Enormi sprechi e furti negli acquedotti
By Pierangelo Rossi
Feb 21, 2008, 15:37
Circa un mese fa la Fondazione Civicum ha presentato i risultati di una Ricerca realizzata dall’Ufficio Studi di Mediobanca riguardante i costi, la qualità e l’efficienza dei servizi pubblici locali dei maggiori comuni italiani, che operano nei settori dell’energia, trasporti locali, igiene urbana, servizi idrici e aeroporti.
Questa ricerca ha riguardato 39 aziende, esaminate nel quadriennio 2003-2006.
Ora qui ci limitiamo ad evidenziare un problema macroscopico che è emerso da questa ricerca e che riguarda il settore dei servizi idrici. Infatti tra i numerosi dati raccolti salta subito all’occhio un importante indicatore della qualità della gestione del servizio idrico, cioè il dato relativo alle perdite calcolato come rapporto tra acqua fatturata ed acqua immessa in rete.
Occorre premettere che l’insieme di imprese considerate nella ricerca rappresenta circa il 30% del totale di metri cubi d’acqua immessi per l’intero Paese.
Complessivamente le aziende del settore idrico interessate nella ricerca hanno perso (“non fatturato”) nel 2006 circa 870 milioni di mc. d’acqua, pari ad oltre 400 milioni di euro.
Cosa significano queste cifre? Con l’acqua perduta sopra citata si sarebbero potuti distribuire 250 litri di acqua al giorno a 9,5 milioni di persone.
La differenza tra l’acqua immessa in rete e quella fatturata dipende da una serie di fattori: ad esempio perdite della rete per rotture delle condotte e degli organi idraulici (perdite fisiche o reali); prelievi abusivi, furti e malfunzionamenti dei contatori (perdite cosiddette amministrative, poiché l’acqua è stata in realtà fruita ma in modo improprio); poi ci sono gli usi d’acqua che non generano fatturazione (es. fontane pubbliche o utilizzi per il lavaggio delle condotte).
Chi sono i maggiori spreconi? Le perdite maggiori sono state registrate dall’Acquedotto Pugliese: il 50,3%, cioè più della metà. Poi ci sono le reti di Trieste con il 38,6%, e di Roma (Acea) con il 35, 4%.
L’acquedotto che ha le perdite più basse è quello della MM di Milano con il 10,3% e poi quello di Napoli con il 18,3%
L’Acquedotto Pugliese ha anche le perdite per abitante più elevate: 184 litri al giorno. La rete di Roma (Acea) ha il massimo delle perdite giornaliere per Km di rete (68 mc).
Certamente nella valutazione di questi dati occorre tenere in considerazione la lunghezza della rete e la morfologia del territorio: una rete di adduzione che va in profondità subisce maggiori perdite rispetto ad una rete più superficiale, così come una rete di distribuzione molto capillare ne ha più di una concentrazione presso poche utenze. Comunque le cause più importanti di queste perdite sono le carenze strutturali cioè la componente su cui agire maggiormente per contenere il livello delle dispersioni attraverso lavori di controllo e manutenzione.
Comunque a nostro avviso esistono margini di ricupero delle dispersioni non solo attraverso la riparazione delle falle, ma anche attraverso il recupero dell’evasione tariffaria, dei prelievi abusivi ed il generale miglioramento dell’efficienza dei contatori presso le utenze.
L’Ufficio Studi della Mediobanca conclude la ricerca e scrive: “In fatto di spreco di acqua l’Italia ha uno spiacevole primato: ne butta via il 14% più della Francia, il 36% più della Spagna, il 56% più della Gran Bretagna e il 311% più della Germania.
Signori, vogliamo tappare questi buchi?”.

L’acqua in Italia è sempre più cara: nell’ultimo anno, si è registrato un incremento medio del 5,4% rispetto al 2007 e del 47% dal 2000 ad oggi. Lo riferisce un’indagine dell’Osservatorio Prezzi & Tariffe di Cittadinanzattiva sul servizio idrico integrato per uso domestico.
Il problema principale come si può immaginare riguarda lo stato degli acquedotti italiani: la rete è un colabrodo, in alcune aree quasi la metà dell’acqua si perde prima di raggiungere gli utenti finali. In generale, il settore idrico può essere preso a paradigma delle tante facce dell’Italia: al Nord si investe di più, le tariffe sono mediamente più basse, così come la dispersione, ma tre regioni sono in deroga per parametri microbiologici e chimici eccessivamente alti come l’arsenico.
Al Sud invece non si investe, la rete è strutturalmente inadeguata, e anche se i parametri di potabilità sono migliori che al Nord, le continue interruzioni del servizio in molti casi non favoriscono il consumo dell’acqua di rubinetto. Il Centro, dal canto suo, si contraddistingue per le tariffe medie più elevate.
A fronte di una crescita costante delle tariffe, inoltre, la qualità del servizio è carente: si continua a far pagare il canone di depurazione anche in assenza del servizio; la dispersione idrica è ormai pari ad un terzo del volume di acqua immessa nelle tubature; il regime delle deroghe da transitorio rischia di diventare perpetuo.
Guardando la situazione più nel dettaglio, in positivo, si distinguono Veneto e Liguria, dove a fronte di investimenti alti, le tariffe risultano inferiori alla media nazionale, la dispersione idrica è bassa e non vi sono deroghe. In negativo spicca invece la Puglia, che a fronte di un livello basso di investimenti realizzati e deroghe dal 2004 ad oggi, presenta le tariffe medie più alte dopo quelle registrate in Toscana, ed una percentuale di dispersione di sei punti percentuali superiore alla media nazionale.
La Lombardia rappresenta invece la classica realtà dove la situazione per alcuni aspetti va molto bene ma potrebbe andare meglio: ad alti investimenti si affianca il più basso livello di dispersione, le tariffe sono molto inferiori alla media nazionale (Milano è la città dove in assoluto l’acqua costa meno e Lecco, Lodi e Varese sono tra le 10 città meno care), ma la regione è in deroga a causa della presenza di arsenico.
Sul fronte degli investimenti si conferma la situazione. Dall’ultimo Rapporto del Comitato di Vigilanza sull’Uso delle Risorse Idriche (luglio 2009) relativo a 54 Ato, al 2008 risultavano realizzati solo il 56% degli investimenti previsti, con immancabili differenze tra le regioni e all’interno delle stesse: se Liguria e Friuli hanno addirittura superato gli investimenti previsti, Sicilia, Calabria, Puglia e Basilicata sono in fortissimo ritardo, e non a caso si caratterizzano per evidenti problemi di dispersione e discontinuità del servizio.
pubblicato il 09 novembre 2009
http://www.edilone.it/Acquedotti-italia ... x_258.html
In buona sostanza, visto che partiamo dalla constatazione che l'acqua è preziosa, sprecarne la metà durante il trasporto dalla fonte al rubinetto è un crimine. Chiunque lo commetta (pubblico o privato).
E' un crimine sprecarne anche solo il 25%, cone nel Nord Italia.
Dall'articolo emerge che dove si investe di piu', gli sprechi diminuiscono e le tariffe pure.
In realtà poi l'acqua rimane un bene pubblico, quindi tutte queste polemiche sulla privatizzazione dell'acqua sono infondate. È la gestione che ora diventa, salvo rari casi, forzatamente privata.
E la forzatura, l'imposizione per legge, è tipica dei governi illiberali.
E questo sia che si imponga la privatizzazione sia il suo contrario.
Comunque la situazione in Italia è grave, soprattutto al SUD e quindi credo che l'ingresso dei privati, con la logica dell'efficenza e del profitto, migliorerà la qualità e diminuirà gli sprechi.
Poi ovviamente si possono avere pregiudizi sulla gestione privata (e che diamine, mica solo sui neri, sugli zingari, sugli ebrei e sugli omosessuali possiamo averne) come anche sulla gestione pubblica ma qui si esce dalla razionalità e si entra nelle convinzioni personali. Nel concreto io posso solo vedere che la gestione pubblica italiana è fallimentare me tre sempre la gestione
Saluti,
Franz