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Rimuoveremo tutti i simboli della nostra religione?

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Re: Rimuoveremo tutti i simboli della nostra religione?

Messaggioda pinopic1 il 16/11/2009, 11:29

Mi hai preceduto. Stavo per fare la stessa osservazione. Allora è un simbolo della tradizione o della nostra religione?
Il problema sta nel fatto che ancora consideriamo stranieri quelli che non sono nati in Italia e i loro figli anche se sono nati in Italia. ( E trascuriamo le minoranze di italiani a tutti gli effetti da sempre).
Io posso accettare che si dica "la nostra" includendo anche me, anche se non la professo perché non poso negare di avere avuto una educazione cattolica e di continuare a rispettare una serie di regole e di principi, di riti e consuetudini che sono considerati patrimonio della "nostra" religione.
Ma quando milioni di persone che non hanno questo retroterra culturale, che professano una religione diversa. saranno cittadini italiani a tutti gli effetti potremo continuare a dire la "nostra" includendo tutti?
"Un governo così grande da darti tutto quello che vuoi è anche abbastanza grande da toglierti tutto quello che hai" (Chiunque l'abbia detto per primo)
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Re: Rimuoveremo tutti i simboli della nostra religione?

Messaggioda pierodm il 16/11/2009, 17:27

Confesso che Franz mi piace tanto, quando interviene su questo argomento - sarà l'aria "riformata" che si respira al di là delle Alpi?

Comunque, facciamo il punto.
- Considerare i simboli, crocefisso compreso, come "tradizione" invece che come "labari" confessionali, secondo me non è un declassamento.
Certo, sposta il discorso da una diatriba pseudo-teologica a questione antropologica e culturale, e proprio per questo il discorso diventa assai più interessante.

- Ad ogni buon conto, considerarli dal punto di vista teologico taglia la testa al topo: ben venga la rimozione dai luoghi pubblici, per le ragioni che sono state esposte da vari punti di vista.
Laicismo, anti-clericalismo, etc, chiamatelo come volete: ben venga - anche perché la religione uno se la coltiva, se vuole, nell'intimo e nel privato, senza la necessità di tanti orpelli pubblici.

- Se è tradizione, come ogni tradizione subisce le vicissitudini che le vicende storiche comportano.
In certe epoche i segni scenografici di una credenza, di una tradizione, sono messi in primo piano, in altre epoche passano in secondo piano o vengono messe in soffitta, o si trasformano.
Nel nostro caso, richiamarsi al fatto che tali simboli appartengono alla tradizione popolare, e che questa tradizione sarebbe "cristiana", non impedisce in alcun modo che ciascuno viva questa tradizione in una delle innumerevoli forme che una tale generica "cristianità" ha assunto nel tempo.
Forme diversissime, che implicano in molti casi anche un ampio grado d'insofferenza per tutte le manifestazioni esteriori di religiosità, da parte di molti cristiani osservanti, così come esiste la posizione di quei laici e perfini atei o scettici che sono affezionati alle icone religiose per puri motivi estetici o per semplice abitudine.
Orientarsi in questo guazzabuglio di diversità è praticamente impossibile, specialmente se ciò deve costituire una base per emanare regole con valore di legge: meglio, o forse è il caso dire che è inevitabile, eliminare qualunque obbligo che dia luogo a equivoci circa l'orientamento dello stato, o circa la prevalenza di una o l'altra o l'altra ancora di quelle innumerevoli posizioni.

C'è da notare, a margine, che attaccarsi al fattore "tradizione" appare come una variante surrettizia dello stato etnico, assai contiguo a quello etico e a quello razzista.
Bisognerebbe ricollegare questo argomento, del resto, a quello trattato poco tempo fa sulla scia della proposta leghista circa "l'insegnamento dei dialetti".

Quello che potrebbe, e dovrebbe, essere invece discusso con più attenzione è il rispetto dovuto ai settori deboli della popolazione - certo è difficile catalogarli ope legis, ma ciò non cancella il problema.
Parlo di tanti anziani, che appartengono a quelle categorie di persone che non hanno mai avuto la facoltà di formarsi un pensiero interamente proprio, e che nella croce in cima al campanile della chiesetta del paese, o in altri simboli non hanno mai visto una speciale valenza "pubblica" o la proiezione di una propria volontà prevaricatrice, o altre forme di affermazione ideologica.
Ecco, in questi casi io credo che sarebbe cruento e indecoroso procedere ad una spoliazione che assumesse i toni dell'arroganza, quasi fosse il gesto impietoso e (per quelle persone) incomprensibile di un colonizzatore.
Io credo che il laicismo è degno di esercitare la propria opera di liberalizzazione solo se evita di compiere gli stessi errori - di avere le stesse impetose indifferenze - degli "evangelizzatori" religiosi.
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Re: Rimuoveremo tutti i simboli della nostra religione?

Messaggioda disallineato il 16/11/2009, 19:57

Giorgio Graffieti ha scritto:la risposta è nella domanda:
«Rimuoveremo tutti i simboli della nostra religione?»
acquisito che si tratti di una religione di alcuni (nostra)... pochi o tanti ha poco interesse... è del tutto ovvio che debbano essere rimossi da spazi che non sono propri ad una comunità che non è solo "nostra". E non siano solo pure espressioni di pensiero e/o artistiche.



Il fatto che siamo a casa nostra non mi sembra poi di poco conto o almeno da non sottovalutare, considerando che a casa nostra per 2000anni abbiamo avuto questo simbolo religioso e storico.
La multiculturalità mica deve prevedere la cancellazione di simboli storici del nostro paese.
davvero vivremo meglio abolendo quei pochi cm di legno? E' davvero un simbolo che scandalizza e prevarica presunti "diritti"?
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Re: Rimuoveremo tutti i simboli della nostra religione?

Messaggioda disallineato il 16/11/2009, 20:01

franz ha scritto:
pinopic1 ha scritto:Che esistesse una religione di stato se non sbaglio lo prevedeva lo statuto albertino; il codice penale che prevedeva il reato di vilipendio della religione di stato, per il quale Venditti fu condannato, era il famoso Codice Rocco ministro del governo Mussolini.

Sul come mai approfondremo a breve.
Intanto: UN PO’ DI STORIA
da http://www.uaar.it/laicita/vilipendio

Il vilipendio fu introdotto nell’ordinamento giudiziario italiano nel 1889 (Codice Penale c.d. «Zanardelli»). Fino ad allora il reato previsto in casi simili era quello di blasfemìa. Questo Codice tutelava l’espressione della libertà religiosa, in forma sia individuale che collettiva, senza discriminazioni tra i culti. L’accusa sussisteva solo laddove vi era volontà di offendere la fede professata dalla persona offesa, e questa presentava querela.

Il Codice Penale del 1930 (c.d. «Codice Rocco»), invece, ripristinò il trattamento preferenziale per la religione cattolica, discriminando gli altri culti. Inoltre, con i suoi articoli non intendeva solo proteggere la manifestazione esteriore della fede, ma anche la fede religiosa per sé medesima, cioè come istituzione: per far scattare il reato bastava il dolo generico, non più l’intenzione di offendere.

Benché redatto nell’era fascista, questo codice è ancora in vigore.

Una sentenza della Corte Costituzionale del 1997 (numero 329) dichiarò l’incostituzionalità dell’articolo 404, in quanto stabiliva pene più severe per chi diffamava la religione cattolica rispetto agli altri culti: la Corte decise che tali pene andavano diminuite alla stessa stregua dell’articolo 406.

Nel 2000, con la sentenza numero 508, la Corte costituzionale depennò anche l’articolo 402, in quanto riportava ancora la formula della «religione di Stato», principio non più in essere in seguito alle modifiche concordatarie del 1985. Così facendo equiparò tutti i culti, per la tutela dei quali restano in vigore gli altri articoli del Codice (numeri 403, 404 e 405).

Con la sentenza numero 327 del luglio 2002 anche l’articolo 405 fu dichiarato incostituzionale, nella parte che prevede pene più gravi per i fatti di turbamento di funzioni religiose del culto cattolico.

Infine, con la sentenza n. 168 dell’aprile 2005, la Corte costituzionale pronunciò una Dichiarazione di illegittimità costituzionale dell’art. 403, primo e secondo comma, cod. pen., nella parte in cui prevede, per le offese alla religione cattolica mediante vilipendio di chi la professa o di un ministro del culto, la pena della reclusione rispettivamente fino a due anni e da uno a tre anni, anziché la pena diminuita stabilita dall’art. 406 dello stesso codice.

Con la legge 85/2006 la materia ha trovato un’ulteriore sistemazione: furono integralmente sostituiti gli artt. 403 e 404, è stato modificato il 405 ed è stato abrogato il 406.

ALCUNE SENTENZE DI CONDANNA PER VILIPENDIO

Svariate sono state le ragioni che hanno portato, in passato, a essere condannati per vilipendio o turbamento di funzione religiosa. Riportiamo alcuni esempi:

* costringere un sacerdote, mediante contumelie, a interrompere la funzione della benedizione delle case (1939);
* definire la Chiesa cattolica come «un nemico, puntello di tutte le infamie sociali» (1950);
* rivolgere la parola «vigliacchi» ai partecipanti a una processione religiosa (1953);
* dire che «la Chiesa è oramai diventata un mercato nero» e che «l’ostia consacrata era considerarsi fatta con farina» (1953);
* inveire a voce alta contro un sacerdote durante una funzione (1959);
* affiggere un manifesto riportante «le invenzioni della Chiesa cattolica romana, ovvero le aggiunte dell’uomo alla legge di Dio».
* affermare che i dogmi sono un’invenzione dei preti e che la Chiesa cattolica insegna il contrario di quanto voluto da Gesù (1967).

Spesso la giustizia è stata interessata in proposito da esponenti ecclesiastici o privati cittadini cattolici che sollecitavano ad agire nei confronti di autori satirici ritenuti troppo provocatori come le riviste Il Male, Cuore, o il film Il Pap’occhio di Renzo Arbore.

Anche altri film, pur privi di intenti dissacratorî, sono stati oggetto di un processo. Pier Paolo Pasolini, accusato di vilipendio per La ricotta (episodio da lui diretto del film Ro.Go.Pa.G., 1963), dopo essere stato condannato in primo grado a quattro mesi di reclusione fu poi assolto in secondo grado. Il processo agli autori della pellicola Totò che visse due volte, Ciprì e Maresco, si è concluso con la loro assoluzione.

Un nuovo capitolo si aprì nel luglio 2002, con la chiusura e messa sotto sequestro di cinque siti Internet giudicati dalla Guardia di Finanza «altamente offensivi per il sentimento religioso e la religione cattolica». La richiesta di chiusura era stata formulata direttamente dalle colonne del quotidiano vaticano L’Osservatore Romano.

Nel novembre 2006, su iniziativa dell'associazione Meter di don Fortunato Di Noto, fu disposto il sequestro di due forum online dell'associazione ADUC, sui quali i navigatori avevano lasciato commenti fortemente critici dell'atteggiamento tenuto dalla Chiesa cattolica nei confronti dei reati di pedofilia commessi da suoi membri. Nel 2009 la Corte di Cassazione ha confermato tale sequestro, avviato sulla base dell'articolo 403.

Queste iniziative, anche quando non vanno a buon fine, sortiscono comunque l’effetto voluto: chi intende infatti affrontare criticamente il fenomeno religioso tende ad autocensurarsi, nel timore che qualche zelante fedele inneschi una denuncia per vilipendio e qualche altrettanto zelante magistrato la prenda in considerazione.

I “REQUISITI” DEL VILIPENDIO

Non costituisce vilipendio la critica motivata e il fine di discutere.

Si può essere condannati anche senza aver avuto alcuna intenzione di vilipendere: è sufficiente il dolo generico, ovvero basta la volontà di compiere un determinato atto, senza prevederne le conseguenze.

«Sono, invece, vilipendio, la contumelia, lo scherno, l’offesa, per dir così, fine a sé stessa, che costituisce ad un tempo ingiuria al credente (e perciò lesione della sua personalità) e oltraggio ai valori etici di cui si sostanzia ed alimenta il fenomeno religioso, oggettivamente riguardato» (dalla sentenza della Corte Costituzionale numero 188/75).

L’oggetto della denuncia deve essere pubblico: il reato deve avvenire sulla stampa o tramite altro mezzo di propaganda, in luogo pubblico o aperto al pubblico, in presenza di più persone, in una riunione non privata.

La denuncia può essere presentata da chiunque.

LA TUTELA PENALE DELLE RELIGIONI MINORITARIE


Le confessioni religiose diverse dalla cattolica, nei loro rapporti con lo Stato italiano, si sono rivelate molto più laiche della ex «religione di Stato». Tutte hanno ribadito, nelle intese sottoscritte, la richiesta di tutela della propria libertà religiosa (individuale e collettiva) solo attraverso la protezione dei diritti di libertà riconosciuti e garantiti dalla Costituzione.

Fa eccezione, parzialmente, l’Intesa con l’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, dove si stipula che viene «assicurata in sede penale la parità di tutela del sentimento religioso e dei diritti di libertà religiosa, senza discriminazione tra i cittadini e i culti». Tuttavia, da questi passaggi si può desumere più la volontà di non essere discriminati, che la volontà di essere tutelati in maniera specifica.

A riprova di quanto affermato, non si ha notizia di cause promosse da o a tutela delle religioni di minoranza.

UN REATO FUORI DAL TEMPO

Al giorno d’oggi i diritti di critica e di libertà di pensiero, sanciti dalla Costituzione, sono ampiamente riconosciuti e garantiscono a chiunque la possibilità di opinare contro qualsiasi tesi.

Il fatto che un reato tipicamente di opinione come il vilipendio sia viceversa ancora presente nel nostro ordinamento denota come la Chiesa cattolica non intenda permettere un libero dibattito (una libera critica) nei suoi confronti.

Ecco perché l’abolizione dell’art. 402 ha preoccupato la Chiesa: «la giustizia non coincide sempre con l’uguaglianza. Quale persona di buon senso potrebbe sostenere che un’espressione o un gesto irriguardosi nei confronti di Maometto abbiano lo stesso peso alla Mecca o a Milano e meritino un’eguale sanzione?», ha sostenuto Giuseppe Savagnone su Avvenire del 22 novembre 2000.

Non a caso le denunce di vilipendio si accaniscono contro autori sganciati dalle religioni - e non contro esponenti di altre religioni a loro volta tutelate dalla legge. Il Talmud ebraico, ad esempio, sostiene che la Madonna era legata a un soldato romano, il vero padre di Gesù: nessuno ha mai pensato di vietare in Italia la stampa di questo libro il quale fu, altresì, ripetutamente censurato e mandato al rogo nel mondo cristiano fino all’età moderna.

Si continua a sperare che l’ultima sentenza porti a più miti consigli i cattolici italiani: certo, il reato di vilipendio resta, ma ha perso quel suo vizio di origine legato alla protezione della religione cattolica.

E rimane purtroppo anche l’equiparazione, ai sensi dell’art. 8 comma 2 L. 810/1929, del papa alla persona del re, a sua volta equiparata al presidente della Repubblica, ancora tutelato dall’art. 278 c.p. per quanto riguarda le offese arrecate all’onore o al suo prestigio: mancando precedenti in merito, è incerto se alle offese al papa si applichi ancora l’art. 278 c.p. oppure, quanto meno, le norme sull’ingiuria e sulla diffamazione.

PERCORSI DI APPROFONDIMENTO


* (EN) Consiglio d’Europa. Risoluzione del 2007 che riconosce che la blasfemia non deve essere considerata un reato.
* L’Eretico. Sito messo sotto sequestro per vilipendio nel giugno 2001 per ordine del pretore di Foggia - procura territoriale di competenza della casa generalizia di [san] padre Pìo (non è un caso) - e sopravvissuto a opera di un anonimo che ne ha salvato le pagine e le ha riproposte tramite un provider estero.
* (EN) IHEU. La battaglia alle Nazioni Unite dell’unione internazionale delle associazioni laiche (di cui fa parte anche l’UAAR) contro la pretesa delle confessioni religiose di non essere soggette a critiche.
* La tutela penale in materia religiosa nella giurisprudenza, di Maria Cristina Ivaldi (Giuffrè, 2004).
* Vilipendio. Manualetto sulle “offese all’autorità” (Stampa Alternativa, 1995).


Interessante e ricco di cenni storici.
Ma la vicenda del crocefisso è semplicemente sul fatto se sia giusto imporre l'abrogazione da edifici pubblici, un simbolo che per 2000anni ha rappresentato la nostra religione, oggi per chi non è credente è un simbolo storico.
davvero vivremo meglio senza, meno angosciati, più "liberi"?
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Re: Rimuoveremo tutti i simboli della nostra religione?

Messaggioda chango il 16/11/2009, 21:13

disallineato ha scritto:
Giorgio Graffieti ha scritto:la risposta è nella domanda:
«Rimuoveremo tutti i simboli della nostra religione?»
acquisito che si tratti di una religione di alcuni (nostra)... pochi o tanti ha poco interesse... è del tutto ovvio che debbano essere rimossi da spazi che non sono propri ad una comunità che non è solo "nostra". E non siano solo pure espressioni di pensiero e/o artistiche.



Il fatto che siamo a casa nostra non mi sembra poi di poco conto o almeno da non sottovalutare, considerando che a casa nostra per 2000anni abbiamo avuto questo simbolo religioso e storico.
La multiculturalità mica deve prevedere la cancellazione di simboli storici del nostro paese.
davvero vivremo meglio abolendo quei pochi cm di legno? E' davvero un simbolo che scandalizza e prevarica presunti "diritti"?
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premesso che è questo paese è anche casa mia, che cristiano non sono.
premesso che a casa nostra quel simbolo non c'è da duemila anni, a voler essere pignoli e a guardare la storia.
premesso che siamo uno stato democratico, dove tutte le credenze hanno pari dignità, indipendentemente da quanti sono i credenti (o i creduloni?).
premesso tutto questo, ti ricordi che la questione non è abolire un simbolo religioso, ma non averlo all'interno di un edificio pubblico?

comunque si è un simbolo che prevarica dei diritti.
il primo dei quali è quello di non doverselo ritrovare davanti in luoghi inappropriati.
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Re: Rimuoveremo tutti i simboli della nostra religione?

Messaggioda Giorgio Graffieti il 16/11/2009, 21:16

disallineato ha scritto:
Giorgio Graffieti ha scritto:la risposta è nella domanda:
«Rimuoveremo tutti i simboli della nostra religione?»
acquisito che si tratti di una religione di alcuni (nostra)... pochi o tanti ha poco interesse... è del tutto ovvio che debbano essere rimossi da spazi che non sono propri ad una comunità che non è solo "nostra". E non siano solo pure espressioni di pensiero e/o artistiche.



Il fatto che siamo a casa nostra non mi sembra poi di poco conto o almeno da non sottovalutare, considerando che a casa nostra per 2000anni abbiamo avuto questo simbolo religioso e storico.
La multiculturalità mica deve prevedere la cancellazione di simboli storici del nostro paese.
davvero vivremo meglio abolendo quei pochi cm di legno? E' davvero un simbolo che scandalizza e prevarica presunti "diritti"?
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A casa tua, non a casa "nostra"... a casa mia, infatti, non c'è mai stato. Mi va benissimo che rimanga a casa tua, non vedo perché in spazi che condividiamo tu debba mettercelo considerandolo tuo e non "nostro". All'amministratore del condominio dai queste risposte? Sfido io che le assemblee condominiali sono un contenzioso unico.

Se è un simbolo religioso stia nei luoghi che sono di interesse religioso, se è un simbolo storico (e non lo è) nulla è più mutevole della storia e siccome non c'è più in Italia un Re che deve farsi perdonare di aver preso a cannonate il Papa per sfrattarlo dal Quirinale ne consegue che storicamente le condizioni di oggi sono diverse da quelle di ieri.
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Re: Rimuoveremo tutti i simboli della nostra religione?

Messaggioda Giorgio Graffieti il 16/11/2009, 21:23

disallineato ha scritto:Ma la vicenda del crocefisso è semplicemente sul fatto se sia giusto imporre l'abrogazione da edifici pubblici, un simbolo che per 2000anni ha rappresentato la nostra religione, oggi per chi non è credente è un simbolo storico.
davvero vivremo meglio senza, meno angosciati, più "liberi"?

I simboli non sono mai indifferenti. E forse oggi il crocifisso è più indifferente a molti cattolici tiepidi e distratti che agli appartenenti ad altre religioni o ai non credenti. Per costoro il crocifisso nei luoghi pubblici diventa un simbolo di esclusione (Oppure si sprecano i casi nei quali qualcuno ha fatto sparire il crocifisso dalle aule scolastiche e nessuno se ne è accorto per mesi o anni). L’emblema di una cittadinanza parziale o inferiore. Il segno tangibile di una discriminazione rispetto al resto alla comunità civile organizzata nell’ente o nell’istituto che invece, in quanto pubblico, dovrebbe far sentire tutti a proprio agio.

Su questo punto il giudice Montanaro, nella sua ordinanza del 22/10/2003, ha usato parole particolarmente incisive: «…nell’ambito scolastico, la presenza del simbolo della croce induce nell’alunno una comprensione profondamente scorretta della dimensione culturale dell’espressione di fede, perché manifesta l’inequivoca volontà dello Stato, trattandosi di scuola pubblica, di porre il culto cattolico al centro dell’universo, come verità assoluta, senza il minimo rispetto per il ruolo svolto dalle altre esperienze religiose e sociali nel processo storico dello sviluppo umano…». È anche «il segno visibile che la scuola, di fronte al fatto religioso arretra la sua sfera d’azione, rinuncia alla sua funzione educativa, compie la precisa scelta di abbandonare il criterio dell’approccio culturale e critico…». Per cui «la presenza del crocifisso nelle aule scolastiche comunica un’implicita adesione a valori che non sono realmente patrimonio comune di tutti i cittadini, presume una omogeneità che in realtà non c’è mai stata e sicuramente non può affermarsi sussistere oggi» e che finisce per connotare in modo confessionale la scuola pubblica, ridimensionandone fortemente l’immagine pluralista.
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Re: Rimuoveremo tutti i simboli della nostra religione?

Messaggioda franz il 16/11/2009, 21:32

pierodm ha scritto:Confesso che Franz mi piace tanto, quando interviene su questo argomento - sarà l'aria "riformata" che si respira al di là delle Alpi?

Vorrei puntualizzare (anche se è palesemente una escusatio non petita) che fintanto che si parla di religione, sul piano storico, culturale, morale etc, le mie posizioni sono quelle che si leggono ma quando si parla dei religiosi o dei credenti, delle persone, ecco qui io prima di tutto metto davanti a tutto il principio del rispetto per le opinioni e le fedi. E' un po' come quando si parla del comunismo o dei comunisti. Io critico il comunismo, come fenomeno storico e come teoria, sul piano razionale (o per lo meno ci tento) ma comprendo che coloro che si definivano o definiscono anche oggi comunisti lo sono in buona fede e non sono, almeno qui, responsabili delle azioni del passato, cosi' come un cattolico oggi non è responsabile delle crociate, dell'inquisizione, del concilio di trento, delle persecuzioni ebraiche.

Il mio pensiero caso mai è un altro, a proposito della deposizione dei simboli.
Avendo già deposto, a causa della doppiezza, i fondamenti morali, troppo lontani da una possibilità concreta di praticarli, avendo quindi in buona sostanza deciso di agire in modo diverso da quanto si predica, tanto vale deporre anche i simboli.

Traslando dal fronte religioso a quello politico, anche Achille Occhetto si rese conto di quanto fosse doveroso deporre i simboli (falce e martello) visto che concretamente il PCI di 20 anni fa aveva già intrappreso una strada democratica completamente diversa dalla ortodossia ufficliale (dittatura). Meglio tardi che mai (anche in URSS li deposero, ed erano esposti in ogni edificio pubblico) ma almeno si puo' dire che con qualche decennio di ritardo a sinistra prima o poi ci si arriva.

Invece in Vaticano ci sono secoli di ritardo e per triste ironia oggi il papa si lamenta di ricchezza e sprechi pur navigando nell'oro e pur in presenza, secoli fa, dell'insegnamento di San Francesco. Che i simboli, li depose tutti, vestiti compresi.

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Re: Rimuoveremo tutti i simboli della nostra religione?

Messaggioda antonio bianco il 16/11/2009, 22:22

Qualcuno rievoca le crociate.
La guerra santa per difendere la croce in un'aula scolastica o in un ufficio pubblico è iniziata?
Razzista e integralista chi ha iniziato il bailam contro la croce, altrettanto chi sta alzando le barricate per difenderla!
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Re: Rimuoveremo tutti i simboli della nostra religione?

Messaggioda Giorgio Graffieti il 16/11/2009, 23:21

antonio bianco ha scritto:Razzista e integralista chi ha iniziato il bailam contro la croce, altrettanto chi sta alzando le barricate per difenderla!

eh no, caro mio... impara ad abituarti a chi difende i propri diritti. Far finta di essere super partes non ti autorizza ad insultare la gente. Mettici un po' dell'intelligenza che pensi di avere.
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