?

Ci andrei piano, sia nel difenderlo che nel sostenerlo fideisticamente.

Vittorio
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Re: Di Pietro al soldo della Cia?

Messaggioda ranvit il 03/02/2010, 12:17

dal corriere.it :

L'INTERVISTA IL LEADER DELL'IDV SI DIFENDE DOPO LA PUBBLICAZIONE DELLA FOTO CON L'EX 007
Di Pietro: ho sempre difeso lo Stato
Per me Contrada era un poliziotto
«La Kroll? Mai avuto a che fare, nemmeno con la Cia. E chi accidenti è l'americano?»

http://www.corriere.it/cronache/10_febb ... aabe.shtml
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Re: Di Pietro al soldo della Cia?

Messaggioda ranvit il 03/02/2010, 12:27

Da ilgiornale.it :

http://www.ilgiornale.it/interni/ecco_p ... comments=1

Ecco perché non poteva fare il Pm
di Stefano Zurlo

Fu la seconda strettoia per il giovane magistrato e ancora una volta la schivò in modo rocambolesco. Antonio Di Pietro si salvò con abilità e fortuna da una bocciatura che gli avrebbe allungato la gavetta e sporcato l’immagine. Invece trovò il modo di scavalcare un ostacolo che sembrava insormontabile. Proprio com’era successo al concorso per l’ingresso nella professione, quando il presidente di commissione Corrado Carnevale si era lasciato impietosire dal suo curriculum di emigrante e gli aveva attribuito la sufficienza, la più stiracchiata delle promozioni. La carriera di Antonio Di Pietro restò impigliata anche nelle maglie del Consiglio giudiziario di Brescia che nel 1984 si era trovato a decidere sulla sua nomina a magistrato di tribunale. Il periodo del tirocinio, ripartito fra Milano e Bergamo, era finito e il Consiglio doveva formalizzare il suo passaggio.
A Bergamo il sostituto procuratore Antonio Di Pietro si muove sopra le righe, interpretando la funzione di Pm in modo del tutto personale: fa quel che avrebbe dovuto fare la polizia giudiziaria, intrattiene rapporti diretti con gli informatori, insomma non distingue la figura del magistrato da quella del poliziotto e continua a comportarsi come fosse un agente di polizia, il corpo di cui aveva fatto parte fino al 1981.
Secondo Filippo Facci, autore della biografia Di Pietro la storia vera, girava con la pistola infilata nei jeans e in occasione di una rapina si precipitò in strada, bruciando sul tempo la volante e bloccando il malvivente. Lo chiamavano John Wayne, ma il procuratore di Bergamo Giuseppe Cannizzo al dunque stende una relazione che avrebbe ammazzato un cavallo: «Dopo un avvio abbastanza soddisfacente che sembrava confermare tutte le rilevanti doti di impegno e di operosità e una conseguente buona affidabilità, il dottor Di Pietro non dava viceversa sempre prova di adeguata professionalità». Di più: «Nell’uso concreto delle funzioni giudiziarie, nonostante i ripetuti avvertimenti e suggerimenti dello scrivente e dei colleghi di maggior esperienza, assumendo atteggiamenti quali la spiccata tendenza ad imporsi e sostituirsi alla polizia giudiziaria e in particolare la disponibilità a trattare direttamente con i confidenti, il metodo eccessivamente inquisitorio nella conduzione delle indagini, i protagonismi non sempre corretti ne determinavano una situazione di grave disagio nei rapporti interni sia con i colleghi, sia in quelli esterni e in particolare con la polizia giudiziaria e il foro». L’11 gennaio 1984 la relazione parte per la Corte d’appello di Brescia, competente per i magistrati di Bergamo.
E il Consiglio giudiziario, guidato dal presidente della Corte Alfonso Squarotti, segue a ruota con una pronuncia durissima: «Dall’esame degli atti relativi ai fatti oggetto della relazione, da questo consiglio acquisiti, si ritiene debbano, effettivamente, farsi discendere fondati dubbi circa l’equilibrio, la diligenza, la riservatezza, lo scrupolo nello svolgimento del lavoro e l’adeguata preparazione professionale, del magistrato oggetto di valutazione».
Un quadretto francamente imbarazzante e umiliante. Di Pietro viene affondato sotto giudizi che assomigliano a rasoiate. E a completare il cahier de doleance, c’è anche la vicenda poco edificante di Fusto Tombini, un imprenditore arrestato per una truffa che non ha commesso, dimenticato in cella senza essere interrogato e infine scarcerato per decorrenza dei termini. «In ordine agli episodi che diedero origine alla denuncia penale a suo carico da parte di Tombini Fausto - si legge nella durissima stroncatura del Consiglio giudiziario - lo stesso Pm che ne richiese l’archiviazione non potè fare a meno di sollevare la scarsa correttezza... se - dopo aver suggerito il fermo di Pg di detto denunciante - lascerà che lo stesso sia scarcerato per decorrenza dei termini di rito non soltanto senza aver emesso un formale provvedimento, ma senza neppure aver provveduto al suo interrogatorio». Insomma, un disastro.
Così il verbale del Consiglio giudiziario si chiude con una bocciatura impietosa, perché Antonio Di Pietro «non è in grado di dare tutti quegli affidamenti che vengono richiesti a un magistrato». È il 2 ottobre 1984 ma il giovane sostituto procuratore non si perde d’animo.
Ricorre contro la decisione al Consiglio superiore della magistratura e contemporaneamente chiede di essere trasferito. È una mossa geniale che viene letta come un atto di contrizione. Le accuse si volatilizzano, Cannizzo diventa morbido, molto più morbido, il clima di ostilità si rasserena. E poco ci manca che il Csm gli stenda la passatoia rossa. Conclusione: il 5 marzo 1985 il Consiglio superiore della magistratura gli dà l’ok con 23 voti e un astenuto. Cannizzo fa la giravolta con i colleghi bresciani: «Di Pietro ha da tempo radicalmente mutato atteggiamento... adempiendo con sollecitudine a tutte le diverse incombenze con rinnovato stimolo ed equilibrio».
Tanto, Di Pietro è già in «fuga», sta per lasciare Bergamo, ha ormai preparato le valigie per Milano. Dove, di lì a sette anni, darà il via a Mani pulite.

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Trovo sia una domanda ragionevole chiedersi come abbia fatto uno cosi' ad arrivare tanto in alto?

Già l'emergere in una Magistratura di tanti parrucconi per uno cosi'....ruspante, è quantomeno atipico.

Naturalmente questo non toglie che sia stato possibile senza alcun....intervento.

Certo, il suo forte antiberlusconismo puo' indurre a ritenerlo....sincero.
Ma va anche ricordato che la P2 non è un fenomeno tipicamente italiano e Berlusconi ha dato e da' parecchi dispiaceri ai nostri amici nordamericani (vedi per esempio la troppa amicizia con Putin e Gheddafi).


Vittorio
Ultima modifica di ranvit il 03/02/2010, 13:18, modificato 1 volta in totale.
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Re: Di Pietro al soldo della Cia?

Messaggioda cardif il 03/02/2010, 13:15

Prima ho fatto un'ipotesi sbagliata, perché non comprendeva tutti gli attori. Allora forse le cose sono andate così:
Di Pietro, avendo sentito il rumore del muro che crollava, ha pensato che potesse essere quello di un carcere, che dei mafiosi avevano abbattuto per evadere. Perciò è andato nella caserma per avvisare i carabinieri, e là c'era Contrada a cena. Essendo di buon appetito, si è seduto a mangiare pure lui ed ha conosciuto Modiati, al quale ha chiesto se sapeva qualcosa di capitali portati all'estero da Craxi. (stavolta c'è tutto).

Ma il tema dovrebbe essere l'informazione denigratoria o condiscendente.

Denigratoria, e dimostratasi falsa, come quella di Feltri contro Boffo, reo di aver riportato critiche alla condotta sconveniente del PdC da parte della Chiesa. Il monsignor Mariano Crociata, segretario generale della Cei, disse: "Assistiamo a un disprezzo esibito nei confronti di tutto ciò che dice pudore, sobrietà, autocontrollo e allo sfoggio di un libertinaggio gaio e irresponsabile che invera la parola lussuria. Nessuno deve pensare che in questo campo non ci sia gravità di comportamenti o che si tratti di affari privati; soprattutto quando sono implicati minori, cosa la cui gravità grida vendetta al cospetto di Dio" (6 luglio, Ferriera di Latina).

Condiscendente quella dell'Ansa e di Panorama, che parlano della visita di controllo medico del 25 gennaio scorso al PdC riportando solo che:
"E' durata soltanto un quarto d'ora la visita medica all'Ospedale San Raffaele di Milano, disposta nell'ambito di una consulenza medico legale chiesta dal procuratore aggiunto Armando Spataro titolare dell'inchiesta sull'aggressione subita da Berlusconi."
Senza dire che serviva ad accertare la validità della prognosi di novanta 90 giorni, stabilita nel certificato medico inviato in procura prima di Natale e firmato dal medico curante di Berlusconi, Alberto Zangrillo; diagnosi in cui si parla di «iperalgia e parestesia», «lesioni interne capaci di alterare la mimica del sorriso» e altri danni.
Il 25 gennaio era il giorno stabilito per un'udienza sui diritti tv con il PdC inquisito, dopo che era già stata rinviata quella del 16 novembre scorso per altro legittimo impedimento.
Mentre il PdC gira e sorride che è una bellezza. Oggi.
Mentre ieri a Ballarò La Russa diceva che il PdC non può stare tre giorni alla settimana in tribunale e altri tre a preparare la sua difesa, perché così non può governare.
Se poi dobbiamo dar retta alle interpretazioni di fatti avvenuti 25 anni fa di un Facci si sa pagato da chi per farci idee compiute, allora stiamo proprio messi male.
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Re: Di Pietro al soldo della Cia?

Messaggioda ranvit il 03/02/2010, 13:20

Leggo solo adesso il post di cardif......comunque vale quanto aggiunto nel mio post precedente.
Il 60% degli italiani si è fatta infinocchiare votando contro il Referendum che pur tra errori vari proponeva un deciso rinnovamento del Paese...continueremo nella palude delle non decisioni, degli intrallazzi, etc etc.
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Re: Di Pietro al soldo della Cia?

Messaggioda Stefano'62 il 03/02/2010, 13:40

Diciamo che la CIA volesse farla pagare al governo Craxy per qualcosa.....

Quanlcuno qui crede per davvero che avessero scientemente messo in piedi qualcosa che avrebbe distrutto completamente il pentapartito e aperto la strada ad un monocolore PCI ???????????????????????
Perchè è esattamente questo che sarebbe successo se non fosse saltato fuori il re dei ladri a salvare il salvabile,cosa che non potevano sapere.
E se invece lo avessero previsto allora dovremmo piuttosto presumere che l'obiettivo della CIA era aprire la strada non al PCI ma a berlusconi;il che oltre ad essere il contrario di dove vuole andare a parare questa folle teoria del coinvolgimento CIA,è altrettanto folle.

Qualcuno lo crede realmente possibile ?
Stefano'62
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Re: Di Pietro al soldo della Cia?

Messaggioda pianogrande il 03/02/2010, 14:17

annullato.
Chiedo scusa
Pianogrande
Fotti il sistema. Studia.
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Re: Di Pietro al soldo della Cia?

Messaggioda franz il 03/02/2010, 14:20

Stefano'62 ha scritto:Diciamo che la CIA volesse farla pagare al governo Craxy per qualcosa.....

Quanlcuno qui crede per davvero che avessero scientemente messo in piedi qualcosa che avrebbe distrutto completamente il pentapartito e aperto la strada ad un monocolore PCI ???????????????????????
Perchè è esattamente questo che sarebbe successo se non fosse saltato fuori il re dei ladri a salvare il salvabile,cosa che non potevano sapere.
E se invece lo avessero previsto allora dovremmo piuttosto presumere che l'obiettivo della CIA era aprire la strada non al PCI ma a berlusconi;il che oltre ad essere il contrario di dove vuole andare a parare questa folle teoria del coinvolgimento CIA,è altrettanto folle.

Qualcuno lo crede realmente possibile ?

La cia? Forse .... ma piu' sicuramente il mossad (e quelli non guardano in faccia nessuno) aveva qualche conto in sospeso (achlille lauro e salvataggio in estremis di abu abbas da parte di Craxi).

Gli americani in quegli anni erano in aperta rotta di collosione con cosa nostra (gambino e company) e ci sono riusciti (ora hanno altre mafie con cui fare i conti ma quella italiana è stata sconfitta) per cui ritengo improponibile che Berlusconi avesse uno zampino presso il governo americano, a parte il millantato credito di tutti i "caccia-palle".

Non credo quindi in nessuno al soldo della cia o del kgb, anche se è chiaro che entrambi pagavano un mucchio di soldi a destra e a manca. Senza nullo effetto.

Franz
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