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Lotta alle mafie.

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Lotta alle mafie.

Messaggioda ranvit il 01/11/2009, 11:27

Non si puo' dire che la lotta alle mafie non sia in pieno svolgimento...

dal corriere.it :

LATITANTE DAL 1963 ERA NELL'ELENCO DEI DIECI PIÙ PERICOLOSI
Nuovo colpo alla camorra:
arrestato Pasquale Russo
Ieri era stato preso il fratello minore Salvatore


MILANO - È stato arrestato dai carabinieri del nucleo investigativo di Castello di Cisterna il latitante Pasquale Russo, 62 anni, capo storico ed indiscusso dell'omonimo clan camorristico, latitante dal maggio 1993 ed inserito da oltre 16 anni nell'elenco dei 10 latitanti più pericolosi a livello nazionale, più volte condannato all'ergastolo per vari omicidi e per associazione per delinquere di tipo mafioso. Sabato era toccato al fratello minore, Salvatore, arrestato dalla polizia. A coronamento di indagini effettuate insieme al Ros, coordinati dalla Direzione distrettuale antimafia di Napoli, i carabinieri hanno fatto irruzione in un casolare di Sperone (Avellino) sorprendendo il latitante insieme al fratello Carmine, 47 anni, a sua volta latitante dal 2007 ed inserito nell'elenco dei 100 latitanti più pericolosi.

01 novembre 2009
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annientato il clan Russo

Messaggioda ranvit il 01/11/2009, 11:28

da repubblica.it :

Catturato dai carabinieri in un casolare dell'Irpinia insieme al fratello Carmine
Ieri era stato arrestato il minore, Salvatore. Il capoclan era latitante dall'83
Camorra, annientato il clan Russo
preso anche il superboss Pasquale


NAPOLI - Un altro duro colpo ai clan camorristici campani nel giro di pochi giorni. E' stato infatti arrestato dai carabinieri del nucleo investigativo di Castello di Cisterna il latitante Pasquale Russo, 62 anni, capo storico ed indiscusso dell'omonimo clan camorristico, latitante dal maggio 1993 ed inserito da oltre 16 anni nell'elenco dei 10 latitanti più pericolosi, più volte condannato all'ergastolo per vari omicidi e per associazione per delinquere di tipo mafioso. La sua famiglia era stata coinvolta nella sanguinosa guerra di Camorra contro Cutolo, quando alcuni tra i clan più potenti si unirono per arginare lo strapotere del boss.

E' il secondo arresto eccellente all'interno dello stesso clan. Ieri era stato catturato dalla polizia il fratello minore, Salvatore. L'arresto di Pasquale Russo è frutto delle indagini effettuate dai carabinieri insieme al Ros, coordinati dalla Direzione distrettuale antimafia di Napoli a cui sono arrivati i complimenti del presidente del Senato Renato Schifani: "E' una ulteriore vittoria dello Stato sulla criminalità organizzata".

Gli agenti hanno fatto irruzione in un casolare di Sperone (Avellino) sorprendendo il latitante insieme al fratello Carmine, 47 anni, anche lui ricercato dal 2007 ed inserito nell'elenco dei 100 latitanti più pericolosi. All'interno del rifugio i militari hanno trovato diverse armi e un complesso sistema di sorveglianza: lo spazio esterno era sorvegliato anche da visori notturni in grado di segnalare ai camorristi l'avvicinarsi di persone estranee.
(1 novembre 2009)
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Re: Lotta alle mafie.

Messaggioda ranvit il 01/11/2009, 11:52

Da ilmattino.it :

Il procuratore capo di Napoli: occorrono fondi per avere risultati, faremo azioni eclatanti come la polizia

NAPOLI (31 ottobre) - «Ci è costato un occhio della testa di intercettazioni prenderlo e abbiamo lavorato con i vecchi sistemi di investigazione - ha commentato il procuratore di Napoli Giandomenico Lepore -
ma per fare funzionare polizia e uffici giudiziari occorrono fondi ed anche noi faremo, come i poliziotti, qualche protesta eclatante. I vertici dei clan sono stati decapitati negli ultimi tempi, ma siamo di fronte ad un pozzo senza fondo».




Telefonata del ministro Alfano al procuratore capo: «È il segno dell'ottimo lavoro di magistrati e forze di polizia»


ROMA (31 ottobre) - «Quello inferto oggi alla camorra è un colpo durissimo». Lo ha affermato il ministro della Giustizia, Angelino Alfano, in quella che una nota del dicastero di Via Arenula definisce una «lunga e cordiale telefonata» al procuratore della Repubblica di Napoli, Giovandomenico Lepore, in merito alla notizia dell'arresto del boss superlatitante Salvatore Russo. «Voglio esprimere i miei complimenti e il mio plauso - ha detto il Guardasigilli - ai magistrati e agli uomini della Squadra Mobile di Napoli per l'eccellente operazione messa a segno alle prime luci dell'alba. Aver catturato il capo di uno dei più pericolosi clan di camorra che operano in Campania è il segno dell'ottimo lavoro che forze di Polizia e magistratura stanno svolgendo contro le organizzazioni criminali. L'ennesimo successo di una stagione esaltante di lotta alle mafie che infestano le nostre regioni e, insieme - ha concluso Alfano - un forte segnale di rassicurazione inviato ai cittadini per dire loro che lo Stato c'è ed è ben presente».




Fini: «È la conferma della grande professionalità della polizia»


ROMA (31 ottobre) - Il presidente della camera, Gianfranco Fini, appresa la notizia dell'arresto del latitante, si è congratulato con il misnistro dell'Interno, Roberto Maroni: «Ho appreso con grande soddisfazione la notizia della cattura del pericoloso latitante Salvatore Russo, ricercato dal 1995, avvenuta all'alba grazie ad un'azione della Squadra Mobile di Napoli. Desidero, in questa occasione, rivolgere le mie più vive congratulazioni a quanti hanno contribuito per conseguire questo importante risultato, che testimonia ulteriormente la grande professionalità degli uomini della Polizia di Stato, al servizio dei cittadini e delle Istituzioni democratiche e che conferma il deciso impegno dello Stato nella lotta alla criminalità organizzata».
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Re: Lotta alle mafie.

Messaggioda flaviomob il 12/11/2009, 15:37

http://www.robertosaviano.it/documenti/10058

La camorra alla conquista dei partiti in Campania
di Roberto Saviano



Quando un'organizzazione può decidere del destino di un partito controllandone le tessere, quando può pesare sulla presidenza di una Regione, quando può infiltrarsi con assoluta dimestichezza e altrettanta noncuranza in opposizione e maggioranza, quando può decidere le sorti di quasi sei milioni di cittadini, non ci troviamo di fronte a un'emergenza, a un'anomalia, a un "caso Campania". Ma al cospetto di una presa di potere già avvenuta della quale ora riusciamo semplicemente a mettere insieme alcuni segni e sintomi palesi.

Sembra persino riduttivo il ricorso alla tradizionale metafora del cancro: utile, forse, soprattutto per mostrare il meccanismo parassitario con cui avviene l'occupazione dello Stato democratico da parte di un sistema affaristico-politico-mafioso. Ora che le organizzazioni criminali decidono gli equilibri politici, è la politica ad essere chiamata a dare una risposta immediata e netta. Nicola Cosentino, attuale sottosegretario all'Economia e coordinatore del Pdl in Campania, fino a qualche giorno fa era l'indiscusso candidato alla presidenza della Regione. Nicola Cosentino, detto "o'mericano", è stato indicato da cinque pentiti come uomo organico agli interessi dei Casalesi: tra le deposizioni figurano quelle di Carmine Schiavone, cugino di Sandokan, nonché di Dario de Simone, altro ex capo ma soprattutto uno dei pentiti che si sono rivelati fra i più affidabili al processo Spartacus.

Per ora non ci sono cause pendenti sulla sua testa e le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia sono al vaglio della magistratura. Nicola Cosentino si difende affermando di non poter essere accusato della sua nascita a Casal di Principe, né dei legami stretti anni fa da alcuni suoi familiari con esponenti del clan. Però da parte sua sono sempre mancate inequivocabili prese di distanza e questo, in un territorio come quello casertano, sarebbe già stato sufficiente per tenere sotto stretta sorveglianza la sua carriera politica. Invece l'ascesa di Cosentino non ha trovato ostacoli: da coordinatore provinciale a coordinatore regionale, da candidato alla Provincia di Caserta a sottosegretario dell'attuale governo. E solo ora che aspira alla carica di Governatore, finalmente qualcuno si sveglia e si chiede: chi è Nicola Cosentino? Perché solo ora si accorgono che non è idoneo come presidente di regione?

Perché si è permesso che l'unico sviluppo di questi territori fosse costruire mastodontici centri commerciali (tra cui il Centro Campania, uno dei più grandi al mondo) che sistematicamente andavano ad ingrassare gli affari dei clan. Come ha dichiarato il capo dell'antimafia di Napoli Cafiero de Raho "è stato accertato che sarebbe stato imposto non solo il pagamento di tangenti per 450 mila euro (per ogni lavoro ndr) ma anche l'affidamento di subappalti in favore di ditte segnalate da Pasquale Zagaria". Lo stesso è accaduto con Ikea, che come denunciato al Senato nel 2004 è sorto su un terreno già confiscato al capocamorra Magliulo Vincenzo, e viene dallo Stato ceduto ad una azienda legata ai clan. Nulla può muoversi se il cemento dei clan non benedice ogni lavoro.

Secondo Gaetano Vassallo, il pentito dei rifiuti facente parte della fazione Bidognetti, Cosentino insieme a Luigi Cesaro, altro parlamentare Pdl assai potente, in zona controllava per il clan il consorzio Eco4, ossia la parte "semilegale" del business dell'immondizia che ha già chiesto il tributo di sangue di una vittima eccellente: Michele Orsi, uno dei fratelli che gestivano il consorzio, viene freddato a giugno dell'anno scorso in centro a Casal di Principe, poco prima che fosse chiamato a testimoniare a un processo. Il consorzio operava in tutto il basso casertano sino all'area di Mondragone dove sarebbe invece - sempre secondo il pentito Gaetano Vassallo - Cosimo Chianese, il fedelissimo di Mario Landolfi, ex uomo di An, a curare gli interessi del clan La Torre. Interessi che riguardano da un lato ciò che fa girare il danaro: tangenti e subappalti, nonché la prassi di sversare rifiuti tossici in discariche destinate a rifiuti urbani, finendo per rivestire di un osceno manto legale l'avvelenamento sistematico campano incominciato a partire dagli anni Novanta. Dall'altro lato assunzioni che garantiscono voti ossia stabilizzano il consenso e il potere politico.

Districare i piani è quasi impossibile, così come è impossibile trovare le differenze tra economia legale e economia criminale, distinguere il profilo di un costruttore legato ai clan ed un costruttore indipendente e pulito. Ed è impossibile distinguere fra destra e sinistra perché per i clan la sola differenza è quella che passa tra uomini avvicinabili, ovvero uomini "loro", e i pochi, troppo pochi e sempre troppo deboli esponenti politici che non lo sono. E, infine, è pura illusione pensare che possa esistere una gestione clientelare "vecchia maniera", ossia fondata certo su favori elargiti su larga scala, ma aliena dalla contaminazione con la camorra. Per quanto Clemente Mastella possa dichiarare: "Io non ho nessuna attinenza con i clan e vivo in una provincia dove questo fenomeno non c'è, o almeno non c'era fino a poco fa", sta di fatto che un filone dell'inchiesta sullo scandalo che ha investito lui, la sua famiglia e il suo partito sia ora al vaglio dell'Antimafia. I pubblici ministeri starebbero indagando sul business connesso alla tutela ambientale; si ipotizza il coinvolgimento oltre che degli stessi Casalesi anche del clan Belforte di Marcianise. Il tramite di queste operazioni sarebbe Nicola Ferraro, anch'egli nativo di Casal di Principe, consigliere regionale dell'Udeur, nonché segretario del partito in Campania. Di Ferraro, imprenditore nel settore dei rifiuti, va ricordato che alla sua azienda fu negato il certificato antimafia; ciò non gli ha impedito di fare carriera in politica. E questo è un fatto.

Di nuovo, non è l'aspetto folkloristico, la Porsche Cayenne comprata dal figlio di Mastella Pellegrino da un concessionario marcianisano attualmente detenuto al 416-bis, a dover attirare l'attenzione. L'aspetto più importante è vedere cos'è stato il sistema Mastella - un sistema che per trent'anni ha rappresentato la continuità della politica feudale meridionale - e che cosa è divenuto. Oggi, persino se le indagini giudiziarie dovessero dare esiti diversi, non si può fingere di non vedere che Ceppaloni confina con Casal di Principe o vi si sovrappone. E il nome di Casale qui non ha valenza solo simbolica, ma è richiamo preciso alla più potente, meglio organizzata e meglio diversificata organizzazione criminale della regione.

Per la camorra - abbiamo detto - destra e sinistra non esistono. Il Pd dovrebbe chiedersi, ad esempio, come è possibile che in un solo pomeriggio a Napoli aderiscano in seimila. Chi sono tutti quei nuovi iscritti, chi li ha raccolti, chi li ha mandati a fare incetta di tessere? Da chi è formata la base di un partito che a Napoli e provincia conta circa 60.000 tesserati, 10.000 in provincia di Caserta, 12.000 in quella di Salerno, 6.000 ciascuno nelle restanti province di Avellino e Benevento? Chiedersi se è normale che il solo casertano abbia più iscritti dell'intera Lombardia, se non sia curioso che in alcuni comuni alle recenti elezioni provinciali, i voti effettivamente espressi in favore del partito erano inferiori al numero delle tessere. Perché la dirigenza del Pd non è intervenuta subito su questo scandalo?

Che razza di militanti sono quelli che non vanno a votare, o meglio: vanno a votare solo laddove il loro voto serve? E quel che serve, probabilmente, è il voto alle primarie, soprattutto nella prima ipotesi che fosse accessibile solo ai membri tesserati. Questo è il sospetto sempre più forte, mentre altri fatti sono certezza. Come la morte di Gino Tommasino, consigliere comunale Pd di Castellammare di Stabia, ucciso nel febbraio dell'anno scorso da un commando di cui faceva parte anche un suo compagno di partito. O la presenza al matrimonio della nipote del ex boss Carmine Alfieri del sindaco di Pompei Claudio d'Alessio.

L'unica cosa da fare è azzerare tutto. Azzerare le dirigenze, interrompere i processi di selezione in corso, sia per la candidatura alla Regione che per le primarie del Pd, all'occorrenza invalidare i risultati. Non è più pensabile lasciare la politica in mano a chi la svende a interessi criminali o feudali. Non basta più affidare il risanamento di questa situazione all'azione del potere giudiziario. Non basterebbe neppure in un Paese in cui la magistratura non fosse al centro di polemiche e i tempi della giustizia non fossero lunghi come nel nostro. È la politica, solo la politica che deve assumersi la responsabilità dei danni che ha creato. Azzerare e non ricandidare più tutti quei politici divenuti potenti non sulle idee, non su carisma, non sui progetti ma sulle clientele, sul talento di riuscire a spartire posti e quindi ricevere voti.

Mentre la politica si disinteressava della mafia, la mafia si è interessata alla politica cooptandola sistematicamente. Ieri a Casapesenna, il paese di Michele Zagaria, è morto un uomo, un politico, il cui nome non è mai uscito dalle cronache locali. Si chiamava Antonio Cangiano, nel 1988 era vicesindaco e si rifiutò di far vincere un appalto a un'impresa legata al clan. Per questo gli tesero un agguato. Lo colpirono alla schiena, da dietro, in quattro, in piazza: non per ucciderlo ma solo per immobilizzarlo, paralizzarlo. Tonino Cangiano ha vissuto ventun'anni su una sedia a rotelle, ma non si è mai piegato. Non si è nemmeno perso d'animo quando tre anni fa coloro che riteneva responsabili di quel supplizio sono stati assolti per insufficienza di prove.

Se la politica, persino la peggiore, non vuole rassegnarsi ad essere mero simulacro, semplice stampella di un'altra gestione del potere, è ora che corra drasticamente ai ripari. Per mero istinto di sopravvivenza, ancora prima che per "questione morale". Non è impossibile. O testimonia l'immagine emblematica e reale di Tonino che negli anni aveva dovuto subire numerosi e dolorosi interventi terminati con l'amputazione delle gambe, un corpo dimezzato, ma il cui pensiero, la cui parola, la cui voglia di lottare continuava a prendersi ogni libertà di movimento. Un uomo senza gambe che cammina dritto e libero, questo è oggi il contrario di ciò che rappresentano il Sud e la Campania. È ciò da cui si dovrebbe finalmente ricominciare.


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Re: Lotta alle mafie.

Messaggioda ranvit il 15/11/2009, 20:46

da repubblica.it :

Mafia, arrestato boss Raccuglia
uno degli eredi di Provenzano
di Salvo Palazzolo

Era latitante da quindici anni. Domenico, “Mimmo”, Raccuglia era uno degli eredi di Bernardo Provenzano, uno dei componenti del nuovo gotha della mafia siciliana. E’ stato arrestato oggi pomeriggio, poco dopo le 17,30, dai poliziotti della sezione Catturandi della squadra mobile di Palermo e dai colleghi del Servizio centrale operativo. Si nascondeva in una palazzina del centro storico di Calatafimi (provincia di Trapani) che si trova in via Cabbasino.

Da una quindicina di giorni gli investigatori erano sulle tracce del latitante: oggi pomeriggio, di concerto con i magistrati della Direzione disttrettuale antimafia di Palermo, è stata decisa l’i rruzione. Raccuglia, che era armato con due pistole, ha tentato una fuga sui tetti, ma è stato bloccato poco dopo.

Nel suo covo sono stati trovati documenti e pizzini, adesso al vaglio del pool coordinato dal procuratore aggiunto Antonio Ingroia, che ha curato le indagini assieme ai sostituti Roberta Buzzolani e Francesco Del Bene.

“Abbiamo fermato un capomafia in piena operatività”, dice il pm Buzzolani. “Raccuglia, che ha 43 anni, era cresciuto all’ombra di padrini di rilievo come Giovanni Brusca, con loro aveva compiuto efferati crimini, come l’assassinio del piccolo Giuseppe Di Matteo, figlio del pentito Mario Santo. Oggi, forte di quella esperienza, Raccuglia era uno dei protagonisti della riorganizzazione mafiosa”.

Probabilmente, non era un caso che Raccuglia si nascondesse in provincia di Trapani. I magistrati sospettato un’alleanza forte con il superlatitante Matteo Messina Denaro, ritenuto ormai al vertice di Cosa nostra siciliana.

Raccuglia deve scontare tre ergastoli. Da Altofonte, il centro della provincia palermitana dove ha vissuto prima della latitanza, aveva esteso il suo potere in tutto il territorio della provincia, questo dicono le indagini. Fra i suoi affari, la gestione delle estorsioni e degli appalti “aggiustati”.
(15 novembre 2009)
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