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No al multiculturalismo ideologico

Discussioni e proposte, prospettive e strategie per il Paese

No al multiculturalismo ideologico

Messaggioda ranvit il 07/01/2010, 12:14

dal corriere.it :

NOI E L’ISLAM
Il pluralismo valorizza la diversità
No al multiculturalismo ideologico
A quanto pare il tema della cittadinanza agli islamici è sentito. Il Corriere ha selezionato ieri 11 lettere, ricavate da un totale di quasi 450 accolte su 23 pagine di Internet. Ne ignoro la distribuzione. Ma un mio amico ha calcolato che più della metà di queste lettere sono a mio favore, e che le altre sono per lo più divagazioni ondeggianti tra il sì e il no. Grazie a tutti, anche perché ho così modo di estendere il discorso (seppure complicandolo un po’).

Primo.
Non si deve confondere tra il multiculturalismo che esiste in alcuni Paesi, che c’è di fatto, e il multiculturalismo come ideologia, come predicazione di frammentazione e di separazione di etnie in ghetti culturali. Per esempio la Svizzera è oggi, di fatto, un Paese multiculturale che funziona bene come tale, anche se il lieto fine ha richiesto addirittura una guerra intestina. Invece Belgio e Canada sono oggi due Paesi bi-culturali in difficoltà, specie il primo. Anche la felix Austria fu, sotto gli Asburgo, un grande Stato multiculturale che però si è subitamente disintegrato alla fine della prima guerra mondiale. Comunque, i casi citati sono o sono stati multiculturali di fatto. Il multiculturalismo ideologico di moda è invece una predicazione che distrugge il pluralismo e che va perciò combattuta.

Secondo.
Contrariamente a quanto scritto da alcuni lettori, è il pluralismo che valorizza e pregia la diversità. Ma una diversità fondata su cross-cutting cleavages, su affiliazioni e appartenenze che si incrociano, che sono intersecanti, e non, come nel caso dell’ideologia multiculturale, da affiliazioni coincidenti che si cumulano e rinforzano l’una con l’altra. Pertanto è sbagliato, sbagliatissimo, raccontare che ormai viviamo tutti in società multiculturali, e che questo è inevitabilmente il nostro destino. Invece sinora viviamo quasi tutti, nell’Occidente, in società pluralistiche in grado di assorbire e di gestire al meglio l’eterogeneità culturale. Attenzione, allora, a non attribuire al multiculturalismo pregi che sono invece del pluralismo.

Terzo.
Un’altra confusione da evitare è tra conflitti religiosi e conflitti etnici. Questi ultimi sono purtroppo eterni e ricorrenti. Lo sono anche, tra l’altro, all’interno del mondo musulmano. Per esempio gli iraniani sono etnicamente persiani, non arabi; e la comune fede islamica non ha impedito, di recente, una sanguinosissima guerra tra l’Iraq di Saddam Hussein e l’Iran degli ayatollah. Le religioni possono invece coesistere pacificamente ignorandosi l’una con l’altra. Si combattono quando sono «calde», invasive, fanatizzate; non altrimenti.

Quarto.
Qual è il vero Islam? Gli intellettuali musulmani accasati in Occidente si affannano quasi tutti a spiegare che non è quello propagandato dai fondamentalisti. Anche io ho letto, ovviamente, il Corano, che è simile all’Antico Testamento nel suggerire tutto e il suo contrario. Ma il fatto è che gli islamisti contrari al fondamentalismo hanno voce e peso soltanto con gli occidentali. Il diritto islamico viene stabilito, nei secoli, dai dottori della legge, gli ulama. Sono loro a stabilire quali sono, o non sono, gli sviluppi conformi alla dottrina coranica; e anche in Occidente il comportamento dei fedeli è dettato, ogni venerdì, nella moschea dal discorso del Khateb che accompagna la preghiera pubblica. La moschea, si ricordi, non è solo un luogo di culto, una chiesa nel nostro significato del termine, è anche la città-Stato dei credenti, la loro vera patria.

Quinto.
I rimedi. Tutti si chiedono quali siano, eppure sono ovvi. È stato il bombardamento del «politicamente corretto» che ce li ha fatti dimenticare o dichiarare superati. A suo tempo i tedeschi accolsero milioni di turchi come «lavoratori ospiti»; noi avevamo e abbiamo i permessi di soggiorno a lunga scadenza; gli Stati Uniti concedono agli stranieri la residenza permanente. Sono tutte formule che si possono, se e quando occorre, migliorare e «umanizzare». Ma sono certo preferibili alla creazione del cittadino «contro-cittadino» che, una volta conseguita la massa critica necessaria, crea e vota il suo partito islamico che rivendica diritti islamici se così istruito nelle moschee. Non dico che avverrà; ma se il fondamentalismo si consolida, potrebbe avvenire. È un rischio che sarebbe stupido correre. O almeno a me così sembra.

Giovanni Sartori
07 gennaio 2010
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Re: No al multiculturalismo ideologico

Messaggioda ranvit il 07/01/2010, 12:15

dal corriere.it :

IL DIBATTITO
Una replica ai pensabenisti sull'Islam
di Giovanni Sartori

Il mio editoriale del 20 dicembre «La integrazione degli islamici» resta attuale perché la legge sulla cittadinanza resta ancora da approvare (alla Camera). Nel frattempo altri ne hanno discusso su questo giornale. Tra questi il professor Tito Boeri mi ha dedicato (Corriere del 23 dicembre) un attacco sgradevole nel tono e irrilevante nella sostanza. Il che mi ha spaventato.

Se Boeri, che è professore di Economia del lavoro alla Bocconi e autorevole collaboratore di Repubblica, non è in grado di capire quel che scrivo (il suo attacco ignora totalmente il mio argomento) e dimostra di non sapere nulla del tema nel quale si spericola, figurarsi gli altri, figurarsi i politici.

Il Nostro esordisce così: «Dunque Sartori ha deciso che gli immigrati di fede islamica non sono integrabili nel nostro tessuto sociale, non devono poter diventare cittadini italiani». In verità il mio articolo si limitava a ricordare che gli islamici non si sono mai integrati, nel corso dei secoli (un millennio e passa) in nessuna società non-islamica. Il che era detto per sottolineare la difficoltà del problema. Se poi a Boeri interessa sapere che cosa «ho deciso», allora gli segnalo che in argomento ho scritto molti saggi, più il volume «Pluralismo, Multiculturalismo e Estranei» (Rizzoli 2002), più alcuni capitoletti del libriccino «La Democrazia in Trenta Lezioni » (Mondadori, 2008).

Ma non pretendo di affaticare la mente di un «pensabenista», di un ripetitore rituale del politicamente corretto, che perciò sa già tutto, con inutili letture. Mi limiterò a chiosare due perle del suo intervento. Boeri mi chiede: «Pensa Sartori che chi nasce in Italia, studia, lavora e paga le tasse per diventare italiano debba abbandonare la fede islamica?». Ovviamente non lo penso. Invece ho sempre scritto che le società liberal- pluralistiche non richiedono nessuna assimilazione. Fermo restando che ogni estraneo (straniero) mantiene la sua religione e la sua identità culturale, la sua integrazione richiede soltanto che accetti i valori etico-politici di una Città fondata sulla tolleranza e sulla separazione tra religione e politica. Se l’immigrato rifiuta quei valori, allora non è integrato; e certo non diventa tale perché viene italianizzato, e cioè in virtù di un pezzo di carta. Al qual proposito l’esempio classico è quello delle comunità ebraiche che mantengono, nelle odierne liberaldemocrazie, la loro millenaria identità religiosa e culturale ma che, al tempo stesso, risultano perfettamente integrate nel sistema politico nel quale vivono.

Ultima perla. Boeri sottintende che io la pensi come «quei sindaci leghisti» eccetera eccetera. No. A parte il colpo basso (che non lo onora), la verità è che io seguo l’interpretazione della civiltà islamica e della sua decadenza di Arnold Toynbee, il grande e insuperato autore di una monumentale storia delle civilizzazioni (vedi Democrazia 2008, pp. 78-80). Il mio pedigree di studioso è in ordine. È quello del mio assaltatore che non lo è.

Il Corriere ha poi pubblicato il 29 dicembre le lettere di due lettori i quali, a differenza del professor Boeri, hanno capito benissimo la natura e l’importanza del problema che avevo posto, e che chiedevano lumi a Sergio Romano. Ai suoi «lumi» posso aggiungere il mio? Romano, che è accademicamente uno storico, fa capo alle moltissime variabili che sono in gioco, ai loro molteplici contesti, e pertanto alla straordinaria complessità del problema. D’accordo. Ma nelle scienze sociali lo studioso deve procedere diversamente, deve isolare la variabile a più alto potere esplicativo, che spiega più delle altre. Nel nostro caso la variabile islamica (il suo monoteismo teocratico) risulta essere la più potente. S’intende che questa ipotesi viene poi sottoposta a ricerche che la confermano, smentiscono e comunque misurano. Ma soprattutto si deve intendere che questa variabile «varia», appunto, in intensità, diciamo in grado di riscaldamento.

Alla sua intensità massima produce l’uomo- bomba, il martire della fede che si fa esplodere, che si uccide per uccidere (e che nessuna altra cultura ha mai prodotto). Diciamo, a caso, che a questo grado di surriscaldamento, di fanatismo religioso, arrivano uno-due musulmani su un milione. Tanto può bastare per terrorizzare gli infedeli, e al tempo stesso per rinforzare e galvanizzare l’identità fideistica (grazie anche ai nuovi potentissimi strumenti di comunicazione di massa) di centinaia di milioni di musulmani che così ritrovano il proprio orgoglio di antica civiltà.

Ecco perché, allora, l’integrazione dell’islamico nelle società modernizzate diventa più difficile che mai. Fermo restando, come ricordavo nel mio fondo e come ho spiegato nei miei libri, che è sempre stata difficilissima.
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Re: No al multiculturalismo ideologico

Messaggioda ranvit il 07/01/2010, 12:17

dal corriere.it :

LE NUOVE REGOLE PER L’IMMIGRAZIONE
L'integrazione degli islamici
In tempi brevi la Ca mera dovrà pronun ciarsi sulla cittadi nanza e quindi, an che, sull’«italianizzazio ne» di chi, bene o male, si è accasato in casa no stra. Il problema viene combattuto, di regola, a colpi di ingiurie, in chia ve di «razzismo». Io dirò, più pacatamente, che chi non gradisce lo straniero che sente estraneo è uno «xenofobo», mentre chi lo gradisce è uno «xenofi lo ». E che non c’è intrinse camente niente di male in nessuna delle due rea zioni.

Chi più avversa l’immi grazione è da sempre la Lega; ma a suo tempo, nel 2002, anche Fini fir mò, con Bossi, una legge molto restrittiva. Ora, in vece, Fini si è trasformato in un acceso sostenitore dell’italianizzazione rapi da. Chissà perché. Fini è un tattico e il suo dire è «asciutto»: troppo asciut to per chi vorrebbe capi re. Ma a parte questa gira­volta, il fronte è da tempo lo stesso. Berlusconi ap poggia Bossi (per esserne appoggiato in contrac cambio nelle cose che lo interessano). Invece il fronte «accogliente» è co stituito dalla Chiesa e dal la sinistra. La Chiesa deve essere, si sa, misericordio sa, mentre la xenofilia del la sinistra è soltanto un «politicamente corretto» che finora è restato male approfondito e spiegato.

Due premesse. Primo, che la questione non è tra bianchi, neri e gialli, non è sul colore della pelle, ma invece sulla «integra bilità» dell’islamico. Se condo, che a fini pratici (il da fare ora e qui) non serve leggere il Corano ma imparare dall'espe rienza. La domanda è allo ra se la storia ci racconti di casi, dal 630 d.C. in poi, di integrazione degli islamici, o comunque di una loro riuscita incorpo razione etico-politica (nei valori del sistema politi co), in società non islami che. La risposta è sconfor tante: no.

Il caso esemplare è l'In dia, dove le armate di Al lah si affacciarono agli ini zi del 1500, insediarono l’impero dei Moghul, e per due secoli dominaro no l’intero Paese. Si avver ta: gli indiani «indigeni» sono buddisti e quindi pa ciosi, pacifici; e la maggio ranza è indù, e cioè poli teista capace di accoglie re nel suo pantheon di di vinità persino un Mao metto. Eppure quando gli inglesi abbandonarono l’India dovettero inventa re il Pakistan, per evitare che cinque secoli di coesi stenza in cagnesco finisse ro in un mare di sangue. Conosco, s’intende, an che altri casi e varianti: dalla Indonesia alla Tur chia. Tutti casi che rivela no un ritorno a una mag giore islamizzazione, e non (come si sperava al meno per la Turchia) l’av vento di una popolazione musulmana che accetta lo Stato laico.

Veniamo all’Europa. In ghilterra e Francia si sono impegnate a fondo nel problema, eppure si ritro vano con una terza gene razione di giovani islami ci più infervorati e incatti viti che mai. Il fatto sor prende perché cinesi, giapponesi, indiani, si ac casano senza problemi nell’Occidente pur mante nendo le loro rispettive identità culturali e religio se. Ma — ecco la differen za — l’Islam non è una re ligione domestica; è inve ce un invasivo monotei smo teocratico che dopo un lungo ristagno si è ri svegliato e si sta vieppiù infiammando. Illudersi di integrarlo «italianizzan dolo » è un rischio da gi ganteschi sprovveduti, un rischio da non rischia re.

Giovanni Sartori
20 dicembre 2009(ultima modifica: 04 gennaio 2010)
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Re: No al multiculturalismo ideologico

Messaggioda ranvit il 07/01/2010, 12:18

Concordo totalmente con Sartori!

Vittorio
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Re: No al multiculturalismo ideologico

Messaggioda franz il 07/01/2010, 13:03

ranvit ha scritto:dal corriere.it :
Ma sono certo preferibili alla creazione del cittadino «contro-cittadino» che, una volta conseguita la massa critica necessaria, crea e vota il suo partito islamico che rivendica diritti islamici se così istruito nelle moschee. Non dico che avverrà; ma se il fondamentalismo si consolida, potrebbe avvenire. È un rischio che sarebbe stupido correre. O almeno a me così sembra.

Giovanni Sartori
07 gennaio 2010

Abbiamo avuto per decenni un partito cattolico che rivendicava (o negava) diritti sulla base dell'etica cattolica.
Ancora oggi abbiamo, trasversalmente, questo partito. Perché i cattolici possono, altri no?
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Re: No al multiculturalismo ideologico

Messaggioda franz il 07/01/2010, 13:07

ranvit ha scritto:dal corriere.it :

IL DIBATTITO
Una replica ai pensabenisti sull'Islam
di Giovanni Sartori

Fermo restando che ogni estraneo (straniero) mantiene la sua religione e la sua identità culturale, la sua integrazione richiede soltanto che accetti i valori etico-politici di una Città fondata sulla tolleranza e sulla separazione tra religione e politica. Se l’immigrato rifiuta quei valori, allora non è integrato; e certo non diventa tale perché viene italianizzato, e cioè in virtù di un pezzo di carta.

Questa separazione non è accetta di fatto da molti cattolici integralisti, dalla Chiesa cattlica ufficliale, CEI e CL in testa, .... cosa possiamo dire, ... che non sono integrati?
Uno straniero dovrebbe accettare quallo che nemmeno i cittadini italiani accettano?
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Re: No al multiculturalismo ideologico

Messaggioda franz il 07/01/2010, 13:18

ranvit ha scritto:dal corriere.it :

LE NUOVE REGOLE PER L’IMMIGRAZIONE
L'integrazione degli islamici
... Il fatto sorprende perché cinesi, giapponesi, indiani, si accasano senza problemi nell’Occidente pur mantenendo le loro rispettive identità culturali e religiose. Ma — ecco la differenza — l’Islam non è una religione domestica; è invece un invasivo monoteismo teocratico che dopo un lungo ristagno si è ri svegliato e si sta vieppiù infiammando. Illudersi di integrarlo «italianizzandolo » è un rischio da giganteschi sprovveduti, un rischio da non rischiare.

Giovanni Sartori

Tutto corretto ma vediamo cosa succederebbe se usassimo lo stesso metro nei nostri confronti, esaminando come i cristiani si sono comportati (integrati?) in america latina, africa, in ampie zone del mondo. Noi abbiamo fatto peggio. Abbiamo distrutto ogni religione preesistente, imposto la monogamia e la nostra religione, sovvertito l'ordine sociale tribale (cosa che in africa oggi viene pagata con continue guerre tribali ed interetniche). E dove i popoli non hanno accettato la conversione, sono stati sterminati. I nativi americani, del nord, del centro e del sud, sono stati decimati. La popolazione si è ridotta del 90% in un paio di secoli. Con le armi, con le malattie (vaiolo) e con l'alchool.
A noi islam non piace, perché siamo feroci concorrenti.
Le singole persone tuttavia non sono responsabili dei difetti delle loro religioni.
Ci sono cattolici tolleranti e non invadenti. Cosi' come ci sono islamici tolleranti e non invadenti.
A mio avviso bisogna vedere caso per caso ma suggerirei a Sartori di scendere, psicologicamente, dal piedistallo.
Perché noi siamo come se non peggio degli islamici.

Franz
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Re: No al multiculturalismo ideologico

Messaggioda ranvit il 07/01/2010, 14:12

Caro franz, sul piano strettamente teorico posso concordare con te. Ma qui stiamo parlando di una religione e di un modo di intendere la vita sociale molto ma mooolto conosciuto : gli islamici stanno facendo sfracelli ovunque anche contro i loro stessi fratelli "moderati". Perchè portarceli in casa?
Anche i cattolici non scherzano e hanno fatto sfracelli? Si, ma nel passato! Non mi pare il caso di riprovarci!E semmai aggiungere....l'integralismo islamico moderno e pericolosissimo a quello antico e stratificato, ma ormai ben noto e tutto sommato sotto controllo dei cattolici!

Non è un caso, come dice Sartori, che tutti si integrano piu' o meno decentemente, tranne che gli islamici.....che sono pure stramaledettamente prolifici....

Vittorio
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Re: No al multiculturalismo ideologico

Messaggioda Iafran il 07/01/2010, 15:09

franz ha scritto:Tutto corretto ma vediamo cosa succederebbe se usassimo lo stesso metro nei nostri confronti, esaminando come i cristiani si sono comportati (integrati?) in america latina, africa, in ampie zone del mondo. Noi abbiamo fatto peggio. Abbiamo distrutto ogni religione preesistente, imposto la monogamia e la nostra religione, sovvertito l'ordine sociale tribale (cosa che in africa oggi viene pagata con continue guerre tribali ed interetniche). E dove i popoli non hanno accettato la conversione, sono stati sterminati. I nativi americani, del nord, del centro e del sud, sono stati decimati. La popolazione si è ridotta del 90% in un paio di secoli. Con le armi, con le malattie (vaiolo) e con l'alchool.
A noi islam non piace, perché siamo feroci concorrenti.
Le singole persone tuttavia non sono responsabili dei difetti delle loro religioni.
Ci sono cattolici tolleranti e non invadenti. Cosi' come ci sono islamici tolleranti e non invadenti.
A mio avviso bisogna vedere caso per caso ma suggerirei a Sartori di scendere, psicologicamente, dal piedistallo.
Perché noi siamo come se non peggio degli islamici.

Ne sono fortemente convinto.

Concordo, comunque, con Sartori che "il multiculturalismo come ideologia, come predicazione di frammentazione e di separazione di etnie in ghetti culturali", non sortirebbe gli stessi effetti di ciò che si intende per "pluralismo culturale".
Nel pluralismo culturale dovrebbe trovare spazio anche l'ateismo, con la conseguenziale spinta alla tolleranza verso tutte le diversità.
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Re: No al multiculturalismo ideologico

Messaggioda pianogrande il 07/01/2010, 15:12

Se tutti questi rischi potessero essere evitati negando la cittadinanza sarebbe fin troppo facile.
Integrare o non integrare è un falso problema.
Il problema vero sarebbe, semmai, ammettere o non ammettere sul nostro territorio.
Anche questo un falso perché assolutamente inevitabile.
Di cosa stiamo parlando allora?
Una volta che questi pericolosi malandrini fanatici assassini e nemici dell'occidente li abbiamo fatti entrare in casa nostra che facciamo?
Una bella repubblica islamica separata dallo stato italiano?
Questo, o giù di lì, sarebbe il risultato della non integrazione.
Come integrare ed integrarci (orrrrore!) mi sembra l'unico problema sensato.
Sì!
Anche noi non saremo più gli stessi una volta che questa processo sarà avvenuto.
Questo processo avverrà comunque perché è nella natura delle cose.
Dobbiamo solo scegliere se essere preparati o no.
Dobbiamo scegliere se governare o no questo processo.
Sì!
Perché il governo non è lì solo per parare il popò al capo.
E' lì per governare anche queste cose (queste robe come direbbe il bravo Tremonti).
Fotti il sistema. Studia.
pianogrande
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